SPOILER per tipo tutto già dalla riga
sotto.
Appena dopo il finale di serie (quindi,
a furor di popolo, il Male incarnato... pardon l'Emo incarnato...
insomma End of Ages... s nn t pc nn lggr che intanto Atrus me lo
fangirlo io), rettificando solo l'inspiegabile invecchiamento della
Yeesha del gioco. LA Yeesha è a Grower to move
through time
e di queste rughettine e dettagliucci si fa un baffo. u_u Due anni
dopo
era pimpante e
giovanile, perdiana!
L'idea nacque appena finito di vedere
il finale in questione ed è rimasta qualche mese a
sedimentare,
rimpolpata e immalinconita poi dal prompt di Harriet the road
refuses strangers, the land the seeds we sow.
Che nonostante le metafore scelte non è un paragrafo di
Words...
Non sono solita consigliare musiche da
accompagnare alla lettura ma, ecco, qui un Canone
di Pachelbel potrebbe non stonare.
Finale e un caffè
] Does this end have to
leave so soon? (5:11)
Yeesha lo sorreggeva lungo il sentiero,
respirando a fondo. Atrus la guidava. Capitava che le stringesse la
mano, in preda a un timore improvviso. Più spesso cercava il
suo
sguardo: si ritrovavano increduli e complici.
Scesero a valle con tutta la calma di
un'assolata giornata estiva. Duecento anni di passeggiate da e verso
quel belvedere avevano iniziato a scavare al centro i gradini,
notò
Yeesha, che li ricordava lustri e regolari com'erano appena
intagliati. Raddrizzò la schiena. La realtà dei
fatti era che stava
camminando a braccetto con due persone: Atrus da un lato e,
dall'altro, il ricordo della bambina che per la prima volta aveva
ammirato quella nuova D'ni. Sembravano così sorpresi di
trovarla
cambiata; lei era solo felice di poter ritornare a guardarli negli
occhi da pari a pari.
Tornare, ritrovare, discendere in
cerchio lungo mura che riportano al principio.
“Padre. Sono tornata”, ripeté a
beneficio di entrambi quando Atrus le aprì la porta di casa.
Fu accolta dal profumo del legno. Legno
intagliato, legno laccato, legna da ardere accatastata, legno coperto
da tovaglie tappeti cuscini, carta. Ritrovò una cara lampada
slanciata e la vide covare una nidiata di fotografie e ritratti
ingialliti dal tempo; la parete vicina sembrava reggersi su pile di
diari.
Dovunque girasse lo sguardo, Yeesha
coglieva gli spazi di suo padre. Si rabbuiò solo di fronte a
un
tavolo sgombro, senza progetti.
“Ho portato – le ho portate con me
quando sono venuto qui, intendo. Ho le lenzuola verdi col ricamo di
foglie.”
“Quelle della mamma?” Yeesha
inclinò la testa.
“Ho un solo letto”, spiegò Atrus.
“Ma sul divano, vedi, c'è spazio. Certo non
sembra”, lo squadrò
critico. “Però lo posso liberare in fretta. Mi
chiedevo se tu
volessi quelle verdi o...”
“Padre.”
“Cosa c'è, uccellino mio?”
Yeesha indietreggiò fino ad
appoggiarsi allo stipite della porta, con un piede all'infuori a
cercare la strada. Si sforzò di non abbassare lo sguardo
mentre il
cerchio che portava tatuato in fronte si schiacciava ruga su ruga.
“Non posso. Non posso, padre, non
posso restare, non è il mio ruolo. Quanto, quanto lo
vorrei...”
Atrus si morse il labbro. Zoppicò
verso la sua bambina e le carezzò con un dito i ghirigori
scuri
sulla guancia.
“Shhht, bambina mia. Non... nemmeno
per un caffè?”
Lo fissò stranita. “Sei poco
D'ni.”
“Sempre per metà più di te.”
Dal barattolo aperto si sprigionava un
buon aroma di chicchi tostati. Yeesha sprofondò in una sedia
imbottita della cucina, alternando lo sguardo fra le pentole e un
lumino di latta che stava risvegliando ricordi antichi: c'era stato
un tempo, in un'altra cucina, in cui aveva desiderato crescere solo
per arrivare a toccarlo.
Con la coda dell'occhio seguiva suo
padre mentre metteva a bollire un bricco e sistemava i filtri ben
pieni su due grosse tazze. Un movimento misurato alla volta.
Le immagini vorticose nella sua testa
parlavano di semi e buio.
“Ti si leggeva addosso”, disse
all'improvviso Atrus, senza voltarsi. “Scusami.”
“No, non servono scuse.”
“Scusami per avere insistito
comunque.”
“Un grande vuoto.”
Atrus non rispose. Si appoggiò ai
fornelli, un po' più curvo.
Non che si aspettasse una risposta.
C'era un grande vuoto inaspettato che la soffocava, in quella casa, e
non sapeva cosa farsene. Aveva fatto molto, negli anni passati: aveva
portato luce nell'oscurità e invitato
all'oscurità quando la luce
cresceva; aveva ridato voci al silenzio e vita alla pietra, ma i suoi
vuoti erano sempre rimasti lì dov'erano. Un vuoto andava
riempito e
costruire non stava a lei. Divisa. Sempre divisa.
Sì, forse se l'aspettava, una
risposta. Un piccolo aiuto.
“Ho tenuto un diario. Vorrei che tu
sapessi.”
“Uno solo?”, rise, grata. Ecco
l'aiuto, ecco un gradino. “Mentre io non sono stata diligente
come
avresti desiderato.”
“Yeesha. Sei stata molto più di
quanto Catherine ed io avremmo potuto desiderare.”
L'acqua bolliva.
Appoggiata coi gomiti al tavolo, Yeesha
si specchiò nella sua tazza fumante. Minuta com'era, si era
ricavata
un angolino sulla panca vicino al padre e si stringeva tutta sotto il
suo abbraccio. Non c'era vuoto, quando lo sentiva così
vicino.
Rifiutò lo zucchero.
“Uccellino del deserto, puoi dirmi
almeno perché devi scappare ancora lontano?”
“La strada chiama”, sospirò,
soffiando via il vapore. Fece gesto con due dita di camminarci sopra.
“Scava il suo percorso lungo molte terre, ma è
ancora secca.”
“E
tu devi andare.”
“Devo, perché la fine non è ancora
stata scritta.” Con gli occhi lucidi, allungò il
collo per poterlo
guardare. “È stato il mio turno di insegnare,
mentre eravamo
lontani, sai? È stato il mio compito quello di trasmettere
conoscenza e saggezza, e sogni e visioni, come voi faceste con me. E
ho insegnato molto, a molte persone. Ma ripetere ora proprio questo,
proprio a te... ci reincontriamo in un mondo diverso. Ed è
per
questo che devo andare, padre, capisci? L'acqua scorre solo alle mie
spalle. La pioggia inizia a scendere e l'albero
crescerà, ma sono
io a causarlo? Non ho fatto altro che seguire”,
recitò, “colui
che guida è...”
Atrus le carezzava i capelli. “Sei
tu, sì. Lo vedo ora, tanto chiaro quanto all'inizio lo
rifiutavo.
Ricordo le discussioni: tua madre vide prima di me, come sempre. Io
speravo che potessi essere solo la nostra bambina.”
“Lo sono ancora. Lo sono sempre
stata.”
“Ma devi andare.”
“Ci reincontriamo in un mondo
diverso. Oggi ho visto un pezzo del passato tornare ad aiutarci: un
amico, uno straniero, ha preso a cuore la nostra causa e si
è
caricato del nostro fardello. Nell'umiltà l'ha sciolto e ci
ha
liberati tutti. Un dono, per noi che avevamo fallito così a
lungo.
Ma non è questa la via del presente, è finito il
tempo dell'uno.
Altri attendono, giungono, chiamano e sono chiamati. Cosa devo dire a
queste persone, padre? E posso lasciare morire al vento i semi che ho
gettato prima che il Creatore ci concedesse quest'ultima
possibilità?
Così tanto dev'essere ancora coltivato e accudito... e la
terra è
dura.”
Lo stava stancando con quel fiume di
parole. Continuava ad ammirarla come se fosse un fiore, ma era
affaticato, con gli occhi ridotti a fessura, stretti per la
concentrazione, e un annuire ormai meccanico.
“Sei sempre stata una ragazza forte.
Sono fiero di te. Ora però bevi o si fredda.”
“È buono. Porta buoni ricordi.”
“Perdonami per aver dubitato di te,
bambina mia. E di averti addossato questo peso... questo grande
peso... se ti ha tenuta lontana, io non... e ora dici che non
è
concluso. Ma sei saggia, ora. Sì, sei saggia e saprai cosa
dire. E
io resterò qui finché anche questo non
sarà passato. È una lunga,
lunga storia...”
Atrus scosse la testa e tacque, così
che Yeesha credette che si fosse addormentato. D'improvviso le si
rivolse spaventato come un bambino:
“Però torni?”
“Già domani”, promise d'un fiato
senza lasciarlo finire di parlare. “E il giorno dopo. Posso
muovermi fra le Ere, ricordi? E prendere il tempo e muoverlo a sua
volta. Non lascerò che ne passi tanto da tenermi lontana da
te. Sei
la mia radice.” Le parole scorrevano veloci, molto veloci o
sarebbe
scoppiata a piangere alla prima pausa. “Per tortuoso che sia
il mio
cammino, tortuoso e incerto, e doloroso, e solitario, scorro in
un'unica direzione. Ricordi, padre? È come scrivevi,
è tutto come
scrivevi. Ciò che ho trovato mi avvicina, infine.”
Finì in lacrime, senza ritegno. Lì,
solo lì e in quel momento, poteva.
“Ho qualcosa per te, allora.”
Fece per alzarsi. Yeesha lo precedette
e gli porse il braccio. Ma volle andare da solo – farle una
sorpresa, diceva – e lei restò appoggiata sul
tavolo a braccia
incrociate, vedendolo sparire in una stanza in penombra.
Questo posto profuma di casa. Un
nuovo luogo dove essere, dove iniziare? Una divisione ricucita.
C'è
stata una fine, sì: la fine del mio esilio, del camminare al
buio
sotto gli Ultimi, per sorreggerli, per imparare. Un giorno glielo
spiegherò.
Così tanto da spiegare.
Così tanto da ascoltare.
Un grande vuoto. Ma che gioia
avremmo avuto se mi fossi mostrata quand'ero potente, vittima
dell'orgoglio, o più spesso piangente, vittima del
fallimento? Una
piccola gioia, e molto dolore a legarci. Con che diritto avrei
caricato lui di un tale fardello? Con che ragione? Ho già
causato
troppo dolore. Non sarei ripartita, per accudire quel nuovo dolore, e
molte lacrime ne sarebbero seguite – non solo mie, non solo
nostre.
Ora lo vedo. Così tanto da spiegare.
E oggi è giunto il tempo di
riportare il nostro passato al presente. Ma quanto tempo mi rimane?
Questa fine deve svanire così presto? Non toglietemela...
non
toglietemela.
Atrus tornò con un fagotto di panno in
braccio. Lo aprì con cura, rivelando la forma massiccia di
un libro
di collegamento per Tomahna. Le lettere d'argento incastonate nella
rilegatura brillavano ancora.
“Per te.” Il suo volto si aprì in
un sorriso soddisfatto.
“Ma non ne ho...”
“Farai prima che ad andare a
chiederne uno ufficiale”, continuò Atrus, con un
colpetto
affettuoso al tomo.
“Non...”
Lasciò perdere. Nulla di quello che
aveva da dire, e certo non uno sfoggio di potere, valeva l'incrinare
la soddisfazione che si era dipinta su quei lineamenti squadrati
intristiti dall'età. Yeesha avrebbe fermato il tempo, per
quel
sorriso.
“Grazie, padre. Sì, così
farò
prima. E tornerò presto.”
Si attardò ad accarezzare la sua mano
rugosa.
Appoggiò il palmo sul pannello e
attese a testa alta di disperdersi nel buio familiare del legame.
Outtake iniziale:
“È stato corretto lasciarlo andare
solo?”
“Pffft. Sa la lingua. Riuscirà a
orientarsi.”
“Hai ragione. È svelto e adattabile,
non avrà problemi.”
“...Stiamo parlando della stessa
persona?”
Outtake finale:
“È inutile che continui a sperarci,
padre.”
“Cosa, uccellino mio?”
“Non
fingere ignoranza delle tue azioni, ho visto come mi guardi, ma no.
Definitivo: no. Niente nipotina! Non oggi, non domani. Per la
miseria, quei versi saranno la mia rovina...”
@ belvedere: quello
dove finisce EoA.
@ casa di Atrus: questa
è la mappa più dettagliata di Releeshahn che
abbiamo. Io ci giocavo
a “Dove vive Atrus?”, facendo a turno a indicare i
posti più
desolati, dalla casupola più sperduta al cucuzzolo della
montagna
alla luna
XD Scherzi a parte, scommetterei su una delle casupole
sperdute a sud.
@ arguti arzigogoli linguistici &
frasi tronche: non so come dire Grower in italiano, quindi non lo
dico, punto e chiuso. '_' Se sono riuscita a evitarlo ne Il
ruolo
prescritto a un uccello del deserto, che non parla d'altro,
vieppiù non ci casco qui. “Coltivatore”
ci sarà il vecchio zio
Tobia... For the lulz, mi dicono dalla regia che negli altri
territori PAL è ancora peggio: Architetto in francese e
Costruttore
in tedesco. Come se non fosse difficile arrancare fra i piani di
lettura già quando le metafore sono al posto giusto... se
Yeesha è
il Costruttore, il DRC cos'è, di grazia? E gli alberi li
fanno gli
architetti mo'? Cresce l'albero della Foppapedretti?
@ discorsi di Yeesha: a parte qualche
parte presa di peso da Words qua e là, che voglio dire se lo
fa lei
lo posso fare anch'io imitandola, sono tutti inventati. Un minuto di
silenzio per i neuroni valorosamente morti in battaglia per la prosa
di Yeesha. u_u/
@ outtake iniziale: non riporto notizie
false, tendenziose e Sue-icide finché non ho la guida
ufficiale di
EoA sotto mano. Però nel finale Atrus dice davvero
“old friend”...
e mi pare che Watson abbia confermato di non averlo conosciuto prima
(rovinandomi peraltro un headcanon fighissimo
ç_ç)... quindi
qualcosa non torna.
@ outtake finale: Words termina dicendo
che “la figlia della figlia vivrà in
pace”, Yeesha non ha figli,
Atrus sarebbe il nonno più meraviglioso di tutte le Ere.
'nuff said.
Bene,
anche se Artemisia89 dice che me la cavo meglio con le storie brevi,
e probabilmente ha tutte le ragioni per dirlo, io a 'sta cosa ci
tengo davvero un botto e spero possa essere piacevole anche per voi.
*torna in un angolino a commuoversi per Atrus vecchierello.
Cioè ha anche gli occhiali a mezzaluna! G-guardatelo!
è... è così... qualcuno gli offra un
biscottino, per l'amor del Cielo! ç_ç*
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