[Dedicata
a Giada, semplicemente
perché non
c’era altro che potessi scriverti al momento. Sono in caos
completo,
comprendimi e accetta questa piccolissima stupidata in anticipo XDD.
Una piccola, piccolissima menzione per Elisa,
la quale riconoscerà sicuramente qualcosa in questa cosa.]
Perfetto, eccoci con l’ennesima raccolta ^^’.
Questa sarà composta da capitoli che fra loro non
c’entreranno nulla –
addirittura i rapporti cambieranno, insieme con generi, avvertimenti e
rating.
Ogni oneshot avrà il suo specchietto introduttivo.
I prompt sono quelli della mezza
tabella;
m’impegno a non scrivere Flashfic, una sfida con me stessa di
fronte a voi.
Ogni storia conterà almeno
cinquecento
parole. Questo a contare dal secondo capitolo, ovviamente ;D
Bene, allora ^^. Cominciamo!
Prompt. Incontro (26)
Generi. Introspettivo; Commedia, Generale,
Introspettivo.
Rating. Giallo.
Avvertimenti. AU; Shonen-ai.
All’inferno e
ritorno.
Mail non è sicuro del primo incontro.
Non ha modo di ricordare
– ubriaco,
forse peggio, una stupidissima quanto pericolosa corsa in macchina,
un’assurda
nottata nella quale è successo tutto, tutto
tranne quello che ci si
sarebbe aspettati con tali premesse.
Qualcuno [
sa anche chi ] ha
vomitato dentro la vasca da bagno, sono trascorse due settimane e a
volte puoi
ancora individuare l’odore nella stanza. Il caricabatterie
del Nintendo DS annodato
intorno alla gamba del tavolo in cucina, il barattolo del sale e quello
dello
zucchero privati dell’etichetta e scambiati, le bustine di
tè nero tenute da
parte per Lawliet finite in ammollo nel cesso, il palmare spento e
attaccato al
soffitto dell’ascensore con del nastro biadesivo.
[ Oh, sì,
avete anche fatto sesso. ]
Un risveglio confusissimo, inequivocabilmente nudi nel piccolo
appartamento del
guardiano notturno e terribilmente nei guai – «Maaail,
hai finito di usare il bagno?».
Non lo ha visto per qualche serata, giusto il tempo di riprendersi e
andare a
farsi un giro, stesso posto, stessa ora.
«Devo farmi risarcire la sedia rotta», si
giustifica, «e comunque non vado a cercare
M—»
Come
si chiamava?
Dannazione!
Jeevas si lascia
sfuggire un sospiro, poi ride contro il palmo aperto.
Ha inizio un’altra lunga notte.
[
Almeno, questo speri. ]
La prima telefonata va a vuoto. La seconda anche.
Sembra il mondo giro completamente contrario, esattamente come i sette
semafori
rossi di tredici che ha incontrato durante il tragitto.
«Sette!», ripete in uno
scatto di nervi.
Sa cosa cercare.
Aggira il locale, ben attento ai brutti incontri: evita categoricamente
ogni
figura rischi di scoprirsi conosciuta, si muove nell’ombra,
si sente tanto un Man in Black o
qualcosa di simile. Se la
scarsa illuminazione impedisse di vedere bene, indosserebbe gli
occhiali da
sole con immenso piacere.
Giunto all’entrata secondaria, provvista d’una
breve coda di aspiranti imbucati
– comincia a guardarsi attentamente intorno.
I pensieri si perdono sulle labbra tormentate dal freddo, il volto si
piega in
un sorriso di soddisfazione di fronte al raggiunto obbiettivo.
«Moto figa», annuisce.
Non tenta la sorte, non allunga le mani sullo splendido mezzo;
dopotutto tiene
ancora alla sua vita. Cerca una buona posizione per aspettare in tutta
pace,
magari in incognito.
[ Chissà se gli occhiali da sole... ]
«Ciao Matt».
La voce arrogante quasi lo spaventa, una mano si posa improvvisamente
sulla
spalla sinistra. «Come va il dente?»
«Vivrò anche senza», tossisce con un
sorriso.
Mihael scivola elegantemente al suo fianco, montando sulla motocicletta
con
naturalezza.
«A casa mia», mormora prima di sparire sotto il
casco nero.
«...
Dove hai detto di abitare?»
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