Non
credevo di essere così masochista. Ma... questo pomeriggio
non ho saputo resistere alla tentazione. Ho detto... ma
sìììì. In fondo
può essere divertente... emhh... sì
forse. Postare il prologo di new moon dal punto di vista di Edward
è un po' avventato da parte mia viste le mille cose che ho
da fare. Ma non importa. Avrò tempo per scrivere, voglio
trovarlo e impegnarmi in questo senso, per voi e per me, che amo tanto
la scrittura. Spero mi seguiate anche in quest'altra pazza avventura.
Lo spero tanto, ho bisogno di voi per creare Edward. E qui le cose si
fanno più difficili, qui sapete benissimo spesso Bella non
ci sarà, o meglio ci sarà, ma in modo diverso,
perciò dovrò diventare Edward. Mettermi nei suoi
panni e vivere della sua sofferenza, direi che il brutto tempo
invernale è ottimo. Fa piangere. Ebbene... ecco la
prefazione. Si ricomincia. Ma pensavate veramente che vi avrei lasciato
senza Edward? Il titolo del libro è Nadir, il contrario di
Zenith. Mi sembrava il più contrastante, il più
adatto. Forse non è propriamente qualcosa che ha a che fare
con Sole, Luna e momenti atmosferici vari, ma è comunque un
punto geografico all'opposto di quello più alto
dell'orizzonte, il più basso quindi. L'ho trovato molto
rappresentativo. Si ricomincia!!!! Malia.
Amore
è un fumo levato col fiato dei sospiri; purgato,
è fuoco scintillante negli occhi degli amanti; turbato, un
mare alimentato dalle loro lacrime. Che altro è esso? Una
follia discreta quanto mai, fiele che strangola e dolcezza che sana.
(Romeo: atto I, scena I)
Prefazione.
Ricordi… troppe volte avevo sperato di sentire ancora il suo
profumo nell’aria, chiamarmi e torturami,
affliggermi ed eccitarmi. E ora, ora ne ero certo, la verità
mi aveva ferito lasciando un vuoto incolmabile nel mio cuore ormai
morto. Lei non c’era più. E io… un
mostro, un animale senza respiro, non avevo più alcun motivo
per vivere, nulla aveva più senso, niente sembrava
più avere una direzione. Guardai la luce del sole
abbracciare le figure rosse che affollavano la piazza e sorrisi appena.
Morte, unica compagnia, unica speranza. Ah quanto dolore, quanta
sofferenza in un sentimento eterno e senza tempo come
l’amore. Non potevo sopportare oltre il peso della mia
mostruosità, non potevo perché non riuscivo
più a cancellare la sua voce dalla mia mente, la sua
sofferenza dal mio spirito… a cosa serviva sentire il mio
cuore se non potevo più donarlo a lei? A cosa era servito il
mio sacrificio se non aveva potuto donarle la felicità?
Tortura. Giorno e notte, incessante e perenne, la sensazione di
mancanza mi aveva tormentato senza lasciarmi tregua. Incubi,
sensazioni, vaneggiamenti, vedevo il viso disperato del mio amore, i
suoi sogni inquieti, la sua anima annientata da quello che le avevo
fatto, ed era stato insopportabile. Non meritavo né vita
né morte. Ma adesso che lei non esisteva più, io
non riuscivo più a concepire la mia realtà, non
volevo tornare ad essere nulla, non volevo tornare ad essere il mostro
che ero sempre stato. Il peso delle mie colpe mi distruggeva, ma il
pensiero di non poter più godere di lei mi annullava. Feci
un passo avanti cercando quella luce, agognando il tepore che avrebbe
dato alla mia pelle, desiderando sentire per l’ultima volta
il dolce calore di qualcosa scaldarmi un poco. Ecco l’unica
amica che mi avrebbe consolato, la mia vera sorella… la
morte.
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