[ATTENZIONE: la lettura di
Bubblewrap prima di questa è altamente consigliata ma non
indispensabile. Si potrebbe leggere anche durante questa come uno dei
tanti flashback presenti.]
Protagonista di questa storia è ancora Liz (la ragazza nell'altra mia
fanfic Bubblewrap)che in qualche modo è il mio alter ego visto
che lei ha ed è tutto quello che vorrei io. E' inglese, è una giovane
organizzatrice di eventi ed è stata insieme a Dougie Poynter.
Questo è un mio personaggio di cui
ho tutti i diritti perchè frutto della mia fantasia. Mentre tutte le
altre persone non mi appartengono e non voglio con questo mio scritto
insinuare loro azioni o altro.
E' tutto frutto della mia
fervida immaginazione.
I personaggi in questo capitolo sono:
Dougie
Frankie (Francesca Sandford)
Giovanna Falcone
Danny
Novembre 2009.
Erano passati più o
meno 2 anni ormai da quando io e Dougie avevamo litigato e non ci
eravamo più visti. Erano stati due anni difficili e allo stesso tempo
pieni di cambiamenti nella mia vita e nella sua. Io ero finalmente
riuscita a completare il mio master per diventare un’organizzatrice di
eventi ed ora ero impegnata professionalmente. Lui aveva rilasciato
l’album RADIO: Active con i McFly a fine 2008 e aveva finalmente
conquistato colei che riempiva i muri di camera sua: Francesca Sandford.
Penserete che sia
gelosa. Fatto sta che Francesca, o Frankie come si fa chiamare, non mi
è mai piaciuta particolarmente. Avete presente quelle cose a pelle?
Ecco, così. Anche se io personalmente non l’avevo mai incontrata.
Facevo parte di un gruppo su Twitter che mi faceva sorridere ogni
volta: le Anti-Frankie, così si facevano chiamare. Alcune di loro erano
come me, ma la maggior parte erano di quelle convinte che lei avesse
rovinato Dougie, che lui fosse più magro a causa sua ecc. Io no. Io ero
semplicemente gelosa e basta. Lei poteva essere la migliore ragazza
sulla terra ma io ero gelosa e per di più così, come ho già detto, non
mi stava particolarmente simpatica.
Non era possibile
comunque che un gruppo chiamato “LoveFrankie” mi aggiungesse. Per quale
motivo? Non si capiva abbastanza che ero contro? Il profilo diceva che
loro la amavano e che lei si meritava tutto quello che era riuscita a
conquistare. Ma che cosa sono queste? Serpi? Io Francesca Sandford la
odio. Sia chiaro.
Ogni tanto mi chiedo se
abbiano fatto lo stesso con me. Probabilmente non sapevano esattamente
il mio nome. Magari c’era l’Anti-tipa-che-sta-con-Dougie. Al pensiero
rido di gusto.
In ogni caso me ne
stavo in metropolitana a leggere su Twitter e rispondere a qualcuno. Il
messaggio di Frankie apparve immediatamente:
“Ho appena ricevuto
questi per l’anniversario!” e allegata una foto. Era un mazzo di fiori
gialli.
Che schifo il
giallo!. Pensai d’istinto. E poi fiori? Non aveva abbastanza
fantasia per qualcosa di più?
***
«Dougie, dove mi
stai portando?» risi mentre cercavo di sbirciare al di sotto della
benda che avevo sugli occhi.
«Dai, non sbirciare,
Liz!» mi prese le mani e mi stampò un bacio sulle labbra prima di
tirarmi nuovamente in avanti.
«Lo sai che sono
nata curiosa!» protestai, arricciando le labbra.
«Smettila di
lamentarti che ci guardano tutti!» bisbigliò al mio orecchio. Ebbi un
brivido giù per la schiena per quella sua vicinanza. Stavo insieme a
questo ragazzo da ormai 4 anni e ancora mi faceva questo effetto.
«Ma come? Dove
siamo?»
Lo sentii ridere
ancora, ignorando la mia domanda. Un signore disse “Aventi, prego” e la
mia curiosità crebbe ancora. Feci lentamente uno scalino non troppo
alto e poco dopo il rumore di fuori si era leggermente attutito. Dougie
abbandonò le mie mani e io mi sentii ancora più spaesata.
«Posso togliermi la
benda ora?» feci per scostarla ma lui mi bloccò le mani.
«Aspetta ancora un
attimo» mi fece sedere e lo sentii di fianco a me che affondava il viso
nell’incavo del mio collo procurandomi brividi per tutto il corpo.
«Signor Douglas, non
starai facendo atti osceni in luoghi pubblici, vero? Perché sai come la
penso al riguardo.» risi. Lui rispose con una piccola risata. Lo
conoscevo troppo bene.
«Ok. Ora la puoi
togliere.»
Ci misi un po’ a
rendermi conto di dov’ero. Non sulla terra ferma di certo, non con i
miei piedi almeno. Eravamo in una delle cabine della London Eye,
deserta. Probabilmente aveva pagato per questo trattamento, dovevo
ricordarmi di ringraziarlo in seguito. Al momento però, l’unica cosa
che mi importava era l’altezza. Io soffrivo tremendamente di vertigini.
«Douglas Lee
Poynter, come ti è saltato in mente di portarmi quassù?» esclamai
guardandolo. Lui mi sfoggiò uno di quei sorrisi dolci e mi fece alzare
verso il vetro. Io continuavo a guardare in basso come ad assicurarmi
che niente si sarebbe rotto e mi accorsi di tenergli stretto stretto il
braccio per la manica.
«Liz, guarda davanti
a te, non giù.» sussurrò al mio orecchio.
Bisogna dire che
aveva ragione. Non che non lo sapessi, ma mi serviva sempre qualcuno
che mi ricordasse come dovevo fare per sopravvivere in situazioni del
genere. Davanti agli occhi mi si presentò Londra illuminata dal sole
del tramonto.
«E’ splendida»
dissi. Lo sentii mugolare contro il mio collo. Mi voltai verso di lui e
lo baciai.
«E oltre al panorama
che ho richiesto personalmente,» sorrise «C’è anche questo per te.» e
sfilò dalla tasca dei pantaloni un astuccio nero lucido. Osservai
quella scatola tra le sue mani e piano la presi, poi la sollevai e ci
trovai un braccialetto d’oro rosato con 4 piccole gemme.
«4 anni insieme.»
commentò, sfiorando le gemme con un dito. Alzai lo sguardo verso di lui
con tutto il viso che sorrideva, lo sentivo.
«Grazie.» fu quasi
un sussurro il mio. E osservai il suo viso allargarsi in un sorriso
dolce prima di prendere il mio fra le sue mani e baciarmi. Quasi mi
commossi.
«Ti amo, Liz.» mi
disse guardandomi negli occhi «Sei la mia vita e non ti cambierei per
nulla al mondo.»
***
Mi guardai il polso
dove quel braccialetto stava da sempre. Quando ci eravamo consegnati le
rispettive cose, me n’ero quasi dimenticata e poi avevo deciso di
tenerlo per me. Dougie, in ogni caso, non aveva più chiesto niente.
Appena scesi cominciai
a digitare numeri e a chiamare i vari agenti. Da un periodo ero spesso
al telefono, dal Lunedì al Venerdì costantemente. Stavo organizzando
una parte di Children In Need che è un’organizzazione no-profit che per
chi fa questo lavoro è un sogno avere. Ovviamente non mi occupavo
dell’intera manifestazione perché sarebbe stato impossibile. Avevo
alcuni concerti nei dintorni di Londra. Uno fra questi purtroppo era
presieduto proprio dalle The Saturdays.
Parlai con il loro
agente per telefono proprio salendo le scale mobili. Il tipo era
difficile, voleva le cose messe in un certo modo, che le sue ragazze
disponessero del loro staff e quindi di più posto per cambiarsi e
truccarsi. Che spirito di carità che aveva quest’uomo!.
Sbuffai e infilai
l’iPhone nella borsa mentre mi dirigevo nello Starbucks di Picadilly
Circus. Mi guardai intorno, ordinai un milkshake al cioccolato e mi
sedetti ad uno dei pochi tavolini liberi. Poco dopo entrò Giovanna
Falcone con un sorriso stampato in faccia.
«Oh, eccoti! Scusa per
il ritardo!» mi disse subito e prima di sedersi mi diede due baci sulle
guance.
Le sorrisi di rimando
«Figurati, credevo di essere io quella in ritardo»
Ci incontravamo ogni
Venerdì mattina per fare il punto delle nostre settimane. Io non avevo
più sentito Dougie, ma con lei ero rimasta in contatto. Ci raccontavamo
ogni problema, quanto il nostro lavoro ci facesse bene ma anche
stancare. Adoravo sentirla parlare di Tom, delle cose che lui le
faceva. Mi faceva venire in mente il periodo in cui potevo frequentarli
tutti liberamente. Ed eravamo come una grande famiglia. Non più
comunque.
«Ma dimmi di te!»
esplose «Come sta andando il tuo miglior evento?»
«Il più importante
vorrai dire!» risi «E’ dura ma mi piace stare al telefono, convincere,
essere chiamata.»
Sorrise: «Beh, e come
sono articolati? Si può sapere qualcosa?»
Annuii, sorseggiando il
milkshake: «Abbiamo le Saturdays.» commentai cercando di rimanere il
più impassibile possibile. Giovanna era diventata amica di Frankie,
ovviamente. Ma conosceva me fin troppo bene.
«Ehm.. a stretto
contatto, eh?» ridacchiò. E io la fulminai con uno sguardo.
«Dai!» Giovanna si
lasciò andare ad una fragorosa risata «Comunque, sabato prossimo c’è un
concerto dei McFly e ho un pass anche per te se vuoi.»
Scossi la testa.
«Oh, Liz non farti
pregare come tutte le altre volte.»
«Non vado a vedere la
coppia migliore del mondo.»
«Ehy nessuno li ha mai
definiti la coppia migliore del mondo, questo lo pensi solo tu. E se
proprio vuoi saperlo, lei non ci sarà.» mi fece l’occhiolino.
«Non centra niente.»
scossi nuovamente la testa e guardai da un’altra parte.
Ora la voce di Gi si
fece più dolce: «Senti, lo so che è difficile, ma anche Tom e Danny
sarebbero contenti di vederti lì, e lo sai.»
Sbuffai «Va bene, dammi
quel pass e ci penserò su.» allungai una mano a prenderlo, già decisa
di darmi malata. Giovanna me lo porse, contenta.
«Ora scappo cara, Le
Saturdays mi stanno facendo impazzire.» mi alzai e la salutai con due
baci sulle guancie, dopo di che uscii da Starbucks.
«Pronto, Liz?»
«Mmm..» Era domenica e
me ne stavo ancora a letto. Non sapevo nemmeno che ore fossero
esattamente, ma stavo così bene che non avevo neppure la forza per
formulare una parola né tantomeno capire chi c’era dall’altra parte del
telefono.
«Liz.. ma ci sei?»
«Mmmm... chi sei?»
riuscii a chiedere.
Ci fu una risata
sguaiata dall’altra parte: «Come chi sono?! Danny! Chi vuoi che sia?»
Spalancai gli occhi di
botto e mi tirai a sedere. Il sole entrava nella stanza dalle serrande
poco abbassate.
«Danny! Che c’è? Che è
successo? Perché mi chiami così presto?»
Altra risata. «Presto?
E’ mezzogiorno, dormigliona. Non è che lavori troppo ultimamente?»
Mi strofinai gli occhi
con una mano. «No... No.»
«Hai già fatto qualcosa
per Natale?» chiese inaspettatamente.
«Che intendi dire?»
«Preparato L’albero,
comprato le decorazioni... quelle cose lì.»
«Ah... no.» dissi
distrattamente mentre osservavo gli scatoloni lasciati davanti ad un
vaso in terra cotta dove la sera prima avevo cercato di mettere un
piccolo alberello di plastica prima di lasciarmi andare ad un pianto
nostalgico.
«Non so se hai letto su
Twitter, ma Tom e Gi l’hanno decorato ieri notte e Frankie e Dougie
sono della stessa idea.»
Certo che sentire il
nome di Frankie appena sveglia non era il massimo.
«E quindi?» cercai di
farlo stringere.
«Ti va di accompagnarmi
a prenderne uno? Non mi va di andarci da solo e nemmeno di chiederlo a
quelle coppiette così esaltate per questa festa.»
Stavo cercando una
scusa plausibile per non andare ma lui aveva riattaccato dopo avermi
avvertito che sarebbe arrivato a casa mia entro un’ora.
Mi girai ancora un paio
di volte nel letto prima di decidere di alzarmi. Infilai i piedi nelle
ciabatte vicino al letto e mi coprii velocemente con la vestaglia. Per
me non era mai abbastanza caldo in quella casa.
Passai vicino allo
scatolone con le palline di natale e gli diedi un calcio quasi come se
mi avesse fatto un torto personale a starsene lì.
Mi infilai in doccia e
ci rimasi per 15 minuti buoni per svegliarmi al meglio.
Girai la sciarpa
intorno al collo un’altra volta e mi strinsi nel cappotto mentre uscivo
da casa. Danny mi aspettava dentro la sua Mini. Dio, quanto adoravo
quella macchina! Mi sarei sposata Danny all’istante solo per quella!
Dentro ovviamente il riscaldamento andava al massimo, alla mia
temperatura ideale.
Mi salutò tutto
esultante da dietro gli occhiali da sole. Era sempre di quell’umore.
Doveva essere successo proprio qualcosa di tremendamente triste o che
lo avesse toccato nel profondo per vederlo giù. Come quando era finita
con Olivia. Non sapevo chi dei due avesse mollato chi, ma lui era
rimasto un po’ con il muso per due giorni. Non era un bello spettacolo,
ve lo assicuro.
Io e Danny eravamo
rimasti in contatto nonostante tutto quello che era successo con
Dougie. Nonostante lui fosse un grande amico di Dougie. Ma come lui
diceva di solito, alla fine io a lui non avevo fatto niente
personalmente e io e lui ci divertivamo sempre. Spesso ero stata
tentata di chiedergli se Dougie sapesse di queste nostre uscite, poi
quando si era messo con Frankie, non ci avevo nemmeno più pensato.
«Sto organizzando
Children In Need!» esclamai ad un certo punto per sovrastarlo mentre
cantava a squarciagola una canzone di Bruce Springsteen.
Sobbalzò e poi spalanco
gli occhi: «Ma è fantastico!! Gestisci tutta la manifestazione?» si
mise a ridere e tamburellò il ritmo della canzone sul volante.
«No, solo alcuni
concerti qui attorno.» risposi. «Ma sono entusiasta!!»
Danny annuì poco
convinto per il puro divertimento di non darmi alcuna soddisfazione.
Incrociai le braccia, imbronciata: «Beh, grande musicista mi scuso se
la mia vita è così insignificante ai tuoi occhi.»
Lui rise di gusto
ancora: «Siamo arrivati.»
Conoscevo bene quel
posto. Ci andavano tutti quelli che volevano un albero vero in casa, e
a Londra erano in molti. Forse era una moda incarnata dentro tutti noi
e non lo sapevamo nemmeno.
Girovagammo fra i vari
abeti, chiedendoci quale fosse il più adatto e soprattutto come lo
avremo portato a casa di Danny. Di sicuro ci serviva una mano, se non
un’altra macchina. Anche perché Danny era talmente geloso della sua
mini che gli dispiaceva sporcarla di aghi. Ne scegliemmo uno molto alto
e magro e che a me sinceramente non piaceva. Il gestore della serra
offrì a Danny la possibilità di portarglielo direttamente a casa in due
giorni e lui non se lo fece ripetere due volte. Firmò una carta e versò
metà dei soldi.
Ce ne stavamo per
andare quando fra gli abeti intravidi il viso di Frankie e il mio
stomaco si chiuse violentemente ancora prima di incontrare lo sguardo
di Dougie fisso su di me e completamente immobile.
Indossava dei jeans
chiari e un piumino nero a quadri grigi e in testa un berretto verde,
com’era solito fare da sempre. I capelli erano corti, anche se il
ciuffo biondo gli cadeva fuori dal berretto quasi sopra agli occhi. I
suoi occhi azzurri mi guardarono per quella che sembrò un’eternità e io
dovetti distogliere lo sguardo e intrufolarmi fra gli alberi vari
mentre Danny si avvicinava alla coppia per salutarli.
***
Mi piace questa
uscita. Pensai mentre Dougie mi prendeva la mano inguantata e mi
portava verso quella serra di Corringham. Andavamo lì ogni anno, anche
se ora entrambi abitavamo separatamente a Londra. Lo compravamo per i
miei e suoi genitori.
Dougie mi strinse in
un abbraccio caldo vedendomi tremare: quell’inverno era il più gelido
che avessi mai vissuto. Poi sorrise e ricominciammo a camminare.
Ad un certo punto
mollai la sua mano e mi nascosi fra gli alberi esposti. E mentre lui
urlava il mio nome io risi divertita, lui rispose con la sua risata
cristallina correndo nella direzione della mia voce. Appena uscì dagli
alberi, dove ero io, gli lanciai addosso una palla di neve e risi di
gusto ancora.
«Non cantar vittoria
troppo presto!» ghignò correndomi incontro. Io gli lanciai un’altra
palla di neve, ma lui fu più veloce e mi si buttò contro, ritrovandoci
in quel modo per terra. Lui se ne stava sopra di me che rideva con le
nuvolette di fumo che gli uscivano dalla bocca semichiusa. Prese un po’
di neve e tenendomi ferma con il suo corpo me la mise su tutto il
giubbotto e sul mio berretto di lana.
«Che stupido!»
sospirai tra una risata e l’altra. Lui di risposta si piegò in avanti e
depose un bacio leggero sul mio collo, facendo poi una scia fino alla
bocca dove si fermò più a lungo. Mi accarezzava i capelli riempiendoli
probabilmente di neve, ma io non potevo essere più felice di così. O
almeno credevo.
Una volta che ci
fummo alzati cercammo inutilmente di fare i seri e andammo a scegliere
i due alberi per le nostre famiglie.
«Bene.» proclamai
«Anche per quest’anno ce l’abbiamo fatta.» Dougie mi riportò verso di
lui mentre stavo per andare alla cassa a pagare.
«Non abbiamo finito,
in realtà» sussurrò al mio orecchio. Mi voltai a guardarlo ed alzai un
sopracciglio.
«Vorrei che mi
aiutassi a scegliere un albero anche per il mio povero appartamento.»
Sentii una stretta
al cuore. Non lo so, come se avesse tradito la nostra intimità in quel
modo. Come se farsi un albero tutto suo nel suo appartamento l’avrebbe
portato via da me. Io non volevo dividere la mia relazione con un
albero. Cercai comunque di non fargli capire il mio stato d’animo e
feci un sorriso accondiscendente, dirigendomi per trovarne uno decente.
Non bello, come se quell’albero avesse rappresentato una ragazza di cui
essere gelosa. Mi sentivo come se lui in quel modo si stesse facendo
una vita tutta sua, lontana da me, come era successo quando era andato
a vivere con Tom Fletcher a Londra.
Mi fermai davanti a
quello che mi parve il più brutto e scarno, senza veramente
accorgermene.
«Questo!» esclamai
indicandoglielo.
«Questo?» chiese lui
incredulo alzando un angolo della bocca.
Osservai l’albero.
«Sì, è perfetto.»
«Ma...» si spostò
più in là davanti ad un abete più “ciccione” «Io pensavo avessi
preferito una cosa così.»
Stetti a guardare
quell’albero a lungo, capendo che effettivamente su quello sarebbe
caduta la mia scelta in un altro momento, e dall’altro maledicendolo
con lo sguardo. Speravo prendesse fuoco.
«Liz.» Dougie mi
stava accarezzando una guancia con un dito. Mi voltai verso di lui ed
incontrai i suoi occhi azzurri.
«Come regalo di
Natale... Solo per me, ti andrebbe di trasferirti a casa mia?»
Ci misi un attimo a
capire di cosa stava parlando. Ero troppo presa da quell’albero e dalla
sua presenza ingombrante. Poi capii. Non era solo quell’albero ad
entrare nella sua casa, nella sua vita, anch’io sarei stata lì.
Piano un sorriso
pieno di gioia si fece largo sul mio viso. Gli saltai al collo.
«Certo. Certo.
Certo.» gli stampai un bacio sulla guancia e tornai a guardarlo: «Ma
dici sul serio?»
Ero ancora incredula.
«Sì.» mi prese per
mano «Nel pomeriggio è meglio se andiamo a comprare le decorazioni.»
«Sarà divertente»
ero entusiasta ora.
«E poi ti aiuterò a
portare tutta la tua roba da me. Dovrebbe starci.» catturò le mie
labbra fra le sue, poi sorridendo andammo alla macchina.
***
Ero riuscita ad
evitarli ed aspettai Danny vicino alla sua macchina. Squillò il
cellulare in quel momento.
«Ciao Gi!» risposi
felice di sentire una voce amica.
«Ehy, sono davanti a
casa tua, dove sei?» chiese lei. Le spiegai che ero andata a prendere
l’abete con Danny e che ora sarei tornata a casa.
«Ok. Senti, ti va una
seratina fra donne stasera?»
Ci pensai un po’ su.
«Ok. A casa mia, va bene?»
«Come preferisci!
Allora a dopo. Io porto qualcosa da KFC.» e riattaccò.
Danny mi raggiunse
pochi secondi dopo.
«Ehy, sei scomparsa.»
commentò salendo in macchina.
Ignorai palesemente la
sua frase e solo al pensiero di quegli occhi azzurri così vicini a me
mi fece stringere lo stomaco di nuovo.
«Mi sa che non vengo ad
aiutarti con le decorazioni natalizie.» arricciai le labbra. «Devo
andare a casa perché arrivano le ragazze.»
Passammo il resto del
viaggio a parlare dei progetti dei McFly e dei miei. A quanto capivo,
avevano intenzione di andare in Spagna per il periodo del compleanno di
Dougie. Per me quel giorno era sempre stato un momento pieno di
sorprese. Era il giorno dell’anno in cui niente era sicuro che
accadesse e tutto poteva succedere. Ricordo che partivamo alla mattina
con la sua macchina (una volta ottenuta) e andavamo dove ci portava
quel giorno. Vivevamo avventure spiritose e selvagge. Per due anni di
seguito questo non era accaduto, dato che ci eravamo mollati proprio
prima del suo compleanno.
Arrivata finalmente
dentro casa cercai di sistemare alla ben in meglio tutto. Il mio
appartamento non era molto grande. Avevo un piccolo salottino unito
alla cucina, un bagno e la mia camera da letto con il letto ad una
piazza e mezza.
Presi in mano lo
scatolone delle decorazioni e lo fissai. Non avevo mai capito perché
l’avesse rispedito a me. Le avevamo comprate insieme dopotutto. Perché
tutte a me? Si poteva fare metà. Di certo non mi sarei lamentata: non
le avevo più usate. In realtà, non avevo più festeggiato il Natale come
si deve. Il primo Natale senza di lui ero uscita con un paio amici
dell’Università e avevo bevuto tutta la sera, vergognandomi di dire ai
miei genitori che ero single di nuovo. Sapevo quanto a loro piacesse
Dougie, quanto fossero felici perché io lo ero. Così glielo dissi solo
ad inizio Febbraio quando la verità mi stava opprimendo e anche perché
si erano chiesti come mai non gli avessi avvertiti che Dougie doveva
partire per l’Australia. Natale scorso, comunque, l’avevo passato tra
l’affetto della mia famiglia. Avevamo trascorso la vigilia tra giochi
da tavolo e un cenone in cui era venuto anche mio fratello con sua
moglie. La quale aveva dato la notizia di essere incinta. Quindi ora
ero anche zia. E improvvisamente mi resi conto che forse avrei dovuto
fare un regalino se non al bimbo, quantomeno alla madre di mio nipote
per Natale.
Mentre aspettavo
Giovanna, Olivia e Izzy, accesi il computer e controllai la posta
nonché Twitter. Frankie non aveva aggiornato il suo stato. Niente di
niente. Scrollai le spalle cercando di non pensare a dove fosse e con
chi fosse e il campanello di entrata mi salvò.
Entrarono
Giovanna con una terriera ricoperta in mano, Olivia con una bottiglia
di vino rosso (il nostro preferito) e Izzy con un dolcetto. Si misero a
trafficare in cucina senza nemmeno chiedermi il permesso. Era bello
avere un po’ di vita lì dentro. Adoravo le serate come questa.
Eccomi qui! Sono tornata!
Ho praticamente DOVUTO scrivere
questa storiella. Che all'inizio non pensavo nemmeno di pubblicare. Poi
ho pensato di farne una One- Shot ma la cosa mi ha preso la mano ed è
diventata un po' più lunga. Saranno massimo 4 capitoli, comunque.
Da dove nasce quindi?
Nasce innanzitutto da Twitter, dove
io sono iscritta e dove seguo i McFly più Giovanna per vedere che fanno
ecc. Poi dal fatto di Francesca Sandford che per chi non lo sappia è la
nuova ragazza di Dougie. Così mi è parso doveroso far sapere dov'era
finita la mia Liz.
Questa mia storia si basa su fatti reali accaduti ai McFly, ho solo
cambiato un po' di cose a favore di Liz. Le ho ritagliato un posto
nelle loro vite che ovviamente nella realtà non esiste. La storia in
ogni caso si svolge alla fine del 2009 da Novembre a Dicembre. Quindi
proprio appena passato. Spero vi piaccia. :)
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