petunia
GRAZIE, SORELLINA
La morte non è che attraversare il mondo,
come gli amici attraversano il mare,
continuano a vivere l’uno nell’altro.
- William Penn -
Petunia Dursley camminava lenta su quel sentiero illuminato da deboli raggi di sole di fine ottobre.
Non sapeva nemmeno lei perché era li, ma si sentiva in dovere di farlo.
Il suo cuore glielo stava urlando da troppo tempo e lei si era stancata di ignorare quella voce.
Doveva farlo.
Doveva vederla un’ultima volta.
Ne aveva bisogno.
Si fermò davanti a quella foto che ritraeva una ragazza dai
capelli rossi e gli occhi verdi, lucenti come se li ricordava. Era
bella. In fondo Lily lo era sempre stata. In quell’immagine fissa
nella fredda roccia lei sorrideva, quel sorriso che le era cosi
mancato. Se ne accorse solo in quel momento di quando sua sorella le
fosse mancata.
Quanto tempo aveva sprecato?
Quanti momenti aveva gettato al vento?
Troppi.
Ma ormai era tardi, troppo tardi.
Cos’era riuscita a farle cambiare idea? A farla ricredere?
Quel lontano giorno forse, il giorno che vide per l’ultima volta suo nipote: Harry James Potter.
Il giorno che lui li consegnò nella mani di due maghi per portarli in un luogo sicuro.
“Questa gente non capisce
quello che hai passato? Che pericolo corri? La posizione unica che
occupi nei cuori di chi combatte contro Voldemort?”
Quelle parole l’avevano fatta riflettere.
Era stata in silenzio per tutto il tragitto che avevano percorso in
macchina con quei due estranei, suo marito le parlava, ma lei non
sentiva nulla.
Prima di chiudersi la porta di casa alle spalle si era voltata verso il
nipote e l’aveva guardato negli occhi, forse per la prima volta,
e si era resa conto che quegli occhi erano cosi simili ai suoi.
Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma non trovava le parole.
Voleva dirgli che aveva commesso un grosso sbaglio, che non avrebbe
voluto condizionargli la vita, che le dispiaceva per tutto quello che
era successo, che era un bravo ragazzo, coraggioso, che stava per
compiere il viaggio più difficile della sua vita. Ma dalle sue
labbra non uscì un suono. Fu solo in grado di sussurrare un
semplice “Addio”.
Erano passati dodici anni da quel giorno e finalmente si era convinta.
Si inginocchiò sulla tomba della sorella e depose un giglio bianco proprio sotto il viso sorridente di Lily.
“Ci sei riuscita sorellina” un piccolo sorriso nacque sulla
labbra della donna, “Sei riuscita a farmi ricredere, scommetto
che starai ridendo adesso. Quasi mi sembra di sentire la tua risata,
quanto mi manca”
Petunia accarezzò il vetro che proteggeva dal tempo la foto di
sua sorella, “Ho commesso un grosso errore. Me ne pento ogni
giorno di più. Sono stata ingiusta. Ho commesso troppi errori. E
sai perché? Perché ero gelosa di te. Ero talmente
infuriata per quello che ti era successo, che non volevo sentire
ragioni. Non volevo credere che tu fossi una strega, che te ne saresti
andata da casa, che avresti vissuto in un luogo diverso dal mio, che mi
avresti lasciata da sola”.
Una lacrima solitaria scese dagli occhi ormai stanchi della donna.
“Non ci potevo pensare. Tu stavi vivendo i migliori anni della
tua vita lontana da casa, in un altro mondo, un mondo nel quale io non
esistevo, eri felice, spensierata. Poi hai incontrato lui” lo
sguardo di Petunia si spostò un attimo verso il volto sorridente
di un ragazzo moro con gli occhiali, “James Potter.
Quel ragazzo ti portò completamente via da noi. E non ti ho mai
vista cosi contenta. Il giorno del tuo matrimonio eri raggiante. E io
non mi sono presentata. Non volevo partecipare alla tua gioia. Ero
troppo arrabbiata con te, con lui, con i nostri genitori, ma
soprattutto con me stessa. Perché ero diversa.
Non avrei mai potuto essere alla tua altezza. E questo mi portava
rabbia, troppo rabbia. Non ci incontrammo mai più.
L’ultima volta che vidi il tuo viso fu proprio quel giorno. Fuori
dalla chiesa. Poi sparii completamente dalla tua vita”.
Un’altra lacrima seguì la precedente e subito dopo altre solcarono il viso di Petunia.
“Il giorno che trovammo Harry davanti a casa nostra capii che tu
te ne eri andata per sempre. Lessi la lettera che Silente lasciò
nella culla e non la feci mai leggere a mio marito. Quella notte piansi
molto, ma il mattino dopo non ricordai il dolore che mi aveva invasa il
giorno prima. Lo abbiamo fatto crescere nel modo sbagliato, siamo stati
ingiusti, ci siamo fatti odiare. Lily, perdonami.
Quanto vorrei poter tornare indietro e rimediare ai miei errori. Non so
cosa fare. Sono passati dodici anni. Lui non ci ha mai cercati, come
biasimarlo. Io ho provato a cercare qualche informazione, ma non ho mai
trovato nulla. Sicuramente si sarà rifatto una vita nel vostro
mondo. Sarà felice. Lo spero. Sorellina, ho fatto l’errore
più grande della mia vita”.
Petunia si alzò e si asciugò le lacrime con un fazzoletto
di stoffa che estrasse dalla tasca del cappotto, guardò il volto
di sua sorella un’ultima volta.
“Vorrei poter rimediare, lo dico sul serio Lily, ma credo che non mi sarà concesso”.
La donna si risistemò la sciarpa e dopo aver dato un ultimo
sguardo alla tomba di sua sorella, fece un lungo sospiro e si
voltò verso il sentiero che l’avrebbe condotta fuori dal
cimitero di Godric’s Hollow.
Il destino però a volta viene a darci un aiuto.
Fece qualche passo, poi si fermò di colpo. Una bambina,
avrà avuto al massimo sei anni stava correndo nella sua
direzione, i capelli rossi erano legati in due trecce che spuntavano
fuori dal cappello di lana che aveva in testa, gli occhi azzurri erano
vispi e allegri. Un flash attraversò la mentre di Petunia. Era
cosi simile a lei..
“Lily non correre così!” una voce non troppo lontana
fece fermare di colpo la bambina, si voltò e osservò
l’uomo che arrivava insieme ad una donna dai capelli rossi e due
ragazzi un pochino più grandi della bimba, sicuramente saranno
stati i suoi fratelli.
“Scusami papà” disse la piccola, alzando la manina
per prendere quella del padre. L’uomo le sorrise e la prese in
braccio, continuando a camminare di fianco alla moglie.
Petunia guardò la famiglia avvicinarsi sempre di più e
quando il suo sguardo si specchiò in quello dell’uomo il
suo cuore mancò di un battito.
Quegli occhi non li poteva confondere con quelli di nessun altro e
quella cicatrice sulla fronte era unica. Nessuno ne possedeva una
uguale. Era un simbolo e una maledizione. Significava vita e morte. E
non sarebbe mai stata dimenticata. Come l’uomo che la portava.
“Sei proprio tu” un sussurro, ma abbastanza forte da essere udito dalle orecchie giuste.
Harry James Potter si fermò a pochi passi dalla donna, non
distolse lo sguardo, ma non disse una parola. Ginevra Weasley al suo
fianco fece tacere le mille domande che stavano per uscire dalle bocche
ingenue dei bambini.
“E’ da molto che non ci vediamo” la voce di Petunia tremava.
“Già, dodici anni” rispose Harry, il Bambino
Sopravvissuto non sapeva cosa dire, non poteva nascondere la sorpresa
che provava nel vedere sua zia a pochi passi dalla tomba dei suoi
genitori.
“Come stai?”
“Bene, grazie. Voi?”
“Non male, grazie” la donna fece qualche passo verso il
nipote e lui, stranamente, rimase fermo al suo posto. Si fermò a
qualche passo da lui e fece un sorriso timido, “Le assomiglia
molto, sai?” disse osservando la bambina, “Prima, per un
istante, avevo creduto di essere tornata indietro nel tempo”.
A Harry scappò un sorriso sincero, “Vorrei chiederti una cosa”.
“Vuoi sapere cosa ci faccio qui?”
Il Bambino Sopravvissuto annui solamente senza distogliere gli occhi
dalla donna, Petunia fece un respiro profondo poi parlò:
“Erano anni che volevo venire qui, il mio cuore continua a dirmi
che dovevo solcare quel cancello, che dovevo vederla un’ultima
volta. Mi sono decisa qualche giorno fa e ho fatto bene. Non solo
perché in fondo alla mia anima non vedevo l’ora di
rivedere il suo volto, ma perché speravo di incontrarti”.
“Perché?”
“Perché voglio chiederti scusa”
rivelò senza esitazione, i suoi occhi si erano fatti lucidi,
Harry la osservava attento, sapeva quanto le costavano quelle parole,
“Siamo stati ingiusti con te, anzi, orribili.
Abbiamo riversato in te quello che provavamo per loro. Anche questo
però era sbagliato, ma me ne sono resa conto troppo tardi. Ho
sbagliato tutto. E non ho mai avuto modo di rimediare. Tu potrai anche
non perdonarmi e lo capisco benissimo, non ti biasimo.. anzi, ti
ringrazio per avermi prestato la tua attenzione.. io..”
“Petunia” Harry la stava guardando e sul viso aveva dipinto
un sorriso sincero, le mise una mano sulla spalla, “Grazie”.
Una lacrime scese dagli occhi della donna, mentre un piccolo sorriso nacque sulle sue labbra sottili.
Non dissero più nulla, Petunia si alzò sulle punte e per
la prima volta nella sua vita gli diede un bacio sulla guancia, poi
dopo averlo guardato un’ultima volta lo sorpassò e si
incamminò verso l’uscita. Però fece in tempo a
sentire una frase che le riscaldò il cuore.
“Chi era quella signora papà?”
“Quella, Lily, era una persona che credevo di aver dimenticato.
Era una persona che pensavo che non avrei più rivisto, ma che
invece sono stato felice di aver incontrato”
“Ma la conosci papà?”
“Si”
“E chi è?”
“Si chiama Petunia. Ed è la sorella di nonna Lily”
“Allora quella signora è nostra zia, vero papà?
“Si, Lily. Quella signora è zia Petunia”
Petunia Dursley fece un piccolo sorriso e alzò gli occhi al cielo. La neve stava iniziando a cadere.
Si asciugò l’ultima lacrima che era scivolata dai suoi occhi e non distolse gli occhi dal cielo.
“Grazie sorellina”
sussurrò, prima di dare un’ultima occhiata a quel luogo,
poi si sistemò meglio il colletto del cappotto e uscì dal
cimitero, consapevole di avere il cuore più leggero, finalmente.
Perché si spezzano tra i denti,
le cose più importanti,
quelle parole che non osiamo mai.
E faccio un tuffo nel dolore,
per farle risalire,
e riportarle qui.
Una per una qui.
Le senti tu, pesano e si posano,
per sempre su di noi.
Inveno no,
qui piovano i ricordi.
E io farei di più,
di ammettere che è tardi.
Come vorrei, poter parlare,
ancora.
Forse è tardi,
forse invece no.
- Laura Pausini -
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