Bene,
piccola premessa iniziale. E' la prima fic che scrivo, e le idee che mi
frullano in testa mi piacciono molto... ora mi farebbe solo piacere un
giudizio su questo primo capitolo, quindi sono ben'accette anche le
critiche. Spero che qualcuno riesca ad appassionarsi ai miei personaggi
=)
L' ALBERO
DELLA VITA
- Tu..tu davvero hai un figlio?!? Un figlio tuo?! - Esclama
spalancando sbalordito i suoi occhi azzurri, fin troppo azzurri, Elijah.
- Si. - Fredda e annoiata la risposta di Samuele, ad una domanda che
da 4 anni a questa parte gli era stata posta parecchie volte, sempre
più o meno così. - Ho un figlio, avuto quando avevo 15 anni... è
bellissimo. - e non riesce a trattenere un sorriso.
- Uh. Capisco. Quindi tu alla, più o meno innocente, età di 15 anni ti
sei sposato con una bella fanciulla, non prima di averla messa incinta?
- Commenta Elijah, subito ripresosi dallo shock della notizia.
A quell' esclamazione però gli occhi castano chiari di Samuele assumono
un espressione rabbiosa, qualche lungo ciuffo di capelli, neri e mossi,
sfugge alla folta coda lunga fino alle scapole ed il suo tono di voce
s' inasprisce. - No, Elijah, ma avrei preferito così. No, quella
stronza di sua madre non ha voluto accettare la mia proposta di
abortire, ha voluto tenere il bambino, voleva crescerlo diceva, poi quando è nato l'ha
lasciato a me e se n'è andata via, senza più farsi sentire. -
Alla reazione dell' amico, più che altro conoscente per ora, Elijah
abbassa lo sguardo rimpiangendo la sua domanda. - Oh. Scusa... scusami
davvero, scusa per la domanda, sai non credevo che... -
- Storia vecchia, è una storia chiusa, finita, appartenente al passato,
e la tua domanda domanda mi ha solo riportato alla mente quella
ragazza. - lo interrompe Samuele.
Elijah è un ragazzo nuovo di quella cittadina. E' un ragazzo alto, sul
metro e novanta, con lisci e lunghi, molto lunghi, quasi fino ai
fianchi, capelli biondo scuro e occhi azzurri, celesti, così chiari da
sembrare quasi bianchi alle volte, ma capaci di cambiare completamente
ed arrivare ad avere le tonalità intense del mare, nelle giornate
scure. E' figlio di una donna italo-norvegese e di un uomo
anglo-francese. Ha sempre vissuto a cavallo tra Norvegia ed
Inghilterra, passando qualche periodo in Francia, ed ora da poco si
trova in Italia. Conosce già bene l' italiano, avendolo comunque
parlato sempre poco, e anche le altre tre lingue delle nazioni da cui
discende. Ha conosciuto oggi Samuele, al suo primo giorno nel liceo
Linguistico della città, unico liceo, insieme a quello artistico,
incluso nelo stesso istituto, presente in quel borgo dolomitico.
- Senti, Samuele, mi sapresti spiegare che cos'è l' indirizzo
"Linguistico Artistico"? - La domanda di Elijah punta più che altro a
cambiar discorso.
- E' sperimentale, c'è da pochi anni. Mia sorella l'ha frequentato. In
pratica mescola l' insegnamento dell' arte e di metodi di disegno con
le lingue straniere. Pare che stia avendo successo. Meno faticoso dell'
Artistico e più creativo del Linguistico. E poi le lingue e l' arte
servono entrambe a comunicare, anche se in modo diverso, studiarle
insieme può essere stimolante. -
- Una sorella? - Chiede Elijah, che sembra non aver nemmeno sentito il
resto della frase; anche se non è affatto così. - Maggiore immagino...
ma non di tanto eh? Com'è, carina? Me la presenti? -
- Si, una sorella. No, ha solo 16 anni. Sì. E' molto carina. Te la
posso anche presentare, se vieni con me dopo le lezioni, ma sicuramente
vi incontrerete comunque prima o poi. - Risponde Samuele, guardando
annoiato l' orologio che segna ancora le 11.46, e sospirando.
- Una mocciosa insomma... bene, bene, voglio conoscerla assolutamente!
Ma perché frequentava il
liceo, che le è successo? - Chiede un perennemente curioso Elijah,
quella curiosità così fanciullesca, ma adorabile.
- Lavora. All' inizio temevo che avesse mollato gli studi per colpa
mia, ma mi sono ricreduto, visto che per il mantenimento mio, suo, di
nostro padre e di mio figlio condivide una minima parte del suo
guadagno. -
Naturalmente l' aver dimenticato di inserire nell' elenco un membro
della famiglia così importante come la madre, stimola ancora la
curiosità del bel biondino. - E... Vostra madre? - Chiede, timoroso,
dopo la risposta alla precedente domanda. Quasi un presentimento,
infatti la risposta fredda e malinconica di Samuele non tarda ad
arrivare.
- E' morta, dopo aver partorito Beatrice, mia sorella. -
Elijah abbassa lo sguardo dannando ancora una volta la sua curiosità e
promettendosi di non fare più domande sulle madri in quella famiglia.
Comprendendo meglio il motivo dell' odio da parte di Samuel, come lo
chiamerà sempre Elijah, verso la sua ex.
E pensando che Beatrice sia davvero un bel nome...
- Mhm... Samuel? Posso usare
il bagno? - Chiede Elijah. Lui e Samuele sono rimasti insieme a
pranzo, e sono andati insieme a prendere Mattia, il figlio del moro.
- Samuele, mi chiamo Samuele,
non Samuel! Comunque si, è lì, in fondo a destra. - risponde.
- Samuel suona maglio! - ribatte Elijah strizzando l' occhio, e poi
continua - ma la sorellina quando si alza? - pieno di entusiasmo per
l' occasione di conoscerla.
- Tra un po' credo... - ma la risposta rimane un po' sospesa nell'
aria, mentre il biondo è quasi giunto al bagno.
Apre la porta, lasciandola socchiusa, tornando sui suoi passi e dandosi
un' occhiata allo specchio con fare un po' narciso mentre slega la
chioma bionda. Torna alla porta, sta per aprirla, ma non gliene viene
lasciato il tempo, e per poco evita di prendersela sul naso. Una
ragazza entra tranquillamente, richiude la porta senza nemmeno fare
caso a lui, che si èimmobilizzato tra il muro e la porta, divertito. La
ragazza va al lavandino per lavarsi il viso, con tutta la sua
innocenza. Indossa solo una lunga maglia nera, che le copre in parte le
cosce e le lascia una spalla scoperta. Ai piedi ha dei lunghi calzini
colorati, che le arrivano fino alle ginocchia. Ha dei foltissimi
capelli castani dai vari riflessi, dal castano più scuro al rossiccio,
mossi. Lei è bassa e minuta agli occhi di Elijah, e questo lo adora.
La ragazza comincia a sfilarsi la lunga maglia, e quando ormai ha
addosso solo le mutandine e i calzettoni, intravede nello specchio la
figura del ragazzo che, lusingato dallo spettacolo offertogli, la
scruta compiaciuto. La maglia torna subito al suo posto, e la giovane
si arma di quello che le è più vicino, il tagliaunghie. A questo punto
Elijah non può fare a meno di scoppiare in una risata.
- Beatrice, sei tu vero? Stai tranquilla, non ti faccio nulla! - E
sfodera il suo sorriso migliore, sorriso a cui Beatrice deve sforzarsi
per non cedere.
- Chi sei tu e come mi conosci? - Cerca di rendere la sua voce
autoritaria o minacciosa, ma non ci riesce, si rende perfettamente
conto della comicità di quel momento.
- Mi chiamo Elijah. Sono amico di tuo fratello Samuel... emh...
Samuele. So chi sei perché volevo conoscerti, aspettavo che ti
svegliassi. - E non rinuncia al suo magnetico sorriso. Questa volta
Beatrice cede, posa la sua arma, inutile, oltre che impropria. A questo
punto Elijah decide di prendere in mano la situazione.
- Bea... posso chiamarti Bea, vero? Mi ha lusingato molto lo spettacolo
che mi stavi offrendo, e se vuoi continuare non sarò io ad impedirtelo,
tuttavia penso che ti senta un po' a disagio. Posso chiederti come mai,
dunque, mi hai chiuso nel bagno con te? -
La ragazza lo guarda, con estrema voglia di prenderlo a schiaffi.
- Tu... tu... tu eri nel mio bagno! E... e... non so come io non me ne
sia accorta... ma... ma potevi avvertirmi della tua presenza! - Lui,
perl' ennesima volta, sorride affabilmente mentre le risponde che ne
avrebbe avuto tutta l' intenzione , ma negarsi un simile spettacolo non
la ritiene una cosa da fare. Lei lo guarda rassegnata. - Bene. Puoi
almeno uscire dal bagno, ora? -
E si avvia per aprirgli la porta, ma viene bloccata da lui, che la
trattiene per un braccio. - Voglio vedere il tatuaggio. -
Lei lo guarda, scocciata, si alza la maglia fino alla pancia per pochi
secondi e la riabbassa. - Ora vai? -
Lo chiede sempre più rassegnata. Elijah la guarda compassionevole, ed
effettivamente atteggiamento di lei fa provare compassione. - Non l'ho
visto bene. Io volevo vederlo bene. -
E lo chiede con un sorriso malizioso, ma gli occhi di un cagnolino
implorante. La risposta di Beatrice questa volta è dura, decisa a non
lasciarlo vincere questa volta. - No. Vai via ora e non dire a mio
fratello né del nostro incontro né del mio tatuaggio, grazie. Ci
vediamo dopo per le presentazioni ufficiali. -
La povera Beatrice non sa con chi ha a che fare. Elijah sa come
ottenere quello che vuole, ed infatti ribatte prontamente. - Non
capisco perché non dovrei parlare del tuo tatuaggio e del nostro
piacevole incontro, Bea. -
Ora in lei si può vedere un odio furioso crescerle dentro. - Non
parlerai del nostro incontro perché a lui non farà piacere sapere che
sei stato a spiare la sua sorellina, e darà ragione a me. E non
parlerai del tatuaggio perché è stato fatto da un mio amico, perché
sono minorenne e in uno studio non posso, ma il mio amico è bravo e non
ha fatto casini. Però mio fratello e mio padre si preoccuperebbero
inutilmente temendo un infezione, anche se ce l'ho da quasi un anno
ormai! -
Elijah la guarda, sempre sorridente. - Cara, che tuo fratello e tuo
padre non lo debbano sapere per me non è una motivazione. Posso tacere
sul bagno e inventarmi qualcosa sul tatuaggio comunque. Ma... se tu me
lo mostri, me lo mostri davvero, posso tacere. -
Beatrice si arrende, quel ragazzo ha potere su di lei, più di quanto
lei stessa non voglia ammettere. Alza la maglia, mentre Elijah si piega
sulle ginocchia davanti a lei per vedere meglio quel tatuaggio che la
percorre per il lato destro della pancia e sul fianco. E lo scruta. -
Che cosa rappresenta? - chiede.
- E' un albero. Per me rappresenta la vita. Li vedi i rami? E il tronco
forte? Tutto è retto dalle radici profonde della pianta. Puoi
interpretarlo come preferisci, ma sempre su questa base. Ti piace?
-Elijah sorride, e le sussurra un flebile - Sì. - e ripensando alle
sue parole percorre con le sue lunghe dita fine i rami, seguendo poi i
contorni del tronco e percorrendo le radici, profonde appunto,
abbastanza profonde da arrivarle quasi all' inguine. E lui percorre
ogni linea di quel disegno. Beatrice si dimentica un attimo del mondo e
si lascia andare a quelle dolci carezze sul suo ventre. D'un tratto
rinsavisce, ed intima ad Elijah di andare, ora. Lui si alza,
compiaciuto. Prima di uscire, il ragazzo le si avvicina all' orecchio
per sussurrarle una frase su cui spesso ella rifletterà.
- Cara Beatrice, ti ho sempre amata! Non avrei mai tradito il tuo
segreto, ma è stato divertente giocare con te. A presto, mia Dea! -
Le schiocca un bacio sulla guancia ed esce silenziosamente, lasciandola
per qualche minuto sbalordita.
- Ci hai messo tanto in bagno, eh Elijah! - commenta sorridente
Samuele.
- Beh, sai com'è. - risponde Elijah, dando uno sguardo all' amico, e
proseguendo - No, forse non lo sai. Ma io lo so. Si perde un po' di
tempo in bagno a sistemarsi i capelli, a guardarsi allo specchio, sai,
devo essere affascinante se tra poco avròl' onore di conoscere la tua
sorellina, no? -
Samuele ride, divertito dai comportamenti dell' amico.
Poco dopo, Beatrice, ora un po' più vestita, entra nella cucina-
salotto, dove si trova suo fratello.
Si finge sorpresa, alla vista del ragazzo biondo, che subito si alza,
presentandosi.
- E' un onore conoscerla, signorina, il mio nome è Elijah Lacroix. -
E così dicendo si inchina davanti a lei baciandole la mano. Beatrice lo
guarda, un po' divertita, un po' lusingata, e sceglie di stare al
gioco.
- Piacere mio, messere. Il mio nome è Beatrice Sivier. -
Beatrice rimane a chiacchierare con il fratello ed il suo nuovo amico
fino alle 8 di sera, momento in cui si alza, andandosi a cambiare,
indossando calze verdi e stivali dall' alto tacco, sotto ad un abitino
a disegni marroncino-ocra cortissimo e con una scollatura a V molto
ampia, fino a circa dieci centimetri sopra all' ombelico. Scollatura
trattenuta da dei laccetti che le permettono di non aprirsi del tutto.
Copre l' abito con una felpa grigia, perché non le piace essere vista
dal padre con certe scollature. Indossa il suo cappotto, prende la
borsa e torna nell' altra stanza.
- Bene, io vado al lavoro fratellone. - Sorride. - Torno domani
mattina coi cornetti caldi, e porto Mattia all' asilo. -
Sorride ancora, ed il fratello le sorride di rimando. - Va bene
sorellina, come sempre. -
La porta di casa si apre, ed entra Nicola, felice di essere arrivato in
tempo per salutare la figlia che adora e non vede più per via dei suoi
orari strani.
Beatrice ora sta uscendo, tranquillamente, quando una frase la fa
rabbrividire un attimo.
- Bea, aspettami. Lavori in un locale, no? Domani ho solo inglese,
italiano, francese e norvegese, e queste lingue le parlo meglio dei
miei professori. Ti accompagno. - A Beatrice non fa piacere rimanere
più o meno sola con Elijah, che ha così tanta influenza su di lei, ma
non può fare a meno che rispondere affermativamente.
- Va bene. Su, Mister Lacroix, andiamo. -
- Monsieur. - la corregge prontamente lui.
- Lo so, ma non eri anche inglese, tu? -
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