In The End
Sono qua. Aggrappata a questo ricordo con tutta me stessa tentando di capire, anzi, di non sapere perché. Sapevo che dovevo aspettarmelo, tua sorella mi aveva detto di stare attenta: che eri uno stupido, un idiota. Io non ci ho creduto accecata com’ero da non so quale sentimento. Non me ne importava e non mi importa ora. Nonostante l’abbia visto con i miei occhi. Assente. Tutto il giorno a fissare il vuoto del giorno che trascorre. Alba, tramonto, è tutto uguale. E’ il crepuscolo qualcuno ha detto che è l’ora dei vampiri, si fottano pure loro. Bevo un sorso di cioccolata bollente, con la panna, e non mi importa se mi scotto la lingua e la commessa mi guarda nemmeno fossi indemoniata. La quarta cioccolata calda nel giro di venti minuti. La porta del locale, deserto, si apre e mentre la commessa gioisce, per quale assurdo motivo non lo so, io impreco verso lo scampanellio insistente e la folata di freddo. Ho provato a fermare il tempo, ho provato a tornare indietro, ho provato di tutto, ma non c’è stato nulla da fare. Lo so, lo sapevo. Ora non sto male, no, sono solo arrabbiata, frustrata. Io Hermione Jane Granger, avvenente donna in carriera, sono frustrata all’inverosimile. Cioè, sapevo che eri scemo, ma fino a questo punto chi se lo immaginava?
Impreco mentalmente contro l’unico, altro, cliente del locale. Ha fatto la genialata del secolo, l’idiota, e mi si è seduto vicino con un sorriso che ha steso la commessa. E’ pallido come un morto, sto tipo. Picchietto nervosamente le dita scarlatte sul bancone in ciliegio. Lo guardo distrattamente, sembra un vampiro, ma i vampiri non bevono cioccolata calda, fondente, con la panna. Ottimi gusti: l’idiota. Ha anche un aria familiare: l’idiota. Mica posso dirglielo, non voglio passare per una che tenta di abbordarlo. Nel frattempo, giusto per tenerlo occupato, la commessa gli fa una radiografia chiedendogli che cosa desidera, con tono molto allusivo e lui, nemmeno volesse mandarla a quel paese, gli spiega di aver già ordinato. Io intanto chiedo un altro giro e la donna mi guarda nemmeno fossi un fantasma. Ho passato qui tutto il pomeriggio a fissare il vuoto per poi decidermi a prendere della cioccolata calda, svogliatamente e poco convinta. Poi la foga, la tristezza, no, la frustrazione e l’orgoglio mi avevano fatta strafogare. La donna che ho di fronte pensa, chiaramente, che abbia deciso di ammucchiare penso in una sola serata. Cavoli suoi, non ingrasso. Io, a differenza sua. Sto sparando cattiverie su una povera lavoratrice innocente, non molto innocente, a dir la verità, a giudicare dagli sguardi infuocati e languidi che lancia al nuovo arrivato, che, manco a dirlo, la ignora. Dubito però che non se ne sia accorto. La fisso divertita e anche le labbra sottili, dell’uomo, si incurvarono in un sorriso complice quando i suoi occhi d’un colore indefinito, eppure vagamente familiare, si incontrano con i miei dorati che vagavano fra la cameriera e lui. La donna arriva poco dopo con le nostre ordinazioni e osserva l’uomo come volesse spogliarlo con gli occhi, come potesse. Ridacchio, lei torna, innervosita, in cucina e io sposto per un secondo lo sguardo all’uomo che mi fa cin, cin, con la tazza, sarebbe scortese non ricambiare. In fondo io ci avevo provato, a sistemare le cose, ma ora non mi importa più. Mi importa solo del mi orgoglio ferito. Quante volte abbiamo litigato? Tante, troppe anche per una coppia litigiosa. Pensavi fossi solo tua, ti sbagliavi, io sono prima di me stessa. Alla fine mi deve importare che tu sia andato a letto con “Lav, Lav”? dovrebbe, ma non è così. Lavanda Brown, perché mi ricorda qualcosa? Sto vaneggiando è ovvio che mi ricorda di te, vecchia ciabatta rosastra. Come quella volta che, a causa vostra, ho passato uno dei peggiori anni ad Hogwarts. Era la mia seconda casa, quella scuola, nonostante tu, al sesto anno, stessi con Lavanda, nonostante la guerra, nonostante nessuno avesse tempo per me, nonostante la paura che si respirava gli ultimi anni, o le mie ansie inutili prima degli esami, che passavo sempre con il massimo dei voti,
nonostante i Serpeverde che mi trattavano male per le mie origini, nonostante Malfoy che mi insultava pensando che fossi di ghiaccio, forse? No, penso sperasse di offendermi seriamente. Un secondo, com’era fatto Malfoy? Non faccio fatica a ricordare, nonostante fosse un borioso furetto purosangue, era piuttosto noto per essere davvero molto bello. Oggettivamente parlando, s’intende. Alto, biondo, dagli occhi innaturalmente chiari, una bellezza algida capace di far sospirare il novantanove virgola nove per cento della fauna femminile presente a scuola, me esclusa, naturalmente. Mi chiedo perché mi sono soffermata su Malfoy, ora. Sento la cameriera sospirare trasognata e noto, non senza un po’ di sano occhio femminile, che, il bel biodo dagli occhi impenetrabili, si è levato il cappotto nero. Che strano, anche Malfoy vestiva sempre di nero. Sbatto le ciglia un paio di volte, mi volto, torno a guardare la tazza, poi sbircio di nuovo l’uomo che mi siede ad una sedia di distanza. No, impossibile. Alla fine questa giornata non è così tremenda come mi aspettavo, è pure peggio! Ho perso l’unica relazione pseudo - stabile che avessi mai avuto, sono in un locale con due clienti in tutto e una commessa arrapata che si vuole fare un tizio che mi guarda nemmeno mi conoscesse. L’uomo si avvicina un po’ e sussurra – Sei una strega, vero? – sbatto le palpebre e mi volto – Ma sei pazzo, ti pare luogo? – sbraito inacidita dal degenerare della situazione, lui ride. E' divertito? Quest’uomo è irritante. – Dalla risposta si direbbe di sì, che anno? – So esattamente quello che vuole dire – Ho finito quattro anni fa – rispondo e lui pare stupito e soddisfatto – E com’è che non ti ho mai vista, se siamo dello stesso anno? – stesso anno, occhi di ghiaccio, capelli biondi, ghigno malevolo, voce melliflua, irritante. – Felice di rivederti Mezzosangue – dice al mio orecchio il povero idiota, ma, alla fine, non è così male. Alla fine il tempo lo ha cambiato, lo so, abbiamo parlato qualche volta a scuola, ritornando per l’ultimo anno. E’ ancora convinto della purezza del suo sangue, ma non vuole la morte di nessuno. Idiota. Mi tormento il labbro inferiore fingendo indifferenza – So che sei tu Granger, ma dico sul serio, è bello rivederti, sei diventata ancora più bella di quanto ti ricordassi. – sgrano gli occhi, ma ha bevuto whisky incendiario al posto della comune cioccolata che aveva ordinato? – Sei scemo. – dico convinta. – Non scherzo. – idiota – Idiota. – ripeto, convinta. – Non parlarmi così, mezzosangue. – non suona un insulto, nemmeno a me, ma dove vuole andare a parare questo idiota? Idiota. Idiota. Idiota. Mi ripeto. – Sentiamo, che vuoi da me? – si sporge e con il polpastrello mi asciuga una lacrima che mi è sfuggita – Chi ti ha fatto piangere, mezzosangue? – il suo tono è strano, sembra, sofferente. Se non fosse lui direi che è dispiaciuto. – Ron. – dico, ma non so perché l’ho fatto. Non so perché mi tratta così bene – Perché? – esprimo la mia curiosità ad alta voce, sorride, no, ghigna, come sempre – Lenticchia è proprio scemo. – sospiro, il suo alito sa di menta, nonostante abbia bevuto una tazza di cioccolato. Sì, è lui. Nessun dubbio. – Perché? – ripeto. Lui mi sorride e questo è un vero sorriso, avrebbe steso anche l’implacabile Rita Skeeter – Dio, Granger, mi avevano detto che eri intelligente. – lo guardo male. – Non scherzare. – sbotto – Her… m... Granger, mezzosangue, tu sei stata l’unica a rivolgermi la parola durante il settimo anno, oltre a Blasie, logicamente. Perciò non ti odio, perciò ti apprezzo e perciò vorrei uccidere quella vecchia ciabatta rossa. Tra l’altro gli apprezzamenti passati sono volati via come polvere al vento. – spiega e io lo guardo basita, incredula. Non che stesse mentendo su ciò che era accaduto, ma non sapevo che di recente avesse cominciato a drogarsi. – Non prendermi in giro. – dico rabbiosa. – Hermione che problemi avrei, se volessi, a trattari come ho sempre fatto? Sei la prima che ha creduto in un mio cambiamento e, sebbene siano passati quattro anni, io non ho dimenticato tutto quello che ha fatto per me la piccola mezzosangue diciottenne. Litigare con il rosso, con la rossa e lo sfregiato. Poi avete fatto pace, non ci siamo più visti, ma io non ho dimenticato e il tuo profumo, il tuo maledetto profumo di fragola mi ha tormentato fino ad oggi. Ogni giorno e ogni notte pensavo e, e, sapevo che tu eri quella che faceva per me. Ammettilo Granger ci somigliamo: orgogliosi, testardi, l’amore ci rinnega. Pansy se la fa con Nott. – finisce ironicamente, come se non se lo fosse aspettato. Alla fine abbiamo alcuni lati in comune. – A entrambi piace la cioccolata, con la panna. Entrambi eccelsi a scuola entrambi qui, dopo quattro anni. Una differenza: io Purosangue, tu una SangueSoprco. – e piano a piano mi si avvicina, tanto che il suo alito mi scivola sulla pelle. Non so cosa sta per accadere, anzi lo so, ma alla fine non importa. Lo so da quel settimo anno ripetuto. Lo so dalla prima volta che mi ha dato della mezzosangue. Non mi importa. Alla fine ho aspettato così tanto perché arrivasse che non importa se dovrei disperarmi per il tradimento di Ron. La verità è che non l’ho mai amato ed è per questo che non mi importa. Alla fine ho speso troppi giorni a guardare il tempo volare via, fuori dalla finestra. Mentre penso le sue labbra si posano sulle mie e io spalanco gli occhi, un lampo di dolcezza passa nei suoi, ma viene ricoperto subito dal solito gelo. Io l’ho visto e lui lo sa. Lo sa. Alla fine non è così male. La cameriera guarda due apparenti sconosciuti baciarsi, attonita. Tutto ciò non ha senso, dice la mia ragione, ma fino a d’ora non è che mi abbia aiutato chissà che. Accantono ogni logica e mordo il labbro dell’uomo che mi ha assalito la bocca. Lui salta- Hey, Granger. – si lamenta io rido e, facendogli l’occhiolino, non dico nulla ed esco sotto la neve. Mi segue, come pensavo. – Sei sempre il solito, dovrei denunciarti per atti osceni in luogo pubblico. – dico seria, lui mi guarda allibito – Lo faresti davvero? – rido, penso di sembrare pazza. – Solo se rimani ancora lì impalato. – e, detto ciò, lo afferro per la cravatta e accosto le mie labbra al suo orecchio. – Da quando sei diventato un bravo bambino, Draco Malfoy. – lui freme sotto il mio sguardo e le mie parole – Da quando tu sei diventata una cattiva ragazza Hermione Granger? – le nuvolette bianche di condensa si mescolano e l’odore di menta e fragola si mescolano. Alla fine siamo solo giorno e notte. Sole e luna. Leone e serpente. – Siamo come il giorno e la notte, Draco. – sospiro triste prima che le sue labbra trovino le mie e mi sussurra su di esse – Il giorno e la notte si incontrano all’alba e al crepuscolo e una non può esistere senza l’altro. – Idiota, quell’uomo è un vero idiota. Alla fine però lo bacio, perché non mi importa, lo sto aspettando da sempre. Le nostre labbra si trovano e, come se si volessero da sempre, chiedono attenzioni. Piano, piano diventano sempre più esigenti. Io le assecondo. Mentre la neve cade penso che, alla fine, anche il tempo sprecato ha un senso.
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