Andrea
Andrea
Capitolo I
Andrea s'è perso per i boschi di
Trento, con una ciocca di capelli neri in mano. Si guarda intorno, e
non riconosce gli alberi, tutti brutti e scuri, tutti a lutto. Povero
Andrea, che ha un magone in gola e non vuole piangere, perché ha
promesso che non piangerà, che sarà forte.
Glielo aveva detto che forse non
sarebbe tornato. Gli aveva raccomandato di nascondersi, di mettere
via provviste, di proteggere la vecchia madre che ormai non vedeva
più. Poi s'era tagliato un riccio scuro, uno di quelli più belli
che gli cadevano sulla fronte come ad accarezzarla, e glielo aveva
dato.
Ricordati di me, per piacere.
Poi gli aveva appoggiato un bacio sulla
bocca, aveva stretto al collo la camicia allacciando l'ultimo
bottone, e col tascapane a pendere su un fianco si era chiuso la
porta alle spalle. Senza girarsi, perchè non ce l'avrebbe fatta a
resistere, lo sapeva, non ce l'avrebbe fatta e avrebbe mandato tutto
alla malora, avrebbe lanciato il berretto e il tascapane e si sarebbe
chiuso con Andrea dentro casa per sempre.
Così Andrea gli aveva
guardato le spalle per l'ultima volta.
E quando alla moglie era
arrivata quella lettera, che diceva che lui era morto, ch'era
disperso e quant'altro sui monti di Trento, Andrea aveva fatto
fagotto ed era partito. Era morta ormai la vecchia mamma, e non c'era
più nulla da perdere.
Andrea non si poteva far
capace di aver perso anche l'amore, che proprio non era possibile il
mondo ti crollasse addosso a quella maniera, e così era partito per
cercarlo, avesse dovuto ribaltare tutte le montagne di Trento fino in
Francia, e far pianura delle Alpi.
E adesso Andrea non lo sa
se uscirà da quei boschi, ma non ha paura di questo. Lo troverà, ne
è sicuro. E' li da qualche parte.
La guerra è arrivata come
una peste, e ha falciato le teste di tutti i giovani contadini.
Andrea non l'avevano preso perché è cagionevole di salute, e la
tosse non lo lascia mai. Ma quanti ce n'erano di ragazzi che manco
vent'anni e già li buttavano nelle trincee, senza spiegargli neppure
come tenere in mano un fucile.
I campi sono uno
spettacolo pietoso: senza chi li lavora, si sono abbruttiti e
addormentati, e le donne e i bambini non sanno manco da che parte
cominciare. I vecchi piangono giorno e notte la loro infermità e i
figli che non rivedranno, e la morte che vive con loro e che non se
li vuole portare.
Il paese di Andrea era
bello, sereno. C'era tanta gente, si mangiava bene. Poi tutto s'è
sfasciato, e ormai nessuno riconosce più le vecchie strade.
E mentre si rigira tra i
boschi, cerca di ricordarsi com'era il suo viso, ma i tratti tornano
sfocati, confusi. Gli occhi si annebbiano e perdono le sfumature:
sono solo celesti, di un celeste bellissimo che non riesce a
ricordarsi. Si ricorda che sono celesti perché in paese era famoso
per i suoi begli occhi. Occhi francesi, come sua madre, morta
giovane, ancora bella.
La mamma di Andrea bella
non l'era mai stata. La vecchiaia non s'era, perciò, portata via
nulla, e dunque non era stata crudele. Aveva solo marcato quei
contorni rozzi di contadina del sud, che al paese non piacevano a
nessuno.
Andrea con gli occhi neri
e la pelle bianca s'era sempre distinto dagli altri ragazzi,
biondicci e bruciati dal sole. S'era sempre distinto anche fra le
ragazze, che un po' lo disprezzavano e un po' lo cercavano con finto
disinteresse e una forzata noia. E qualche volta Andrea si divertiva
pure a prenderle in giro, le ragazze del paese, a sfotterle un po',
corteggiandone qualcuna particolarmente bella e particolarmente
vanesia e poi umiliandola davanti a quanta più gente possibile.
Con una ragazza non c'era
mai stato davvero, e non aveva intenzione di starci. Nuda, aveva
visto solo sua sorella da bambino, e niente di quei pezzi di pelle
l'aveva turbato.
A casa lo sapevano Erminia
e la mamma, ma non ne parlavano mai. Passerà, pensava la mamma.
Guai, pensava Erminia.
Poi Erminia s'era sposata
ma di casa non se n'era voluta andare, e con la scusa che il padre
era morto oramai da tempo, aveva convinto quel citrullo del marito ad
abitare nella vecchia casa, che tanto Andrea se ne andrà presto,
diceva, e con la mamma chi rimane? Non si può lasciarla sola, è
vecchia, non ce la fa.
E Andrea lo guardava di
sottecchi quel ragazzone muscoloso che s'era presa la sorella, non
gli piaceva. Era bruto, volgare, ignorante. Non era colpa sua e va
bene, ma erano mica finiti, i ragazzi al paese? Era bello, un bel
pezzo di giovane. Uno che a guardarlo ti viene voglia di
accarezzargli il collo, di togliergli la camicia tirata sui bicipiti
fino a volersi strappare. Lo doveva riconoscere, Andrea, che averlo
fra le cosce era una tentazione troppo grande per qualunque ragazza.
E qualche volta – non
spesso, neanche di rado però – lo guardava farsi il bagno. Si
spogliava d'un colpo, buttando tutto a terra, e s'immergeva senza
pietà le carni nella vasca bollente. Allora diventava tutto rosso, e
faceva grossi sospiri per il vapore che gli toglieva l'aria. Andrea,
da dietro le assi del muro costruito alla bene e meglio, faceva il
più piano possibile mentre quell'omaccione cominciava a toccarsi
nell'acqua, con il braccio striato di peli biondi che si muoveva in
acqua a un ritmo costante, lento abbastanza da far salire la febbre
ad Andrea.
Di notte sentiva i rumori
dalla camera da letto della sorella – nonostante si trovasse
dall'altra parte della casa – , sentiva i rantoli furiosi del
cognato che si abbattevano violenti sulle pareti, e con gli occhi
chiusi, qualche volta che aveva voglia, si portava una mano fra le
gambe e seguendo il ritmo di quei portentosi ruggiti, immaginava di
stare al posto della sorella, con le cosce strette ai fianchi lisci
del giovane contadino.
Continuava a disprezzarlo,
nonostante questo. Riconoscendo però che, tra tanti difetti, c'era
anche un grosso pregio.
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