Paola camminava spedita per il centro cittadino. Il suono dei suoi
passi echeggiava nel buio, tra i palazzi antichi. Per come si sentiva
potevano essere minuti, o anni che camminava, non lo sapeva proprio.
Tutto quello che sapeva era che aveva sete. Una sete inestinguibile,
violenta di cosa, non avrebbe saputo dire, ma di certo aveva sete e
tanta.
Mentre camminava era vagamente consapevole della presenza della
città intorno a lei, i suoni, attutiti dalla notte le
giungevano come da lontano, la notte era da sempre il suo naturale
elemento, ma adesso, chissà perché la inquietava,
come se ci fosse stato qualcosa che le sfuggiva, qualcosa che doveva
sapere ad ogni costo, qualcosa di vitale.
Due barboni litigavano per chissà che cosa, lei gli
passò accanto velocemente, sbirciandoli di volata, mentre
una vocina le diceva che sarebbe stata una buona idea fermarsi a
guardare per un attimo quei due. Stupita dalla situazione,
continuò per la sua strada. Già, ma
qual’ era la sua strada, dove esattamente la conduceva questa
strada che così velocemente lei inseguiva? Non avrebbe
saputo dire. Sapeva solo che aveva sete, e adesso sapeva anche che era
incazzata. Doveva a tutti i costi andare da qualche parte, a fare
chissà cosa, che avrebbe anche estinto la sua sete forse,
comunque avrebbe alleviato la sua incazzatura.
Le pareva di ricordare che qualcosa era cominciata
all’incirca un paio di settimane prima per
l’esattezza, ora che ci pensava gli incubi, erano cominciati
da qualche settimana, tipo da quando era andata a vivere da sola. Sulle
prime le era parso normale a causa del cambiamento di vita. Del resto
andare via di casa alla veneranda età di
trent’anni le sembrava una cosa più che buona,
considerata la madre che si era ritrovata, non per dire ma una madre
militante nell’azione cattolica può uccidere ogni
senso dell’umorismo. E lei aveva esaurito qualsiasi tipo di
senso, anche il buon senso, nell’ascoltare le prediche sulle
insidie del male.
Il campanile aveva da poco suonato le due e lei ancora procedeva
spedita, a passo di marcia, attraverso la zona pedonale della
città, nel notturno chiarore della luna tutto le pareva
irreale, come un sogno, e forse proprio di questo si trattava, stava
sognando? Passando vicino a due poliziotti in ronda notturna, nella
zona del parco, avvertì l’aspro aroma di
marijuana, un po’ troppo reale per un sogno, però.
Gli incubi, si diceva, dunque erano cominciati da poco, ma non si erano
esauriti come lei pensava, nel giro di qualche giorno, niente affatto,
anzi erano stati sempre più nitidi, lunghi e soprattutto
precisi. Dapprima c’era questa donna inquietante e mascherata
che le faceva una paura del diavolo, una specie di tetra copia di
Morticia Addams, solo più familiare, chissà
perché cavolo di motivo, poi. Successivamente la donna aveva
acquisito caratteristiche via via più definite, sempre meno
hollywoodiane e più familiari, e gli incubi duravano sempre
di più. Il tutto condito da un vago senso di colpa, per cosa
non avrebbe saputo dire, ma si sentiva in colpa.
Nell’attraversare il parco Paola fu colta per un attimo da un
dubbio, e se gli incubi non c’entrassero per nulla e lei
stava delirando, magari aveva solo la febbre e sragionava? Si, e allora
dove stava andando e, soprattutto perché? E, cosa
più importante, come mai aveva quella sete da togliere il
respiro? E, già che ci siamo, come mai era così
incazzata? Ma, certo era incazzata con quella figlia di puttana
dell’incubo, quella che aveva trasformato la sua vita in un
fottuto film della Hammer.
La rivelazione la inchiodò al suolo come un fulmine. E
adesso chi cazzo era la fottuta strega dell’incubo? I suoi
piedi, che evidentemente lo sapevano, la rimisero in cammino, e lei si
lasciò guidare, attraverso la notte, mentre tentava di
venire a capo del mistero. Gli incubi, ad un certo punto erano
diventati un appuntamento fisso, qualcosa che lei temeva ma non
riusciva a sfuggire, qualcosa di molto familiare, come la solita solfa
sulle insidie del male.
Un drogato riverso in stato comatoso su una panchina attirò
la sua attenzione, le insidie del male, amico, sono nascoste nel
piacere...
Perché poi proprio adesso le fosse venuta in mente una tale
stronzata, lei non lo sapeva per niente, ma proseguì nella
notte, sperando di capirci qualcosa prima dell’alba,
già rifletteva, prima dell’alba altrimenti che
succede? Questa si che era una domanda, cosa le sarebbe accaduto
all’alba se fosse rimasta in strada? Mica si sarebbe sciolta
come la buonanima di Bela Lugosi? O si?
Comunque una cosa era certa, prima dell’alba avrebbe trovato
e fatto a pezzi quel patetico residuo di letteratura gotica che aveva
avuto l’ardire di precipitarla in un maledetto film con
Christopher Lee. Il mistero rimaneva fitto, chi cazzo era la strega, e
perché poi avesse scelto lei, erano cose che andavano
chiarite, se non altro per placare l’incazzatura. Per la
sete, c’era ancora tempo...
Nel lasciarsi dietro la calda sicurezza del parco, Paola si
guardò intorno, non c’era un’anima viva,
questa sì che era buona, e lei cos’era un
autentico vampiro, un cazzo di essere immortale e nello stesso tempo
già morto, con una vendetta da compiere...Era veramente da
ridere, se non fosse che era tutto vero. L’appuntamento con
la vampira di mezzanotte, ora le sembrava non più un sogno
bensì qualcosa di talmente reale da spaventarla, sul serio,
non c’erano santi, era tutto vero ed era accaduto a lei,
proprio così.
I piedi la portarono davanti ad un portone antico, il palazzo era tra i
più belli della parte antica della città, un
palazzo nobile del secolo scorso. Lei sorrise scoprendo i suoi canini
nuovi di zecca. Per un attimo ricordò, poi
cominciò a ridere forte...
Aprì la porta con la chiave che aveva conservato e
strombazzò felice “ C’ e’
qualcuno? Mamma, sono a casa.”
Spero vi piaccia!
Baci
Kiki
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