Era
un mattino
soleggiato e sereno, il momento ideale per prendere quella decisione.
Ci aveva
riflettuto tutta la notte, aveva soppesato tutte le alternative, ogni
scenario
che si era prefigurato portava con se altre incognite, come in un gioco
di
scatole cinesi; ad un certo punto aveva incominciato a dolergli il capo
per il
troppo lavorio a cui aveva sottoposto il suo cervello, e per la
mancanza di
sonno, verso l’alba, si era addormentato di un sonno pesante
e privo di sogni,
senza che nulla fosse più chiaro della sera precedente. Ma
ora, dopo due ore di
sogno agognato come l’acqua nel deserto si era svegliato ed
aveva visto il sole
già alto risplendere trionfante in mezzo
all’azzurro: finalmente aveva capito.
Sapeva
che se non
avesse preso una decisione in quel momento, si sarebbe mangiato le mani
per il
resto della sua vita, catturato da un crescente rimorso. Il ragazzo
rimase
disteso fra le lenzuola del letto, per trattenere ancora un
po’ di calore.
Stancatosi, infine, decise di alzarsi, per andare in bagno a lavarsi.
La casa
era estremamente silenziosa. Evidentemente era li, da solo. Arrivato in
bagno,
e guardatosi allo specchio, un viso smunto, dall’aria
piuttosto malaticcia, lo
fissava, con aria stanca e tormentata.
-
Buongiorno,
Seymour. - . Il riflesso, contemporaneamente, rispose al saluto.
Aprì
il rubinetto del
lavabo, miscelando acqua calda con acqua fredda. Sciacquò il
suo viso
abbondantemente, per riprendersi un po’. Dopo essersi lavato
il viso, si
spogliò, deciso di fare un bagno. Accese il piccolo stereo a
fianco la vasca.
Premette sul tasto play, senza neanche vedere il CD
all’interno del lettore.
Abbassò il volume, cercando di creare un lieve e rilassante
sottofondo
musicale. Entrò nella vasca, però, qualcosa non
andava. Solo dopo essersi
immerso completamente capì che il problema stava nella
musica: il piccolo
impianto riproduceva musica hard metal, troppo rumorosa. Rassegnatosi,
continuò
a lavarsi, cercando di ignorare la melodia. Dopo circa
mezz’ora, uscì dalla
vasca, e si avvolse nell’accappatoio; spense lo stereo. Si
passò velocemente
l’asciugamano sui capelli, e, dopo, li fissò con
il getto d’aria calda del
phon.
Giunto
una volta
nella sua camera da letto, aprì l’armadio, prese
una camicia nera a maniche
corte e un jeans scuro. Prese un bracciale borchiato e lo
infilò al polso
sinistro. Si vide nello specchio appeso nell’anta
dell’armadio. Seymour
vide la propria immagine dai capelli corvini che gli cadevano sugli
occhi
verdi. Aveva la pelle color avorio. Era abbastanza alto, magro, e aveva
l’aria
di uno in agonia. Tutto ciò donava al ragazzo un certo
fascino. Aprì la
finestra per far cambiare aria nella stanza e, chiusa la porta, scese
le scale
per andare in sala da pranzo. Il suo stomaco reclamava del cibo.
Afferrò
una tazza da
uno dei bianchi pensili della cucina, prese il cartone del latte, e ne
versò un
po’ nella ciotola. Agguantò la scatola dei
cereali, li versò nel latte, e
cominciò a mangiare. Una volta finito, sciacquò
la ciotola e andò a lavarsi i
denti. Non appena ripose lo spazzolino, il suo cellulare
cominciò a suonare.
Aprì lo sportellino per vedere chi lo stesse cercando.
“Emily”
pensò
Seymour. “No…non ho voglia di parlare con
lei…non ora che non so cosa fare!”.
Il telefono continuò a suonare per qualche secondo, per poi
zittirsi. Andò nel
salone, risedette su uno dei due divani di pelle nera, prese il
telecomando, e
accese il televisore al plasma da 42 pollici. In realtà non
vedeva nulla di ciò
che veniva mandato in onda, ma pensava freneticamente. Pensava a
ciò che era
successo la sera prima.
Ascoltava
il lettore
MP3, disteso sul suo letto, mentre arrivò un sms sul
telefonino. Aprì il
cellulare per leggerlo: era di Emily. Da un po’ di tempo la
ragazza si
comportava stranamente con Seymour. Il messaggio recava poche, semplici
parole,
ma che lo colsero alla sprovvista: “Possiamo
frequentarci?”. Seymour non aveva
nulla da perdere, ma, di li a qualche tempo, doveva trasferirsi in
Inghilterra,
dalla lontana città di Olympia, nel lontano Stato di
Washington, negli Stati
Uniti. Purtroppo Seymour era un tipo sentimentale: non sapeva dire di
no alla
ragazza, non poteva dire di no. La situazione, agli occhi di una terza
persona,
poteva sembrare piuttosto banale. Ridicola. Il problema di fondo,
però, era
l’emotività di Seymour. Mai come in questo
momento, il ragazzo era in
difficoltà. Subì alcuni traumi da bambino, come
il divorzio dei suoi genitori,
e il suicidio della madre. Per questo la sua indole si era sempre
rivelata
piuttosto fragile, e per questo trattava certe situazioni con le pinze.
Il
telefono di casa
squillò: - Pronto? - chiese
Seymour.
-
Hey! Sono Emily! - Seymour
ebbe un tuffo nel cuore. - Come va? - .
-
Beh…non male! Tu? -
rispose il ragazzo.
-
Si! Tutto bene!
Anche se… - lasciò
in sospeso Emily.
-
Fammi
indovinare…delusa? - chiese
Seymour.
Emily
non rispose.
-
facciamo così - riprese
il ragazzo. - Possiamo incontrarci in
centro fra mezz’ora? - .
-
E’ un si la tua
risposta, quindi? - chiese
Emily.
-
Beh…dipende… - Seymour
cercò di fare il misterioso.
-
Ci vediamo dopo
allora! Ciao! - salutò
allegra la
ragazza.
Aveva
deciso di non
infrangere le speranze di Emily, ma l’avrebbe avvertita che
prima o poi
l’avrebbe abbandonata.
Emily
lo aspettava,
seduta sulle panchine vicino la fontana. Vedendo Seymour, la ragazza si
alzò
sorridente, e gli andò incontro. Si salutarono, e Seymour
propose di andare a
fare una passeggiata. Parlare con Emily gli veniva spontaneo: era
impossibile
dirle di no. Era solare, e anche attraente. Aveva i capelli color
sabbia, occhi
scuri, denti perfettamente bianchi, e gli zigomi appena pronunciati.
Sotto il
pantalone nero e la T-Shirt viola scuro, le linee della sua
femminilità non si
nascondevano.
Decisero
poi di
sedersi ai tavolini di un bar, e prendere qualcosa da bere.
Seymour
prese una
lunga sorsata dal suo bicchiere, e cominciò a parlare.
-
Ci ho pensato un
po’…non ho nulla da perdere, ma molto da
guadagnare - disse
Seymour con crescente imbarazzo. Emily
si illuminò in viso, una leggere sfumatura rossa
andò a colorare il suo viso
color porcellana.. - E’ un si? Allora? - chiese
la ragazza.
-
Beh…perché no? - rispose
Seymour con un sorriso.
Emily
cercava di
contenersi, ma era felicissima. Seymour, però, distrusse
parte della sua gioia
dicendo che prima o poi se ne sarebbe andato.
-
Non è giusto - disse
Emily.
-
Ancora non te
l’hanno detto? La vita non è giusta! - disse Seymour con un filo di
amarezza.
-
So a cosa stai
alludendo - rispose
Emily, con tono
consolatorio. - Purtroppo sono cose che possono accadere, ma la vita va
avanti!
- .
-
Proverò a seguirla
allora! - .
Dopo
che Seymour ebbe
pagato il conto, ripresero a camminare, cambiando discorso.
Ciò
accadeva in una
soleggiante mattinata del 15 Maggio.
Arrivò
il 5 Giugno, con
l’imminente ballo della scuola. Seymour chiese al padre se
potesse usare la sua
Lamborghini Murcielago, per andare a prendere Emily a casa. Arrivato a
casa di
Emily, Seymour, nel suo abito semi-formale, vide la sua Emily, in
vestito color
pervinca, andargli incontro.
Passarono
la serata
sui ritmi del rock melodico e della musica sfrenata. Alle due
inoltrate, la
coppia si allontanò verso un giardinetto. Sedutisi, si
guardavano intensamente,
i loro volti sempre più vicini, le loro labbra sempre
più vicine.
Si
baciarono
intensamente, il loro amore ardente poteva incendiare il mondo intero.
Continuarono a baciarsi, e fu beato oblio.
La
loro storia
continuò per circa due anni, dato che il padre di Seymour
ritardò il
trasferimento. Giunse il 10 Dicembre, lasciandosi alle spalle i vari
avvenimenti di questa storia. Seymour prese il telefono,
digitò il numero
che aveva fatto un’infinità di volte.
-
Amore! - lo
salutò Emily.
-
Non so come
dirtelo… - .
Emily,
a sua
insaputa, riuscì a fare subito 2 + 2. cominciò a
singhiozzare: - Possiamo
vederci per un’ultima volta, almeno? - chiese
lei.
-
Sono sotto casa
tua. Ti sto chiamando dal cellulare - .
Emily
riattaccò, e si
fiondò da Seymour. Si abbandonò fra le braccia
del ragazzo, piangendo lacrime
amare.
In
quella posizione
ci rimasero per circa due ore. La matita agli occhi della ragazza
disegnava
nere lacrime di dolore.
-
Addio, Emily! - disse
Seymour, tetro.
L’ultimo
bacio fu il
più bello, ma anche il più doloroso, come una
manciata di spine nella bocca.
Emily,
poi, se ne
tornò a casa.
Il
giorno dopo,
Seymour si trovava nella sua nuova casa in Inghilterra.
Intanto,
Emily,
piangeva amaramente.
Passarono
i mesi.
Emily non riusciva a sopportare questo peso.
Fu
allora che mandò
un sms, l’ultimo, a Seymour: “Amore non
è un dio, nemmeno un uomo, ma un essere
demoniaco, intermedio fra dio e l’uomo. Addio! Un giorno ci
rincontreremo.”.
Inviato
l’sms, salì
sul tetto, inspirò profondamente, e si lanciò nel
vuoto. Mentre cadeva,
pensava: “Morire è facile, vivere è
difficile!”, e,come pensò, la sua vita si
stroncò subito, abbandonando il mondo terreno.
Seymour
non sapeva
come fare, cosa fare. Ora era un inerte bambolotto, in balia delle onde
del
dolore.
“Un
giorno, ci
rincontreremo, mia vita, mia speranza, mio dolore!”.
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