XII capitolo: La richiesta
Alice spalancò gli occhi “E c’era
bisogno che ci attirassi in una trappola e ci facessi perdere i sensi?!
Gloffa, bastava chiederci aiuto. Se avessimo potuto farlo, lo avremmo
fatto. Dove sono i miei compagni?”
Lei le si fece più vicina “Non potevo rischiare
che mi dicessi di no. Gli altri sono al sicuro, per ora”
Alice si guardò intorno. Di certo non erano nel negozio
della donna. La stanza era formata da pareti di roccia bruna, tranne
che per un lato, questo era costituito da grosse sbarre di ferro. Era
in una cella! L’unica fonte di luce proveniva da una lanterna
posta sul pavimento di terra battuta.
“Dove siamo?”
“Sottoterra, in una delle tanti basi della nostra
organizzazione. Ascoltami bene, John. - si appoggiò con le
mani alle ginocchia che Alice aveva tirato su- Quello che voglio
è che tu ci porti con una navicella nel luogo che ti
indicheremo. Dopo sarete tutti liberi e vi daremo anche la cella di
energia che vi ho mostrato nella foto”
“Perché io?” Ed in effetti Alice si
chiedeva proprio perché tutte a lei. Gloffa gli fece un
sorriso seducente e gli spiegò:
“Tu sei l’unico che conosco che può
pilotare una delle navette degli Antenati. Vi ho seguito dopo che ve ne
siete andati la prima volta che ci siamo incontrati. Tu immagina la mia
sorpresa quando ho visto comparire dal nulla la navicella. Sono venuta
immediatamente a riferirlo. Finalmente qualcuno poteva utilizzare
quella che avevamo noi. Ho girato per qualche giorno nella speranza di
incontrarvi e poi ho visto quegli uomini con la tua stessa
divisa” Maledetto Sheppard! Perché si era fatto
abbordare da quella donna alla taverna! Forse era meglio dirle la
verità?
“Se ti rifiuti o inventi scuse, io farò fuori i
tuoi compagni, dopo ti taglierò quelle belle mani esperte e
le userò per far funzionare la navetta- si sporse ancora di
più fino a sfiorarle il viso- Cosa ne dici?”
No, dire la verità era una pessima idea. “Voglio
vedere i miei uomini” Lei per tutta risposta tirò
fuori un pugnale dallo stivale di pelle. Glielo pose davanti agli
occhi. Alice poté vedere i riflessi della luce catturati
dalla lama sottile, era talmente vicino che i suoi occhi, o meglio gli
occhi verdi di Sheppard, si riflettevano sull’acciaio. Alice
deglutì a fatica. Fissò per un momento quegli
occhi. Non erano i suoi, ma nello stesso tempo lo erano. Era lei e allo
stesso tempo non lo era. E va bene forse doveva giocare ad essere
Sheppard con più convinzione. L’occhio destro
riflesso si chiuse in un gesto di complicità.
Sollevò le sopracciglia e avvicinò di
più il volto al pugnale e così facendo raggiunse
quasi anche il viso della donna “Hai intenzione di
radermi?”
Gloffa sorrise: “Sei proprio il mio tipo, John-
abbassò la lama e tagliò le corde che gli
tenevano legate le mani e i piedi- vieni, ti faccio vedere la navetta
…” Non finì la frase perché
Alice la prese per il colletto della camicia, la sollevò e
la sbatté contro la parete di roccia, forte della sua nuova
forza da uomo.
“Se mi uccidi, i miei compagni uccideranno i tuoi”
La Satriani strinse ancora di più “Lo faranno
anche se ti prenderò in ostaggio? Adesso dimmi dove
sono” Un dolore lancinante che partiva tra le sue gambe e si
propagava per tutto il corpo le fece mollare la presa e piegarsi in
due, portandosi le mani alla parte dolorante. In quel momento non
sentiva assolutamente imbarazzo per quello che stava toccando, riusciva
solamente a pensare a quel dolore orrendo. Se fosse stata veramente un
uomo, avrebbe fatto attenzione a cosa facevano le gambe di Gloffa! Le
tornò in mente Garcìa, il Capitano che si
occupava dell’addestramento dei civili. “Se siete
in difficoltà con un uomo, c’è un solo
punto a cui dovrete mirare”. Adesso poteva capirlo bene.
Elizabeth camminava avanti ed indietro ormai da un quarto
d’ora. Stavano aspettando notizie dalla squadra che era
andata a cercare quella di Sheppard, che ormai era in ritardo di ben
sei ore.
Lo stargate si aprì e lei si precipitò
giù ad accogliere gli uomini.
“Allora? Notizie?”
Il Capitano scosse la testa “No, il negozio era chiuso e
dentro non c’era nessuno. Non ci sono tracce e se hanno
passato lo stargate non c’erano indizi su dove fossero
andati. Però ho portato il cristallo di controllo come mi
aveva chiesto”
“Grazie, Capitano. Lo porti da Zelenka e appena avrete la
lista dei pianeti organizzate delle squadre ed iniziate le
ricerche”
“Sì, signora” Si ritirò in
fretta lasciando una Weir sempre più preoccupata per i suoi
uomini dispersi.
Era stata bendata e adesso veniva trascinata lungo dei corridoi. Non le
avevano detto dove la stavano portando, semplicemente Gloffa era
entrata un paio di ore dopo la loro conversazione con degli uomini
completamente coperti che l’avevano tenuta ferma mentre lei
le metteva un pezzo di stoffa scura sugli occhi.
Spesso la spintonavano per farla andare più veloce, sempre
le tenevano una mano sulla spalla per impedirle di deviare. La
situazione stava diventando alquanto frustrante. “Sentite.
Facciamo un po’ di conversazione. Che ci fate qua sotto? E
quanti siete?” La voce di Gloffa la raggiunse alla sua destra:
“Questa base non è più sicura,
partiremo tutti insieme.- non aveva risposto alla sua domanda- Per
quanto riguarda a cosa facciamo qui, diciamo che non siamo
completamente d’accordo di come i nostri governi trattano la
questione con gli Sterminatori”
“Intendi i Wreit?”
“Esattamente. Ci sono altri modi per porre fine alla guerra e
tu ci darai una mano in questo”
“Intendi dire che avete trovato un’arma o una cosa
del genere?” L’unica risposta che ricevette fu una
risata.
Si fermarono e la Satriani sentì digitare un codice e poi
l’aprirsi di porte metalliche, immediatamente dopo
percepì che lo spazio si faceva più grande,
l’aria non ristagnava più e non c’era
più l’eco. Dove diavolo l’avevano
portata?! La benda le fu tolta e quello che si trovò davanti
fu un hangar che conteneva molte navi di diversa fattura e provenienza.
Si girò a guardare Gloffa furente:
“A che gioco giochi? Qui avete navi per portare via un
esercito! Non avete bisogno di quella degli Antichi e quindi neanche di
me!” Involontariamente si portò in avanti, ma fu
bloccata dagli uomini incappucciati.
“Tranquillo. Il motivo per cui ci serve la navetta degli
Antenati e quindi tu, è il fatto che il luogo dove dobbiamo
andare non consente l’accesso alle navette di altro genere se
non queste”
Un deposito militare degli Antichi! Solo quel genere di struttura
impediva l’ingresso alle altre specie. Allora forse era vero
che avevano trovato un’arma per combattere i Wreit!
Venne spinta in avanti.
Lo stargate si aprì per quella che ad Elizabeth sembrava la
millesima volta. Luke, l’ingegnere alla consolle di controllo
la chiamò: “Dottoressa, è il codice del
Maggiore Sheppard!” Si precipitò giù
dalle scale ed arrivò in tempo per vedere Rodney, Fenimoore
e il momentaneo corpo di Sheppard varcare il cerchio. “Allora
che è successo? Dov’è Alice?”
John si mise la mani sui fianchi. Era furibondo
“Dov’è? Lo vorrei sapere
anch’io! Siamo caduti in una trappola! Ci hanno portato su un
pianeta sconosciuto e ci hanno mollati lì. Con noi non
c’era più né Alice né mio
corpo! Ma lo giuro, la prossima volta me la lego con la fune da
arrampicata. Vedremo se riesce ancora a staccarsi da noi”
Erano in condizioni orribili, bagnati fino al midollo e completamente
sporchi di fango.
Dieci minuti dopo Rodney e Fenimoore erano nello spogliatoio maschile e
si stavano spogliando per entrare nei box della doccia. La porta che
sbatteva violentemente li fece sobbalzare e voltare.
John era furioso. Si era fatto infinocchiare come un poppante e aveva
lasciato indietro un uomo. Anzi non un uomo, aveva lasciato indietro
Alice! I suoi pensieri erano ancora più burrascosi delle sue
maniere: “Non dovevo fidarmi di quella puttana!-
aprì violentemente il suo armadietto- E
quell’altra? Chi sa dove sarà adesso quella
ragazza! Deve sempre rendere tutto più difficile! -
iniziò a spogliarsi per darsi una ripulita-
Perché l’hanno presa? L’hanno scambiata
per me! Bastardi!” Le sue maledizioni furono interrotte dalla
tosse discreta di Fenimoore. Si voltò e solo allora si
accorse che McKay al suo ingresso si era coperto il petto nudo con un
asciugamano e che Fenimoore cercava in tutti i modi di non fissarlo. Si
levò la maglietta: “Bhè, che
c’è? Avete respirato troppo gas?”
“Signore, lei è nel corpo della
Satriani” Il Maggiore sollevò un sopracciglio in
una muta domanda
“Non penso che dovrebbe cambiarsi insieme a noi”
Dio! Ci mancava solo questa. Prese un asciugamano e si diresse verso i
suoi alloggi. Per i corridoi la gente rimase a fissare il corpo di
Alice che marciava in reggiseno come se nulla fosse.
Alice era davanti alla consolle della navetta. Le avevano permesso di
fare un controllo delle funzioni, e per questo la navicella doveva
essere chiusa. Si girò per controllare il compartimento sul
retro, non c’era nessuno. Anche se non poteva decollare ed
andarsene, almeno poteva inviare un messaggio ad Atlantide.
Attivò il pannello delle comunicazioni. Impostò
il messaggio sub-spaziale ed inserì le coordinate. Presto
sarebbero arrivati gli aiuti. Nel preciso istante in cui Alice inviava
il messaggio un errore fece cadere la connessione e il portellone si
aprì.
“Cazzo!”
“Credevi davvero che ti avremmo permesso di avvisare i tuoi
amici? I miei scienziati non potranno pilotarla ma sanno come fare a
disattivare un comunicatore. Ah, ti volevamo ringraziare anche per
questi gioiellini, sono veramente magnifici.” Le
mostrò i loro Traduttori miniaturizzati. Zelenka era
riuscito a riprodurre la tecnologia dei Drunyiani e a miniaturizzarla.
“Siamo pronti per partire?”
Doveva tirare per le lunghe finché non le veniva
un’altra idea. “Ehm, non proprio, devo ancora
controllare …” Quattro figure coperte da lunghi
mantelli entrarono nella navetta. Erano inquietanti, completamente
nascoste com’erano. I cappucci celavano completamente il
volto e anche le mani erano coperte da guanti. Uno dei quattro uomini
le si fermò davanti e la guardò per momento ed ad
Alice non restò altro che fissare quell’ombra a
sua volta rimase. Una paura primitiva, come quella per il buio o per
l’uomo nero, rischio di sopraffarla. La voce di
quell’essere la scosse: “Non aspettiamo oltre,
partiamo. Gloffa, tieni d’occhio il nostro navigatore.
Nasconde più di quello che da a vedere”
“Sì, signore. Gli starò molto vicina,
non si preoccupi”
Ancora paralizzata, Alice non toglieva gli occhi di dosso da quegli
esseri. Quando se ne accorsero, quello che aveva parlato le fece un
gesto con la mano di proseguire. Lei si girò, si
collegò con la navicella e partirono.
Erano passate molte ore da quando erano decollati. Appena avevano
lasciato il pianeta le avevano dato le coordinate e poi nessuno
più aveva parlato. I quattro nello scompartimento sul retro
si erano chiusi dentro, mentre Gloffa trascorreva il suo tempo
trastullandosi con il coltello. Dopo aver controllato per la millesima
volta la rotta, Alice decise che era stufa di quel silenzio
“Non potresti dirmi qualcosa d’altro? Se avete
trovato una soluzione definitiva, forse potremmo darvi una mano. Basta
che avvisi i miei e loro ci daranno tutto il supporto tecnico di cui
avete bisogno”
“Non abbiamo bisogno di nessuno- lanciò in aria il
suo giocattolo e lo afferrò al volo- abbiamo tutto sotto
controllo”
“I miei uomini quando li libererete?”
Lo lanciò un’altra volta “Sono
già al sicuro”
“Cosa significherebbe: Sono già al
sicuro?”
“Significa che li ho lasciati su di un pianeta qualsiasi. Se
non hanno incontrato intoppi saranno già a casa. Non
c’era motivo per portarsi dietro una zavorra del genere. Tu
eri l’unico di cui avevamo bisogno”
“Mi hai mentito. Mi avevi detto …”
Lei si voltò verso di lei. “Cosa
c’è John, ti stai annoiando?” si
alzò e le si avvicinò strusciandosi contro come
una gatta “Potremmo trovare qualcosa di più
interessante da fare fino al nostro arrivo” Sedendosi sulle
sue ginocchia, Gloffa notò il viso di quello che lei credeva
Sheppard, farsi progressivamente più rosso.
“Andiamo, l’altra volta non eri così
timido mentre mi facevi …” Alice le pose una mano
sulla bocca e con una mossa rapida la riposizionò sul suo
sedile “Forse è meglio che ricontrolli il supporto
vitale”
“Maggiore, sei ancora qui?” Erano le tre di notte e
Sheppard se ne stava seduto nella mensa con i piedi su di un tavolo a
trangugiare caffé. Rodney gli si accostò
“Cosa ci fai qui?”
“E tu che ci fai qui?- poi vedendo il pezzo di crostata che
aveva in mano- oh, calo degli zuccheri? Stai ancora
lavorando?” Quello annuì, mentre si sedeva e
iniziava a mettersi grossi pezzi di crostata in bocca. “Non
ti preoccupare, Sheppard, la troveremo e vi rimetteremo nei vostri
giusti corpi. Se no …”
Lui finì l’ultimo sorso di caffè
“Se no dovremo imparare a convivere con il fatto di avere
perso un altro compagno” Si alzò e
lasciò McKay alla sua crostata.
“Ma io non ho mai perso nessuno!”
Aveva chiuso gli occhi per quello che le era sembrato solamente un
minuto quando un allarme di prossimità la costrinse a
riaprirli. Si rialzò nella poltrona e fece apparire sullo
schermo la struttura. Aveva ragione, quello era un deposito militare
degli Antichi. Tutto lo confermava, primo tra tutti il fatto che era
occultata ai normali sensori ma non quelli ad ampio spettro delle
navette antiche, poi le dimensioni, che erano incredibili, poteva
benissimo contenere una flotta intera. Sì, forse
là dentro si poteva trovare un’arma abbastanza
forte da difendere la galassia.
I quattro uomini entrarono nella parte anteriore. “Attracca
ed entriamo”. Le manovre di attracco non durarono che un paio
di secondi.
E adesso di lei cosa ne avrebbero fatto? I cinque si prepararono a
scendere. Gloffa le si avvicinò: “Bene, John,
adesso aspettaci qui. Noi torneremo presto e poi ti daremo la tua cella
di energia” senza darle il tempo di reagire
l’attirò a sé e la baciò
“Peccato non riuscire a conoscerci meglio”.
Lasciò cadere una piccola palla di metallo ed
uscì a passo di corsa insieme agli altri.
Probabilmente se fosse stata nel suo corpo non avrebbe avuto la
prontezza necessaria per accorgersi che quello che aveva lasciato
cadere Gloffa era una bomba, con il conto alla rovescia innescato, e
precipitarsi fuori dall’abitacolo prima che il portellone
stagno si richiudesse. Nonostante la rapidità
l’onda d’urto era riuscita a raggiungerla prima che
il deposito venisse nuovamente sigillato. Lo spostamento
d’aria la portò a sbattere violentemente contro la
parete di fronte. In lontananza sentì la risata cristallina
di Gloffa fare eco all’esplosione.
A fatica si sollevò in piedi, doveva essersi incrinata
qualche costola, perché il dolore allo sterno era troppo
forte. Cercò la concentrazione per due secondi poi li
seguì. Appena arrivata ad Atlantide e riacquistato il suo
corpo, si sarebbe presa le ferie per almeno un mese!
Il deposito non doveva essere più stato utilizzato fin dalla
guerra con i Wreit, millenni prima. Il supporto vitale era al minimo e
i lunghissimi, spogli corridoi erano solamente illuminati dalle luci di
emergenza, il che rendeva difficile respirare per il poco ossigeno e
quasi impossibile guardare dove stava mettendo i piedi. Dopo
un’ultima svolta riuscì a raggiungerli. Anzi, per
dire la verità, a momenti li investiva. Ringraziando il
cielo, riuscì a non farsi scoprire.
Si appiattì contro il muro e ascoltò con molta
attenzione, mentre faceva attenzione a dove posava i piedi.
“Pensate, mio signore, che siano ancora tutti vivi?”
“Così dovrebbe essere, Gloffa. Ci avete servito
bene, non appena riordineremo le cose nella galassia, tu e tutti gli
altri sarete ricompensati. Riferirò io stesso alla regina i
vostri servigi. È stato solo grazie a te che questa nave
è tornata in nostro possesso”
“Grazie, mio signore”
Un terribile sospetto prese Alice, subito confermato quando si
trovarono nell’hangar del deposito. Nascosta dietro una
cassa, Alice guardò con assoluto sgomento l’enorme
nave alveare che era chiusa lì dentro. Da sola occupava
tutto lo spazio, non c’erano altre navi. L’aveva
riconosciuta all’istante grazie al database degli Antichi.
Non avevano trovato un’arma per distruggere i Wreit, ne aveva
messi in circolo degli altri che a quanto pare erano determinati a
dominare! Come aveva potuto Gloffa ei suoi compagni aiutare quegli
esseri!
Un forte fischio l’obbligò a portarsi le mani ala
testa, ma per quanto coprisse le orecchie,
l’intensità non diminuiva. Cadde in
ginocchio, contorcendosi. Quel rumore le impediva qualunque movimento,
qualunque ragionamento, era insopportabile. Quando pensava di non
resistere più e che le sarebbero scoppiati i timpani una
voce le rimbombò nel cervello: “Sei sopravvissuta.
Sei un umano dotato di un dono straordinario. Ci rivedremo
presto”
Impotente, un’altra volta, Alice guardò i cinque
salire sulla nave madre, aprire l’hangar, attraversare il
campo di forza e scomparire nello spazio.
“Comunicazione in arrivo”
Sheppard arrivò in quel preciso istante, aveva appena
mandato la Weir a riposare “Sappiamo chi
è?” Rodney scosse la testa, John gli fece segno di
procedere
“Atl … de - la trasmissione era disturbata- ho
… aiuto”
“Chi è?”
“Alice”
“Voglio il codice di identificazione, potresti essere stata
compromessa”
Ci fu un attimo di silenzio. Per un nano secondo ebbe paura che
avessero perso la connessione “Andiam … Maggi
… non ric … do”
Senza dubbio era lei. “Ti uccido appena arriviamo
lì”
“V … bene”
Quarantotto ore erano trascorse, quando Elizabeth si sedette al tavolo
delle riunioni per ascoltare il resoconto sul deposito degli antichi.
Alice e Sheppard arrivarono contemporaneamente. La Weir li
salutò con un sorriso: “Fa piacere vedervi di
nuovo nei vostri corpi”
“Già è bastato che ci rimettessero
sulla sedia et voilà, tornati come nuovi. A parte che il mio
corpo mi è stato consegnato in condizioni pietose”
Alice si stava massaggiando la schiena e gli lanciò
un’occhiataccia. Avevano appena finito di discutere
animatamente su cosa avessero fatto con i rispettivi corpi. In effetti
tutta la base li aveva sentiti
“Allora, cosa abbiamo scoperto nel deposito”
Rodney attaccò: “Per la verità molto
poco. Era praticamente vuoto quando l’hanno abbandonata.
Più interessante, invece, il database. Abbiamo scoperto che
la nave Wreit era stata catturata durante una ricognizione, quasi tutto
l’equipaggio era ancora ibernato. Probabilmente un
malfunzionamento nel sistema aveva impedito agli ospiti di svegliarsi.
I pochi svegli si sono dati alla fuga”
“Questo non spiega perché quei Wreit
l’hanno voluta a tutti costi”
Zelenka iniziò a parlare ma fu interrotto ancora una volta
da McKay “Silenzio, Radek, sto piegando io. Molto
probabilmente perché quella nave è modificata ed
è forse questo che ha provocato il malfunzionamento. Quella
nave è un ibrido di molte culture e tecnologie, forse
qualcosa è non è del tutto compatibile. Adesso,
facciamo una supposizione, se quei Wreit erano i sopravvissuti della
nave …”
“Che portata hanno queste modifiche?” Rodney
fissò i volti preoccupati dei suoi compagni
“Mi è impossibile dirlo. Forse potrebbero essere
in grado di dominare la galassia o forse potrebbero esplodere al primo
salto nell‘iperspazio. Senza vedere delle specifiche non
posso dirlo”
La Weir fece un sospiro “Bene, abbiamo a che fare con dei
nuovi Wreit decisi a sterminare tutti gli altri, con una nave che
potrebbe essere la cosa più potente ma vista.
C’è altro da aggiungere?”
“Hanno anche un seguito di umani fedeli”
“Ecco, grazie Rodney”
Alice si tenne per sé cosa le aveva detto il Wreit.
Già troppe brutte notizie aveva dovuto comunicare.
Questa volta sono stata molto veloce, penso sia stato quasi un record
personale! Fatemi sapere cosa ne pensate e se vorreste magari darmi
anche qualche suggerimento sarebbero più che bene accetti.
Grazie a tutti quelli che hanno ancora la pazienza di aspettare i miei
tempi lunghissimi. Cercherò di darmi una mossa. Ah, quasi
dimenticavo! Ho voluto provare questa nuova grafica (cioè
semplicemente vado a capo ad ogni discorso diretto) Spero che
così sia un po' meno pesante da leggere.
Ciao
|