Whiskey
Lullaby
Com’è dolce il
silenzio che precede il lancio della freccia,
il braccio dell’arciere è teso, l’occhio
vigile e concentrato, la mano ferma e,
attorno, un silenzio carico di aspettative,
di attesa, di invidia, di passione... Poi, nel momento in cui la
freccia parte,
con una stoccata fulminea tutto finisce e il silenzio teso fa spazio
all’esultanza o al pianto, alla gioia più vivida o
allo sconforto più
profondo; il
silenzio dell’attimo che
precede il tiro è un qualcosa che non si può
ricreare, è come l’attimo che
precede il primo vagito di una nuova creatura venuta alla luce,
è come quel
secondo in cui realizzi che stai per morire prima di lasciare che il
tuo corpo
si abbandoni all’inesorabile.
Fu in quel silenzioso secondo che un
bicchiere scivolò da
una presa già incerta, cadde a terra frantumandosi ed il
liquido ambrato che
conteneva si sparse a terra in una macchia irregolare.
.*.*.*.
“Pansy, si
può sapere dove diavolo è il mio giorn- da
quand’è che leggi il giornale? Con quella faccia
soprattutto?”
“E’
morto.”
“Che… Chi
è morto?”
“Harry Potter.”
Tutum Tutum
Certe volte le notizie peggiori si
vengono a sapere nei
modi più improbabili.
Quasi tutte le volte.
Non c’è
nessuno che ti indora la pillola, ci sei solo tu,
col tuo dolore sordo e martellante, col cuore che ti impazzisce dentro
il
costato. E non potrai farci niente.
“C-cosa?”
Draco Malfoy faticava a respirare,
lo sguardo vitreo
fisso sulla moglie che a differenza sua pareva sollevata.
“C’è
scritto sulla Gazzetta, ecco leggi.” La donna gli
porse il giornale incerta e Draco lo afferrò senza emettere
un suono, aveva
persino smesso di respirare, aveva l’impressione che se
avesse fatto un singolo
rumore il sottile velo di cristallo su cui si reggeva in piedi si
sarebbe
frantumato.
Gettò uno sguardo alla
prima pagina e avvertì tutto il
mondo fermarsi con lui.
Harry
Potter morto
suicida nella sua casa di Grimmauld Place. Recitava il
titolo in prima
pagina.
Sotto, una foto di media grandezza
ritraeva
l’uomo con uno sguardo triste e
malinconico mentre faceva di tutto per
allontanarsi dall’obbiettivo. Il cuore di Draco
continuava a martellare
ed il fatto che involontariamente stesse trattenendo il respiro fece
sì che le
sue gote si arrossassero appena, accedendone il viso altresì
pallido come
l’alabastro.
Gli occhi del purosangue
saettarono lungo tutto
l’articolo che proseguiva a pagina 3, erano l’unica
parte del suo corpo che si
muoveva. Alcune frasi gli rimasero subito impresse nella mente e
iniziarono a martellargli
il cervello. D’un tratto si sentì come ubriaco, la
testa gli girava ed avvertì
il bisogno di sedersi. Con passo incerto si diresse verso la sua
poltrona
preferita del salotto e vi si abbandonò qualche secondo, il
capo appoggiato
allo schienale, le braccia abbandonate ma la Gazzetta ancora stretta in
mano.
“Draco… Cosa
sta succedendo?” Chiese la donna stupita da
quella reazione.
Non ottenne risposta.
“Draco?”
Silenzio. Il ticchettio di un
vecchio pendolo era l’unico
rumore che si potesse avvertire.
“Dra-“
“Lasciami solo, Pansy.
Perfavore.”
Disse l’uomo con
gentilezza inaspettata, tornando a
fissare la foto dell’ex bambino sopravvissuto che aveva preso
a fissarlo di
rimando. Era forse rimprovero quello che leggeva nei suoi occhi?
“Beh, se me lo chiedi
così… Vado di sopra a preparare la
sala, verranno Millicent ed Elèn questo
pomeriggio.”
“Sì, fai come
ti pare.” Rispose lui come se neanche
l’avesse sentita.
Con un ultimo sguardo perplesso
Pansy Parkinson abbandonò
la stanza.
Un
bicchiere di
Wiskey a terra, frantumato, il suo contenuto sparso sul pavimento. Il
corpo
esanime dell’uomo su una poltrona, un flacone di
antidepressivi vuoto sul comò
accanto al divano. Fu questa la scena che si presentò agli
uomini del ministero
quando, dopo la segnalazione della migliore amica del salvatore del
mondo
magico, fecero irruzione in casa.
“Sei uno
stupido.”
Secondo
le prime
indiscrezioni pare che vi fosse un foglio accanto al cadavere su cui
erano
state scritte poche semplici parole: “Lo amerò
fino alla mia morte.”
Che un
giovane uomo lo avesse rifiutato ? Di sicuro chiunque egli sia ora non
vivrà a
cuor leggero.
“Uno stupido, uno
stupido idiota!” Gridò Malfoy
scagliando lontano la Gazzetta ed
alzandosi di colpo. Come una bestia in trappola prese a fare avanti e
indietro
tra le poltrone, si accese una sigaretta e iniziò a fumare
senza dire nulla. E
dopo quella un’altra e dopo un’altra ancora. Poi
andò a recuperare il giornale
e con passo deciso si diresse verso la propria stanza chiudendovisi
dentro.
Sarebbe rimasto chiuso lì dentro per due giorni.
.*.*.*.
Pansy non capiva la reazione del
marito, si limitò a
ringraziare che loro figlio fosse ad Hogwarts, lontano
dall’aria greve che
aleggiava nel loro immenso maniero. Possibile che la morte del suo
rivale lo
avesse sconvolto tanto? Eppure così pareva, prima la strana
reazione dopo che
gli aveva riferito la notizia e poi quel prolungato silenzio.
Per quanto fosse frivola a volte,
Pansy non era una
stupida. Già in passato aveva ipotizzato che tra suo marito
e Harry Potter, da
giovani, ci fosse stato qualcosa, ma Draco aveva sempre negato e lei
aveva
finito per credergli e gettare il tutto nel dimenticatoio. I giornali
continuavano a pubblicare notizie riguardanti la sua morte,
l’intero mondo
magico avrebbe voluto assistere ai funerali che si sarebbero svolti
quel
pomeriggio, si trattava di un evento nazionale. Andò alla
porta della camera in
cui Draco si era sigillato e bussò con delicatezza.
“Draco… Sono
venuta a portarti qualcosa da mangiare.”
Non ottenne risposta.
“Draco…
Questo pomeriggio ci sono i funer-“
La porta si aprì prima
che lei potesse concludere la
frase, davanti le si presentò un Draco Malfoy dalla forma
impeccabile, ben
vestito e pettinato, ma il suo sguardo era quanto di più
freddo potesse
esserci.
“Grazie, Pansy. Ma
scendo a mangiare con te. La
sceneggiata è finita.” Dopo quel piccolo
rimprovero auto inflitto accennò ad un
sorriso, prima di darle un bacio sulla fronte e prenderle il vassoio
dalle
mani.
Pranzarono in silenzio, Pansy
aveva quasi paura di
rompere il delicato equilibrio che Draco stava tentando di instaurare;
lui
semplicemente non aveva nulla da dire.
Terminato il pranzo Draco si
alzò, si sistemò gli abiti
ed andò verso l’attaccapanni
all’ingresso. La moglie lo seguì, silenziosa:
“Vuoi che venga con
te?” Chiese dopo che l’altro ebbe
indossato il cappotto.
“No. Stai pure a casa.
Ci vediamo questa sera.”
Con un ultimo sguardo apprensivo
Pansy lo salutò,
vedendolo scendere le scale d’ingresso e addentrarsi nel
paesaggio innevato per
poi sparire silenziosamente.
Draco rimase in disparte durante
tutto il funerale, non
si fece notare da nessuno, era talmente distante che non
sentì neanche una
parola di quello che dicevano coloro che parlavano per dare al giovane
defunto
l’ultimo saluto e, sinceramente, neanche gli interessava.
Sapeva che nessuno al
mondo avrebbe mai potuto conoscerlo meglio di lui, lui stesso una volta
aveva
detto: “Non conosci bene una persona finché non ci
vai a letto.”A suo parere
era sempre stata una grande verità.
Una folata di vento gelido lo
riscosse dai suoi pensieri,
si accorse che le persone stavano defluendo lontano dal luogo della
sepoltura,
una lunga processione di gente ignorante, che Draco disprezzava.
Curiosi,
imbecilli, gente che lo conosceva nemmeno e lo acclamava solo
perché era “Il Grande
Harry Potter”, “L’eletto”.
Malfoy, come Potter stesso, aveva sempre odiato quel
tipo di affetto da parte delle persone, riusciva a fatica a nascondere
il suo
fastidio. Sentiva come se quella gente avesse violato il suo spazio,
uno spazio
che avrebbe dovuto essere solo suo ma che si era lasciato sfuggire
stupidamente
undici anni prima. Il suo volto stanco ed invecchiato si
incupì maggiormente
mentre il suo sguardo scuro tornava a posarsi sulla bara in attesa di
essere
interrata.
Lui avrebbe voluto essere cremato.
Stupidi Weasley.
Ora che la gente si era
allontanata si sentì di
raggiungere il luogo di sepoltura, accarezzò lievemente il
legno freddo, la
lapide era già stata posta, era una semplice pietra di marmo
bianco che
recitava, insieme a data di nascita e morte:
Qui giace
Harry James Potter
Salvatore del Mondo
Magico
Ma soprattutto
grande amico
E accanto a quelle insignificanti
parole vi era una foto.
Draco ebbe òl’impressione che le gambe gli
cedessero per un istante, il cuore
prese a martellargli nel petto con forza. Un Harry Potter sorridente e
rilassato, con gli occhi verde chiaro accesi di sottile malizia (ma
solo Draco,
sapeva, sarebbe riuscito a leggerla)
e
divertimento; stava appoggiato al tronco di un salice,
d’estate, al termine
dell’ultimo anno ad Hogwarts, quello che recuperarono dopo la
fine della
guerra. Sorrideva, semplicemente, mentre guardava in camera, avvolto da
caldi
raggi di sole che ne doravano i contorni. Era meraviglioso.
“Spero non ti
secchi… Che io abbia scelto quella foto.”
Malfoy si voltò di
scatto:
“Granger!”
“Ciao, Draco…
Hai fatto bene a tenerti in disparte, se
Ron dovesse notarti saresti morto.” Disse lei cupa.
“Magari…”
sussurrò, inudibile, prima di agiungere uno
sprezzante: “Non me ne frega niente.” tornando a
fissare la foto sulla lapide.
“E allora
perché nascondersi?” Lo incalzò la
riccia.
“Non volevo mischiarmi a
quella inutile marmaglia, mi
sarei sentito soffocare, comunque non devo certo giustificarmi con
te.”
“No, certo che no.
Allora? Ho fatto male a usare quella
foto? Avevo pensato di chiederti il permesso ma…”
“No, hai fatto
bene.” L‘interruppe Malfoy.
“Non ho
resistito… E’ che in quella foto è
così…”
“Bello.”
Concluse Draco con aria assorta.
“Stavo per dire
‘Felice’ ma hai ragione. Comunque avrei
dovuto chiederti il permesso dato che l’hai scattata
tu.” Buttò lì Hermione con
aria vaga..
“Non mi
importa.”
Trascorse qualche minuto in cui i
due si limitarono a
fissare la lapide, neanche si accorsero che aveva cominciato a nevicare.
Poi Draco decise di chiedere
qualcosa che gli premeva
molto:
“E’
vero?”
“Che cosa?”
“Ha davvero lasciato un
biglietto per me?” Disse Draco
fissando la donna, ma quella evitò il suo sguardo.
“Sì…
Il ministero mel’ha restituito e speravo che venissi
oggi per…”
“Non lo
voglio.” L’interruppe di nuovo il biondo.
“Non puoi fuggire dalle
tue responsabilità, Malfoy. Harry
ha sofferto tanto, beveva e assumeva antidepressivi da anni
ormai.” Disse la
donna con decisione.
“Mi stai forse
incolpando di qualcosa?” Ora i due si
stavano fronteggiando apertamente.
“Certo che lo sto
facendo. Questo messaggio l’ha scritto
per te.”
“No. L’ha
scritto per farmi sentire in colpa!”
“Beh, allora spero abbia
funzionato!”
“Non c’era
bisogno di scriverlo e ammazzarsi per farmi
sentire in colpa, se proprio lo vuoi sapere. Ma ho fatto una promessa a
mio
padre, prima che morisse. Gli ho promesso che avrei portato avanti il
nome dei
Malfoy. Ed è quello che ho dovuto fare. Ho dovut-“
“No! Tu sei fuggito,
quello che provavi per Harry ti
spaventava e allora hai deciso di scappartene lontano e mollarlo
lì da solo
come un cane!”
Malfoy non ci vide più,
con uno scatto feroce la prese
per la gola stringendola forte per impedirle di respirare.
Avvertì dei passi di
corsa e qualcuno che lo allontanava dalla Granger, tutto quanto era
ovattato e
silenzioso, desiderava solo ucciderla e con lei il suo senso di colpa e
tutti i
fantasmi che lo perseguitavano da undici lunghi anni.
Fu un pugno ben assestato a
riportarlo sulla terra e dopo
quello un altro, Ron Weasley si stava avventando su di lui senza
ritegno:
“Sei un figlio di
puttana, uno sporco mangiamorte di
merda! Come ti permetti di toccare mia moglie?! L’hai mollato
da solo! L’hai
ignorato per tutti questi anni! E ora lui si è ammazzato per
colpa tua! Si è
ubriacato e si è ammazzato! Io ti disintegro, brutto
stronzo! Gli hai fatto
passare undici anni d’inferno!”
Draco non si muoveva mentre alla
fine di ogni frase gli
veniva assestato un calcio, uno schiaffo, un pugno; intervenne poi
qualcuno che
allontanò Weasley dal biondo, steso a terra e sanguinante.
“Vattene via di qui
Malfoy! Non ti meriti neanche di
avvicinarti alla sua tomba!” Gli urlò mentre
veniva trascinato lontano.. La
neve, sotto di lui, si era sporcata di piccole macchie rosse, gli
usciva sangue
da più punti ma non gli importava.
La sua attenzione fu catturata da
un foglio di carta,
lasciato cadere a terra apposta o casualmente. Si sporse a fatica, a
causa del
dolore in seguito ai colpi inferti, e fu davanti a quelle crude parole
che si
trovò quando lo aprì:
“Lo
amerò fino alla
mia morte.”
Di colpo la strana atmosfera da
sogno in cui credeva di
trovarsi da giorni si dissolse e la realtà lo
pugnalò spietata al cuore. Si
piegò in avanti senza fiato, scosso da forti brividi. La
testa gli girava e si
sentiva nuovamente come sul punto di svenire. E poi iniziò a
piangere, pianse a
lungo singhiozzando come un bambino, chiamando il suo nome,
aggrappandosi alla
neve sotto di lui con disperato attaccamento. Sangue e lacrime sul
candido
manto nevoso, sangue e lacrime davanti alla sua lapide marmorea e
fredda mentre
gemiti disperati si levavano sottili al sole pallido di metà
inverno.
.*.*.*.
Tornò a casa qualche
ora più tardi, dopo aver vagato
senza meta in cerca di pace per poi rifugiarsi in un bar a bere.
Quando varcò la soglia
ringraziò di non aver incontrato
Pansy, salì barcollando fino al proprio studio e
andò dritto verso un album di
fotografie che teneva nascosto in mezzo ai libri di legge, lo
aprì ed andò
deciso verso una pagina in particolare: Harry gli sorrideva felice. Era
l’originale
della foto che era stata usata per la lapide. La estrasse con
delicatezza
innaturale dalla sua fodera di plastica e si sedette dietro la
scrivania. Nel
terzo cassetto teneva una bottiglia di whiskey incendiario ed un
bicchiere. Se
ne versò una dose generosa mentre tornava a fissare la foto
dell’uomo che amava
e avrebbe amato fino al giorno della sua morte. Ormai non piangeva
più, le
lacrime erano secche sulle sue gote screpolate dal freddo e dai pugni
ricevuti.
“Potter…”
Disse in un sussurro sfiorando il volto
ritratto in foto prima di buttare giù il forte alcolico
tutto d’un sorso.
Poi tirò fuori dalla
tasca del cappotto che teneva ancora
addosso il biglietto che Harry aveva lasciato.
“Mi amerai fino alla
morte… - disse fissandolo - Allora
adesso è finito tutto, non è vero?”
Disse con difficoltà a causa dell’alcool
che aveva in circolo. “Ora non mi ami
più…”
La testa gli stava per scoppiare,
il dolore che sentiva
non lo faceva respirare, non lo faceva ragionare, non lo faceva
ricordare.
Avrebbe voluto ricordare, in quel momento, il giorno in cui gli aveva
scattato
quella magnifica foto. Stavano insieme da un anno e si amavano. Non se
l’erano
mai detti, troppo orgogliosi e stupidi per farlo, si nascondevano
dietro ad una
sterile storia di sesso, ma entrambi sapevano che dietro
c’era dell’altro. E da
il giorno in cui Draco dovette dirgli addio non vi furono
più sorrisi per lui,
nessun giorno fu più come quel giorno di giugno, in riva al
lago, sotto quel
salice, avvolti dal tepore d’ inizio estate che mai
più entrambi avrebbero
ritrovato.
Chiuse gli occhi, serrandoli forte.
“Sono stanco…
Stanco della mia vita, del mio lavoro, di
questa casa… Sono stanco.” Stava quasi
piagnucolando, piegato sulla scrivania,
impossibilitato a piangere altre lacrime, si limitava a stare
lì, abbandonato,
arreso all’eccessiva amarezza della vita.
“Mi dispiace,
Harry… Mi dispiace…” Una lacrima
riuscì ad
uscire, gli percorse la guancia fino al mento e poi cadde inesorabile a
terra
con un rumore appena udibile. Con lo sguardo Draco la seguì
finchè i suoi occhi
si posarono sull’ultimo cassetto della scrivania. Senza
neanche rifletterci più
di tanto si chinò, aprì il cassetto e ne estrasse
una fiala dal denso liquido
nero. La osservò in contro luce, non aveva mai assunto una
tale attrattiva. La
teneva lì dentro per “le emergenze” come
suo padre gli aveva insegnato, ma non
avrebbe mai pensato che sarebbe finito per versarne l’intero
contenuto nel
proprio bicchiere di whiskey incendiario.
Con naturalezza quasi alienata, lo
sguardo perso nel
vuoto, il viso perfetto trasfigurato in un’espressione
tristemente rassegnata,
sollevò il gomito e buttò giù
l’intruglio.
Rimase immobile e fu solo per
qualche istante che pensò a
sua moglie e a suo figlio. Pensò che si stava comportando da
egoista ma che
quella era davvero la prima volta che lo faceva. Aveva rinunciato alla
sua vita
per una promessa fatta al padre, aveva rinunciato alla sua
felicità per tenere
fede al suo matrimonio, per avere una prole, per fare quello che tutte
le
nobili famiglie purosangue si sarebbero aspettate da un Malfoy. Per la
prima
volta stava facendo qualcosa per sé, e non riuscì
a rammaricarsene.
Sentì gli occhi farsi
pesanti, si sentiva ubriaco e ogni
cosa attorno aveva perso di significato…
‘E così
– si trovà a pensare – è
così che ci ritroviamo?
Chissà se piangerò, o se non succederà
nulla o se forse, alla fine, io e te
potremo davvero essere felici. Potter…
Harry…’ Avvertiva un braccio tremare ma
non se ne curò più di tanto; pochi secondi dopo
gli parve di sentire qualcosa,
un attimo prima che tutto finisse, gli parve una musica dolce, come di
un
carillon perso nel tempo e la riconobbe. Era la tenera litania che
Draco
canticchiava ad Harry quando avvertiva il suo sonno farsi agitato,
Potter non
ne aveva mai saputo niente, ma Draco se la ricordava bene…
Era come se quella
volta qualcun altro la stesse cantando a lui per quietare il suo sonno
tormentato… Con un ultimo sforzo sussurrò:
“La senti, Harry? Gli
angeli stanno cantando la nostra
ninna nanna… “
Poi chiuse gli occhi.
THE END
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