1.
Seashell
La
bambina correva sulla spiaggia, facendo oscillare vorticosamente i
lunghi capelli rossi e ricci, stringeva nel pugno il
secchiello di plastica che ondeggiava sbattendo sulla stoffa azzurra
del vestito.
Di tanto in tanto si
fermava, si accovacciava per terra e raccoglieva qualche conchiglia,
dopo averla analizzata per qualche secondo un po’ perplessa.
Poi si voltava indietro
cercando con gli occhi una piccola casetta sul promontorio.
Non doveva allontanarsi
troppo, le aveva detto la mamma.
Ma lei non aveva ancora
trovato la conchiglia più bella di tutte, come quella che le
aveva mostrato il suo fratellone: era davvero una conchiglia enorme,
grande come il palmo di una mano, dai colori cangianti e la forma a
spirale. L’aveva avvicinata all’orecchio e aveva
sentito il mare.
Suo fratello Eddy
gliel’aveva mostrata e poi con un ghigno aveva concluso:
Non
credo proprio che ne troverai una simile, sai Rou? Di questo tipo ce
n’è solo una ogni mille isole!
Allora lei gli aveva
risposto con una sonora boccaccia ed era corsa via in spiaggia.
Dal comignolo della
casa saliva un sottile filo di fumo: la mamma stava preparando il
pranzo.
La bambina si
disse risoluta che avrebbe cercato ancora un po’,
già immaginava il sorriso soddisfatto di suo fratello se
fosse tornata a casa a mani vuote.
Riprese a correre
guardando attentamente sul bagnasciuga, ma le conchiglie che
raccoglieva e buttava nel secchiello erano tutte così
piccole e uguali. D’un
tratto le parve di scorgere a qualche metro da lei uno scintillio
biancastro, e gli occhi le si illuminarono.
Si avvicinò
di corsa alla sua preda ma con grande disappunto vide che era solo un
osso di seppia.Sbuffò
spazientita, rovesciando il contenuto del suo secchiello rosso in mare,
poi si sedette sulla sabbia bagnata e appoggiò la testa alle
ginocchia, imbronciata.
Non aveva proprio
voglia di tornare a casa, Eddy l’avrebbe presa in giro di
nuovo.
Se ne stette un
po’ li rigirandosi l’osso di seppia tra le dita,
finchè scorse una piccola scialuppa che si avvicinava,
proprio nella sua direzione. Era sbucata da oltre il promontorio,
c’erano solo due persone a bordo.
Istintivamente si
rimise in piedi, raccogliendo il secchiello ormai vuoto, ma non
pensò affatto di correre via, era troppo curiosa di sapere
chi fossero quegli stranieri.
Quando furono
abbastanza vicini potè distinguere un ragazzo e una ragazza:
indossavano dei vestiti piuttosto singolari, lui, in particolare,
portava un cappotto logoro troppo grande per il suo fisico, mentre lei
aveva una grossa bandana colorata tra i capelli neri ed un vestito
multicolore strappato qua e là.
Alla bambina
ricordarono due artisti del circo che era arrivato in paese
l’estate precedente.
A qualche metro da riva
i due scesero in mare con un salto e trascinarono
l’imbarcazione in secca.Lei li osservò fare
sbattendo le palpebre: la ragazza era molto più bassa del
ragazzo, sembrava quasi una bambina. Fu proprio quella la prima a
notarla e salutarla con un gran sorriso.
-Ciao! Ehm…
Poi tacque imbarazzata,
non sapendo che altro aggiungere.
Il ragazzo
sistemò la scialuppa e si rialzò, sistemandosi il
cappotto sulle spalle.
-Chi siete?- chiese Rou
senza esitazione.
La ragazzina sorrise di
nuovo, ma fu l’altro straniero a risponderle.
-Siamo pirati.
Aveva una voce un
po’ più adulta della sua accompagnatrice.
Rou trattenne il fiato
meravigliata.
-Oh, uffa!-
esclamò prontamente la ragazzina con la bandana-
perché devi…
-Hai paura di noi
vero?- la interruppe lui, sempre rivolto alla piccola che era rimasta
in silenzio.
Lei lo
guardò per un po’ e poi alzò le spalle.
-Voi non siete pirati.
I pirati hanno una nave vera!- e indicò eloquentemente la
scialuppa in secca vicino a loro.
I due ragazzi si
guardarono e scoppiarono a ridere.
Poi lui si
avvicinò e si accovacciò in modo da raggiungere
la stessa altezza di Rou.
-Se non ci credi vai a
vedere oltre il promontorio- sussurrò, sogghignando.La ragazzina alle sue spalle
sbuffò alzando gli occhi al cielo.
Ma Rou era intenta ad
osservare quello strano pirata che aveva davanti a
sé. Le
sembrò solo un po’ più grande di suo
fratello.
Aveva gli occhi
allungati e scuri, e i capelli erano lisci e neri come
l’inchiostro. Tuttavia non le faceva minimamente paura, aveva
un sorriso vispo che le metteva tranquillità, due occhi vivi
e ridenti.
Fece un buffetto e
cacciò la lingua.
-Guarda che non sono
stupida! Tu non ce l’hai una nave!- ripetè
canticchiando.
Ma mentre diceva quelle
parole Rou d’improvviso notò qualcosa a cui prima
non aveva fatto caso, e le si illuminarono gli occhi: appesa al collo
del ragazzo c’era una catenina con una conchiglia bianca a
spirale, come quella di suo fratello. Era solo un po’
più piccola, ma non aveva nemmeno una macchiolina nera.
-Oh…
Rimase imbambolata a
fissarla tanto che lui se ne accorse e la guardò un
po’ stupito.
-Ti piace?
-Dove l’hai
presa?- chiese la bambina continuando a fissarla intensamente,
meditando di strappargliela dal collo e correre via. Non
l’avrebbe mai acciuffata, era la più veloce a
correre, Eddy non la prendeva mai.
-Qua e là-
rispose quello con un’alzata di spalle.
Poi si rimise in piedi
e la ragazzina dai capelli scuri fece qualche saltello per avvicinarsi.
-Fratellone, andiamo?
Non possiamo stare qui tutto il giorno, abbiamo tantissima roba da
comprare e ho voglia di nuovi vestiti!- trillò con
voce acuta, appoggiandosi alla sua spalla.
Rou si
rabbuiò. Non poteva lasciarsi sfuggire quella conchiglia,
non dopo averla cercata per tutto il giorno.
-Me la regali?-
esclamò frettolosamente.
-E perché
dovrei?- chiese lui meravigliato.
-Perché devo
farla vedere a mio fratello. Ne ho trovate altre ma quella conchiglia
è la più bella che ho visto fino ad
ora…- rispose Rou mesta.
Il ragazzo
guardò la sorella, che un po’ esitante fece un
cenno di assenso con la testa, e poi si sfilò dal collo la
catenina. Tuttavia non la offrì alla bambina.
-Va bene, te la regalo.
Però tu ora devi ammettere che siamo dei pirati- disse con
aria divertita.
Sua sorella
ridacchiò portandosi la mano alla bocca.
Il viso di Rou si
illuminò di nuovo e la bambina sfoderò un sorriso
a trentadue denti.
-Davvero?? Grazie,
capitano pirata!!
Il ragazzo le porse la
collanina con la conchiglia.
-Capitano? magari,
piccoletta!- commentò.
-Ok, piccoletta- gli
fece eco sua sorella con la sua voce squillante- piacere
d’averti conosciuto… a proposito, come ti chiami?
- Mi chiamo Rouge-
disse la bambina soddisfatta.
-Rouge, che bel nome!-
rispose civettuola lei- io sono Samie!
-Samie-
chiamò il ragazzo che si era già incamminato
verso la strada- non hai detto che avevi fretta?
La ragazza
indirizzò un ultimo sorriso alla bambina e raggiunse di
corsa il fratello.
Rou rimase un
po’ in silenzio ad osservare quei due che si allontanavano.
Poi aprì il
pugno chiuso e guardò la catenina d’argento e la
conchiglia perlacea.
-Ehi!-
chiamò.
I due si voltarono.
La bambina corse da
loro, fermandosi a pochi passi dal ragazzo.
-Se è vero
che sei un pirata, viaggerai in molte isole, vero?
Lui inarcò
le sopracciglia.
-Beh...si.
-Più di
mille?
-Più di
mille- confermò lui.
-Allora se tornerai qui
me ne porti un’altra?- concluse speranzosa facendo oscillare
la catenina davanti al viso.
-Che piccola mocciosa
sfacciata!- rispose lui, e le voltò di nuovo le spalle
rincamminandosi con Samie davanti a lui.
-Promettimelo!- gli
chiese ancora Rouge, incerta.
Lui agitò la
mano in segno di saluto.
-Va bene, va bene!
Rouge lo
seguì con lo sguardo finchè non scomparve dietro
una macchia di alberi come Samie poco prima.
Poi distese per bene la
catenina su di uno scoglio, fece due passi indietro ammirandola con
orgoglio: era il primo gioiello che avesse mai avuto, la mamma non le
permetteva mai di indossare i suoi.
Fece un saltello di
gioia pensando a che faccia avrebbe fatto Eddy di fronte a quella
meraviglia.
Poi afferrò
di nuovo la sua conquista, se la infilò al collo e corse di
nuovo verso casa.
Il resto del pomeriggio
Rouge lo aveva passato giocherellando sulla spiaggia con suo fratello,
continuando imperterrita a ripetere che la sua conchiglia era
più piccola, ma era anche molto più bella.Lui non ne sembrava del tutto
convinto, ma alla fine aveva accettato il verdetto pur di farla tacere.
A sera, poi, erano
rientrati a casa e lei si era tuffata sul letto a ripensare a quello
strano incontro con quei tizi che si credevano dei pirati.
Pirati! I pirati
che aveva visto nei libri erano tutti dei grandi uomini pieni di
cicatrici per le mille battaglie, quei due non avevano nemmeno
l’età della mamma! E poi non aveva mai visto una
donna pirata. Le bambine da grandi diventavano principesse. Lei sarebbe
sicuramente diventata una principessa, ora che aveva anche il suo
gioiello.
Lo prese ancora tra le
dita, poi si alzò e andò alla finestra.Analizzò vanitosa il
suo riflesso nel vetro e ne parve soddisfatta.
Poi qualcosa
catturò la sua attenzione: aprì la
finestra e si sporse fuori cercando di distinguere meglio.
In lontananza, sulla
superficie marina ormai scura all’imbrunire, al largo si
vedeva il profilo di un vascello. Scintillava di mille
piccole luci che raddoppiavano i loro riflessi sulle onde, creando come
una scia di stelle che si specchiavano sull’acqua.Illuminata da una di queste
luci, sulla cima dell’albero maestro spiccava una bandiera
nera e un teschio bianco.
Rouge
rabbrividì per la sorpresa e la paura: allora era vero!
Sentiva il cuore battere forte dallo spavento e dalla
novità: c’erano veramente dei pirati!
Poi guardò
meglio: la nave si stava lentamente allontanando.
Se ne vanno!
Pensò con un sospiro di sollievo.
Poi però fu
presa da un piccolo attimo di inquietudine: quel pirata che le aveva
donato quella bella conchiglia… non sapeva neppure come si
chiamava.
Ma si riscosse subito:
glielo avrebbe chiesto la prossima volta che fosse tornato. Aveva
promesso!
Da quel giorno Rouge
ogni sera prima di andare a dormire si affacciava alla sua finestra,
speranzosa. Poi, di settimana in settimana, prese a farlo sempre
più raramente, finchè non perse
l’abitudine dimenticandosi di quella promessa, anche per via
degli avvenimenti che di lì a poco le avrebbero fatto
dimenticare di tutto il resto, compreso quell’episodio
insignificante della sua infanzia.
Era stato difficile
riprendersi dopo la morte della mamma, che se n’era andata
l’inverno in cui l’isola era stata colpita
dall’epidemia.
Rouge spesso si
ritrovava a pensare ai giorni condivisi nella bella casetta sul
promontorio, e in quei momenti si sentiva come se le stessero togliendo
lentamente l’aria dai polmoni.
Con gli anni
però era riuscita a ricucire quella profonda ferita. Suo
fratello le era stato vicino finchè aveva potuto, poi,
compiuti diciotto anni, aveva deciso di andarsene.Si sarebbe arruolato in Marina,
sempre meglio che restare a Baterilla a fare la fame, aveva detto.
L’aveva
salutata con la promessa di tornare il prima possibile, portandole
anche una bella somma di Berry e qualche bel vestito dal Nuovo Mondo.
In fondo Rouge non
poteva certo biasimarlo, perché era per un giusto motivo se
Eddy abbandonava l’isola, ma quell’addio
inaspettato riaprì di nuovo la cicatrice: si
sentì di nuovo abbandonata.
Decise di tenersi
impegnata e aveva trovato un lavoretto in una locanda gestita da due
vecchie conoscenze di sua madre.Così tra un pasto e
l’altro, passava le sue giornate tranquillamente tra i soliti
clienti: Baterilla non era certo un’isola molto grande, si
conoscevano tutti, e a poco a poco si affezionarono a lei.
In quel modo impiegava
il giorno, mentre la sera si ritirava nella sua stanzetta al primo
piano del locale, apriva un libro e ci si tuffava dentro,
finchè non aveva tanto sonno da cadere addormentata sulle
sue pagine.
I libri che più le piacevano, sin da quando era bambina,
erano quelli sulle esplorazioni geografiche e sui grandi viaggi del
passato. Provava
profonda ammirazione per quei marinai che si erano spinti nella ricerca
delle isole più sperdute della Grand Line per spirito di
conoscenza.
Complici quelle
letture, a volte arrivava a desiderare di scappare via, ma poi si dava
della stupida per averlo pensato. Le sue radici erano lì,
dov’era la tomba di sua madre. Non l’avrebbe
abbandonata di certo, quella croce di legno sul promontorio, almeno
finchè non sarebbe tornato suo fratello. Non c’era
fretta, era ancora molto giovane, e in fondo anche
lì c’era gente che le voleva bene.
Per molto tempo
quell’episodio restò nascosto da qualche parte
nella sua memoria, fino ad una sera molto particolare.
Il ventisei giugno
faceva davvero molto caldo, anche se a Baterilla splendeva il sole per
la maggior parte dell’anno. Il ventisei giugno era il giorno
del suo compleanno.
Per i suoi diciotto
anni il padrone della locanda e sua moglie le avevano regalato un bel
ciondolo d’oro a forma di giglio.
-Dio, non so come
ringraziarvi! Oh, ma io non posso accettarlo!- esclamò Rouge
felice come una pasqua.
-Oh, ragazzina, non ci
pensare! Era un ciondolo di mia figlia, ma deve averlo lasciato qui
dopo che si è trasferita- rispose subito la signora Mari,
una donna grassoccia dai lineamenti forti ma materni.
-E poi sappiamo quanto
ti piacciano quei fiori, vero?
-Quindi accettalo e
buon compleanno, Rou!- disse con enfasi suo marito Ioakim da dietro il
bancone.
Rouge annuì .
-Grazie. È
davvero una bellissima collana!- rispose con un sorriso sincero.
-Bene! Ora fila a letto
però che sono già le due di notte e domani devi
alzarti presto!- disse in tono perentorio la padrona.
-Buonanotte!-
augurò Rouge entusiasta, trotterellando su per le scale.
È vero,
amava i gigli, e amava le collane, anche se non ne possedeva molte. Era
da molto che non si sentiva così felice per un regalo.
Da molto… e
qualcosa le ritornò alla memoria come uno stranissimo
deja-vu.
Entrò in
camera e chiuse la porta lentamente, riflettendo. Poi si
inginocchiò davanti alla cassettiera ed aprì
l’ultimo cassetto. Frugò nervosamente un
tra i vestiti ed estrasse finalmente un pacchetto accartocciato. Se lo
rigirò tra le mani, incerta, poi lo aprì.
C’erano
oggettini vari, una vecchia spilla della mamma, la sua fede di
matrimonio, un fermaglio per capelli ed una collanina
d’argento molto particolare. La districò da un
braccialetto e la osservò, poi le si illuminarono gli occhi.
La sensazione fu quella
di ritrovarsi tra le dita un briciolo di vita dimenticato, quella
conchiglia brillava ancora nella penombra per il suo candore.
Rouge provò
una punta di malinconia pensando a quella stupida gara con Eddy e al
fatto che a quel tempo erano ancora tutti insieme, ma non
potè fare a meno di ridacchiare considerando a come aveva
ottenuto quella catenina.
Chiuse gli occhi,
cercando di ricordare quel viso, ma la sua memoria era annebbiata da
tanti anni e tanti eventi ,e quel ricordo le sfuggiva via.
Pazienza, si
disse,tanto non importava.
Tuttavia se la
infilò al collo, prima di andare a dormire.
°°°
Ciao
a tutti!! Questa storia, come avrete ben capito, ha come protagonista
Portuguese D. Rouge, che nonostante le sue due/tre apparizioni al
massimo, è un personaggio che mi ha veramente colpito
u.u
Probabilmente
più avanti compariranno altri personaggi conosciuti del
presente di One Piece legati alla ciurmaglia di Roger, anche se non ho
la più pallida idea di quando/come questo
accadrà, visto che la storia è ben lontana da
avere un finale^^
'Lis Rouge', il titolo, significa 'giglio rosso'. Ho preso spunto dai
fiori che, nelle poche immagini che abbiamo, Rouge porta sempre tra i
capelli.
Naturalmente
fanno piacere consigli e commenti!
Al prossimo capitolo!
To be continued ;)
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