Salve a tutti,
mi chiamo Dalma. Ho 16 anni bla bla bla
Questa long ha come rating giallo perchè potrebbero esserci alcune parolacce sparse qua e là e qualche riferimento all' alcool, al sesso e alla droga.
Purtroppo non potrò aggiornare troppo spesso, una volta a settimana se tutto va bene, causa scuola e altri impegni.
Beh, buona lettura. ;D
Hope you like it.
Questo scritto non è a fini di lucro e i Jonas Brothers non mi appartengono (chissà).
Tutti gli altri personaggi sono di mia invenzione, quindi mi appartengono. =D
Capitolo 1.
Everything is moving so
fast and you can’t stop it.
Can you feel it now?
These walls that they
put up
To hold us back
Will fall down
It's a revolution
The time will come for
us to finally win
We'll sing hallelujah
We'll sing hallelujah, oh
Taylor
Swift - Change
Ventotto.
Ventotto anni della sua vita che stavano esplodendo nel petto. Ventotto
anni sprecati per aver fatto sempre ciò che voleva sua
madre. Ventotto anni buttati nel cesso.
Lily passeggiava sul tetto di quel grattacielo, senza saper neppure
bene come si era ritrovata lì, con una sigaretta tra
l’indice e il medio. Aveva smesso di fumare da un paio
d’anni, ma si sa, una persona non perde mai del tutto il
vizio, rimane intaccato nel profondo delle nostre anime
nell’attesa di ricomparire nel momento opportuno. Questo era
il momento.
Era crollata di nuovo in una delle sue crisi paranoiche. Lily aveva
tutto dalla vita, ma chi ha tutto si lamenta lo stesso
perché vorrebbe avere di più di quello che ha.
Il rumore dei tacchi riempiva il silenzio assordante che
c’era a quell’altezza: era quasi impossibile
immaginare che a qualche centinaio di metri da lì, il caos
assordante del traffico di New York delle sei e mezza avrebbe fatto
tappare le orecchie addirittura ad un sordo.
Si appoggiò al muro, buttò quel che restava della
sigaretta a terra e la schiacciò con il piede. Rimase a
fissare l’orizzonte, coperto da qualche grattacielo, ancora
per qualche minuto e poi si ridestò.
Passò una mano sulla giacca beige per togliere
l’eventuale polvere che si era andata a posare,
risistemò la seria acconciatura e si diresse decisa verso la
porticina che portava all’ultimo piano.
Il suo passo risuonava deciso nel corridoio infinito che portava alla
porta del suo capo. Bussò e senza attendere risposta
entrò.
-Buonasera, mi aveva fatto chiamare?- chiese Lily, puntando uno sguardo
all’uomo che osservava oltre la finestra. La sua sagoma scura
in controluce, con quelle spalle larghe e una mole tutt’altro
che piccola, avrebbero messo inquietudine a chiunque ci avesse gettato
anche solo uno sguardo, ma non a lei. Conosceva quell’uomo da
quando era nata e, grazie all’amicizia con la madre, le aveva
procurato quel posto nella redazione della sua rivista scandalistica.
Non aveva neppure frequentato il college, una delle cose che
rimpiangeva di più. Il suo sogno, Yale, era stato infranto
dalla madre dopo il diploma, dato che non voleva che la figlia perdesse
tempo sui libri, quando poteva mettere in pratica subito il suo
talento. Talento, secondo lei, sprecato a cercare di raccontare gli
errori e gli amori di attori famosi che tutti ricordavano
più per gli scandali che per i film.
-Sì, Lily, circa 20 minuti fa.- decretò girandosi
verso di lei.
-Stavo lavorando, signor Howard.- rispose in tono di scuse, ma tutti e
due sapevano che non era realmente così. Se fosse stato per
Lily avrebbe dato le sue dimissioni già da un pezzo, ma sua
madre era una costante nella sua vita. Inoltre, odiava il modo in cui
il suo capo si rivolgeva a lei in quel tono poco formale, come se
volesse cercare un approccio più profondo; tuttavia, lei
cercava di mantenere le distanze continuando ad usare un tono formale.
-Volevo darti un nuovo compito.- incominciò, facendole cenno
di accomodarsi di fronte all’immenso tavolo coperto da vecchi
premi al merito e sue foto con personaggi famosi, -qualcosa di
più difficile rispetto alle altre volte.-
continuò con aria misteriosa, sedendosi sul bordo del
tavolo, proprio di fianco a dove si trovava lei.
Il signor Howard era sempre stato uno sciupa femmine e Lily, in quel
momento, capiva come mai molte donne cadevano ai suoi piedi: la sua
voce, quel suo sguardo, sapevano incantarti e persuaderti fino a
portarti in un abisso profondo, tecnica indispensabile, diceva, per chi
vuole fare un lavoro come il suo. Probabilmente, tra quelle donne
c’era stata anche sua madre e al solo pensiero un rivolo di
disgusto gli pervase lo stomaco.
Lily accavallò le gambe, stirandosi con le mani la gonna e
tornando a concentrarsi sul suo capo: -Di che si tratta?-
domandò con aria seccata. Odiava i giri di parole, le
persone dovevano arrivare dritte al punto.
-Conosci un certo Joe Jonas?- chiese con un sorrisino sarcastico.
-Spero stia scherzando?- sbottò Lily –Io non
farò nessun servizio su di lui. Non merita alcun riguardo.
Ricco, legato ancora alla mamma e verginello.-
L’uomo aspettò che finisse di parlare e
continuò: -No, voglio che tu faccia di meglio. Vediamo se
riesci a trovare qualche particolare di lui che nessuno sa, in modo
tale da rovinarlo.-
-Qualcosa che nessuno sa? La sua fedina penale sembra la Bibbia, la sua
vita non ha un minimo di mondanità e le ragazze
scarseggiano. Cosa dovrei trovarci di scandaloso?-
Howard si avvicinò e sussurrò: -Cerca qualcosa,
qualsiasi cosa. Inventa se necessario, ma dobbiamo rovinarlo.-
Lily alzò un sopracciglio, chiaramente confusa: -E il motivo
sarebbe.. ?-
-Lui e i suo fratelli stanno rovinando l’immagine delle star:
alchool, sesso e droga è quello che cerchiamo. Non inni alla
purezza. Continuando a comportarsi così, gli affari
scarseggiano. Chi comprerebbe un giornale che parla di Chiesa, amore e
famiglia? Nessuno. Quindi, Lily, diamoci da fare e indaga.-
sentenziò sedendosi sulla sua sedia, dall’altra
parte del tavolo. –Ti do un mese di tempo.-
E con questo le fece segno di andarsene.
Lily prese la borsa da terra, si avviò verso
l’uscita e mentre attendeva che le porte
dell’ascensore si aprissero cercò di trovare una
soluzione per quell’articolo.
-Al diavolo..- sbottò, tirando un pugno al segnale luminoso
che indicava che l’ascensore era ancora occupato.
Quando finalmente riuscì ad uscire da quel grattacielo, si
avviò lungo le vie illuminate della Grande Mela, cercando di
non fare caso alle luminarie di Natale che già incombevano
sulla città. Un mese, un mese. Come faceva a trovare
qualcosa di scandaloso su quel ragazzo nel giro di un mese? E per
completare il tutto, tra un mese era addirittura Natale. Si strinse
nella sciarpa e allungò il passo, il freddo ormai era
diventato pungente. Pochi minuti dopo, entrò in quello che
era considerato l’albergo più lussuoso della
città, ovvero il luogo dove risiedeva la sua cara mamma,
dato che si rifiutava di andare a vivere in una casa di riposo
nonostante i suoi sessantacinque anni suonati. Salutò con un
cenno il portiere e si diresse nuovamente verso un altro ascensore.
Rimpiangeva di non essere tornata nella sua casa, un bilocale anonimo
ai bordi dell’Upper East Side, ignorando le cinque chiamate
senza risposta della madre che aveva ricevuto nell’arco di
una sola mezz’ora.
Bussò alla sua camera, o per meglio dire suite, e attese
risposta.
Quando, dopo pochi secondi, quel volto noto le aprì la
porta, si precipitò dentro senza neanche salutare: -Allora?
Cosa succede? Perché mi hai chiamato?-
-Lily, calma. Togliti il cappotto e sediamoci un attimo, volevo fare
due chiacchiere con te.- rispose lei calma, utilizzando al minimo il
movimento delle labbra, colpa del botulino utilizzando da quando aveva
raggiunto l’era degli anta.
-Due chiacchiere? Solo quello? Io avrei fatto tutto di corsa per
parlare con te? E’ proprio l’ultima cosa che voglio
fare. Allora, se permetti, me ne torno a casa mia.- esclamò
la figlia.
-Cara, aspetta. Volevo parlarti del tuo futuro in quella redazione.-
-Del mio futuro? Tu ti permetti di dire una cosa simile? Non ti sei
resa conto che da quando sono nata hai programmato la mia vita fino
alla morte? Cosa vuoi che ti dica? Grazie? Bene, grazie per avermi
rovinato la vita.- e così dicendo corse fuori e
sbatté la porta, facendo sobbalzare alcuni vasi in
porcellana che se ne stavano sistemati su delle mensole
all’ingresso.
Mary Brown, vedova dell’ultimo marito ma ricca fino alla
testa grazie ai profitti dei suoi ultimi divorzi, si
appoggiò al bancone della sua cucina e con una solo sorso
buttò giù un bicchiere di scotch con ghiaccio.
Non era la prima volta che accadeva una scena del genere, decise che
per quella sera avrebbe lasciato, di nuovo, correre il comportamento
dell’unica figlia, probabilmente colpa dello stress da
lavoro, e si sarebbe dedicata alla riunione con il suo club di finanza,
uno dei tanti a cui faceva parte, ma di cui non ricordava neppure i
soci.
Sentire il profumo della propria casa è sempre rilassante
dopo una lunga giornata di lavoro, come lo fu per Lily nel momento
esatto che fece scattare la serratura.
Posò le chiavi su un mobiletto, sciolse i capelli e
guardò la sua immagine riflessa nella specchio. Non poteva
dire di essere brutta, anzi tutt’altro, ed era quella tipica
donna che tutti vorrebbero avere al proprio fianco: capelli color
mogano leggermente mossi le ricadevano sulle spalle; la prima cosa che
notavi della sua faccia erano gli occhi di un verde accesso e dopo ti
ritrovavi a fissare un volto che forse non doveva appartenere a
ques’epoca, ma a quelle più antiche; il suo
colorito era pallido e per questo detestava l’estate,
stagione in cui tutti si abbronzano fino a bruciarsi; inoltre, non solo
appariva bella fisicamente, era ambiziosa, carismatica e avrebbe fatto
di tutto per chi amava. Perfetta, cos’altro dire? Invece,
come tutte le persone normali, aveva anche lei dei difetti: odiava il
suo razionalismo, ragion per cui pensava sempre con la testa e mai con
il cuore; non vedeva davanti a sé alcun futuro positivo,
dato che la madre glielo aveva programmato e lei aveva perso tutte le
speranze di essere qualcun altro, a partire dal fatto che non aveva
neppure frequentato un college; e aveva perso tutte la fiducia che
aveva riposto nell’amore eterno, dopo essere stata delusa un
paio di volte.
Appese il cappotto e si distese sul divano dopo essersi fatta una
tisana. Aveva decisamente
bisogno di rilassarsi. Accese la tv e fece zapping su alcuni canali, ma
trovo le solite banalità da prima serata. Quando, un
programma colse la sua attenzione: una foto di un ragazzo moro, la
stessa che le aveva mostrato il suo capo quel giorno, e una scritta
sotto “No more
Jonas?”
Decisamente un buon spunto per cominciare la sua ricerca.
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