Odio
e amore.
Era
notte inoltrata. Fuori nell’ampio parco
dell’Accademia non si udiva alcun rumore a parte il frusciare
degli alberi, dato che la Classe della Notte era ormai stata sciolta da
tanto tempo. Si… ormai nessun vampiro orbitava intorno alla
Cross Accademy, a parte uno solo, uno spirito solitario. Io, Zero
Kiryu, colui che più odia il genere dei vampiri, ero stato
costretto a diventare un mostro, dipendente dal sangue; disprezzavo me
stesso, ma non potevo fare a meno di vivere per portare a termine la
mia missione: uccidere ogni singolo vampiro Puro Sangue esistente sulla
faccia di questa terra.
I
Puro Sangue mi avevano rovinato la vita: la mia famiglia, una delle
più importanti tra i Vampire Hunter, era stata sterminata
quasi interamente da uno di quei mostri, una donna soprannominata
“la principessa sanguinaria” che, dopo aver
dissanguato i miei genitori ebbe la brillante idea di mordermi,
trasformandomi in un essere a lei simile. Il mio fratello gemello, a
cui volevo bene più che a me stesso, divenne il suo fedele
servitore. Quattro anni dopo finalmente lo rividi, cambiato ma pur
sempre la parte mancante della mia anima; non passò molto
perché ci riunissimo. Ichiru, sacrificando la sua stessa
vita, aveva iniziato una nuova vita dentro di me, donandomi la forza
per annientare qualsiasi nemico mi intralciasse.
E
poi c’era Kuran… l’essere spregevole che
più odiavo, un “uomo” in apparenza dolce
e tranquillo, ma in realtà più sanguinario e
temibile dei peggiori delinquenti, freddo calcolatore e abile
adulatore. Lui più di tutti aveva distrutto le poche cose in
cui credevo e a cui potevo aggrapparmi, mi aveva usato come un
burattino, senza che io potessi ribellarmi, per i suoi intricati piani.
E soprattutto… mi aveva portato via Lei. Yuki.
Yuki
sbadata, coraggiosa, protettiva, pasticciona. La mia Yuki, che quando
mi vedeva triste o turbato mi veniva accanto e mi tranquillizzava con
una carezza. Chiusi gli occhi, rigirandomi nelle lenzuola del mio letto.
Una serie di immagini mi tormentava la testa: il primo giorno
in cui la vidi sulla porta di casa Cross, che mi scrutava con i suoi
grandi e generosi occhi castani; la notte in cui ebbi un incubo e mi
svegliai urlando, lei accorse da me, si sdraiò lì
accanto e mi carezzò la testa fino al mattino, senza mai
stancarsi; il giorno in cui la mia natura vampiresca si
risvegliò definitivamente e lei offrì il suo
sangue –delizioso, profumato, delicato, niente è
mai stato più puro di esso- per farmi stare meglio. Fino a
giungere a quell’ultimo terribile incontro, in cui mi trovai
davanti a una nuova Yuki, estremamente bella e nobile, circondata da
fluenti capelli castani, gli occhi sempre dolci che però
svelavano la sua vera natura… occhi rossi da vampira.
La
donna che amavo non era altro che la nobile Principessa Purosangue,
sorella e amante di Kaname Kuran, la cui natura di vampiro era stata
celata anche a se stessa per dieci lunghi anni.
Affondai
le unghie nel cuscino, con rabbia.
‘Perché
deve succedermi tutto questo?’ pensai ‘Non era
già abbastanza complicata la mia vita?’.
Avrei
dovuto odiarla, per il solo fatto di essere quello che era. Avrei
dovuto… cosa? Ucciderla forse? E come, dato che non riuscivo
nemmeno a convincere me stesso che tra noi ogni tipo di rapporto era
impossibile?
‘Che
sete…’
Non
riuscendo più a stare tranquillo nel letto, mi alzai con un
balzo. La mia stanza era spoglia, solo un letto, un cassettone e uno
specchio la riempivano. In fondo per il poco tempo che trascorrevo in
essa erano più che sufficienti. Infatti, da quando avevo
cominciato a svolgere il doppio lavoro di prefetto e Hunter, mi era
stata data la possibilità di avere una camera tutta mia,
così da permettermi di entrare e uscire a mio piacimento ed
evitare domande dei curiosi.
Mi diressi verso la finestra e in pochi secondi mi trovai
all’aria aperta, solo con il mio orgoglio, che mi impediva di
fare anche il minimo passo per sollevarmi da quella assurda situazione.
Quella
sera stranamente l’organizzazione dei Vampire Hunter non mi
aveva assegnato alcuna missione, ma decisi comunque di fare un giro per
la città. Era finito il tempo in cui facevo la spola tra un
capo e un altro, tra i compiti del prefetto, le missioni dei cacciatori
e quelle dei vampiri.
Volevo
essere libero, senza padroni, senza nessuno che mi sfruttasse.
Il mio unico desiderio era gridare al mondo che anch'io avevo diritto
ad una vita normale e tranquilla.
‘Troppi pensieri da sostenere da solo, non voglio
più amare, non voglio provare nulla, solo…
trovare una ragione per vivere.’
Mi era difficile in quel momento pensare a qualcosa che mi rendesse
seriamente felice, nulla della mia vita mi soddisfaceva appieno e
più e più volte ero stato molto vicino al punto
di perdere il controllo di me stesso.
Per essere certo di non aggredire qualcuno in un momento di follia,
presi la boccetta delle pillole di sangue e ne ingerii qualcuna,
calmandomi leggermente, sebbene non del tutto.
Era
quel dannato pizzicore alla gola che non voleva andarsene,
ricordandomi ogni istante il mio crudele destino. Conviveva con me come
un amaro sottofondo in ogni cosa che facevo, al pari di un incubo che
tormenta i sogni di un bambino, era ciò che non mi
permetteva mai di essere al pieno delle mie forze.
Ero
ormai giunto in paese, luogo tranquillo specialmente a quell'ora, solo
ogni tanto la quiete veniva rotta da qualche mostro fuori controllo che
tentava di avvicinarsi agli umani.
Sentii ancora rumore in un pub, dove spesso un gruppo di sfaccendati si
riuniva nei finesettimana, per scherzare e ubriacarsi in compagnia.
Stavo per entrare ma qualcosa mi bloccò: la laringe
inaspettatamente prese fuoco, come se non bevessi da settimane. Il
dolore mi fece cadere carponi, e strizzai gli occhi per dissipare la
nebbia che si era creata intorno a me. Sentivo un forte, inarrestabile
bisogno di sangue fresco umano, e nient'altro contava, tanto che i
contorni degli oggetti intorno a me divennero sfocati. Non era mai
successo prima… possibile che le pillole non avessero
funzionato…?
Ad
un tratto però alzai lo sguardo quel tanto che bastava per
accorgermi di una presenza che avanzava in lontananza e rimasi
pietrificato, senza osare muovere un muscolo.
…ogni
pensiero abbandonò la mia mente, per lasciare posto a un
vortice di emozioni senza senso, dolore, amore, stupore, paura,
confusione, totalmente scollegate e indipendenti l'una dall'altra, si
facevano guerra dentro di me… sentii il mio corpo
irrigidirsi e i miei sensi perdersi nel gelo che mi era calato addosso,
vedevo il mondo come attraverso una vecchia foto in bianco e
nero, sfocato, irreale, senza vita.
'Sento freddo... non può essere vero. Questo non... n-non
doveva succedere, non dovevo vederti mai più…'
Odi
et amo, quare id faciam fortasse requiris
Nescio,
sed fieri sentio et excrucior
Dolci
ricordi affiorano nell’anima mia,
ma
è straziante il dolore che li annega
e,
come l’alta marea, li trascina via…
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