Niente
di personale, Alto
Cancelliere.
Questo
avrei voluto dire un attimo prima, ma decisi di non interrompere il
discorso di
Creedy. Non potevo essere scortese con il mio creatore, con colui che
stava per
farmi l’immenso piacere di uccidermi.
<<
Sfrontato fino alla fine… tu non piangerai come lui, vero?
Tu sei come me, non
hai paura della morte >>.
<<
L’unica cosa che io e lei abbiamo in comune, signor Creedy,
è che stiamo
entrambi per morire >>.
Lui
sorrise, sicuro di sé. Guardava la situazione da un solo
punto di vista, ovvero
quello in cui io sarei morto entro cinque minuti, e di questo non
potevo
biasimarlo. Ma credeva anche che fossi indifeso, e su quello avevo da
ridire.
<<
Ah si? E come credi che succederà? >>
<<
Con le mie mani attorno al suo collo >> risposi, mentre
con immenso
piacere immaginavo la scena.
<<
Cosa credi di fare? Abbiamo controllato questo posto e non hai nulla.
Nulla a
parte i tuoi diabolici coltelli e le tue belle mossette di karate. Noi
abbiamo
le armi >>.
<<
No, voi avete la speranza che quando le vostre pistole saranno scariche
non
sarò più in piedi, altrimenti sarete tutti morti
prima di ricaricare >>.
Mi
ero quasi dimenticato delle dodici armi da fuoco puntate contro di me,
ma era
un dettaglio tanto insignificante da non meritare la mia attenzione.
<<
E’ impossibile! >> esclamò Creedy,
poi aggiunse rivolto ai suoi uomini
<< Uccidetelo! >>.
E
i colpi partirono all’unisono.
I
primi non riuscirono a superare lo spesso strato di metallo che mi
proteggeva,
poi uno andò a segno.
Intravidi
uno schizzo di sangue quando il proiettile penetrò a fondo
nella mia carne,
mentre il mio corpo mi imponeva di urlare, di reagire.
Io
però rimasi fermo, attento a non lasciarmi sfuggire neanche
un gemito, anche
quando un secondo proiettile mi colpì.
Fu
lo stesso con un terzo, un quarto e infine un quinto, quando udii il
familiare
rumore di una pistola scarica.
<<
Ora tocca a me >> dissi, mentre maneggiavo con
agilità i coltelli
affilati.
A
quel punto immaginai le note della mia musica e pensai a come mi
avrebbe fatto
piacere ascoltarla un’ultima volta.
Prima
il dolce suono degli
archi, poi il resto dell’orchestra… infine il
crescendo, lo stesso che aveva
accompagnato l’esplosione del vecchio Bailey.
Mentre
ripercorrevo con la mente quelle note familiari, udivo
l’altrettanto familiare
suono di una lama che fende l’aria, di un fiotto di sangue,
di un urlo
sommesso.
Il
dolore e il piacere guidavano i miei gesti precisi e veloci, e
così facendo mi
permisero di ucciderli uno ad uno.
Tutti
tranne Creedy. Doveva essere V ad occuparsi di lui, nella piena
consapevolezza
di farlo.
Intanto
continuava a sparare, ma aveva perso tutta la sua sicurezza. Potevo
vedere il
terrore malcelato nei suoi occhi.
<<
Muori! Perché non muori?! >>.
Continuò
a sparare, e tre dei cinque proiettili andarono a segno.
Il
dolore divenne tanto insopportabile che, per la prima volta, ebbi
paura. Non
per la mia vita, quella ormai non rientrava nelle mie
priorità, ma di non avere
la forza di arrivare da Evey. Volevo dirle che tutto ciò che
in me era rimasto
umano, senza essere divorato da V, ormai apparteneva a lei. Era
l’unico motivo
per cui ero ancora consapevole del battito del mio cuore, e del sangue
che mi
scorreva nelle vene.
Entrambe
le cose sarebbero cessate in fretta, e dovevo affrettarmi, prima di
abbandonarmi alle calde e invitanti braccia della morte.
Mi
avvicinai a Creedy, consapevole che la mia ora era già
giunta da molto, e che i
miei passi erano guidati solo ed unicamente da V e dal suo desiderio di
vendetta.
<<
Perché non muori?! >> esclamò di
nuovo, mente iniziava a tremare.
<<
Sotto questa maschera non c’è solo carne,
c’è un’idea… e le idee sono a
prova
di proiettile >>.
Detto
questo mantenni la mia parola e Creedy morì come avevo
previsto… con le mie
mani attorno al suo collo.
La
mia vendetta è
compiuta.
Mi
tolsi la protezione di metallo, che sembrava diventare sempre
più pesante ogni
secondo che passava. Con la coda dell’occhio notai che era
sporca di sangue,
così come il muro al quale mi appoggiai poco dopo.
Il
contatto con la parete mi fece rabbrividire. Iniziai a respirare
più
affannosamente, ma nonostante ciò sentivo l’aria
mancare sempre di più.
Il
dolore diminuiva progressivamente, lasciando il posto ad un tenue
intorpidimento e alla consapevolezza che quelli sarebbero stati gli
ultimi
battiti del mio cuore.
In
verità furono anche gli unici a non essere alimentati dalla
vendetta, bensì da
qualcosa di altrettanto potente, qualcosa che non avevo mai provato
prima e mai
avevo sperato di provare.
<<
V! >>. La voce ansiosa di Evey mi fece capire che ce
l’avevo fatta, ma
non sarei mai riuscito a spiegarle che non doveva più
chiamarmi così.
V
era un’idea ed in quel momento io ero solo un uomo.
V
era immortale, io non lo ero.
Evey,
con una stretta tremante ma salda, mi impedì di cadere, e
lentamente, mi
ritrovai sul pavimento gelido della metropolitana.
Evey
ritrasse la mano sporca di sangue, e nei suoi occhi vidi distintamente
il
terrore che la attanagliava.
<<
Dobbiamo fermare il sangue >>. Disse, mentre nella sua
voce brillava
ancora una piccola fiamma di speranza.
<<
No, ti prego… non farlo >>. La implorai,
perché sapevo che non sarebbe
stato di nessuna utilità e avremmo sprecato tempo prezioso.
<<
Sono finito, e sono felice di esserlo >>, aggiunsi dopo
aver ripreso
fiato.
<<
Non dire così >>, Evey sperava, non avrebbe
mai smesso, ma io speravo
solo che i miei secondi contati comprendessero anche le poche parole
che volevo
assolutamente dire.
<<
Ti ho detto… solo la verità…
>>. Trassi un respiro profondo, ma ebbi la
sensazione che l’aria non potesse più entrare nei
miei polmoni. Sentivo il gelo
che mi avvolgeva, allontanandomi dal dolore della vita, e per un
po’ fui quasi
tentato di abbandonarmi ad esso, ma resistetti.
<<
Da vent’anni aspettavo questo momento… non
esisteva nient’altro… finché non ho
visto te. Allora è cambiato tutto… io mi sono
innamorato di te Evey, come non
credevo che mi potesse più accadere >>
<<
V, io non voglio che tu muoia >>. La sua voce tremava,
come le lacrime
nei suoi occhi, che ancora non accennavano a voler uscire.
<<
E’ la cosa più bella che tu potessi
darmi… >>.
La
voce di Evey che mi chiamava diventò sempre più
lontana, così come i suoi
singhiozzi.
Improvvisamente
capii che c’erano un’infinità di cose
che avrei voluto dirle, ma che era troppo
tardi.
Chissà,
forse in quel momento una piccola lacrima inumidì la fredda
e insensibile
superficie della mia maschera.
Adesso
sta a te, Evey.
Rendere
migliore questo
mondo.
Sperai
intensamente che quelle parole potessero arrivare a lei in qualche
modo, perché
non potevo pronunciarle.
Le
ultime forze mi permettevano a stento di respirare, ma l’aria
non arrivava a
me, e il sangue fluiva copiosamente dalle sette ferite. A quel punto
nessuna
parte del mio corpo mi apparteneva.
V
aveva concluso il suo ruolo con una sola ed unica certezza.
La
maschera sarebbe sempre rimasta dov’era. Evey non lo avrebbe
mai tradito togliendola,
e quel pensiero mi sarebbe bastato per trovare la pace, probabilmente
per
l’eternità.
Con
la forza della verità,
in vita, ho conquistato l’universo.
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