C1
HOLAAAA….
VI STATE SICURAMENTE CHIEDENDO IL MOTIVO DI TALE COMPARSA.
LO SO, LO SO.. DOVREI PUBBLICARE LE ALTRE MIE STORIE… E
INVECE COSA FACCIO? NE PUBBLICO UN’ALTRA.
MA QUESTA NON E’ UNA STORIA. QUESTA E’
LA STORIA DI
SHINALIA E SAMY88: UNA FANTASTICA FANFICTION A 4 MANI.
BEH SI, I NOSTRI CRICETINI (DEL CERCELLO) HANNO DECISO DI
INCONTRARSI E CREARE QUALCOSA DI BELLO E DIVERTENTE (ALMENO COSì SPERO).
SONO IMMENSAMENTE FECILE, E MI SENTO COSì LUNSIGATA DI POTER
SCRIVERE CON LEI DA VOLER SALTARE IN TUTTA LA STANZA CON DELLE MOLLE AI PIEDI
(AHIME’, LE DEVO ANCORA COMPRARE). E’ UNA RAGAZZA PIENA DI TALENTO E NON
SMETTERò MAI DI RIPETERLO.
ALCUNE SPIEGAZIONI:
I POV SARANNO DUE (TUTTI UMANI) ALTERNATI A CAPITOLI
@ BELLA: SCRITTO DA SHINALIA
@ EDWARD: SCRITTO DA ME
PER IL RESTO, NON VOGLIO ANTICIPARSI NULLA SOLO PER NON
TOGLIERVI IL GUSTO DELLA SORPRESA.
RINGRAZIO ANTICIPATAMENTE CHI LEGGERA’ QUESTO NOSTRO DELIRIO
E LASCERA’ UN SEGNETTO.
SALUTO TUTTI COMPRESE LE TARTARUGHE NINJA, I LEONI IN GABBIA
E I GATTI VOLANTI.
CAPITOLO 1
EDWARD’S POV
Settembre.
Un'altra estate era giunta al termine. Finalmente. Avevo
trascorso questi due mesi, se non altro la gran parte del mio tempo libero, sui
tomi di medicina in modo tale da trovarmi avvantaggiato sugli esami
universitari del nuovo anno. Mio zio Carlisle era uno dei medici più competenti
e rinominati dell’intero stato di Washington, e come tale, possedeva
un’infinità di libri sulla scienza medica, dai quali potevo deliberatamente
attingere svariate informazioni, ricerche e quant’altro potesse essermi utile e
attirare la mia attenzione. Mio padre aveva sempre sperato che seguissi le sue
orme intraprendendo il percorso universitario di Legge e diventare un ottimo
avvocato o – nel migliore dei casi – giudice. Ma non era quella la mia
ambizione. Volevo diventare un medico, salvare la vita delle persone e non
ammettere sentenze e condanne, nonostante quest’ultima responsabilità comportasse
una rimunerazione abbastanza cospicua. Per l’appunto, quest’anno, la meta dei
miei genitori era stata Bora Bora in Polinesia - ad ogni estate corrispondeva
una luna di miele. Mi avevano perfino spinto a organizzare un vacanza estiva
con gli amici, una di quelle che difficilmente dimentichi, ma avevo declinato
il tutto anteponendo lo studio a qualsiasi diversivo. Una mia caratteristica – o difetto, a seconda
dei punti di vista.
Tuttavia, erano molto fieri di me: avevo superato il primo
anno universitario alla Dartmouth College in
modo esemplare ottenendo il massimo dei voti a tutti gli esami conseguiti. Uno
studente modello, degno di esempio.
Non ero il cosiddetto “secchione”, anche se molto spesso
Jasper - il fidanzato storico di mia cugina – mi prendeva in giro.
La pazienza è la virtù
dei forti.
Semplicemente, prediligevo lo studio a qualsivoglia
distrazione.
Prima il dovere, poi
il piacere.
Raccattai gli ultimi libri dalla scrivania; li sistemai con
ordine nello scatolone.
« Edward! Edward! Edward! »
Sapevo perfettamente a chi appartenesse quella voce;
speravo, tuttavia, che fosse solo frutto della mia immaginazione, l’eco di un
ricordo molesto.
Ignorai persino il rumore secco della porta sbatacchiata
contro il muro, spalancata con fin troppa foga. Ormai, ci avevo fatto
l’abitudine. Soggiornare in casa Cullen per mesi interi, non era affatto una
spasso. E ciò non era dovuto assolutamente ai miei zii - Esme e Carlisle erano
due persone stupende -, ma a quella piccola – solo di statura - e pestifera
cugina dalle fattezze di un folletto dei boschi.
« Edward, non sei ancora pronto? »
Alzai il capo dallo scatolone, sollevandomi gli occhiali con
l’indice che, data la posizione curva, erano scesi sino alla punta del mio
naso. Sospirai pesantemente palesando solo in una misera parte, la mia
irritazione. Indiscutibilmente adoravo mia cugina Alice: era una ragazza molto
dolce e altruista. La sua pecca?
L’esuberanza sproporzionata in tutto ciò che faceva e che amava fare.
«Sono pronto, Alice. Devo solo chiudere questo scatolo.
Mancano un paio di libri. »
Tra le mani aveva degli scatolini azzurri con su disegnato
due occhi e un goccia d’acqua. Cosa aveva in mente?
Alzò gli occhi al cielo agitando nervosamente una mano. «
Libri, libri, libri. Sempre libri. Vuoi svegliarti, una buona volta? »
Inutile ribattere; era una battaglia persa in principio. Per
lei, ovviamente. S’accostò al letto ponendo sui libri gli scatolini azzurri. «
Queste sono le lenti a contatto. Cerca di utilizzarle di tanto in tanto. »
Aggrottai la fronte con una certa disapprovazione. « Alice
sai che non le sopporto. Mi fanno prurito. » Con un gesto automatico mi
sistemai gli occhiali da vista.
Alice esibì un espressione furba, molto furba. Dalla tasca
posteriore dei sui jeans estrasse un portaocchiali nero e sottile. Me lo porse
col viso di “chi la sa’ lunga”.
Lo aprii con un certo timore. Non c’era mai da fidarsi di
Alice. Era una donna e come tale, machiavellica. Al’interno vi erano un paio di
occhiali da vista dalla montatura nera. « E questi? » Domandai con un
sopracciglio arcuato.
Alice batté le mani contenta, come se avesse ricevuto uno
dei regali più agognati nella sua vita. « Sapevo che saresti stato restio a
utilizzare le lenti a contatto. Perciò… ecco un paio di occhiali nuovi. »
Perché doveva sempre trovare un alternativa poco propensa
per il sottoscritto?
« Alice, i miei sono perfetti.»
Si indispettì, s’imbronciò e incrociò le braccia al petto.
Arringa in vista.
« Sei un ingrato! Questi, mio caro, sono Dolce&Gabbana e
fanno parte dell’ultima collezione. Sono limitati. Li ha indossati Johnny Deep
al Red Carpet. Ti rendi conto? » Parlò velocemente senza riprender mai fiato.
Una macchinetta umana. Avevo qualche dubbio, su quest’ultimo punto.
Arcuai un sopracciglio. “Chi?”
« Ohh, Edward! Johnny Deep! » Sbuffò con vigore come una
locomotiva. Come un fulmine mi sfilò gli occhiali dal viso, li chiuse
stringendoli in una mano. « Indossali. E sbrigati. Non voglio arrivare tardi. »
Uscii dalla stanza leggiadra, come una ballerina.
Sospirai indossando i nuovi occhiali indossati da… da… a
stento ricordavo il nome di quel… forse attore, cantante, produttore… non
sapevo neanche che ruolo avesse nel mondo dello spettacolo.
C’era da aspettarselo: con Alice lo stress pre-universitario
era indispensabile.
Con un certo sforzo, e vari viaggi dalla mia stanza al piano
inferiore, discesi i vari scatoloni sigillati, pronti per esser portati in
auto.
Alice in queste cose era molto minuziosa, di conseguenza, i
suoi vari pacchi (contenenti più vestiti che altro) erano già stati sistemati
precedentemente in auto.
Poggiai l’ultimo scatolone con affanno sul pavimento lucido
dell’atrio. Era sfinito. Non che il fisico mancasse per fare certi movimenti,
ma ero abituato. Alice mi passò affianco aprendo la porta d’ingresso di casa
Cullen dalla quale sbucarono Jasper e Rosalie – sorella alquanto acidula di
quest’ultimo. Era una matricola: questo era il suo primo anno all’università
dopo uno Scambio Culturale in Canada.
« Edward, vuoi una mano? »
Guardai Jasper con infinita gratitudine. « Magari. »
Mi fissò con un cipiglio curioso in viso. « Occhiali nuovi?
»
Alice comparve, come per magia, accanto al suo fidanzato. Mi
osservò compiaciuto anticipando la mia risposta.
« Sì, amore. Sono gli stessi che ha indossato Johnny Deep. »
Rosalie spalancò la bocca osservando con meticolosa
attenzione i miei occhiali, come se potesse trovare quel tizio da qualche
parte. « Sul serio, Alice? Sono fantastici. »
Donne! Tutte uguali.
« Chi? » Disse Jasper con sguardo e tono scettico. Oh, non
ero l’unico a non conoscere quel tale.
Il colorito di Alice sembrò cambiare tonalità alla velocità
della luce: da rosa candido divenne rosso porpora, quasi viola. « Jasper Hale, vuoi
dirmi che non conosci quell’attore? »
Ecco svelato il primo mistero: era un attore. Tuttavia,
decisi di soccorrere in suo aiuto e non solo per cortesia; i miei timpani e i
miei nervi, non avrebbero retto una seconda paternale in merito ad un tizio con
i miei stessi occhiali.
Circondai con un braccio le spalle di Jasper. « Certo che
Jazz lo conosce. »
Lui mi scoccò un occhiata scettica. « Lo conosco? »
Strinsi le sue spalle: chiara richiesta di sostegno. Con
voce bassa, sussurrai: « Abbi pietà delle nostre orecchie. Le donne qui sono
due: sopportiamo a stento una paternale. Figurati da entrambe. »
Jasper capì al volo e si riprese fingendo una risatina divertita.
« Stavo solo scherzando, amore mio. So perfettamente chi è Dhoppy Jeen. »
Mi tolsi gli occhiali strofinandomi ripetutamente gli occhi
in un chiaro segno di disperazione. Non avevo alcuna intenzione di vedere lo
sguardo livido di ben due donne per aver storpiato il nome ad un attore - a
quanto pareva - famoso.
Presi velocemente un paio di scatoloni dirigendomi al
garage.
- - -
Mi ero sbagliato. Una distrazione nella mia vita c’era. La
mia piccola, dolce e passionale distrazione: Vivien. Le accarezzai con
riverenza e amore il cofano. Ah, senza non saprei
come vivere.
A parer mio, le auto rappresentavano la perfezione; a
differenza della donne non erano opprimenti, estremamente esigenti e vanitose.
Tutte caratteristiche del genere femminile.
La mia Volvo C60 era un gioiellino dalla carrozzeria grigia,
lucida, elegante e sportiva al tempo stesso. La velocità era la mia fonte
costante di adrenalina allo stato puro. L’unica distrazione che mi concedevo. Il
Dartmouth College si trovava ad Hannover nel New Hampshire e distava centinaia
di chilometri da Forks. L’idea migliore sarebbe stata quella di prendere un
aereo risparmiando, in quel modo, parecchio tempo e probabilmente anche denaro,
ma non me la sentivo di lasciare Vivien sola. Sarei andato anche alla parte
opposto del mondo con lei.
« Sei un traditore! » Esordì Jasper sbucando dalla porta che
conduceva al garage.
Sospirai con un sorriso tirandomi su gli occhiali con
l’indice. « Io ti avevo avvisato. »
« Come no. » Posò lo scatolone sul pavimento. « Pronto a
fare conquiste quest’anno? »
« Jazz, se tu non fossi fidanzato con mia cugina… »
Jasper mi interruppe liquidandomi un gesto della mano. «
Farei strage di cuori in tutta l’università, lo so. »
« Non era questo quello che volevo dire. »
Era strafottente? Un po’.
« E tu, quando ti deciderai a cercare una ragazza? »
Alzai le spalle. «Jazz, devo raggiungere il mio obbiettivo. Prima
la laurea. Poi il resto. »
Jasper sbuffò ponendo lo scatolone nell’auto. « Sembri mio
nonno. »
Un sorriso alquanto scaltro spuntò sul mio viso. Mi sistemai
nuovamente gli occhiali D&G. « Allora tuo nonno deve essere molto furbo. »
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