fra greco e jonas
Eccomi con una
piccola one shot. Stavo guardando le fic, quando ho visto il mio
libro di scuola e ho avuto l'illuminazione. Hope you enjoy it!
Commentate please!!!
Fra
greco e Jonas.
- Nebròs pote pròs
ton èlafon èlege: “ pater, makròteros kai tachuteros kunòn
fusei ghigne;” - era concentrata su quella dannatissima versione di
greco, dalla quale non riusciva a venire fuori. Eppure era quasi
mezz'ora che c'era dietro ed era solo alla terza riga.
- Ma perché i Greci
si dovevano andare a complicare l'esistenza, dico io. Perché questo
comparativo fetente non se ne rimane a casa sua, a cinquemila anni
fa? Ah, anche la Ricci, però, affibbiarci una versione bastarda da
fare per il giorno dopo... che due palle, probabilmente domani mi
interroga e io devo ancora capire da dove diavolo si comincia. -
- E poi dite che
sono io quello pazzo che parla da solo. Se ti sentissi cambieresti
idea sul mio conto, sì. -
- Taci Jonas; io non
parlo da sola, dialogo indirettamente con la mia versione, non parlo
da sola. - ripeté lei, alquanto seccata dalla presenza di un Essere
che girava per casa sua.
- Sì, certo, e io
non mi chiamo Joe Jonas. - rispose lui, continuando a punzecchiarla,
sorridendo divertito.
- Sai, strano tizio
che gira seccando per casa mia, io conosco due persone che hanno il
tuo stesso cognome, anche se in America è abbastanza frequente. Si
chiamano Nicholas e Kevin. Ma dubito che tu li conosca, e, cosa
ancora più assurda, che tu possa essere in qualche modo imparentato
con loro, sei troppo zuccone e nullafacente. E smettila di sorridere
come un idiota. - lo congelò lei senza voltarsi. Ormai lo conosceva
così bene da poter indovinare cosa stesse facendo senza avere
bisogno di vederlo.
- Mi spieghi come
fai a capire quello che faccio e che penso senza guardarmi?
Percepisci il mio odore? - chiese lui, armeggiando con i libri della
ragazza, ordinatamente sistemati nella libreria a fianco della
scrivania sulla quale lei stava lavorando.
- Non proprio, anche
se ad ogni movimento che fai mi arriva una zaffata di olezzo, così
capisco quello che stai facendo, ma non è l'unico metodo: quello che
sicuramente funziona meglio è il mio sesto senso di donna.
Percepisco, mio malgrado, la tua presenza e sei talmente Joe Jonas
che sei diventato dannatamente prevedibile. - rispose, senza staccare
gli occhi dal dizionario sul quale stava facendo scorrere il dito.
- Sai, credo di
conoscere quei due ragazzi di cui mi hai parlato prima, sai, quelli
con il cognome uguale al mio... - cominciò lui, guardando il
soffitto e sorridendo maliziosamente.
- Loro non sono due
rimasti cronici e tarati. - schietta e tagliente come sempre.
- Pronta per
prendere un tè con Sua Maestà. - la rimbeccò, aspettandosi
l'ennesima frecciatina bastarda da parte della ragazza.
- Non ti insulto
perché sai che lo farò e non voglio darti questa soddisfazione. È
così che si comincia la scalata verso l'anarchia, tramite la
soddisfazione e l'appagamento. -
Joe stava cercando
di riportare alla memoria cosa anarchia potesse significare,
ma proprio non se lo ricordava.
- È quando i
sottoposti, ossia tu, spodestano il loro signore e padrone, cioè io,
e fanno quel cavolo che vogliono fino a sprofondare nella corruzione
e nella lussuria più sfrenata. - specificò lei, portandosi una
ciocca di capelli dietro l'orecchio, continuando a mordicchiare la
fine della matita.
- E fra questi
sottoposti ci sono anche i miei fratelli? - chiese Joe, avvicinandosi
piano alla ragazza – anche Kev? - ormai era ad un soffio dal suo
orecchio – anche Nick? - chiese, mettendo quanta più malizia
potesse pronunciare in quelle due parole.
Lei alzò un
sopracciglio, non lasciando trasparire il rossore che si voleva
impadronire delle sue guance. - Sì, anche Nick. - disse in tono
piatto.
- Oh, certo. Guarda
che non sei l'unica capace di leggere le persone, ho imparato anche
io, in due anni di convivenza forzata, a riconoscere le tue
espressioni. E sai da chi ho imparato? Dalla migliore in questo
campo, una certa Sara. - le soffiò nell'orecchio.
Lei era immobile;
sapeva di essere brava a mascherare le proprie emozioni, ma sapeva
anche che c'erano quattro persone in grado di svelarle: la sua
migliore amica Giulia, e tre fratelli americani, più comunemente
conosciuti come Jonas Brothers.
Ormai doveva
ammetterlo almeno a se stessa: si era innamorata di Nicholas. E Joe
non faceva altro che seccarle l'anima affinché lo ammettesse. Ma lei
era resistita, annegando nella convinzione che Nick la considerasse
solo un'amica.
- Sai, se il
problema è solo questo, allora ti devo confessare una cosa –
cominciò Joe, avvicinandosi alla ragazza con aria complice – sono
due anni, cioè dalla prima volta che ti ha vista, che lui è
irrimediabilmente e terribilmente innamorato di te. Ma sai com'è
Nicky, non lo ha dato a vedere per paura di una tua reazione
negativa, e sinceramente, non vorrei essere al posto di quel martire
che si beccherà una sfuriata da parte tua. Ah, io non ti ho detto
niente. - concluse, lasciando la ragazza in uno stato confusionale.
Per quanto potesse
essere sveglia e astuta, non era mai stata un asso nelle questioni di
cuore. Ora che Joe le aveva detto che Nick era innamorato di lei, il
suo brillante cervello era andato in tilt.
- Ho colto nel
segno, eh? - ridacchiò Joe, gustandosi quei pochi attimi di
vittoria.
Sara sorrise.
Lei era innamorata
di Nick, Nick era innamorato di lei.
Ora doveva far
maturare tempi, perché si sa, Nicholas Jonas è un elemento
terribilmente lento e riflessivo, quasi bradipiaco.
Si girò verso il
ragazzo che aveva difronte, gli sorrise, chiuse il libro di greco e
mise il vocabolario nella sua mensola.
- Ciao, cognatina. -
ridacchiò Joe, prima di avvicinarsi a lei e abbracciarla.
- Fottiti, Jonas. -
disse, abbracciandolo a sua volta.
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