Che
dire di questa fic? l' ho partorita, letteralmente. Ne sono
estremamente orgogliosa, perchè è stata un
Odissea. Si è classificata prima al
contest " Mental", ma l' avrei pubblicata anche se fosse arrivata
ultima. Quindi leggete, se non vi spiace commentate^^.
Questa
fic parla di problemi e malattie psicologiche, quindi, se non vi
piace l' argomento o lo ritenete troppo pesante non leggete.
Alle
Giudicesse.
Ma,
soprattutto, a chi mi da la forza di andare avanti
Blues
Ballad
By
Bravesoul
Prologo:
Baby
Blues.
Il
sole bagna lentamente la tua pelle, passi le unghie curate
sull’epidermide
del viso, tastando le piccole rughe che iniziano già a
formarsi agli angoli
degli occhi e della bocca.
I
polpastrelli si fermano inclementi su quelle imperfezioni,
così
minuscole e copie microscopiche del macroscopico scempio inciso sulla
carne
della tua pancia da ex- pregnant e
sulle cosce troppo grosse e con la pelle floscia.
La
pelle non è più perfetta, e tu avresti voglia di
gridare.
Scosti
i capelli, troppo spenti, dagli occhi, sempre troppo umidi,
li passi dietro le orecchie troppo
sensibili.
E le
stesse orecchie percepiscono il pianto di quel bimbo una volta
tanto voluto e che ora non riesci nemmeno a sopportare.
Ti
alzi dalla sedia che sa tanto del tuo ex marito, raccogli le forze,
stringi i pugni, serri i denti, e ti avvicini a quella culla maledetta,
lasci
scorrere lo sguardo per quel corpicino tremante.
Avvolto
nelle coperte pare così indifeso: la testa piccola, gli
occhi
simili ai suoi chiusi, le labbra
socchiuse in un urletto alla richiesta di cibo, le manine serrate
attorno alla
coperta comprata dall’altro,
il corpo
semplicemente rannicchiato.
Dovrebbe
ispirare amore, dovrebbe ispirare tenerezza, a te comunica
solo odio.
Odio,
perché quel bimbo ti ha privata dell’unica cosa
che ti era
rimasta: la bellezza.
Odio,
perché il padre biologico di quel bambino non
c’è più e ti ha lasciato
quella cosa da accollarti.
Odio,
perché vorresti quel fagotto dentro di te, per non sentirti
brutta,
per non sentirti sola, per riportare indietro il tempo.
Vorresti attorcigliare
le tue mani per quel collo
sottile, strappare la vita a quel coso
a cui l’hai data, vorresti estirpare quella vita per averne
il controllo.
Come ne avevi prima.
Dio…
è tuo figlio, come puoi anche solo desiderare una cosa del
genere?E’
il frutto dell’amore vero, del fin’amors,
come puoi anche solo pensare di poter porre fine a questa vita?
Eppure,
eppure nel profondo dell’anima, senti questo desiderio
inconsulto farti visita, rovinare questo forse punto di partenza per
una nuova
vita.
Ti
accasci a terra, serri i pugni, affondando le unghie scarlatte nella
carne delle tue mani perfette, le lacrime che corrono veloci, nervose,
inclementi, sul tuo volto perfetto.
Il
volto che tu odi, perché solcato da quelle rughette
insignificanti.
Vorresti
ucciderti? Vorresti calare un coltello per la tua gola
perfetta, non respirare più ?
Non lo
farai, perché non sei arrivata a tal punto,
perché, ancora, c’è
qualcosa che ti trattiene alla lucidità.
Di
scatto ti alzi, ridi, ridi istericamente, chiedendoti come sia
possibile.
Vuoi
una risposta?
Non lo
è.
Qualcuno
bussa alla porta.
Chiudi
gli occhi, ti alzi, ricomponi la tua perfetta facciata.
Nessuno deve vederti così, nessuno.
Perché?
Chiudi
gli occhi e prepari il cerone per l’ennesima recita,
l’ennesimo spettacolo
di fronte a quel pubblico cieco e sordo.
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