Il Mondo
Esterno avrebbe dovuto dormire per terra.
Inghilterra aveva
sempre ripetuto a Galles, Scozia ed Irlanda che non avrebbero mai
dovuto entrare in contatto con altre Nazioni, perché gli
altri Paesi non erano inglesi, erano rozzi, puzzolenti e non sapevano
cucinare gli scones, né tantomeno
erano in grado d’apprezzarli, con quel senso del gusto pari a
quello d’un sasso che si ritrovavano – a
quest’affermazione solitamente seguiva
un’imprecazione ed un nome che di britannico aveva solo la
pronuncia; France, o qualcosa di simile.
E, i tre giovani Stati
erano stati ben istruiti a questo proposito, loro non potevano parlare
con chi non amava gli scones.
Per questo motivo,
Galles, Scozia ed Irlanda furono molto sorpresi quando zio Arthur
tornò da uno dei suoi viaggi portandosi dietro
un’altra Nazione – che poi, corrispondeva
esattamente alla descrizione ch’era solito sciorinare loro
Inghilterra: aveva la parlata d’uno scaricatore di porto,
odorava di terra e di peli di toro e non aveva mai neanche sentito
nominare gli scones. Inoltre, dopo averne
masticato un morso, ne aveva sputato i resti misti a saliva addosso a
Irlanda, che era scappato a farsi disinfettare dalle lacrime
risanatrici della sua amica Fenice.
-Il suo nome
è America.- lo presentò Arthur, segnandosi
mentalmente d’insegnare al nuovo arrivato
l’importanza delle buone maniere ed in particolar modo degli scones nella vita d’ogni
buon inglese nell’assistere al suo incivile gesto
d’espellerli sulla faccia di Irlanda. -E da questo momento fa
parte della nostra famiglia-.
America
sollevò il pollice in aria nella loro direzione,
strizzò loro l’occhio ed esclamò,
ostentando un’inglese britannico dal retrogusto selvaggio: -Hi there,
bros!-.
Galles e Scozia ne
scrutarono i denti macchiati di scones che l’ampio sorriso
mostrava, poi inarcarono un sopracciglio in un modo che ricordava molto
Inghilterra e andarono a cercare Irlanda, che piangeva disperato
perché, malgrado le cure della Fenice, temeva che i germi
del mondo esterno contenuti nella saliva dell’americano
potessero causargli una cancrena.
Fu Arthur a spezzare
il silenzio imbarazzato che era venuto a crearsi fra lui ed America,
gli unici rimasti nella cucina. -Farete presto amicizia: non sono molto
abituati a conoscere nuove persone.- disse, incerto – non era
mai stato bravo a confortare la gente.
Alfred
scrollò bonariamente le spalle. -Posso capirli: non
è una cosa da tutti i giorni avere un eroe in casa, no?-
rispose, con quel suo sorriso idiota ancora dipinto sul viso.
Inghilterra
impiegò qualche momento a recepire che non stava scherzando,
tuttavia si limitò a borbottare un neutro Sì,
probabilmente hai ragione e tese una mano ad
accarezzargli i capelli biondi, sospirando impercettibilmente.
Per la prima volta si
domandò per quale motivo si fosse accanito tanto nel
tentativo di strappare a Francia un ragazzino così stupido
– inoltre,
non era Francis quello che doveva salvaguardare la propria abitazione
da una possibile guerra civile fra quattro giovani Stati, adesso.
Galles, Scozia ed
Irlanda avevano sperato che, se si fossero limitati ad ignorare America
durante il suo soggiorno nella loro dimora, lui non avrebbe dato loro
più fastidio di quanto aveva fatto entro pochi minuti dal
suo arrivo – e che zio Arthur l’avrebbe fatto
dormire per terra, per evitare che sulle lenzuola del letto
matrimoniale dov’erano soliti dormire restassero segni del
mondo esterno.
E quando Inghilterra
rivelò loro che l’americano non si sarebbe
trattenuto soltanto un paio di giorni, bensì qualcosa di
terrificante come una vita
intera,
ed avrebbe condiviso il letto con loro, Scozia avrebbe fatto estinguere
la specie dei salmoni, Irlanda si sarebbe fatto schernire da un
lepricano e Galles si sarebbe mangiato ogni libro appartenente alla
mitologia del suo popolo, pur di aver capito male.
Poi, Scozia
tracciò una linea immaginaria al centro –
più o meno esatto – del materasso e
dichiarò con fermezza: -Questa- accennò col capo
alle sue spalle, dove sedevano i fratelli -è la nostra parte
di letto. Non varcarne i confini e la pace sarà duratura;
altrimenti, procederemo alla tortura degli scones, progettata per i criminali
che non amano gli scones-. Durante la seguente pausa
d’effetto, Galles mormorò qualcosa in merito a
quanto sarebbe stato meglio se gli scones preparati in occasione della
tortura fossero finiti nel suo stomaco e Scozia
l’ignorò bellamente. -Quella- seguitò,
indicando, dinanzi a sé, dov’era accomodato un
Alfred un po’ perplesso – l’emozione
iniziale era comprensibile; ora, tuttavia, stavano andando un
po’ oltre -è la tua parte di letto e ti assicuro
che non la oltrepasseremo-.
Mentre Galles, Scozia
ed Irlanda si stringevano l’uno all’altro nella
loro sezione di materasso – così amorevolmente
confortati da un salmone alato, un elfo e mamma Dôn che
Irlanda rischiava di cadere dal letto, quasi soffocato nei dieci
centimetri di spazio che era riuscito a conservare in mezzo alla folla
– e America si stravaccava sulla sua con un borbottio
d’apprezzamento – non aveva compreso molto del
discorso di Scozia, ma aveva inteso che, se desiderava dormire
serenamente, non avrebbe dovuto oltrepassare la linea immaginaria,
sempre che si fosse ricordato dove si trovava, e tanto gli bastava
–, Arthur osservò quel poco di materasso che
restava libero nel mezzo ed arcuò una delle folte
sopracciglia.
-E
dov’è che dovrei dormire, io?- intervenne,
portando le mani sui fianchi.
-Tu stai in mezzo, zio
Inghilterra.- rispose Galles con ovvietà. -Sei il confine-.
Fra America, Galles,
Scozia, Irlanda, creature mitologiche e divinità varie,
Arthur si chiese se ci sarebbe davvero entrato, in quel mezzo; tuttavia, considerando che
il pavimento sarebbe stato molto più freddo ed inospitale al
confronto, si insinuò sotto le lenzuola.
Teoricamente non
sarebbe stato permesso dormire con esseri fantastici, ma, quando i suoi
tre nipoti cominciavano a parlare di confini, di pace e di torture,
preferiva non verificare l’attitudine alla guerra,
pericolosamente mescolata alla pungente accidia tipicamente inglese di
Scozia – la stessa che Inghilterra utilizzava nei confronti
di Francia –, la capacità di convincere i suddetti
esseri fantastici che l’eventuale elemento fastidioso fosse
il nemico di Irlanda – probabilmente ereditata dagli sciamani
celtici – e la conoscenza della magia che Galles aveva
acquisito grazie ai suoi libri – iniziava a sospettare che il
malfunzionamento d’ogni suo incantesimo e la perfezione di
quelli del nipote fossero dovuti all’abilità
artistica infantile che permetteva a Galles di disegnare dei pentagoni
tribali migliori dei suoi –, che dovevano aver ereditato in
quanto Nazioni.
Fortunatamente, per
quanto agguerriti, si trattava pur sempre di Paesi giovani ed avevano
bisogno di dormire perlomeno nove ore a notte. E nessuno dei tre aveva
mai sofferto d’insonnia.
Tre minuti e venti
secondi dopo soltanto Alfred, probabilmente abituato ai suoni notturni
della giungla – o di qualunque altro luogo selvaggio nel
quale avesse vissuto prima d’allora –, era rimasto
sveglio; Arthur lo sentiva agitarsi fra le coperte, turbato da un
silenzio che per secoli non aveva mai conosciuto.
-England.- sussurrò infine
l’americano, sistemandosi su un fianco. Resistette per
qualche istante, poi depose la schiena sul materasso e rivolse lo
sguardo al soffitto. Un’altra manciata di secondi e si
girò in cerca d’una nuova posizione.
Forse non sarebbe
riuscito a dormire, valutò stancamente Inghilterra, almeno
fino a quando il nuovo arrivato non si fosse abituato alla
civiltà.
-Sì,
America?- rispose sottovoce.
Si aspettava che
Alfred si fosse reso conto della palese ostilità che Galles,
Scozia ed Irlanda manifestavano nei suoi confronti, che gli chiedesse
come mai non lo sopportavano, che magari se ne dispiacesse, come
qualunque altro essere senziente avrebbe fatto.
-Com’è
che siete tutti stretti, da quella parte?- domandò America.
Ma forse
l’americano era troppo stupido per anteporre una simile
questione alla sua evidente incapacità di vedere le creature
magiche che affollavano il letto, rifletté Arthur senza
troppo stupore, accompagnandosi ad uno sbadiglio.
-Sono così
entusiasti che io abbia deciso di consumare il mio eroico riposo al
loro fianco da volermi concedere quanto più spazio
possibile?- aggiunse Alfred con orgoglio.
Ed Inghilterra
maledì silenziosamente il folle istinto che
l’aveva convinto ad adottare quella Nazione idiota e ad
accettare la conseguente probabile guerra interinglese.
Eppure, sia lui che
Galles, Scozia ed Irlanda, volevano già bene a quello
stupido Stato. O forse era compassione per la palese assenza
d’un cervello nella sua testa, o una cosa del genere.
Qualunque sentimento
fosse, si ridusse esponenzialmente sino a sostituirsi al desiderio
omicida quando, il giorno seguente, Galles, Scozia ed Irlanda
percepirono il dolce peso di America accomodato sopra di loro
– nella sua ricerca d’una sistemazione comoda aveva
palesemente varcato il confine, che si svegliò per
metà disteso sul pavimento, inconsapevole di come ci fosse
finito.
I
libri di Galles e mamma Dôn.
I
salmoni di Scozia.
I
malvagi [perché sì, sono creature crudelmente
astute e beffarde] leprecani di Irlanda.
Nei link soprastanti troverete
tutte le informazioni che ho utilizzato per creare i tre nipoti di
Arthur. Adesso, teoricamente in Hetalia questi tre sarebbero inglobati
dalla persona di Inghilterra - che sarebbe quindi più
corretto chiamare Regno Unito -, ma poiché su WikiPedia
c'è scritto che il Regno Unito è divenuto
ufficialmente tale nell'800 e la guerra d'indipendenza americana risale
a prima, ho pensato di potermi inventare Galles, Scozia ed Irlanda -
che, proprio per sostenere l'affermazione di WikiPedia, non viene mai
citata solamente come "Irlanda del Nord".
Poi, niente. La fanfiction è nata semplicemente per
strappare una risata - eh, magari: faccio pena con il genere comico - o
perlomeno un sorrisino. E' solo una cosina fluffosa che mi seccava
tenere ad ammuffire nelle cartelle, ecco. Adesso che l'ho postata,
però, potrebbe venirmi voglia di fare un seguito.
Se vi è piaciuta, fatemelo sapere; se vi ha fatto schifo,
fatemelo sapere; in tutti gli altri casi, fatemelo sapere. *regala
biscotti*
Chu.
Saeko no
Danna, il Giullare
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