capodanno
Shalom. Non avevo nulla di meglio da fare, dunque mi sembrava giusto
inquinare ulteriormente il sito con questa scempiaggine. Legata a I matrimoni dei parenti sono sempre una seccatura, ma si può bere anche senza averla letta. Ah, con un ritardo assolutamente degno di me, buon anno^^
I suoi vestiti erano così bagnati che Itachi era quasi
sicuro di avere dimenticato il significato della parola
“asciutto”.
« Credo di essere seriamente ad un passo dall'ipotermia. »
argomentò Shisui, barcollandogli al fianco, senza smettere di
ridacchiare come un beota.
Ma probabilmente gli si era solo congelato il sorriso sulla faccia:
Itachi stesso non era poi così sicuro di avercela ancora, una
faccia.
« Io sono arrivato! » esclamò il cugino,
strillandogli nell'orecchio per sovrastare il sibilo del vento. «
Ci vediamo tra poco, vecchio mio! »
Itachi non si voltò neanche, puntando dritto in direzione di casa sua.
Era di pessimo umore.
La missione si era protratta più del previsto, a causa del mal
tempo, che li aveva sorpresi sulla via del ritorno costringendoli a
rallentare notevolmente il passo.
Del resto, a dicembre, che nevicasse non era poi così insolito;
Itachi era abbastanza maturo da accettare la cosa ed evitare di
crucciarsene troppo, limitandosi a sopportare il freddo penetrante e
l'insistente nevischio con stoica imperturbabilità.
Nonostante questo riteneva legittimo poter almeno sognare, una volta a
casa, di potersi godere un bagno ristoratore e un meritato riposo nel
suo adorato futon. Avrebbe accettato con noncuranza persino le
incursioni notturne di Sasuke, convinto della presenza di demoni
assetati di sangue nel suo armadio. Dopotutto, un fratello caldo
nel suo letto lo avrebbe persino potuto aiutare a prendere sonno.
E invece no.
Quei piccoli piaceri gli erano stati brutalmente negati quando, durante
uno dei suoi micidiali monologhi, Shisui gli aveva ricordato la data
del giorno.
Trentuno dicembre.
Capodanno.
E così era stato investito da una dura realtà fatta di
cene con i parenti, padri orgogliosi e saké. Per non fare
menzione delle madri e zie nevrasteniche per via delle lunghe ore
passate davanti ai fornelli.
« Sono a casa. »
Il suo saluto atono passò del tutto inosservato. Itachi
sospirò, togliendosi le scarpe e attraversando il corridoio con
passo felpato, cercando di non sgocciolare sul tatami; premura vana,
considerando che ogni parte di lui, dai capelli al coprifronte,
grondava acqua come una sorgente.
Due voci discutevano in cucina . Fugaku stava burberamente ricordando a
Mikoto che la nonna Kumiko era allergica ai germogli di bambù,
accusando velatamente la moglie di stare ancora attentando alla vita
della suocera per via di quel commento poco gentile riguardo le tende
da lei scelte per il bagno. Mikoto si difendeva pigolando frasi
incoerenti mentre rimestava con foga l'odoroso contenuto di un
pentolone. Itachi si guardò bene dall'interromperli in alcun
modo, preferendo di gran lunga defilarsi in bagno.« Nii san! Sei
tornato! »
« Non mi abbracciare, otouto. Ti bagni. »
Sasuke non se ne crucciò, prendendosi i suoi dieci secondi di
calore umano, anche se Itachi dubitava seriamente che il suo corpo
riuscisse a produrre una temperatura superiore ai meno due gradi
centigradi dell'esterno.
« Nii san... » fece poi il bambino, staccandosi infreddolito.
Itachi sospirò: Sasuke aveva appena assunto l'espressione da
dubbio esistenziale; la stessa di quando gli aveva chiesto come
nascevano i bambini – e lì il sangue freddo di Itachi era
stato messo a dura prova – e di quando aveva esposto il dilemma
dell'uovo e della gallina, pretendendo da lui una risoluzione
immediata. Quindi puntò gli occhi in quelli languidi del
fratellino, promettendo a se stesso di mantenersi freddo.
« Non ora, otouto. Ora sono bagnato. » e, prima di
incrociare ancora lo sguardo di Sasuke, si ritirò in bagno con
dignità.
Finalmente asciutto, anche se prossimo alla narcolessia, Itachi si
trascinò i cucina, finendo però investito da una pila di
jyubako* ambulante.
« Che diavolo... Itachi! »
« Tou san. » salutò lui, inespressivo, tastandosi il naso.
Fugaku lo scrutò per un secondo, burbero, prima di decidere che
non valeva la pena sprecare tempo a rimproverare il figlio per essergli
piombato davanti ai piedi.
« Aiuta tua madre in cucina. » disse invece, pratico.
« Si cena in palestra, visto che il tempo non collabora. »
e sottolineò la frase con uno sbuffo contrariato in direzione di
Itachi, come se la mezza bufera che imperversava all'esterno fosse di
diretta responsabilità del figlio, il quale aveva per
dispetto costretto tutto il clan a festeggiare il Capodanno in
palestra, unico luogo coperto ampio abbastanza da ospitarli tutti.
Itachi, troppo stanco per fare qualcosa di più che annuire con condiscendenza, deambulò in cucina.
« Nii san. »
Forse non sarebbe mai riuscito ad entrarci, in quella dannata cucina.
Abbassò lo sguardo: Sasuke gli si era piazzato davanti. Aveva ancora quell'espressione.
« Nii san. Perché non ci possiamo mettere i pomodori, sul mochi*? »
Itachi strabuzzò gli occhi.
« E perché diavolo dovresti voler mettere dei pomodori sul mochi?! »
Sasuke brontolò infastidito, mentre Itachi salutava Mikoto con
un cenno. Lei non ci fece troppo caso e, senza sperticarsi in
convenevoli, gli indicò con fare spiccio la trentina di jyubako
accatastati sul tavolo alle sue spalle e blaterò qualcosa che le
orecchie di Itachi non riuscirono ad afferrare.
« Nii saaan! » trillò Sasuke, tirandogli la felpa.
« Sì... Sasuke, mi spieghi perché diavolo ci vuoi mettere i pomodori, su quel dannato mochi?! »
« Perché è meglio... Insomma, perché
ci si mettono i mandarini, nii san? I pomodori sono più buoni
dei mandarini! »
Itachi lo guardò, costernato.
« Perché... Che ne so. E' un ornamento, cosa importa che sia buono o meno? »
« Ma i pomodori sono anche più belli, nii san. »
Itachi alzò gli occhi al cielo. Quel dialogo non aveva il minimo senso logico.
Scostò gentilmente il fratello e raggiunse il tavolo.
Arraffò un buon quantitativo di cibarie e se le sistemò
tra le braccia, precedendo Sasuke fuori dalla cucina.
« Allora posso metterceli, nii san? »
Itachi si fermò davanti alla palestra, ringraziando con un cenno chiunque gli avesse aperto la porta.
« No che non puoi, otouto. Sul mochi si mettono i mandarini, punto e basta. »
« Perché, lui che ci vuole mettere? »
« I pomodori. »
«Ci avrei scommesso. »
Itachi per poco non spiccò il volo, portando con sé cinque piani di bento decorato.
Era sempre spaventoso per lui constatare quanto fosse assuefatto alla
voce chiacchierante di Shisui; ormai gli rispondeva senza neanche
accorgersene.
« Non ce li posso proprio mettere, Shisui san? »
ritentò Sasuke, speranzoso mentre suo fratello si ingegnava a
sistemare il cibo sulla tavola.
Shisui, in qualità di più grande idiota delle cinque
terre assunse un'aria estremamente saggia o – ma questa era solo
l'opinione di Itachi – incontestabilmente stupida e disse,
solenne.« Puoi metterci quello che vuoi, Sasuke chan. Hai il mio
permesso. »
Itachi decise di soprassedere, evitando di porgersi domande che sapeva
essere insolubili - come in virtù di chi o di cosa suo cugino si
arrogasse il diritto di fare alcunché - e preferì
eliminare il problema alla radice, afferrando Shisui per un braccio e
trascinandoselo dietro.
« Ci sono un altro mucchio di jyubako in cucina. Aiutami a portarli in palestra. »
Shisui lo squadrò con aria critica.
« Sei sempre così ligio al dovere, cugino. Rilassati! »
« Shisui. » scandì l'altro. « Fallo e basta. »
Shisui ridacchiò, borbottando altre scempiaggini che Itachi
preferì ignorare e si intrufolò in cucina, riemergendo
con le braccia cariche.
Si fecero aprire la porta da Sasuke, che ancora lamentava ostinatamente
di non poter mettere i suoi adorati pomodori sul mochi incitato da
Shisui, che trovava la fissazione del bambino estremanmente esilarante.
In palestra i parenti avevano già iniziato ad affluire, portando a loro volta abbastanza cibo da sfamare un esercito.
Quando finalmente si riuscì a far accomodare la schiera di
nonni, la calca di zii e lo di sciame di cugini, aveva praticamente
smesso di nevicare ed il vento si era placato.
Itachi, per chissà quale infausta congiunzione planetaria, si
ritrovò stretto tra Sasuke – che aveva sbaragliato la
concorrenza, restandogli avvinghiato con tenacia - e la sua vecchia,
ingombrante nonna, dal cui corpo emanava un olezzo stordente di prugna
secca.
Come se non bastasse Shisui, dopo un acceso diverbio con una cugina sedicenne, si era accaparrato il posto di fronte al suo.
Ma Itachi avrebbe anche potuto sopportare.
Peccato che suo padre avesse deciso di cedere il posto a capotavola al nonno e si fosse quindi seduto accanto a Shisui.
« Itachi la scorsa settimana ha portato brillantemente a termine
una missione di livello S. Non è così, Itachi? »
stava raccontando a chiunque fosse disposto a prestare orecchio.
Sentendosi chiamato in causa, Itachi mugugnò un assenso, senza smettere di masticare il suo gambero.
« Itachi, caro, passami la salsa di soia. »
Lui inghiottì il gambero e, ubbidente, afferrò la
salsiera, passandola alla nonna, mentre Fugaku continuava imperterrito
ad osannare le gesta del suo geniale primogenito.
Itachi, indeciso sul da farsi – se tentare di fermarlo o
impiegare il tempo nella più fruttuosa impresa di imparare a
dormire con gli occhi aperti – si ficcò in bocca un altro
gambero.
Stava per crollare dal sonno.
Ormai non distingueva più il logorroico sciabordio di suo padre
dalla voce squillante di Shisui che, al contrario, pareva ancora pieno
di energia e raccontava barzellette sconce facendo arrossire la cugina
sedicenne; questa, alla fine, aveva ottenuto di accomodarsi alla sua
sinistra e ora lo osservava disgustata mentre lui faceva sparire
bocconi enormi tra una risata e l'altra.
Come facesse era un mistero: Itachi era già pieno da scoppiare.
Ma forse era colpa di Sasuke , che lo aveva costretto a servirsi
più volte dal suo piatto in cui il bambino sezionava
diligentemente ogni alimento prima di decidere che non era di suo gusto
e che quindi, logicamente, doveva mangiarlo il suo nii san.
Poi l'orologio batté le ventitré.
Itachi, perso in una sorta di catalessi che lo portava ad annuire con
aria coscienziosa ogni volta che qualcuno tentava di intavolare una
conversazione con lui, stranamente, fu il primo ad accorgersene.
Guardò prima sua nonna. Poi le bacchette che lei aveva lasciato
cadere e infine, con sommo orrore, il contenuto del suo piatto.
« Tou san... »
Ma lui stava inneggiando il clan, perso nella reminiscenza di qualche gloriosa missione giovanile.
« Tou san... La nonna è allergica ai germogli di
bambù. » si sentì dire Itachi, mentre il suo
cervello rielaborava l'informazione che aveva ricevuto poche ore prima
in cucina quando, distratto da Sasuke, non aveva prestato alcuna
attenzione a quello che Mikoto gli aveva detto riguardo il cibo.
Fugaku gli rivolse un cenno infastidito.
« Itachi, non è bene interrompere le persone quando... »
« Tou san. » ribadì, visto che l'altro non afferrava
la situazione. « Credo di avere avvelenato la nonna. »
Ora, l'affermazione così, nuda e cruda, poteva apparire un
tantino melodrammatica; ma il fatto che la nonna Kumiko, ormai paonazza
e gonfia, stesse iniziando ad emettere rochi suoni di gola servì
solo ad avallarla.
Fugaku scavalcò il tavolo con un balzo piuttosto agile e mentre
Shisui, che ancora non si era accorto di nulla, elogiava lo
“spirito fanciullesco” dello zio, tentò di
soccorrere la nonna; anche se Itachi non era certo che quello fosse il
modo giusto: urlarle nelle orecchie e scrollarla non sembrava giovare
particolarmente alla salute dell'anziana.
Mentre il panico dilagava e Sasuke, disinteressato alla faccenda, si
era messo a fare informi omini sistemando i dango* sugli spiedini,
Shisui stupì tutti pronunciando la prima frase sensata di tutta
la sua vita.
« Forse è il caso di portarla in ospedale. »
E si andò.
L'anno nuovo lo salutarono in corsia e, a conti fatti, la nonna Kumiko,
stesa dal suo mezzo shock anafilattico, fu l'unica a trascorrere le ore
serenamente.
Fugaku, tranquillizzato riguardo la salute di sua madre, occupò
il tempo ricostruendo i fatti con perizia maniacale e, trovati i
colpevoli, si esibì in una tra le migliori performarce di furia
cieca del suo repertorio.
La prima vittima fu Mikoto: nuora degenere ed assassina provetta, aveva
osato mettere appositamente due chili di malefici germogli tra le altre
pietanze, mimetizzandoli con diabolica abilità all'unico scopo
di avvelenare sua suocera, santa donna e madre esemplare.
Non servì a nulla spiegargli che aveva semplicemente scordato
che la suocera fosse allergica alla pianta. Cosa che Fugaku avrebbe
già dovuto sapere, considerando che era stato proprio lui stesso
a segnalarne la presenza alla moglie, passando per caso in cucina.
Dopo il suo intervento, lei si era dunque messa di impegno per
eliminare quanti più germogli possibile e aveva accatastato
tutte le pietanze che ne contenevano troppi sul lato sinistro del
tavolo.
Ed era qui che entrava in scena Itachi, esecutore materiale dell'efferato delitto.
Il diabolico primogenito, sobillato dalla perfida madre e con la
complicità dolosa del malefico cugino, aveva sottratto
illecitamente gli jyubako incriminati per portare a termine la violenta
esecuzione.
Fu inutile spiegare a Fugaku che, stanco morto e mezzo tramortito dalle
chiacchiere di Sasuke e Shisui, Itachi non aveva semplicemente fatto
caso a sua madre, che gli aveva detto di prendere solo i piatti
sistemati sul lato destro e aveva quindi portato tutto quanto in
palestra.
Che poi la nonna si fosse trovata davanti proprio i nefandi germogli, era stata solo sfortuna.
Ma non c'era stato verso: Shisui, per aver osato scherzare sulla
faccenda ed aver riso davanti all'isteria dello zio era stato spedito
fuori dall'ospedale a colpi di stampelle. Ed era stato poi rimproverato
persino dall'anziano invalido cui Fugaku le aveva sottratte.
Quando il clan aveva iniziato a sciamare fuori dall'ospedale,
lasciando Fugaku solo con la sua povera madre, la mezzanotte era
già passata da un pezzo; si era dato fondo alle scorte di fuochi
artificiali e nell'aria era rimasto solo un vago odore di bruciato.
Itachi decise di declinare compostamente la proposta di recarsi
comunque tutti al tempio, anche se in ritardo e, fedele – o
semplicemente appiccicoso – Shisui lo seguì, rincasando
insieme a lui.
Stavano attraversando il quartiere quasi buio quando, nel guardarsi
intorno, Itachi fu colto da una curiosa sensazione di mancanza. Solo
ora che la frenesia era passata e l'unico suono rimasto era la voce di
Shisui, si rese conto di aver dimenticato qualcosa.
O qualcuno.
« Sasuke! » sbraitò, colto da un'improvvisa illuminazione. « Dov'è Sasuke?! »
Shisui si guardò attorno lentamente. Prima a destra, poi a sinistra.
« Qui non c'è. » concluse, candidamente.
Itachi recitò un mantra tra sé, imponendosi di non scorticarlo vivo. Lui non se ne curò.
« Adesso che ci penso... Non lo vedo da quando la vecchia ha iniziato a contorcersi per terra. »
Ovvero da circa due ore e mezza, stimò febbrilmente il cervello di Itachi.
Sasuke poteva essere ovunque.
Potevano averlo perso per strada. O averlo lasciato all'ospedale. O
poteva essere stato sminuzzato da Fugaku mentre loro erano distratti. O
magari era con Mikoto, e le sue preoccupazioni erano del tutto
ingiustificate. Ma più probabilmente il nonnetto con le
stampelle lo aveva rapito ed ora si stava preparando per immolare suo
fratello in onore di una qualche divinità sanguinaria di nome
Jashin...
« Itachi! Guarda qui! » Shisui ghignava, le mani sui
fianchi e lo sguardo rivolto verso l'interno della palestra. « Mi
sa che qualcuno ha passato un Capodanno migliore del nostro. »
Itachi spalancò completamente la porta.
Dentro, tra le tavolate in disordine ed i piatti lasciati a
metà, sul fondo della stanza, Sasuke dormiva beatamente
rannicchiato sotto l'altarino; sul viso un'espressione singolarmente
soddisfatta. Itachi , interdetto, spostò di poco lo sguardo:
appena sopra Sasuke, in cima al mochi ancora intatto, troneggiava
sovrano un maestoso pomodoro rosso.
Nda:
*Jyubako: scatole laccate (simili a quelle usate per il bento, ma
più grandi). Vengono usate per servire l'osechi-ryori, il tipico
cibo di Capodanno, composto da diversi piatti tradizionali.
*Mochi: è un dolce tradizionale che si ottiene pestando riso
glutinoso. Qualche Eventuale Lettore se ne sarà accorto: 'sta
storiaccia è ispirata ad una delle strip sul numero tredici di
Death Note (per chi non lo avesse letto: Ryuk cerca di convincere Light
a mettere una mela sul mochi, al posto del mandarino
ornamentale)^^”
*Dango: sorta di gnocchi fatti con la farina di riso e serviti su spiedini.
Ovviamente, tutte queste simpatiche informazioni (che probabilmente
sapevate già), provengono da un collage di siti internet. Io
sono un'ignorante, quindi se Qualcuno ne sa di più o nota
strafalcioni, non esiti a segnalarlo u_u .
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