sogno
Premessa: in questa storia si
parlerà di vampiri. Ma non è e non vuole essere un
riferimento a Twilight. Feci questo sogno nell'ormai lontano gennaio
del 2005, quando ancora non sapevo dell'esistenza di quel libro.
Come ho già detto, la storia
che sto per narrarvi è un sogno e, posso giurarvelo, me lo
ricordo ancora molto vividamente. Ho deciso di riportarlo e di scrivere
una storia ma, essendo appunto un sogno, è sempre un po' confuso.
Spero che commentiate in tanti e che,
se ci dovesse esserci tra di voi, gentili lettori e recensori, un
esperto di sogni, mi concederebbe un po' di tempo per scrivere una
recensione su ciò che potrebbe significare (anche se ovviamente
al primo posto vengono critiche e commenti).
Buona lettura a tutti! ^_^
Avevo caldo.
Stavo letteralmente morendo di caldo e non vedevo l'ora di uscire di casa.
Guardai l'orologio appeso al muro. Erano le tre e venticinque. Sarei
dovuta andare da Julia alle quattro. E mancava ancora troppo tempo.
Dovevo uscire di casa immediatamente.
Una parete di camera mia era occupata da un armadio gigante. I tre
quarti dell'armadio erano occupati dai vestiti di mia madre. Avrei
voluto metterci il più tempo possibile per scegliere i vestiti,
così che i minuti sarebbero passati, ma purtroppo avevo ricevuto
il dono della velocità di scelta: maglietta a righe bianche e
azzurre e minigonna di jeans, classico abbigliamento estivo per
festeggiare la fine della scuola.
Tre e trentasette. Julia abitava a cinque minuti di strada da me e io sarei arrivata in anticipo come al solito.
Per arrivare a casa della mia amica dovevo percorere un sentiero. Sulla
destra c'era la metropolitana, poi la grande via che portava al
centro della città, e poi ancora i palazzi, alti, imponenti, dai
colori bizzarri tipici della periferia, rosso scuro, giallo, erano
moderni. Sulla sinistra c'era un prato, con dei giochi per i bambini e
un piccolo campo da basket.
Avevo cercato di rallenate il passo ma arrivai comunque in anticipo di
un quarto d'ora. Con mio grande stupore la casa di Julia era già
piena. Il salotto dove stavano tutti i ragazzi non era molto
illuminato, ma l'ombra donava sollievo a quel giorno d'inizio estate.
"Questa volta non sei la sola ad essere arrivata in anticipo" mi disse
la mia amica sorridendo. Intorno a me in effetti c'erano molte persone,
alcune sconosciute. Ridevano e chiacchieravano in quella atmosfera
allegra e rilassata.
Ad un tratto un ragazzo mi si avvicinò. Era molto alto, coi
capelli neri acconciati in tante piccole punte
disordinate. I suoi occhi erano neri come il carbone, molto grandi ma
dalla forma leggermente allungata. La sua pelle era chiara e
contrastava col suo abbigliamento, rigorosamente nero. Era molto
bello. O forse, più che essere molto bello, aveva semplicemente
un fascino irresistibile. "Ciao. Io sono Alex" mi disse porgendomi un
bicchiere di aranciata. "Victoria" sorrisi.
Persi totalmente la cognizione del tempo.
Quando uscii sul balcone con Alex per prendere un po' d'aria era
già buio pesto. Ero entrata in una fase di intontimento. Non
riuscivo a pensare a ciò che era successo quel pomeriggio.
Rabbrividii quando scoprì che non riuscivo a pensarci
perchè, in effetti, non ricordavo molto bene. Sapevo solo che
avevo passato tutto il tempo con Alex. Solo allora mi
accorsi che era tardi, che dovevo tornare, che il giorno dopo io e
Julia saremmo partite. "Ora devo andare. E' stato bello conoscerti".
Sapevo di essere stupida a provare quella sensazione di tristezza.
Conoscevo quel ragazzo solo da poche ore, non potevo essermi già
presa una cotta per lui. "Mi ha fatto molto piacere passare la giornata
con te" mi disse sorridendo. Ora che lo guardavo bene, nella notte,
illuminato solo dalla luce della stanza dietro di noi, non potei fare a
meno di notare quell'ombra sinistra sul suo volto che mi fece
rabbrividire. Lentamente, molto lentamente, Alex avvicinò il suo
volto al mio.
Non riuscivo a capire come ero arrivata sul mio letto. Non ricordavo
nulla, era come essere sotto l'effetto di una sbornia. Eppure ero
lì, sotto le coperte, e mi girava la testa da matti. Doveva
essere l'alba perchè la mia camera non era totalmente al buio,
ma era immersa in una strana aurea grigiastra. In quel momento la porta
di camera mia si aprì e tutto quello che vidi fu una figura
sfuocata e grigia che si infilava nel mio letto, sotto le coperte con
me. Forse era il mio ragazzo, Bob... no, era un sogno ne ero certa. La
figura si sistemò accanto a te. Sapevo che anche nel sogno avrei
dovuto essere terrorizzata, ma ero talmente stanca e frastornata da
dimenticare ciò che avrei dovuto provare. La figura fissava il
soffitto ed io crollai in un sonno profondo.
Il lato destro del mio collo era gonfio e bluastro. L'ematoma
circondava i due forellini rossi. "Stupidi insetti" sibilai guardandomi
allo specchio.
"Perchè hai preso due stanze separate?" chiesi a Julia,
guardandola di sbieco. Lei mi sorrise "non si sa mai ciò che
potrebbe succedere in vacanza" sogghignò. Sempre la solita.
Alzai gli occhi al cielo "Julia, siamo in un paese sperduto tra le
campagne. Qui la gente non va a divertirsi. Qui troverai al massimo
qualche vecchino che gioca a carte in piazzetta o sulle panchine del
parco. e soprattutto, siamo qui perchè a te servono nuovi
scenari per le tue foto. Se volevi divertirti potevamo andare al mare!"
quando finii eravamo già arrivate alle nostre camere. "Sta
tranquilla Victoria" mi sussurrò abbracciandomi e sorridendo.
Notò i miei forellini e mi guardò con sguardo
interrogativo. "Insetti". La mia amica alzò un sopracciglio e si
chiuse in camera.
Grandioso. La febbre. Proprio adesso doveva prendersi la febbre.
Guardai la mia amica febbricitante giacere sul letto, tutta orssa in
faccia con i denti che le battevano come martelli.
Sbuffai e mi diressi verso il bar dell'albergo per prendere qualche
bottiglia d'acqua da portarle. Quelli sarebbero stati i cinque giorni
più noiosi, inutili e soffocanti di tutta la mia vita. Bloccata
in un paese sperduto con la mia migliore amica con la fronte in fiamme.
Stavo per uscire dal bar quando un ragazzo mi si parò davanti.
"Alex?" ci mancò poco che non feci scivolare di mano le tre
bottiglie d'acqua. "Ciao Victoria".
Tornai in camera mia barcollando, dopo aver passato due ore con Alex e aver portato le bottiglie d'acqua a Julia.
Quasi mi presi un colpo quando vidi che il letto non era vuoto: c'era
un ragazzo. La testa, dai capelli castano scuro, era appoggiata sul
cuscino. Gli occhi, gelidi, di un azzurro innaturale, mi fissavano. Il
mio cupre fece una capriola quando mi accorsi che conoscevo quel
ragazzo: era il fratello di Julia. Accesi la luce girandomi per un
secondo ma, quando tornai a guardare il letto, Abe era sparito. Avevo
forse avuto un'allucinazione? Sorrisi prendendomi gioco della mia
stupidità e suggestionabilità.
Un senso di annebbiamento mi circondava. Cos'era successo nelle ultime
due ore? Mi guardai allo specchio ed impallidii quando vidi i due
forellini sul mio collo ancora più rossi e profondi. Il livido
bluastro che li circondava si era fatto più grande. Capii che
non riuscivo a ricordare. La mia testa girava, ero confusa, stordita.
Come quando sali su una di quelle giostre che girano velocemente e
sembrano non smettere mai. E se tii guardi intorno non riesci a vedere
delle figure nitide, ma solo immagini sfuocate dalla velocità.
Era come se fossi appena scesa da una di quelle giostre.
Mi buttai sul letto e guardai il soffitto. Quando l'annebbiamento
iniziò a diradarsi, senza comunque sparire, un'immagine fioca
affiorò alla mi memoria. ero sulla terrazza dell'albergo con
Alex e lui stava guardando il cielo stellato. Lontani dallo smog, sotto
il cielo limpido di campagna, le stelle erano ben visibili e luminosi.
Ad un tratto si voltò verso di me e mi sorrise. Piano,
avvicinò il suo volto al mio.
Mugugnai qualcosa di incomprensibile e mi diressi a cercare Alex. mi
doveva delle spiegazioni. Chi era? Cosa voleva? perchè si
trovava lì?
Lo trovai nella hall seduto su una poltrona intento a leggere un libro.
Immobile come una statua, il suo colorito sempre più pallido gli
dava un'aria quasi da spettro, evidenziata dai suoi vestiti sempre
rigorosamente neri. Quella sera portava un dolcevita, per ripararsi
dall'aria fresca.
Gli arrivai alle spalle e lui sembrava non essersi accorto di me. nella
mia gola si fermò un nodo e nel mio stomaco iniziarono a
volteggiare farfalle. - Dobbiamo parlare - più che una voce
normale, sembrava il suono di una gallina strozzata.
- Facciamo una passeggiata - rispose, senza nemmeno voltarsi a guardarmi.
- Sono un vampiro - mi disse lui. Eravamo da soli che camminavamo
in una via. Da un lato un muro doveva separare la strada da un campo,
mentre dall'altra l'erba si innalzava formando una collina coperta solo
da qualche albero. Dietro di noi la strada si mattoni rettangolari
scendeva sotto un piccolo ponte che formava una strada per arrivare in
cima alla collina. Non so perchè non rimasi stupita della sua
affermazione. - Sono stato morso da un'altro vampiro. Ciò mi
lascia poco da vivere. A meno che non morda un'umana per tre volte -.
Come se mi avesse letto nel pensiero, rispose alla domanda che stavo
per porgli: - Ti ho morso solo due volte -. Deglutii. Un rumore strano
mi fece voltare nella sua direzione. La pistola era rivolta verso di
me, nera, lucida. elemento mancante in uno scenario di terrore - posso
fa apparire qualsiasi oggetto io voglia. Fatti mordere -. Più
che un invito era una minaccia. Ma non so per quale motivo, sentivo di
avere la situazione in pugno. risi a quell'assurdità, ma decisi
di seguire il mio istinto: - no - dissi, la voce più ferma di
ciò che mi aspettavo.
- Come? -
- No -
Lo vidi tremare. Tremava talmente forte che se anche avesse sparato in
quel momento avrebbe avuto buone possibilità di mancarmi. Chiusi
gli occhi e lo abbracciai. Lui gettò la pistola nella direzione
della strada, ma ancor prima che potesse toccare il suolo era
già sparita. - Tu non mi farai del male - sussurrai.
- Tu non puoi immaginare ciò che provo per te - il suo sussurro era perfino più debole del mio.
Avevo obbligato Julia a fare qualsiasi tipo di ricerca sui vampiri. Non
capivo perchè, una volta raccontata la mia storia, non mi aveva
preso per una pazza e non era scappata urlando. Tutt'altro, si era
impegnata nella ricerca molto a fondo, anche se con pochi risultati. Io
non avevo di certo fatto progressi. Avevo cercato invano un altro
metodo di salvare Alex senza sacrificare la mia vita o quella di
qualcun'altro, ma lui mi aveva avvertita che sarebbe stato inutile. e
ora cominciavo a perdere le speranze.
Alex diventava ogni giorno più debole e ormai non si muoveva
più dalla sua camera. Un giorno si era accasciato al suolo, con
la schiena contro la parete bianca, gli occhi aperti e vuoti, e non si
era più mosso, se non per mugugnare qualche frase senza senso.
Io cercavo di stargli vicina il più possibile e quando me ne
andavo era solo per trovare altri libri sui vampiri.
Ma non c'era più tempo. Alex stava morendo. Ero seduta davanti a
lui e sfogliavo nervosamente le pagine di un libro, quando il mio
sguardo si posò sui suoi occhi stanchi. in quel momento compresi
che non sarebbe sopravvissuto al tramonto. Come una sciocca, come una
stupida bambina, mi buttai sul suo petto e lo strinsi forte, con le
lacrime che ormai scendevano copiose dai miei occhi. - Quando
morirò, sparirò - mi disse lui, la voce era roca e rotta
dal dolore - non spaventarti - risposi con un singhiozzo più
acuto degli altri e rimasi lì, in attesa. In attesa di sentire
il corpo della persona che amavo rarefarsi, diventare etereo, sparire.
Un'attesa che stava diventando troppo lunga. Guardai fuori dalla
finestra. Il sole era sparito, ma c'era ancora molta luce, la tipica
luce rossastra-dorata del tramonto. - Non sono ancora morto' - si
chiese Alex con stupore. Si guardò intorno. - Ti senti meglio?
-. Annuì.
- Victoria!! - l'urlo di Julia rieccheggiò nel corridoio. Si
fiondò nella stanza - ho chiamato mio fratello -. Abe? Cosa
c'entrava Abe in tutto questo? E poi capii. Capii il perchè
della mia allucinazione, capii perchè Julia non si era stupita
una volta sentito il mio racconto. Anche Abe era un vampiro. E a
giudicare dal sorriso sul volto di Julia, aveva trovato la soluzione.
Julia si avvicinò a noi, la mia vista era ancora annebbiata dalle lacrime.
- Se il vampiro si innamorerà dell'umana che sceglierà di mordere, avrà salva la vita -.
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