Affetto
Fraterno
Per la prima volta in vita
mia, ero nervoso. Ero maledettamente nervoso. Insomma, dovevo sposarmi!
Beh, dovevo sposarmi con la donna che amavo e con la quale sarei stato
per tutto il resto dei miei giorni, ma ero comunque leggermente agitato.
Ero nella mia camera, sdraiato sul divano nero a guardare il soffitto
bianco. Le mani erano incrociate dietro la testa, mentre anche le gambe
erano sovrapposte l’una all’altra.
Dopo quasi cinque minuti che ero lì, a riflettere, a
riflettere e a riflettere … Il rumore di un pugno che
batteva delicato ma insistente sulla porta mi risvegliò dai
miei pensieri.
«Avanti».
Continuai a guardare il soffitto, anche quando la porta si
aprì, presentando la figura minuta e sorridente di mia
sorella Alice.
Con la coda dell’occhio, la vidi avvicinarsi al divano e
sedersi nel piccolo spazio che c’era a disposizione.
«Che cos’hai?», mi chiese, guardandomi
preoccupata.
Spostai lo sguardo su di lei.
«Niente. È solo che …»
«Non dirmi che ci stai ripensando?!?»,
domandò, con voce agitata, scattando in piedi.
«No!», risposi subito, convinto.
Lei si tranquillizzò e tornò a sedersi.
Mai e poi mai avrei rinunciato a sposarmi con la donna che amavo e che
aspettavo da tutta un’eternità.
«E allora che cosa ti succede?»
«Sono un po’ … Agitato.»,
risposi, titubante.
«Agitato?», chiese, inarcando un sopracciglio.
«E perché?»
«Non so, forse perché … Forse
perché mi devo sposare?!?», dissi, facendo finta
di pensarci su.
«Sì, lo so, tesoro.», rispose,
sbuffando. «È comprensibile essere nervosi, ma
stai tranquillo. Andrà tutto bene.»
Sorrise in modo rassicurante e questo mi fece ritrovare la calma. A
volte mia sorella era proprio una scocciatrice, ma in altri casi
– questo, per esempio – era la persona
più adatta con cui parlare.
In fondo, le volevo un gran bene.
«Grazie, Alice».
Lei allargò il sorriso e tese le mani per abbracciarmi. Mi
misi seduto e la abbracciai forte, più forte che potevo,
senza nessuna paura di poterla stritolare, cosa che invece non potevo
fare con Bella; quanto avrei voluto abbracciarla forte, trasmettendole
tutto l’amore che provavo per lei, senza preoccuparmi di
poterle fare del male.
Ma non potevo farlo. Perché lei era un’umana.
La mia
umana.
*
NdA:
Diciamo che è un pò uno sclero. Sì,
"sclero" è la parola giusta per definire questa storia.
Però tenete conto che ho scritto questa Flashfic ieri sera
alle dieci, perciò non ero del tutto cosciente - va beh, non
lo sono nemmeno ora, visto che l'ho postata, ma dettagli. Mi piacerebbe
moltissimo leggere i vostri pareri in proposito, comunque.
Alla prossima,
happiness_
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