Il sogno di ogni individuo che, come il
sottoscritto, non ha mai avuto dei genitori è quello di creare attorno a sè un
ambiente familiare caldo e accogliente, quasi a voler cancellare la fottuta
mancanza di quest'ultimo durante l'infanzia. O almeno questo è ciò che vi
diranno fior di psicologi e sociologi strapagati per sparare cazzate l'intera
giornata.
L'idea di sposarmi e di mettere al mondo
una stirpe di bastardelli che portassero il cognome Honjo non aveva mai nemmeno
sfiorato fino al giorno in cui conobbi Nana.
La mia confidente, l'unica in grado di
comprendere la mia sofferenza e le mie paure.
La mia compagna, l'unica in grado di
colmare i vuoti a cui non sapevo dare un nome.
La mia amante, l'unica che non soltanto
possedeva il mio corpo, ma anche il mio cuore.
Lei era a quel concerto, completamente
immobile di fronte al palco mentre la folla attorno a lei pogava al ritmo
frenetico della nostra musica. I suoi occhi si erano incatenati ai miei per
tutta la durata dell'esibizione, e, dal primo momento in cui i nostri sguardi si
incontrarono per la prima volta capii che non avrei avuto pace finché lei non
fosse stata mia. Mia soltanto.
La prima volta che le nostre labbra si
sfiorarono sentii brividi di eccitazione corrermi lungo la spina dorsale. Mai un
bacio mi aveva regalato una tale scarica di adrenalina.
La prima volta che la vidi nuda seppi che
non avrei più potuto desiderare il corpo di un'altra donna.
Era così minuta e fragile mentre si
spogliava, goffa e impacciata, terrorizzata all'idea che io potessi rifiutarla.
Non aveva capito che non avrei mai potuto.
Mentre facevamo l'amore i nostri corpi
sembravano combaciare perfettamente, come se si fossero formati apposta per
questo. Per unirsi. Era la prima volta che mi preoccupavo più per la mia partner
che per me stesso. Le donne che erano venute prima di Nana erano soltanto un
mezzo per sfogare il mio personale piacere, erano soltanto bambole di carne
facili da rimorchiare, ma alle quali non avrei permesso per alcun motivo di
dormire nel mio letto. Nella mia tana.
Dopo aver fatto l'amore Nana si era
addormentata con la testa reclinata sul mio petto, ascoltava il battito regolare
del mio cuore. La vita non mi era mai parsa tanto rosea.
Avevamo tutto. Eravamo giovani, pieni di
talento, facevamo ciò che ci andava e vivevamo una storia d'amore tanto
idilliaca da far invidia a tutte le maledette principesse delle fiabe.
Poi un giorno accadde.
Quando meno me l'aspettavo ricevetti la
proposta che mi avrebbe cambiato la vita.
Il trapanante suono del telefono che
squillava rimbombava tra le pareti vuote della casa. Ren si rigirò nel letto,
riempiendosi i polmoni dell'odore di Nana, che ancora permeava tra le lenzuola
ormai fredde.
Sapeva di essere solo in casa poichè
la sua ragazza era andata a lavoro, ma contava che chiunque avesse chiamato
avrebbe desistito se nessuno avesse risposto. Così fu.
Dopo il quinto squillo finalmente
tutto tacque... Se non che, meno di dieci minuti più tardi, il trillare isterico
del campanello giunse a turbare ancora una volta il riposo dell'uomo.
Ren si arrese. Evidentemente qualche
divinità lassù in Cielo aveva deciso che quella mattina non avrebbe potuto
rimanere nel letto ad oziare fino all'ora di pranzo. Gettò le lenzuola ai piedi
del letto e saltellò dentro un paio di jeans logori, andando ad aprire la porta
a petto nudo.
Di fronte a lui si trovò Takumi, con i
suoi vestiti eleganti e i lunghi capelli corvini che gli incorniciavano il volto
scarno e seducente.
<< Ti pare ora di venire a
scassare le palle? >> Ringhiò nervosamente.
Non che Takumi lo infastidisse, ma
nessuno poteva permettersi di interrompere le sue mattinate di cazzeggio alle...
Mezzogiorno e mezza. Ok, per un comune lavoratore era quasi ora di pranzo, ma
per uno che era abituato a far baldoria fino alle 3 passate era a malapena
l'alba.
<< Buongiorno, Ren. E' un
piacere vederti, come stai? >> Replicò Takumi senza curarsi del tono ben
poco amichevole dell'altro musicista.
<< Spero che tu sia venuto qui
per dirmi qualcosa di importante... Perchè se sei venuto soltanto per fare
conversazione giuro che ti pesto talmente a sangue che ti toccherà uscire di qui
strisciando! >> Replicò scherzosamente Ren aggitando un pugno di fronte
agli occhiali da sole del ragazzo.
<< I Trapnest stanno per
sfondare, Ren. E vogliamo che tu ritorni a far parte della band. >> Takumi
si sfilò gli occhiali e piantò i suoi occhi grigi come il mare durante la
tempesta negli occhi scuri di Ren. Con quelle parole sapeva di aver catturato la
sua attenzione.
Nulla avrebbe potuto stimolare Ren
quanto la promessa di fama.
<< Io ho un'altra band, Takumi.
>> Replicò l'altro. Senza riuscire, tuttavia, a celare il proprio
interesse fino in fondo.
<< Guarda in faccia la realtà,
Ren. I Blast non sono destinati al successo, non sono male, ma non hanno nulla
di speciale rispetto alle altre band del paese... >> Takumi indugiò
qualche secondo prima di prendere il pacchetto di sigarette dalla tasca dei
jeans e di portarsi una Gitanes alle labbra ed accenderla. I suoi occhi
penetrandi erano ancora fissi in quelli di Ren.
<< Devi soltanto capire a cosa
tieni di più, >> Proseguì, mentre una densa spirale di fumo gli scivolava
fuori dalla sottile linea delle labbra << se alla fama, o all'amore.
>>.
Soltanto un anno
prima avrei dato un rene, un polmone, ¾ di fegato e almeno 3 litri di sangue in
cambio dell'opportunità di diventare famoso. Ma in quel momento la sola idea mi
strappava il cuore dal petto e lo riduceva a brandelli come un pezzo di carta
straccia.
Come potevo
rinunciare all'occasione di trasferirmi a Tokyo e di diventare un bassista di
fama nazionale? Ma, allo stesso tempo, come potevo rinunciare a Nana?
Grazie a lei avevo
scoperto l'Amore, quello vero, che ti fa dimenticare te stesso e ti fa sfiorare
il paradiso con la punta delle dita anche quando in realtà sei costretto a
vivere nel fango, a lottare strenuamente per sopravvivere in una società di
bigotti e teste di cazzo che ti guardano come se fossi un deviato soltanto
perchè non indossi giacca e cravatta e a 20 anni ancora non hai chiuso i tuoi
sogni a doppia mandata in un cassetto e hai gettato via la chiave in fondo
all'oceano, dove è impossibile recuperarla.
Tuttavia era stata la
mia fame di successo a spingermi ad andare avanti fino a quel momento: non fosse
stato per la mia ambizione probabilmente ora sarei soltanto uno sfigato commesso
di supermarket pronto al suicidio prima dei 30 anni.
Restare o partire?
Nana o il successo?
La sola idea di far
soffrire Nana mi faceva soffocare. Il dolore che avrei causato a lei si sarebbe
riversato su di me in maniera mille volte più devastante, perchè quando ami è
così: il dolore dell'altro è il tuo stesso dolore.
Ne parlai con Yasu,
il mio unico confidente in quel momento. Ma neppure lui mi fu d'aiuto. Purtroppo
in quella scelta ero solo. Completamente solo. Come ero stato per gran parte
della mia vita.
Nonostante amassi
Nana con tutto me stesso capii che un giorno tra noi due sarebbe potuta finire.
Appartenevamo l'uno all'altra, ma chi poteva dire se sarebbe stato così per
sempre?
Al contrario il sogno
che inseguivo sin dall'infanzia, quello di diventare una star, non mi avrebbe
mai voltato alle spalle. Non mi sarei mai pentito di averci provato, al
contrario, se avessi gettato la spugna l'avrei potuto rimpiangere per
sempre.
Così quella sera
suonai per l'ultima volta con i Blast.
Nessuno sapeva che
quello sarebbe stato il mio ultimo concerto. Nessuno, eccetto Yasu.
Festeggiammo come se
nulla fosse. Come se quello fosse soltanto l'ennesimo concerto, come se fossimo
pronti ad affrontarne altri mille tutti assieme.
A tarda notte, dopo
essere stati buttati fuori dal locale, con un Nobu completamente sbronzo ed una
Nana assolutamente elettrizzata per l'inatteso successo della serata, ci
avviammo a casa.
Ogni passo che mi
portava più vicino ai magazzini del porto tirava il nodo scorsoio che circondava
il mio cuore, strozzandolo con una crudeltà bestiale.
Avrei voluto dire a
Nana tutta la verità immediatamente, ma non appena aprimmo la porta lei addentò
le mie labbra in un'esplosione passionale, e mi guidò verso la nostra camera da
letto con le armi sottile che solamente una donna seducente può sfruttare. Per
nulla al mondo avrei potuto rinunciare al suo corpo. Fu l'ultima volta che
facemmo l'amore.
Quella notte fummo
uniti come mai prima, le nostre anime erano una soltanto, mescolate per
l'eternità e io capii che, per quanto lontano fossi stato, il mio cuore sarebbe
sempre rimasto con lei. Mai e poi mai avrei potuto riprenderlo in mio possesso,
nè desideravo che una cosa del genere accadesse.
Improvvisamente
parlai, ero steso sopra di lei e le stavo baciando il collo. Parlai.
<< Nana... Io
andrò a Tokyo. >> Le parole mi uscirono con una facilità sconcertante.
Gli occhi di Nana si
spalancarono, facendola assomigliare ad un cerbiatto spaurito.
<< ... Sentiti
libera di vivere come preferisci... >> Conclusi, lasciando che le mie
labbra scivolassero, soffici, sul suo collo pallido e costellato da piccole
macchie violacee, i segni della mia bocca. Amavo aspirare la sua pelle
profumata.
Le sue dita
affusolate improvvisamente affondarono nella pelle tesa della mia schiena e i
nostri sguardi s'incrociarono. Ciò che vidi mi spezzò il cuore.
I suoi occhi erano
ancora spalancati e lucidi di lacrime che non avrebbero tardato a scendere. In
quel momento mi resi conto che avrei desiderato che lei mi dicesse di restare.
Una sua parola sarebbe stata sufficiente, e io avrei rinunciato a tutto. Ma lei
rimase in silenzio.
Non mi sorprese.
Sapevo che Nana era decisamente troppo orgogliosa per abbassarsi a supplicarmi
di rimanere, e anche troppo orgogliosa per seguirmi e sottomettersi come una
brava mogliettina succube che aspetta il marito a casa cucinando, mettendo in
ordine e allevando due o tre marmocchi. Non l'avrei amata se il suo temperamento
fosse stato così facile da domare.
Rimanemmo assieme
fino al giorno in cui me ne andai, fingendo di essere ancora felici. Fingendo
che la separazione non ci stesse disgregando all'interno.
Ma dietro quella
facciata spensierata, della nostra meravigliosa storia d'amore non rimanevano
altro che macerie. Era finita.
Sapevo che non avrei
mai potuto amare nessuno quanto avevo amato Nana.
Sapevo che stavo
buttando nel cesso il dono più meraviglioso che la vita mi avesse mai fatto:
quello che mi ripagava di tutte le altre sventure.
Ma ormai era troppo
tardi.
All'epoca non ero
abbastanza maturo per prendere quella decisione, e avevo perso la persona più
importante della mia vita senza nemmeno capire quanto fosse essenziale la sua
presenza. Non lo capii finché non rimasi solo. Avevo perso il mio
angelo.
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