Dunque,
vediamo di riordinare le idee.
Sì, in quel periodo ci voleva proprio: non si era
mai sentito così confuso, eccetto forse durante quell’ultimo, assurdo anno a
Hogwarts. Un pivello come lui, fresco di Marchio Nero, in una missione di
vitale importanza come quella di eliminare Dumbledore – per Morgana! – era la
cosa più ridicola che si potesse pensare. Solo ora si rendeva conto che quella
follia era davvero il segno del decadimento dell’Oscuro Signore. E se solo
l’avesse capito in tempo, quante sofferenze avrebbe risparmiato alla sua
famiglia… a sua madre.
Ma quella era acqua passata.
Quegli eventi, nonostante fossero passati appena due anni, sembravano
lontanissimi. Ora aveva ben altri pensieri per la testa.
Era certo,
adesso, che nemmeno i Cruciatus di zia Bella l’avevano fatto impazzire
definitivamente. Perché prima di qualche mese fa, sì, un po’ di neuroni sani
erano ancora presenti nella sua scatola cranica. Ma ora…
Da circa
sei mesi lavorava – cosa che già di per se era assurda – come collaboratore al
Dipartimento degli Auror. Le conoscenze che aveva accumulato durante la guerra,
quando era infiltrato per conto dell’Ordine della Fenice, gli erano tornate
molto utili anche dopo, durante le indagini portate avanti dal Ministero per
“rastrellare” – come amava dire lui – i Mangiamorte e in generale i
collaboratori dell’Oscuro Signore che stavano tentando di sfuggire alla
giustizia magica.
Sei mesi di
investigazioni, pedinamenti, sotterfugi, doppigiochi… insomma, cosette che lui
era già abituato a fare e per le quali, dovevano ammetterlo, era abbastanza
portato.
Naturalmente,
anche lui aveva i suoi problemi sul posto di lavoro. Prima di tutto, se non
avesse dovuto tirarsi dietro quell’idiota di Weasley ad ogni missione, si
sarebbe evitato molti grattacapi; come fosse puntualmente in grado di
cacciarsi nei casini quella stupida Lenticchia, proprio non lo capiva, e se
beccava il tizio che aveva avuto l’idea di appiopparglielo come partner lo
Schiantava senza pensarci due volte. Senza contare, poi, tutta l’immane
quantità di scartoffie che era costretto a sbrigare giornalmente. Per lo meno,
ai tempi della guerra, quando era una spia allo sbaraglio, aveva la libertà di
badare solo a se stesso, e per comunicare con le poche persone a cui doveva
rendere conto del suo operato non necessitava di quintali di burocrazia.
Insomma, si stava meglio quando si stava peggio…
Tuttavia,
oltre all’ovvio vantaggio di non rischiare la pelle sempre e comunque, temendo
anche le persone che stavano dalla tua parte, vi erano anche dei benefici
rispetto ai tempi della guerra. Innanzitutto, non doveva più nascondersi,
fingere di essere qualcuno che non era, con chiunque; finalmente era libero di
essere quello voleva essere, e che il resto del mondo andasse a farsi benedire.
E poi, c’era il non trascurabile fatto che finalmente aveva uno stipendio; e
solo Merlino sapeva quanto costavano le cure per Narcissa, che dopo la condanna
ad Azkaban del marito aveva subito un tracollo ed ora doveva imbottirsi di
pozioni anti-depressive.
Perciò,
tutto sommato, la sua non sarebbe stata una situazione proprio terribile. Ma –
c’è sempre un “ma” – la vita riserva continuamente delle sorprese.
.:°:.
Quando l’aveva saputo non voleva
crederci. Avrebbe preferito mille volte quell’imbecille di Lenticchia come
capo, avrebbe anche potuto sopportare lo Sfregiato… o addirittura quella
sbandata di sua moglie, Lunatica Lovegood. Ma la Granger… quella
piccola, insignificante, supponente Mezzosangue… no, non era sicuro di poter
reggere a tanto.
Ma c’era
poco da lamentarsi: ai piani alti così avevano deciso, e così sarebbe stato.
Amen.
Digrignò i
denti quando la Zannuta si presentò in modo volutamente informale al suo staff.
Si strinsero la mano, rivolgendosi un breve, falsissimo sorriso, e trattenendo
a stendo tutte le ingiurie che avevano reciprocamente voglia di vomitarsi
addosso. Fortunatamente non c’era stato bisogno di parlarsi.
La
presentazione era durata poco: giusto il tempo delle battutine di rito del Capo
Dipartimento e di un brindisi veloce (rigorosamente a base di succo di zucca,
non si beve in servizio), e poi si tornò tutti al lavoro.
Certo, conoscendo la fama della
Granger, avrebbe dovuto immaginarsi ciò che l’aspettava – che aspettava tutti
loro. Ma, sconvolto com’era dal fatto che uno dei suoi peggiori incubi si fosse
realizzato, non aveva trovato la forza di pensare ad una tale eventualità: il
loro nuovo capo voleva fare un colloqui con tutti, uno per uno, nel suo
ufficio.
I novellini, quelli appena sbarcati alla sezione,
già tremavano: avevano sentito delle storie incredibili su Hermione
Spezza-Mangiamorte Granger – soprannome sicuramente messo in giro da quei
decerebrati dei gemelli Weasley. Gli altri, quelli un po’ più navigati, che
durante i loro anni da auror l’avevano conosciuta personalmente se non
addirittura combattuto al suo fianco, vedevano in questo il primo segno del
nuovo regime. E Draco non poteva che concordare col loro: la So-Tutto-Io era
talmente puntigliosa che non aveva risparmiato il penoso colloquio nemmeno a
Weasel, che conosceva da quasi 10 anni e con cui aveva persino – pensò
rabbrividendo – avuto una relazione.
Quando fu il suo turno – e guardacaso
l’aveva lasciato per ultimo – Draco fece un sospiro e si preparò
all’umiliazione. Perché non s’illudeva che dopo anni di dissapori (per un usare
un termine leggero), ora che finalmente si ritrovava con il coltello dalla
parte del manico, la Granger si sarebbe dispensata dal togliersi la
soddisfazione della vendetta. No, Draco conosceva fin troppo bene la natura
umana per illudersi che la Infallibile, Prode, Fantasmagorica Hermione Granger
non avrebbe ceduto al peccato dell’ira.
Dunque deglutì l’acido che gli si
stava accumulando in gola, e aprì la porta dell’ufficio, pronto alla prima di
tante torture psicologiche.
Hermione era appoggiata al bordo
della scrivania, apparentemente intenta a leggere una pergamena, alla luce
della finestra. Appena Draco richiuse la porta alle sue spalle, lei alzò la
testa e, con un’espressione indecifrabile, disse: « Prego, si accomodi. »
Riflettendo sul tono gentile ma
piatto con cui l’aveva accolto, lui prese posto ad una delle poltrone. Nel
mentre, Hermione arrotolò e sigillò svelta la pergamena, posandola assieme ad
un mucchio di altre, in un angolo della scrivania; prima che un colpo di bacchetta
le trasferisse tutte in un cassetto, con una rapida occhiata Draco fece in
tempo a leggere sui sigilli i nomi di alcuni suoi colleghi, e a capire dunque
che erano dei fascicoli contenenti informazioni su di loro.
Bella mossa, Granger… fa
salire il giusto grado di ansia.
Draco notò che persino l’abbigliamento era stato
studiato nei minimi dettagli: sotto la consueta tunica nera da ufficio,
indossava un paio di jeans anonimi e una camicetta bianca, il tutto completato
da un paio di scarpe dai tacchi non troppo alti. Un modo di vestire pratico e
semplice, ma allo stesso tempo serio, capace di suscitare un pericoloso mix di
confidenza e deferenza.
Hermione sorrise – il solito sorriso di circostanza
– mentre si sistemava sulla poltrona davanti a lui, all’altro lato della
scrivania.
« Ebbene, signor Malfoy, le circostanze che l’hanno
portata a lavorare in questa sezione sono quantomai curiose, non trova? » disse
senza guardarlo negli occhi, riordinando distrattamente delle carte.
E la domanda che mi stai facendo è quantomai
irritante, non trovi? – pensò Draco, ma in realtà sorrise amabilmente.
« La vita è piena di bivi: io ne ho presi alcuni che
si può dire mi abbiano portato a collaborare con il Dipartimento in questo
particolare ambito. » rispose diplomaticamente, intrecciando le dita.
Hermione lo guardò finalmente dritto negli occhi: «
E posso dire, leggendo il rapporto stilato su di lei dal mio predecessore, che
il suo lavoro qui è stato molto utile. »
Draco piegò la testa di lato e la guardò con
espressione incuriosita: « Sono lusingato. »
« Fa bene ad esserlo: il Ministero ha imposto dei
tagli, lo sa, no? » replicò lei, stavolta facendosi sfuggire volutamente un
tono quasi compiaciuto.
Gli occhi di Draco si strinsero in due fessure: lo
stava minacciando? Ma non parlò, voleva vedere dove stava andando a parare.
« Naturalmente, durante la guerra gli stanziamenti
per il Dipartimento furono aumentati, ma ora che tutto è finito non c’è più
alcuna necessità di mantenere queste spese alte. Oh, mi scusi… ha sete? Vuole,
qualcosa da bere? – Draco fece cenno di no e lei fece apparire un bicchiere
d’acqua, che bevve con eccessiva calma, poi si schiarì la gola e proseguì – In
realtà, devo ammettere che addirittura la mia nomina è dovuta a questi tagli,
che hanno portato anche a dei pensionamenti anticipati. »
Fece un’altra pausa ad effetto, giocando
distrattamente con una lunga penna d’aquila, e Draco si ritrovò
inaspettatamente a ricordare l’episodio in cui, ai tempi di Hogwarts, gli aveva
assestato uno bello schiaffo sulla guancia.
« Tuttavia, questa sezione è più fortunata di altre,
essendoci qui ancora parecchio lavoro da fare. – continuò lei alzando le
sopracciglia e accennando con la testa a una montagna di pergamene stipate alle
sue spalle – Dunque, sarà lieto di sapere che non sarà tra coloro che dovranno
abbandonare il Dipartimento. »
Draco rispose al sorriso che lei gli aveva lanciato.
Ora era davvero certo che l’incubo si era realizzato, e che era ben peggio di
quando si sarebbe potuto immaginare. Quindi, era bene far finta di stare al
gioco: piegarsi, rendersi umile, totalmente dipendente dal suo alto giudizio,
come lei desiderava e si aspettava.
« La cosa non può che rendermi lieto. – disse
tranquillamente – Anche perché, come immaginò saprà, dopo la condanna di mio
padre, il patrimonio e i beni della mia famiglia sono stati confiscati dal
Ministero… dunque, perdere il lavoro, in questo momento mi renderebbe la vita
alquanto complicata. »
Hermione assunse un’espressione contrita: « Sì, una
brutta faccenda, davvero… spero che in un modo o nell’altro le cose si
sistemino al più presto. » disse in tono angustiato.
Lui sorrise nuovamente… fra non molto gli sarebbe
venuta una paralisi.
« È quello che ci auguriamo tutti, di questi tempi,
no? » disse sfoderando il miglior tono grave del suo repertorio.
« Naturalmente. » concordò lei
alzandosi e porgendogli la mano.
Draco si alzò a sua volta e,
mentre si chinava per stringerle la mano, notò che la camicetta era un po’
troppo sbottonata: poteva intravedere un ciondolo d’ambra che, birichino, si
insinuava proprio nella piega dei seni. Faceva parte anche quello della
tattica del nuovo capo?
La guardò in volto, ma la sua
espressione pareva del tutto normale.
« Devo dire che è un piacere ritrovarla tra di noi.
» disse tranquillamente mentre si stringevano la mano.
E non capendo esattamente il come
o il perché, Draco intuì che, sì, anche quello faceva parte della
tattica. Ma stavolta decise che le avrebbe tenuto testa, perché un Malfoy può
farsi umiliare da qualsiasi punto di vista, ma non da quello.
« Il piacere è tutto mio, signorina
Granger… sono onorato di lavorare sotto di lei. » ribatté in tono
talmente basso da sembrare un sussurro – un indecente sussurro – e a quelle
parole lei si tirò indietro di scatto.
Non rimase ad osservarla mentre
arrossiva – non sarebbe stato così incautamente sfacciato. Si voltò per
raggiungere la porta e prima di uscire non riuscì a trattenersi: « Ha un
ciondolo delizioso, sa? »