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Parigi, Château
Lacroix..
24 Dicembre 1986.
-Che ne
pensi del vestito della mamma, tesoro?-
Disse la
splendida strega bionda, facendo una piroetta e rivolgendosi alla figlia.
La donna
si chiuse i bottoncini neri della gonna sul retro, con un abile colpo di
bacchetta.
La
bambina, sbadigliò insonnolita.
Seduta sul
bordo del letto, aggrottò la fronte, scrutando con attenzione la figura snella
della madre.
Il
tailleur verde scuro dalla gonna lunga fino ai piedi, le avvolgeva le forme,
facendo risaltare la carnagione diafana.
I capelli
biondo miele erano acconciati sul capo e i pendenti di brillanti forgiati dai
folletti, che suo padre aveva regalato a sua madre, brillavano come dotati di
vita propria.
-Sei
bellissima, maman-
Voltandosi
a guardare la figlia, Venus Freya Lacroix, sorrise dolcemente.
-Grazie,
Vega-
Rispose
avvicinandosi alla figlia e sedendosi di fianco a lei, sul letto.
Le
accarezzò i capelli biondissimi, di un colore così chiaro da sembrare quasi
argentei.
-Hai
sonno?-
La bambina
annuì, sbadigliando di nuovo e strofinandosi gli occhi.
Venus le
diede un lieve bacio sui capelli.
Una delle
tante particolarità di sua figlia, era quella che aveva l'abitudine di dormire
di giorno e stare sveglia la notte.
Proprio
come la nonna, Cytherea Siria Lacroix.
All'inizio, lei e suo marito avevano cercato di farle perdere quell'abitudine.
Alla fine, su consiglio di Cytherea, i due avevano lasciato perdere.
-Potrai
riposare più tardi, non appena saremo dai nonni-
Vega annuì
controvoglia. Venus ridacchiò all'espressione della figlia e stringendola tra le
braccia, strofinò il naso contro quello di lei.
-Tuo padre
sarò qui tra poco, tesoro. Nel frattempo controlla che gli elfi abbiano preso
tutto da camera tua. E non infastidire Unku, non prenderlo in mano e non dargli
da mangiare. Ci penserà papà al suo ritorno. Sta attenta a non sporcarti. Sai
che nonna Walburga si arrabbierà-
La bambina
sbuffò. A lei non piaceva molto nonna Black. Era sempre di cattivo umore e
trattava suo papà, come un bambino.
Corse
fuori dalla camera da letto dei genitori per andare a giocare con Unku, il
serpente nero che suo zio Lucius le aveva regalato due anni prima. Si arrestò
sui suoi passi quando sentì la voce della madre.
-Non
correre, Vega-
-Scusa
maman!-
Gridò per
nulla dispiaciuta, continuando a camminare nella direzione della sua stanza.
Quando
entrò nella cameretta, arricciò il nasino. Il colore predominante era il rosa!
Dalle tendine del letto a baldacchino, alla trapunta; dai morbidi tappeti, alle
tende delle finestre; dalle decorazioni sul muro ai centrini sui mobili... tutto
rosa! Il resto della stanza era di un candido color panna e l'unica nota stonata
dell'arredamento, era la teca di vetro di Unku.
Si
avvicinò alla gabbia dove un lungo serpente color grigio fumo, se ne stava a
sonnecchiare attorcigliato su se stesso.
La bambina
si alzò in punta di piedi e facendo attenzione a non sgualcire il vestitino
verde petrolio, si affacciò nella teca.
-Sveglia
Unku… fra poco andiamo a Londra dai nonni-
Il
serpente si mosse con uno scatto e iniziò a sibilare.
Vega
sorrise. Probabilmente il povero rettile avrebbe dovuto sopportare i giochi di
Draco.
-Non fare
quella faccia… stavolta ti divertirai, promesso-
Il mamba
nero sembrò guardarla con rassegnazione, mentre tornava alla sua posizione
rilassata.
Vega si
allontanò dalla teca e si avvicinò al grande specchio con la cornice argentata
attaccato al muro e osservò con attenzione il vestitino in cerca di pieghe.
Non ne
trovò alcuna.
Soddisfatta, passò in rassegnazione anche i capelli, dove aggiustò il fermaglio
blu.
Si
avvicinò al letto e si mise seduta a gambe incrociate, aspettando paziente il
ritorno del suo papà.
-Vega, hai
dimenticato il bracciale-
Le ricordò
una dolce voce.
La bambina
alzò gli occhi verso la parete di fronte, dove campeggiava il ritratto della
nonna materna.
Cytherea
Lacroix le rivolse uno sguardo divertito dal ritratto, posto di fronte al letto
della bambina.
La donna
aveva i capelli dello stesso colore biondo argenteo della bambina e gli occhi un
bellissimo azzurro chiaro.
-Lo sai
che a tuo zio dispiacerà molto, se non lo vedrà al tuo polso-
La bambina
annuì e andò al portagioie, sulla specchiera.
Prese un
bracciale d’argento disegnato come fosse un elegante serpente che teneva le
fauci aperte.
Quando lo
mise al braccio, il serpente si mosse, strofinandosi contro la pelle del polso e
facendo brillare gli occhi di smeraldo, addentando con le zanne la chiusura di
brillanti del bracciale.
Suo zio
glielo aveva regalato per il suo primo Natale, sei anni fa.
-Grazie
nonna-
Il quadro
sembrò illuminarsi alle parole della bambina:
-Prego,
tesoro-
Vega
trascinò lo sgabellino della toeletta vicino alla teca di Unku, poi vi salì su e
si mese a chiacchierare con il serpente.
Era
l’unico modo di trascorrere il tempo prima di partire.
Venus si
lasciò cadere sulla poltrona blu ai piedi del letto, seguendo gli elfi domestici
con lo sguardo.
Le piccole
creaturine lavoravano alacremente per la stanza, riordinando il tutto e finendo
di preparare le valigie per i loro padroni.
La donna
distolse lo sguardo da loro e lo spostò sull’enorme orologio a parete.
Erano già
le sette di sera e suo marito Regulus ancora non era arrivato.
Era molto
in ansia per lui.
Solo
qualche giorno prima, era stato molto vicino a perdere la vita… e tutto per un
maledetto medaglione.
Sospirando
si alzò con un movimento aggraziato e si avvicinò alla finestra, guardando la
Ville Lumière ricoperta dal manto candido della neve.
Cinque
giorni prima, Regulus era entrato in salotto dicendole di aver capito come
impedire al Signore Oscuro di tornare in vita. Lei lo aveva guardato perplessa.
-Ma è
morto, tesoro. Quel bimbo l’ha ucciso-
Regulus
aveva scosso la testa.
-Ti
sbagli, Venus. Non è morto. Te lo dissi cinque anni fa e ora ne ho la prova-
Lei aveva
messo da parte il libro che stava leggendo.
-Ne sei
sicuro?-
-Sicurissimo-
-E di cosa
si tratta?-
Aveva
chiesto lei.
Era
curiosa e spaventata al tempo stesso.
Un anno
prima della morte del Signore Oscuro, Regulus aveva capito che l’unica cosa che
importava a quel mostro non era la purezza di sangue, ma il potere e dopo aver
visto i metodi usati per raggiungerlo, aveva deciso di tradirlo.
Aveva
tenuto la cosa segreta, rivelandola solo alla moglie e prendendo la decisione di
fare la spia per l’Ordine della Fenice, cercando, intanto, qualcosa che ponesse
fine alla vita del Signore Oscuro.
Poi, in
una calda serata di luglio, un bimbo di appena un anno, Harry Potter, aveva
ucciso il più grande mago oscuro di tutti i tempi, ritorcendogli contro la
maledizione che uccide.
Regulus ne
era stato felice, ma c’era qualcosa che non era riuscito a spiegarsi.
Era stato
troppo facile, nonostante fossero morte parecchie persone.
Poi, altre
cose avevano occupato la sua mente.
Tanto per
cominciare, l’incarcerazione di suo fratello Sirius per l’omicidio di Peter
Minus, dei Potter e di ben 12 babbani.
Poi i
processi ai Mangiamorte e la successiva condanna a sua cugina Bellatrix, con il
marito Rodulphus e il fratello di questi Rabastan, l’amico di Howgarts Barty
Crouch jr e molti suoi amici.
Lui,
Lucius Malfoy e pochissimi altri, erano sfuggiti all’abbraccio gelido dei
Dissennatori.
Poi aveva
ripreso a fare ricerche per capire se il Signore Oscuro era morto per davvero, o
era scomparso come sosteneva lui.
Alla fine
aveva avuto ragione.
Aveva
spiegato alla moglie la storia del medaglione e degli Horcrux. Lei si era
intestardita per accompagnarlo e alla fine Regulus aveva ceduto alle insistenze
di Venus.
Si erano
recati in una grotta situata in mezzo al mare della Cornovaglia.
Regulus
aveva dovuto bere dell’acqua maledetta, per riuscire a prendere il medaglione.
L’acqua
aveva portato a delirare l’uomo, che chiamava in continuazione il nome del
fratello.
Venus,
allora, aveva dovuto sostituire il medaglione e dopo aver scampato un attacco
degli inferi, aveva portato in salvo entrambi.
Le pozioni
che aveva somministrato al marito, lo avevano rimesso in sesto in tre giorni.
Il
medaglione giaceva in uno scrigno al sicuro e lo avrebbero distrutto di ritorno
dalle vacanze Natalizie a Londra, a Grimmauld Place.
La porta
che si apriva con veemenza la fece voltare di scatto.
Un sorriso
luminoso si aprì sul magnifico viso della donna, quando vide la figura alta e
muscolosa del marito.
Gli si
buttò fra le braccia, lasciandosi stringere da lui.
-Dov’eri
finito?-
Gli
mormorò contro il pesante cappotto blu scuro, inebriandosi del profumo muschiato
e familiare che amava tanto.
Regulus le
sorrise.
-Mi devi
perdonare, amore. Sono stato trattenuto più del dovuto con i regali dell’ultimo
momento-
Si staccò
dolcemente dalla moglie e mise la mano nella tasca del cappotto.
-Vega ne
andrà matta-
Disse
mostrando il boccino d’oro a Venus.
La donna
lo guardò rassegnata.
-Reg,
avevi detto che le prendevi un ciondolo-
-Questo le
piacerà di più-
rispose
ammiccando e con un sorriso malandrino. Venus, lo aveva catalogato, come il
sorriso dei Black.
-E' il
boccino della sua squadra del cuore: i Paddlemere United-
Venus
sospirò, scuotendo la testa.
L'uomo
richiamò l'attenzione della moglie.
-Guarda
sul boccino-
La donna
aguzzò la vista e lesse.
-Alla
nostra piccola stella… sei la nostra luce, mamma e papà-
Sorrise,
scuotendo la testa.
-Sei un
tenerone. Non sembrerebbe dalla faccia-
Regulus
rimise il boccino in tasca e afferrò la moglie per la vita sottile, attirandola
a sé con irruenza.
-Che
vorresti dire?-
Sbottò,
cercando di apparire imbronciato.
Venus si
alzò sulla punta dei piedi e lo baciò dolcemente sul naso.
-Che sei
un orso… e ora andiamo che si fa tardi. Altrimenti tua madre inizia a strillare
in quel suo modo... "adorabile"-
Regulus
sorriso divertito e la baciò sulle labbra.
-Andiamo,
allora... non sia mai che ti faccia subire il malumore di Walburga Black. La mia
stella, dov’è?-
Disse,
cambiando discorso.
-In camera
sua. Aspetta te per mettere Unku nella gabbia-
Rispose
Venus, con un cipiglio contrariato.
-Non so
proprio che cosa sia passato per la testa di Lucius, quando gli ha regalato quel
maledetto animale. Non poteva prenderle una civetta?-
Regulus
rise divertito. In effetti, strano a pensarlo, Lucius Malfoy stravedeva per sua
figlia.
-Unku è
innocuo, lo sai. Lucius non l'avrebbe mai comprato, in caso contrario-
-Speriamo
solo che quest' anno non ci toccherà dare via un altro animaletto-
Sospirò
rassegnata. Il marito le diede un bacio sul naso diritto.
-Se diamo
via anche il prossimo animale, Vega non ce lo perdonerà-
-Ma era un
drago, Reg!-
esclamò
incredula.
Sua figlia
non le aveva parlato per due settimane, dopo aver mandato il cucciolo di drago
in Romania.
-Mi
spieghi dove avremmo potuto mettere un Nero delle Ebridi una volta cresciuto?!-
Regulus
rise.
-Avremmo
potuto metterlo nel fossato attorno al castello. Pensaci!-
Immaginandosi la scena, a Venus venne da ridere. Colpì scherzosamente il marito,
sul braccio.
-Non
scherzare! Vai a prendere Vega. Io ti aspetto giù-
Il mago si
diresse verso la stanza della figlia.
Quando
entrò la vide con il serpente attorcigliato al braccio.
-Vega-
La bambina
si illuminò tutta e corse verso suo padre.
Attenta a
non schiacciare Unku, abbracciò le ginocchia del genitore.
-Papi dove
sei stato?-
Piegandosi, l’uomo le diede un bacio sulla fronte.
-In giro.
Va a prendere il trasportino di Unku. Lo metteremo a riposare un po’ in
previsione dei giochi di Draco-
Vega
ridacchiò sentendo il sibilo oltraggiato del rettile.
Dopo
averlo chiuso in gabbia, Regulus aiutò la figlia a mettere il cappottino bianco,
il berretto, i guanti e la sciarpa.
-Pronta!-
-Andiamo
allora. Prendi la gabbia, stella-
Vega
ubbidì e si lasciò prendere in braccio dal papà, poi si voltò a guardare la
nonna nel ritratto.
-Ci
vediamo fra quindici giorni nonna-
Nello
sguardo di Cytherea passò un velo di tristezza, mentre agitava la mano per
salutarla.
Regulus e
Venus decisero di mandare avanti i bagagli, mentre loro tre si sarebbero goduti
una passeggiata fra la neve.
Venus
sentì una strana sensazione mentre si voltava a guardare Château Lacroix... come
se quella fosse l’ultima volta che vedeva casa.
Attraversarono le vie affollate della Ville Lumière, per poi svoltare nelle
stradine secondarie e poco affollate.
-Papi,
voglio scendere-
Disse Vega
facendo una smorfia.
Regulus
l’accontentò con un sospiro.
-Da la
mano a tua madre, però. Venite, giriamo di qui-
Si
ritrovarono in un vicolo più scuro degli altri.
Un bidone
dell’immondizia era rovesciato sulla stradina e un piccolo mobile tutto sporco
era stato messo lì accanto.
Vega si
agitò all'improvviso.
-Papi, non
mi piace. Voglio andare via-
Anche
Venus e Regulus sentirono qualcosa di strano nell’aria.
La donna
strinse forte la mano della figlia.
-Sì… vieni
Reg-
Una cappa
di fumo densa e nera avvolse il vicolo, sbarrando l'uscita alla piccola
famiglia.
Il mago e
sua moglie tentarono invano di rompere quella barriera.
Quando
udirono dei passi strascicati avvicinarsi, Regulus si chinò urgentemente sulla
bambina, facendola nascondere nel piccolo mobile, con la gabbia di Unku in
grembo.
-Qualsiasi
cosa accade, Vega, devi stare in completo silenzio. Non muoverti e non dire una
parola. Siamo intesi? Se ci dovesse succedere qualcosa non tornare nel modo
magico, non tornare a casa, e resta nel mondo babbano-
Ammonì la
figlia. Pallidissima, lei annuì.
Regulus
chiuse bene la figlia nel mobile, pronunciò un incantesimo di disillusione e un
pietrificus al serpente.
Poi lui e
la moglie, misero mano alla bacchetta.
Una figura
ingobbita e con un vestito rosso logoro e stracciato si affacciò nel vicolo
deserto, uscendo dalla nuvola di fumo nero.
Camminava
abbastanza spedita, nonostante l’età visibilmente avanzata.
Quando la
luce colpì la vecchia donna, anche Vega fu in grado di vederla dal piccolo
spiraglio, che le ante del mobiletto lasciavano intravedere.
La vecchia
aveva pochissimi capelli in testa, di un biondo slavato.
Il viso
truccato, era una maschera di rughe. Il sorriso sinistro, mise in mostra i denti
giallastri e macchiati.
Quando
parlò la sua voce risultò gracchiante e rauca e Vega sentì la pelle
accapponarsi. Era terrorizzata e non riusciva a muoversi!
-Voglio
lei, non te-
Disse la
vecchia, rivolta a Regulus.
L’uomo non
accennò a spostarsi.
-Che cosa
vuoi da noi?-
-Non ho
intenzione di dirtelo. Spostati e ti lascerò in vita-
-Non hai
nemmeno una bacchetta, come pensi di tenermi testa?-
La risata
che si propagò nel vicolo, ghiacciò il sangue nelle vene.
-Non ho
bisogno di una bacchetta-
Mosse la
mano e Vega vide suo padre volare fuori dalla sua visuale. Dal tonfo che udì,
capì che era andato a sbattere contro il muro.
Regulus
gemette dal dolore e scosse la testa, stordito dalla botta presa.
La vecchia
si avvicinò a Venus.
-E’ un
vero peccato che tu sia così spaventata. È uno spettacolo vederti tranquilla, ma
va bene anche così-
La vecchia
prese un lungo coltello a forma di falce da sotto le vesti.
Vega lo
vide perfettamente.
Il manico
era di pelle marrone, su cui erano incise delle parole, mentre la lama era
stranissima. Sembrava fatta di vetro, all'interno del quale si agitava del fumo
nero.
La vecchia
alzò il braccio per colpire Venus, ma fu attaccata da Regulus.
Venus
cercò di colpire la donna, ma quella sembrava possedere un’agilità spaventosa,
malgrado l'età.
Disarmò
Venus, mandandola a sbattere con la testa contro il muro e lasciandola
intontita. Poi si occupò di Regulus.
Vega, dal
suo nascondiglio poteva sentire il rumore della lotta e ogni tanto vedeva la
figura di suo padre cadere sotto i colpi della vecchiaccia.
Sobbalzò
lievemente quando vide suo padre a terra, ai piedi del mobiletto. Il viso
rivolto verso di lei, era coperto di sangue e un lungo taglio partiva dallo
zigomo al mento.
Con gli
occhi sbarrati e il cuore che le martellava nel petto, Vega si premette le mani
sulla bocca, cerando di non emettere nemmeno un suono.
All’improvviso un suono raccapricciante di carne lacerata, riempì il vicolo.
Un fiotto
di sangue uscì dalle labbra di Regulus.
L'uomo
stirò le labbra in una smorfia e guardò sua figlia un’ultima volta.
-Ti voglio
bene-
riuscì a
sussurrare con un filo di voce, poi roteò gli occhi all'indietro ed emise un
ultimo rantolo.
Fu come se
un interruttore si fosse spento, nella testa di Vega. Non riusciva a pensare a
nulla. Aveva lo stomaco chiuso e un doloroso nodo in gola, che le impediva anche
di deglutire.
Un sapore
ferroso in bocca, le fece capire che si era morsa il labbro a sangue. Non aveva
nemmeno sentito il dolore! Forse, perché quello che sentiva al petto, era più
forte di qualsiasi altro. Non aveva mai provato una cosa così orribile.
-No!!!!!!
Regulus!!!!!!!!! No!!!!!!!!!-
Venus
gridò disperata e cercò di recuperare la bacchetta, mentre le lacrime le
riempivano gli occhi, appannandole la vista.
La
vecchia, arrivò prima di lei al pezzo di legno e lo gettò di lato:
-Questa
non ti serve più-
Disse con
un ghigno sadico.
Colpì
Venus con uno schiaffo, mandandola a sbattere a terra, accanto al corpo privo di
vita del marito:
-E ora a
te-
Il pugnale
di vetro, affondò nel petto di Venus, che morì con un rantolo, rovesciando gli
occhi all’indietro…
Vega
iniziò a tremare, mentre quel dolore sordo al petto aumentava a dismisura.
Stava per
morire? Lo sperava, perché qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di quello.
Deglutì
con difficoltà il sangue che sentiva uscire dal labbro.
Un grido
acuto di rabbia, le fece spostare lo sguardo spaventato, sulla vecchia strega.
Riusciva a
vedere solo l'orlo lacero della gonna e le scarpe consunte.
Sentì
qualcosa di molle sbattere contro il muro.
-Non è
lei!!! Non è lei!!!-
Qualcosa
di duro, sbattè contro il bidone di immondizia.
-Le rune
si sono sbagliate!-
Un suono
concitato di voci e di passi, spinse la vecchia ad allontanarsi velocemente,
borbottando e imprecando tra sé.
Vega uscì
cautamente dal mobiletto e rimase senza fiato alla vista dei corpi dei suoi
genitori. Sentiva come se avesse ricevuto un colpo nel petto.
La gabbia
di Unku le cadde dalle mani e le gambe cedettero.
Cadde in
ginocchio e fu scossa da conati di vomito.
Dopo
alcuni minuti, pallida e tremante, guardò il viso di suo padre.
Aprì la
bocca per urlare il suo dolore, ma non ne uscì alcun suono. Allungò una mano per
accarezzare la guancia leggermente ruvida di suo padre, poi si girò a vedere la
madre.
La mano di
Venus, sfiorava quella del marito e gli occhi senza vita erano fissi sul muro.
Aveva uno squarcio nel petto.
Sentì
qualcuno gridare e si alzò in piedi di scatto.
Doveva
ubbidire a suo padre. Doveva restare nel mondo babbano.
Come se il
corpo fosse distaccato dalla mente, Vega si tolse con gesti frenetici il
cappottino bianco e i guanti, sporchi di sangue. Poi si guardò velocemente
intorno e individuò cosa aveva prodotto il rumore sul cassonetto: piccoli
pezzettini di legno scuro con degli strani disegni incisi sopra. Si tolse il
cappellino e li mise dentro. Recuperò anche la bacchetta di suo padre e sua
madre. Stava per prendere la gabbia di Unku, quando uno scintillio dorato,
proveniente dalla tasca del cappotto di suo padre, non attirò la sua attenzione.
Un boccino d'oro.
Senza
perdere tempo, infilò anch'esso nel cappellino, poi con la gabbia di Unku
nell'altro mano, corse fuori dal vicolo.
Era come
se la sua anima si fosse distaccata del corpo e vedesse tutto quello
dall'esterno, come se guardasse un film dell'orrore.
Ingoiò il
nodo doloroso in gola e si incamminò verso le strade affollate della capitale.
Erano ore
che camminava per le strade di Parigi, senza nessun’altro bagaglio, che non
fosse la gabbia di Unku.
Era stanca
e non smetteva di sperare che quello fosse solo un orribile incubo.
Ma sì,
si disse, non possono succedere cose così brutte. Mi sarò addormentata sul
tappeto, mentre giocavo con Unku. Ora mamma e papà verranno a svegliarmi per
andare dai nonni Black.
I suoi
pensieri furono interrotti dalla spallata di un bambino, che la fece cadere a
terra.
Il dolore
che sentì alla caviglia, la riscosse bruscamente. Era tutto spaventosamente
reale.
Non ci
sarebbero più stati i suoi genitori a venire a svegliarla.
Niente
cene e Natali a Grimmauld Place, o a Malfoy Manor. Niente più feste di
compleanno a Château Lacroix!
Era tutto
finito.
Iniziò a
tremare convulsamente, stringendosi nelle braccia e dondolandosi avanti e
indietro, respirando affannosamente. Il dolore al petto le impediva di respirare
normalmente.
Il bambino
che l' aveva urtata, le stava parlando contrito, ma lei non lo sentiva.
Non
sentiva nulla che non fosse quel dolore sordo al cuore.
Si dondolò
con più forza, cercando di normalizzare il respiro.
Christian
si girò a guardare il padre.
-Non
l’avevo vista, papà-
Si scusò
il bambino. Roberto si avvicinò al figlio.
-Cos’è
successo?-
-Ho urtato
questa bambina, ma non l’ho fatto apposta. Non so come chiedere scusa in
francese-
-Lascia
fare a me, allora-
Roberto si
piegò vicino alla bambina e aprì la bocca per parlare, quando notò una bacchetta
uscire dal cappellino che aveva stretto in mano.
Anche
Roberto era un mago, ed era anche un purosangue. Ma era meglio dire che era
stato un mago, dato che aveva spezzato la bacchetta parecchi anni addietro.
Osservandola con attenzione, l'uomo notò che la bambina aveva le mani sporche di
sangue e così le scarpe.
Allarmato,
prese la bambina in braccio e le chiese sottovoce.
-I tuoi
genitori sono maghi?-
Vega annuì
e lo guardò confusa, continuando a tremare.
Non aveva
nemmeno la forza di ribellarsi al tocco di quel babbano.
Suo zio
diceva che i babbani erano sudici e potevano attaccare le malattie più strane.
L’uomo non
disse una parola.
-Chris,
prendi quella gabbietta. Antonio, dai la mano a tuo fratello. Ci andiamo a
prendere una cioccolata calda-
Dopo
alcuni minuti, si ritrovarono in un caffè. L’uomo ordinò cioccolata calda per i
bambini e un caffè per lui.
-Come ti
chiami?-
Chiese
alla bambina.
-Vega
Black-
Sussurrò
flebile la piccola, con la gola e il cuore stretti ancora in quella morsa
dolorosa.
L’uomo
spalancò gli occhi, sorpreso. Una Black! Lui conosceva i Black. Aveva studiato
ad Hogwarts con loro e si poteva dire, che era a causa di un membro della
famiglia Black che lui aveva spezzato la sua bacchetta.
-Sei una
Black? Chi sono i tuoi genitori? E dove sono? Che cosa fai in giro per il mondo
babbano? Da sola, poi!-
Il tremito
della bambina si intensificò.
Roberto
deglutì a disagio a quella vista.
Non aveva
idea di che cosa era successo alla piccola, ma di sicuro si trattava di qualcosa
di spaventoso.
Antonio
guardò il papà perplesso.
-La
conosci?-
Roberto
annuì.
Roberto
carezzò la mano alla bambina.
-Io sono
un mago come te, Vega. Dove sono i tuoi genitori?-
-M-m-morti-
Balbettò
deglutendo e tenendo lo sguardo fisso sulla sua cioccolata.
Roberto
spalancò gli occhi, allibito.
-Come si
chiamavano?-
-Venus e
Regulus Black-
Rispose
triste, la bambina.
Era la
nipotina di Sirius Black. Beh, forse poteva trovare il modo di contattarlo.
Sapeva che non scorreva buon sangue tra i due fratelli Black, o almeno era così
ai tempi della scuola. Era possibile che le cose fossero cambiate, anche se ne
dubitava. Sirius fu ripudiato dalla madre e da allora in suoi contatti con il
fratello, erano stati minimi.
-Forse
possiamo rintracciare tuo zio, Sirius-
-È in prigione-
Vega girò
il capo verso la vetrina del caffè, stringendo i pugni e serrando gli occhi.
Roberto
inarcò un sopracciglio. Prigione? Sirius? Era stato un ribelle, ma aveva un alto
senso della giustizia. Chissà che aveva combinato. Beh, ma ora non era
importante. Si doveva trovare un posto per quella bambina.
-Ma il
resto della tua famiglia? Perché non vai nel mondo magico? Non capisco! Sei
scappata?-
Vega
scosse la testa.
-Papà...-
Una
stilettata al cuore le tolse il respiro, pronunciando quella parola.
Le
ricordava ciò che aveva appena perso per sempre.
-L-lui, mi
ha detto di non tornare nel mondo magico. Devo restare qui-
-Ma qui
non hai nessuno che si occupi di te!-
La bambina
scrollò le spalle e non rispose.
Roberto si
passò una mano tra i capelli neri, scompigliandoli.
Pensava.
Quella
bambina era una Black. E lui avevi un debito con Sirius Black. Gli doveva
addirittura la vita. Se non fosse stato per lui, sarebbe stato sbranato da un
lupo mannaro.
Abbassò lo
sguardo sulla bambina, visibilmente provata dal dolore, poi sullo sguardo
confuso dei figli... e prese la sua decisione.
-Vega puoi
vivere con noi, se ti fa piacere. Non ti mancherà mai niente. Allora? Vieni?-
La bambina
scrollò di nuovo le spalle, nella più completa indifferenza, ma l'uomo non si
lasciò ingannare dal suo atteggiamento noncurante.
-Non ho
altro posto dove andare. Però ti avverto... non mi lascerò toccare da un lurido
babbano-
Roberto
storse la bocca in una smorfia. Gli insegnamenti dei Black.
Detestare
babbani e mezzosangue, arrivando addirittura ad ucciderli.
-Ascoltami
Vega. Quello che ti hanno detto sui babbani e i nati babbani, sono tutte
sciocchezze. Io sono un mago purosangue e ho sposato una babbana. Come vedi non
mi ha attaccato nessuna strana malattia. Anche i miei figli sono maghi e non
hanno niente di diverso dai maghi purosangue-
Suo padre
le aveva sempre detto di giudicare con la sua testa e non sulla base di quello
che dicevano gli altri, pensò Vega, trattenendo un sospiro di dolore.
-Va bene-
Roberto
annuì, sollevato. Bene, il primo passo era fatto.
-Finite la
cioccolata e andiamo in albergo-
Christian
aveva osservato perplesso lo scambio di parole tra suo padre e la bambina.
Anche se
aveva solo otto anni, era in grado di capire cos'era successo.
I genitori
di Vega (nome strano, considerò il bambino) erano morti e ora suo padre
l'avrebbe portata casa con loro, perché la bambina non aveva altre persone a
prendersi cura di lei.
Sapeva che
suo padre era un mago e sapeva anche di esserlo a sua volta, così come suo
fratello Antonio.
Christian
bevve un po' di cioccolata.
Sua madre
non ne sarebbe stata contenta.
Lei non
era una strega ed aveva accettato con riluttanza il fatto che i suoi figli
sarebbero diventati maghi.
Per lei,
la magia era qualcosa di tabù, di malefico.
Dopo,
Roberto Antonio e Christian, portarono la bambina nell'albergo dove risiedevano.
L'uomo
aveva dovuto affrontare una strenua discussione con la moglie.
-Carla,
cerca di ragionare! Quella bambina è orfana!-
La donna,
bassa e rotondetta, con grandi occhi verdi e un caschetto di capelli castani,
fulminò il marito con uno sguardo.
-Ma è una
strega!-
Sospirò,
portandosi una mano alla fronte, poi tornò a guardare il marito negli occhi.
-Ascoltami. Io ho sempre avuto una visione negativa della magia. Per me è
qualcosa di malefico e ho paura. Non posso farci niente-
Roberto
fece un profondo respiro, poi allungò il braccio e strinse la mano della moglie
nella propria.
-Quella
bambina ha appena perso i suoi genitori ed è sola al mondo. Io non la lascerò in
un istituto, Carla. Ti amo e sai che farei qualsiasi cosa per te, ma non posso
andare contro la mia coscienza-
Carla
chinò la testa, aggiudicando il punto al marito.
-E come la
mettiamo con il suo serpente? Non possiamo tenerlo, Roberto!-
L’uomo
sorrise e attirò la moglie in un abbraccia, baciandole dolcemente la fronte.
-Il
serpente è innocuo, fidati di me-
Carla fece
una smorfia contro il petto del marito. La nascita di Antonio aveva portato
delle complicazioni e lei aveva dovuto subire un’isterectomia. Era dovuta andare
da uno psicologo per superare il trauma e da allora, non aveva voluto saperne
dei bambini, tranne che dei proprio, ovviamente.
Dopo un
ultimo bacio, Roberto andò nella cameretta dei bambini.
I suoi
figli stavano giocando insieme, mentre la bambina si teneva in disparte,
guardando i fiocchi di neve che cadevano dal cielo e stringendosi al petto una
piccola copertina di lana.
-Vega,
faremo unire i lettini di Antonio e Christian, così potrai dormire in mezzo a
loro-
La bambina
storse la bocca disgustata all'idea di dover dividere il letto con due
mezzosangue. Ma doveva piegarsi alle circostanze.
Deglutì la
bile che le era salita in gola e annuì.
Roberto
sorrise sollevato:
-Benissimo. Metterò il tuo serpente in salottino e andrò a prendergli qualcosa
da mangiare-
Vega annuì
di nuovo, ma non rispose:
-Come ti
sembrano i miei figli?-
La piccola
strega strinse le labbra in una linea sottile. Non aveva ancora capito, che a
lei non interessava fare amicizia con quei due?
Strinse
più forte la copertina di lana e trattenne uno sbuffo.
-Normali-
Rispose
controvoglia.
Roberto
chiamò vicino a sé i due figli.
-Christian, Antonio, da oggi in poi, Vega sarà a tutti gli effetti, vostra
sorella-
La piccola
arrossì e guardò diffidente i due bambini. Non si fidava dei mezzosangue!
Antonio
inarcò un sopracciglio, dubbioso.
-Va bene-
Fece
esitante.
Christian,
nonostante l'espressione di Vega non fosse incoraggiante, le sorrise.
-Benvenuta
in famiglia… sorellina. Ti va di giocare con noi?-
Disse,
mostrandole l’album di figurine dei calciatori.
Se proprio
devo,
pensò Vega avvicinandosi, indecisa.
Lo faccio
solo per papà,
si ripromise lei.
Roberto
tirò un sospiro di sollievo:
-Si cena
tra mezz'ora-
Anche se
la tensione tra la bambina e il resto dei commensali fu palpabile, la cena
trascorse senza incidenti.
Vega parlò
solo con Roberto e soltanto in caso di estrema necessità.
Carla
squadrava con diffidenza quella bambina, ma non cercò di fare conversazione;
mentre i due bambini si comportavano in modo naturale.
Quella
sera Roberto, prima di andare a letto, prese da parte la bambina:
-Senti
Vega, ho bisogno di una delle bacchette che hai con te-
Lo sguardo
della bambina lampeggiò furioso.
Se quel
tipo, pensava che gli avrebbe fatto toccare le bacchette dei suoi genitori,
allora era completamente folle.
Vedendo lo
sguardo di Vega, Roberto si affrettò a spiegare:
-Anche se
ho giurato di non fare più magie, ho bisogno di modificare la memoria ai
babbani. Così crederanno davvero che tu sia mia figlia e non si faranno troppe
domande-
La piccola
strega fissò accigliata il mago.
Se suo
padre aveva voluto che si rifugiasse nel mondo babbano, doveva pur esserci un
motivo.
L'espressione corrucciata si distese lievemente:
-Va bene,
ma dopo me la ridarai subito-
Con la
bacchetta di Regulus Black in tasca, Roberto si accinse a modificare la memoria
del personale dell'hotel.
Quella
sera, disteso a letto, di fianco alla moglie, Roberto pensò a tutti gli
avvenimenti accaduti quella giornata.
Gli
sembrava fosse passato un secolo da quando aveva incontrato Vega, fino a quel
momento.
Ci sarebbe
voluto del tempo per superare i pregiudizi che i Black avevano inculcato alla
bambina, ma lui era fiducioso che con il tempo avrebbe capito.
Solo Carla
gli dava da pensare.
Era
rimasto stupito dall'atteggiamento freddo e scostante della moglie a cena.
Certo non
era stata entusiasta che i loro figli fossero maghi e all'inizio della loro
relazione, quando aveva saputo del suo passato nel mondo della magia, c'erano
state delle tensioni, ma poi tutto si era appianato e risolto per il meglio.
Purtroppo
era colpa dei genitori di Carla, che avevano inculcato alla figlia il fatto che
la magia fosse qualcosa di malvagio.
Vega si
rigirò nel letto, inquieta, cercando di non toccare nessuno dei due mezzosangue.
Sbuffò
innervosita dalla situazione e cercò di spostare, usando il lenzuolo, il bambino
che si chiamava Antonio.
A suo
padre non sarebbe piaciuto. Nemmeno un po’.
Le aveva
sempre proibito anche di fare un semplice sonnellino con suo cugino Draco. Certo
una volta lo aveva sorpreso a sbirciarle sotto la gonnellina e un'altra volta,
poi, le aveva dato un bacio sulla bocca mentre giocavano.
Quando fu
sicura che i due bambini non la toccassero, si rilassò un po' e rivolse lo
sguardo fuori dalla finestra.
Si sfilò
la collanina d'oro dal collo e aprì il medaglione.
I volti
sorridenti dei suoi genitori le fecero un saluto con la mano.
La bambina
chiuse con uno scatto la foto, il dolore si trasformò prima in rabbia, poi in
determinazione.
Chiuse gli
occhi verde mare e promise a se stessa che avrebbe vendicato la loro morte.
Avrebbe
ritrovato quella vecchia... e l'avrebbe uccisa nel modo più atroce possibile!!!
Non poteva
sapere, Vega Lyra Black, che sarebbe stata la stessa vecchia un giorno, a
trovare lei..
Grimmauld Place
25 Dicembre 1986
Walburga
Black sedeva su una comoda sedia, di fianco alla bara di suo figlio.
In piedi
dietro di lei, Orion Black, fissava serio la salma di Regulus.
Accanto
alla bara dell'uomo, vi era quella della moglie, Venus.
Nel freddo
salotto, si poteva sentire solo il leggero brusio delle famiglie purosangue
venute a dare l'ultimo saluto ai due coniugi defunti.
Buttati in
un angolo c'erano i fiori che la diseredata Andromeda Black Tonks, aveva
mandato.
Non erano
stati buttati da Druella, solo per intercessione di Narcissa.
Nessuno di
loro aveva saputo l'impatto che la notizia della morte di Regulus e di sua
moglie, avevano avuto su Sirius, eccetto Lucius e Narcissa Malfoy.
Il mago
aveva portato, su insistenza della moglie, la triste notizia a Sirius.
L'uomo,
sudicio e denutrito, non aveva fatto una piega se non quella di spalancare
esterrefatto i luminosi occhi grigi.
Non aveva
detto una parola.
Solo
quando Lucius aveva lasciato la fetida cella, aveva sentito il grido di dolore
del mago e un violento colpo, generato sicuramente da qualcosa che aveva
lanciato contro la parete di pietra.
Il suono
del campanello fece sobbalzare Narcissa, che alzandosi di scatto dalla sedia,
vicino a quella di sua madre e suo padre, andò alla porta.
Kreacher
lasciò entrare la figura algida di Lucius Malfoy, producendo una seria di
inchini.
La donna
gli andò incontro, ansiosa di ricevere notizie.
-Allora?
Cos'hai scoperto?-
-Non qui-
Rispose
l'uomo, prendendo la moglie per mano.
Si
chiusero in cucina e ordinarono all'elfo dei Black di non entrare per nessun
motivo.
Narcissa
si sedette su una sedia, di fronte al marito.
-Lucius...
cos'hai scoperto?-
-Non ho
trovato nulla. Né sull'omicidio di Regulus e Venus, né su che fine ha fatto
Vega-
Narcissa
sembrò afflosciarsi.
-No-
Lucius le
mise una mano sulla spalla, carezzandola.
-La
troveremo, Cissy, non disperare-
Gli occhi
azzurri, lucidi di lacrime incontrarono quelli grigi del marito.
-E se
fosse...?-
-No-
Rispose
secco e deciso l'uomo.
-Vega è
viva, altrimenti insieme al cappottino e ai guanti, doveva esserci anche il suo
corpo. Sarà scappata, ma io la troverò-
Si
inginocchiò di fronte alla moglie e le prese le mani fredde tra le proprie,
altrettanto fredde.
-E' una
Black, Cissy. Se la caverà, vedrai-
Narcissa
annuì, più per far felice Lucius che per convinzione vera.
-Draco?-
Le chiese
il marito.
-Ha visto
gli zii?-
Lei scosse
la testa.
-Non
ancora. E' in camera di Regulus con gli altri bambini-
Erano
venuti tutte le famiglie purosangue che contavano. I Nott, Zabini, Parkinson,
Greengrass, Tiger, Goyle, Crouch, Bullstrode, Burke, Flint, Rosier e Yaxley... e
tanti altri che Narcissa non ricordava.
C'era
persino Abraxas Malfoy, suo suocero.
Lucius si
rimise in piedi con decisione.
Era ora
che anche Draco desse l'addio a Regulus e Venus ed era meglio fosse lui a
portarlo giù, invece di Abraxas.
-Vado a
prendere Draco.
Narcissa
annuì e tornò in salotto, proprio quando Kreacher portava l'ennesima corona di
fiori in casa.
Walburga
si voltò distratta, distogliendo lo sguardo dal volto cereo del figlio.
Quando
lesse il nome sulla corona, le labbra si strinsero in una linea sottile, la
faccia si chiazzò di rosso e temendo una sfuriata, Narcissa si affrettò a
raggiungere la zia.
-Li manda
Alphard?-
La donna
fece un cenno secco con il capo.
-Suvvia,
zia. Ormai ci sono quelli di Andromeda, possiamo tenere anche quelli di
Alphard... non date modo a questa gente di parlare male di voi-
-Tanto
parlerebbero in ogni caso-
Sbottò,
acida la donna.
I fiori
furono sistemati accanto a quelli di Andromeda, in un angolo.
Lucius
fece la sua apparizione in salotto, tenendo una mano sulla spalla di suo figlio.
Il giorno
prima, lui e Narcissa avevano spiegato al figlio cos'era successo agli zii.
All'inizio
il bambino non aveva capito granché, ma poi suo padre era stato molto più
chiaro.
Anche gli
altri bambini, amici di Draco erano scesi in salotto, dando sostegno morale
all'amico.
Lucius
issò il figlio in braccio, in modo che potesse vedere i corpi dei defunti.
Draco
inarcò un sopracciglio... era tutto lì?
Ad
eccezione di un taglio obliquo sul volto e qualche livido, suo zio non era
diverso da come lo ricordava.
Sembrava
che lui e sua zia, dormissero.
D'istinto
allungò una piccola mano con l'intento di toccare lo zio Regulus e Lucius lo
assecondò.
Il
contatto con la pelle rigida e gelida dell'uomo, fece accapponare la pelle al
bambino che ritrasse la mano di scatto.
Lanciò
un'ultima occhiata alle due salme, prima di voltare il capo dall'altra parte.
Non
avrebbe mai dimenticato la sensazione di quella pelle fredda sotto le dita.
Lucius lo
rimise a terra e Draco dovette fare uno sforzo, per non rifugiarsi tra le
braccia confortevoli della madre.
Aveva
anche saputo della scomparsa della cuginetta, ed era molto preoccupato per lei.
I suoi
migliori amici, Theo e Blaise gli batterono una mano sulla schiena, senza
parlare.
Avevano
già detto tutto poco prima in camera.
Draco era
stato ad origliare il giorno prima, quando avevano portato la notizia a Walburga
e Orion.
Aveva
sentito di come erano stati uccisi e temeva che alla cugina fosse toccata la
stessa sorte.
Non aveva
potuto raccontare nulla ai suoi amici, perché c'erano Daphne e Pansy e quelli
non erano discorsi per loro.
I corpi
dei giovani coniugi, furono sepolti nel cimitero di Little Hangleton, nella
maestosa cappella dei Black, posta quasi accanto a quella della famiglia Gaunt e
di fronte a quella dei Malfoy.
La neve
copriva le lapidi grigie e si impigliava tra i capelli dei presenti.
Al ritorno
del cimitero, Kreacher servì alcuni rinfreschi per gli ospiti.
Walburga
non se la sentiva di fare la padrona di casa, così chiese a sua cognata di fare
le sue veci.
-Sono
troppo stanca, Druella. Sostituiscimi-
-Non credo
che gli altri si aspettino davvero che tu e Orion li intratteniate. Ci penseremo
io e Cygnus-
Il grande
orologio a pendolo batté le nove, quando gli ultimi ospiti lasciarono Grimmauld
Place.
Erano
rimasti solo i famigliari stretti.
Walburga
si lasciò cadere esausta di fronte al camino, che il solerte elfo domestico
aveva acceso per la sua padrona.
Con un
gesto insolitamente premuroso, Orion posò un prezioso scialle di cachemire sulle
spalle della moglie.
Narcissa
sospirò mesta e rivolse uno sguardo ai suoi genitori.
Nessuno
parlava.
Strinse il
piccolo Draco tra le braccia, facendogli posare la testa contro il seno.
Il
silenzio si protrasse per alcuni minuti, prima che Walburga lo spezzasse.
-Devi
trovare mia nipote, Malfoy. Chiunque abbia ucciso mio figlio e mia nuora,
potrebbe far del male alla bambina, se non l'ha già fatto. È l'ultima dei
Black... devi trovarla-
Lucius
annuì serio.
-Farò il
possibile-
Anche
Draco pensò che avrebbe fatto il possibile per ritrovare la cugina e poi,
bastava vedere se tra cinque anni, una certa Vega Black sarebbe andata in una
qualche scuola di magia...
Spazio Autrice:
Finalmente sono
riuscita a pubblicare almeno un aggiornamento.
Questo, è solo il
prologo... lo so che è un po' lungo... spero che vi piaccia comunque.
Fatemi sapere che ne
pensate.
Per chi segue l'altra
mia storia... sto lavorando al prossimo capitolo, ma sono un po' impegnata con
gli esami in questo periodo.
prometto che cercherò
di fare quanto prima.
Baci Sara
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