Il giovane B è tornato a
casa, come ogni mattina. La casa lo
attende, vuota, come sempre.
Il giovane B si rovescia sfatto sulla
sua poltrona, e fissa
una crepa sul muro con le sue orbite vuote.
Quella notte, come ogni notte, il suo
corpo si è armato di
volontà. Il giovane B non ha tentato ormai più di
opporsi, mentre le sue stesse
gambe lo trascinavano inerme verso quell’angolo della
città, lo stesso di
sempre; fino a che lui, esausto, non è caduto a terra con la
faccia
sull’asfalto.
L’uomo grida sul
marciapiede. La donna affretta il passo.
Quella notte, come ogni notte, il
giovane B aveva in mano
due dadi di pegno. Sfidando la loro cubica forma, quei dadi come
è giusto sono
rotolati nel tombino, e il giovane B ha atteso i canonici dieci secondi
prima
di sentirli schiantare al centro della terra.
“Voglio un nome
nuovo! Un altro, uno solo ancora!”.
Nessuno ascolta.
Il giovane B si alza dal divano e
apre il cassetto. I dadi
sono lì. Un ragno tesse una lunga e fragile tela sulla sua
crepa.
Da una foto appesa sulla parete, la
sua vedova madre guarda
e piange.
Il titolo è pretenzioso
– lo so.
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