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Introduzione al capitolo: Neverending
Milky Way è la continuazione di
Ritorno al Passato.
Consiglio a coloro che si apprestono a leggere questa storia di leggere RP per
capire meglio il collegamento logico e gli eventi che hanno segnato in passato
tutti i personaggi.
Capitolo I
Ritorno al
Sengoku Jidai
Fece oscillare i
piedi, lambendo la superfice dell'acqua. La freschezza del liquido e il vento
tra i capelli... erano quelle le sensazioni che più desiderava in quel momento.
Ciò che bramava dopo una estenuante giornata al seguito di sua madre. Era nata
in un villaggio pacifico, dove tutti viveno dei frutti della terra, dove tutti
si crogiolavano in una tranquillità spesso noiosa. Quindici anni erano passati
dagli eventi che gli anziani raccontavano ai bambini del villaggio, storie che
anche lei aveva ascoltato con febbrile trepidazione. Ma a quindici anni, quasi
sedici, aveva smesso di ascoltare quei racconti, aveva smesso di credere alle
verità che insegnavano; li reputava racconti fantastici, anche se più volte sua
madre l'aveva rimproverata per questo. Sollevò gli angoli della bocca in un
sorriso e lanciò un ultimo sguardo al sole morente di fronte a lei; con un
scatto scese dal masso e atterrò con agilità a terra. Sistemò le pieghe del suo
yukata con un leggero movimento delle mani e prese a percorrere la piccola
salita che l'avrebbe ricondotta all'entrata del suo villaggio.
Quel giorno, il
sole estivo aveva battuto i campi brulli dei contadini, esausti al termine del
loro lavoro. Una leggera brezza sfiorava la terra, come per volerle creare
conforto per quel calore bruciante. Il suono emesso dai suoi geta contro il
suolo roccioso, richiamò l'attenzione di alcune donne, intente a lavare i propri
panni sull'ansa del fiume che attraversava il villaggio.
"Kaeru-sama,
vostra madre vi stava cercando."
"A quest'ora
dovreste essere a casa, è pericoloso uscire dal villaggio." disse una seconda
donna, mentre si allacciava in grembo un fazzoletto.
"Scusate, non
era mia intenzione farvi preoccupare." La ragazza fece loro un leggero inchino e
sorridendo, proseguì il suo cammino verso casa. Quando fu abbastanza distante,
attraversò la piazza del villaggio con al centro un grande pozzo, ritrovandosi
un poco a ridosso della palizzata di legno. Un po' più distante dall'agglomerato
di capanne, si ergeva un'abitazione di legno e paglia.
Accelerò il
passo verso l'entrata della capanna e con cautela scostò il pagliericcio che
funzionava da porta. Non vide nessuno accanto al focolare spento.
"Sango-san?"
Fece un passo avanti e dal fondo della stanza, laddove la luce non riscaldava
più le assi di legno, le giunse alle orecchie un brontolio sommesso. In pochi
secondi, un felino dal caldo manto color avorio le si avvicinò.
"Kirara-chan."
Il felino
sollevò la mano della ragazza con il muso affusolato, mentre con una docilità
impensabile per la sua grandezza, prese a emettere dei suoni che Kaeru riconobbe
come fusa. La ragazza sorrise, pensando a quanto Kirara le fosse affezzionata.
Da che aveva memoria quello strano demone-felino era sempre stato presente nella
sua vita e aveva dimostrato di poter essere un affidabile compagno di giochi.
"Kaeru-chan, sei
qui."
La ragazza si
voltò nella direzione dell'entrata. Una donna dai lunghi capelli color ebano e
dalle guance un poco arrossate, la stava osservando con cipiglio severo.
Indossava uno yukata leggero, ornato di fiori il cui colore le donava
moltissimo.
"Scusa, mamma."
L'espressione
sul volto della donna si addolcì. Sua madre era molto bella. E la sua non era
una bellezza banale, tutt'altro. Era una delle donne più bramate dai capi
villaggi, sia per il suo aspetto fisico che per le sue doti curative. Era una
sacerdotessa. Gli abitanti del villaggio veneravano sua madre come se fosse una
divinità, le dedicavano offerte ed ogni giorno si recavano al Tempio per
chiederle aiuto e consigli. E lei, in quanto sua figlia, l'assisteva in ogni sua
funzione e standole accanto aveva iniziato ad apprezzarla anche per come
appariva agli occhi degli altri.
"Va bene,
Kaeru-chan. Ma per favore, la prossima volta avvisa qualcuno prima di lasciare
il villaggio. Sai bene come la pensa tuo padre." disse, sospirando con
rassegnazione. Kaeru fece un cenno d'assenso con il capo. Benché sua madre fosse
una delle persone più dolci che avesse mai conosciuto, la sua rabbia poteva
molto spesso risultare implacabile a chiunque, perfino a suo padre.
"Kagome-chan,
Kaeru-chan?"
Dietro Kagome
comparve la figura di Sango che, felice, aveva accolto le due donne con un
sorriso. Kaeru contraccambiò il sorriso della Cacciatrice. Si, perché la donna
che le stava davanti, fasciata nel suo yukata estivo era una Cacciatrice di
demoni, una delle poche che aveva continuato a professare tale mestiere. Suo
marito, Miroku-sama, era un monaco che svolgeva i propri servigi alle corti dei
castelli, esorcizzando spettri e demoni che minacciavano il mondo degli umani.
Vi aveva parlato poche volte, e sua madre le aveva sconsigliato dal farlo perché
Miroku-sama, benché buono, aveva dei difetti a cui nessuno, nemmeno sua moglie,
sembrava aver posto rimedio. Kaeru si sedette accanto alla madre ed osservò il
volto di Sango, intenta a servire del tè alle sue ospiti.
Benché Sango
avesse la stessa età di sua madre, ella appariva molto più anziana. E Kaeru
sapeva perfettamente il motivo di quel mistero. Fin da quando era piccola, sua
madre le aveva raccontato la loro storia, la sua e quella di suo padre, la sua
nascita e gli eventi che vi ruotarono attorno. Quelle storie erano forse le
uniche a cui lei credeva ciecamente, perché non aveva motivo di diffidare del
suo stesso sangue. Quindi sapeva che lei, sua madre e suo padre erano esseri
immortali, esseri dotati della vita eterna. Il suo corpo, nonostante tutto,
aveva continuato a crescere, e nessuno poteva immaginare quando si sarebbe
fermato per rimanervi tale. Kaeru sperava e pregava ardentemente di fermarsi
all'età di sua madre; quando glielo aveva confessato, Kagome le aveva sorriso
rassicurante. Per il resto, le sue ferite impiegavano un giorno abbondante per
rimarginarsi del tutto.
"Kagome-chan,
oggi sono stata da Kaede-sama."
Il volto di
Kagome si intristì sentendo pronunciare il nome dell'anziana sacerdotessa. Kaeru
aveva sempre considerato Kaede-sama come una seconda madre, benché la vecchiaia
avanzata della donna le avrebbe reso più semplice il ruolo della nonna. In
quegli ultimi mesi, Kaede-sama era stata costretta a letto, perché gli anni che
gravavano sulle sue spalle erano diventati sempre più opprimenti per le sue
deboli ossa. Una volta al giorno andava a farle visita, ma nell'ultima
settimana, sua madre l'aveva pregata di lasciarla riposare. Gran parte di ciò
che sapeva, lo doveva a Kaede-sama e alla pazienza che aveva dimostrato fin da
quando era piccola. Non vi era erba, medicina e pozione guaritrice che non
conoscesse. Sapeva curare le ferite senza l'aiuto della magia o senza
particolari poteri innati. E ciò la rendeva particolarmente orgogliosa. Era un
modo come un altro per rendersi utile.
"Ultimamente le
sue condizioni sono molto peggiorate." Concluse Sango.
"Si, ho paura
che non vedrà il prossimo novilunio."
Kaeru strise i
lembi del proprio yukata tra i pugni, reprimendo la voglia istantanea di
piangere. Anche se le aveva insegnato tutto, Kaede-sama non le aveva insegnato
un modo per farla guarire e sembrava che nemmeno le doti di sua madre, potessero
niente per lei. Kaede-sama è ormai anziana, non soffre di alcun male.
Purtroppo, sta terminando la sua vita.
Stava morendo.
Come ogni normale essere umano. Ma lei non poteva capire. Perché a differenza di
sua madre, purché immortale, lei non era un essere umano. Era figlia di un mezzo
demone, e solo in parte aveva sangue e vita umane. Spesso si rattristava per
questo, perché non poteva capire, non poteva provare. Eppure lei si sentiva
umana, perché desiderava esserlo. Desiderava essere come gli altri. Poter dire
un semplice vi capisco senza che questo suonasse ipocrito e ironico. Ma
teneva questi suoi pensieri celati dentro di sè, in modo da risultare
inaccessibili a chiunque. Perché nessuno doveva sapere ciò che più bramava nel
cuore. A nessuno doveva mostrare la propria debolezza, degno insegnamento di suo
padre. Mostrare di essere fragili, era a un passo dall'essere deboli.
"Kaeru-chan?"
Sollevò lo
sguardo su Sango, mentre sentì le guance accendersi di un rosso scarlatto.
"Ti senti bene?"
Domandò la madre, appoggiando una mano fresca sulla gota della figlia. Kaeru
mormorò qualche parola, senza tuttavia essere compresa, accompagnando le sue
parole con un breve cenno del capo.
"Scusate, forse
sono solo un po' stanca."
"Probabilmente è
così," annuì Sango ,"tua madre ti avrà schiavizzato tutto il giorno."
Kagome gonfiò le
guance in segno di dissenso. Kaeru fece un leggero sorriso, pensando che
assistere sua madre fosse particolarmente faticoso. Tutto questo perché un
giorno prenderai il mio posto. Erano queste le parole che più soleva
ripeterle. Essere un giorno sacerdotessa. Non aveva mai pensato seriamente al
suo futuro, il loro era un villaggio talmente pacifico, che permetteva a tutti
di concedersi una vita senza troppe preoccupazioni. Ormai si era resa conto che
il suo futuro non sarebbe mai andato oltre le recinzioni di quel villaggio e,
forse, proprio per questo, aveva mostrato una placida rassegnazione. Nonostante
tutto, molto spesso si scopriva a pensare al padre, e ai viaggi che spesso le
raccontava. Non c'era romanticismo o bontà in ciò che predicava, ma aveva
imparato a custodire i consigli di suo padre, quasi come dei sacramenti
inviolabili.
Suo padre, il
Venerabile Inuyasha, era un demone. Più propriamente, un mezzo demone, in quanto
nato dall'unione di un demone ed un essere umano. Mentre lei, era nata
dall'unione di un essere umano con un mezzo demone, pertanto poteva reputarsi
come un mezzo mezzo demone. Linee genealogiche a parte, in quindici anni, quasi
sedici, non aveva mai manifestato alcuna caratteristica demoniaca. Non aveva
orecchie pelose e canine, nè artigli taglienti. I suoi capelli erano di un nero
lucente, mentre i suoi occhi di un verde pallido. Era un essere umano
nell'aspetto, ma si sentiva diversa dentro. Perché comprendeva, perché
accettava, perché forse amava la controparte del suo essere umana. Il suo essere
in parte demone.
Ma benché
l'accettasse, la sua controparte, non si era manifestata. Con grande disappunto
di suo padre.
E' solo
questione di tempo.
Forse era
davvero questione di tempo, ma fino a quel momento, non aveva sentito la
mancanza di una forza superiore. Le bastava ciò che aveva per essere
soddisfatta. Le bastava essere accettata come essere umano, anche se
parzialmente diversa. Amava suo padre, ma desiderava l'umanità all'oniricità.
"Sei molto
silenziosa oggi." Sua madre le camminava accanto, mentre accompagnate dalla luce
del tramonto, si stavano dirigendo verso la loro capanna.
"Forse sono
davvero stanca." Rispose Kaeru, sospirando.
"E' raro vederti
così abbattuta. Solitamente hai energia da vendere."
"Può accadere a
volte di avere una giornata storta, no?" Disse in un soffio.
"Si, può
capitare."
Kaeru si fermò,
lasciando che la madre la distanziasse di qualche passo.
"Mamma, pensi
che Kaede-sama, morirà?"
Kagome si
bloccò, voltandosi per osservare il volto chinato della figlia, ombreggiato per
l'assenza di luce.
"Non lo so.
Davvero, non lo so."
"Noi... non
possiamo davvero fare niente per lei?" Kaeru si morse il labbro inferiore.
Kagome osservò la ragazza e le si avvicinò, sorridendole. Kaeru sentì la mano
della madre contro la sua spalla, come per crearle in qualche modo conforto.
"Kaeru-chan,
lascia che ti dica una cosa. Gli uomini amano e odiano, combattono, provano
sentimenti benché spesso ingiusti. Sono deboli, spesso miseri. Sono poveri,
egoisti. Hanno difetti su difetti. Ma hanno un dono dalla loro: la vita. Vivono,
respirano. Nascono in questa terra per un volere del tutto sconosciuto. Possono
uccidere, ma possono provare misericordia. E tutto questo perché gli è stato
fatto questo dono. Forse immeritato, ma comunque tale. E vi è un secondo dono,
che è stato loro concesso: la morte. Perché, Kaeru, la morte può far paura.
Molta paura. Perché le persone che ami non esistono più da nessuna parte. Ma la
loro scomparsa, è una rinascita. La Morte è solo una continuazione di quella che
noi chiamiamo Vita. E per Kaede è lo stesso. Lei non muore, fintanto che
esisterà qui."
Kagome indicò il
petto della figlia.
Quelle di sua
madre erano state belle parole, ma inconsapevolmente non avevano fatto altro che
accrescere le sue convinzioni: che in fondo, poter vivere, con l'atto
conseguenziale di morire, era il destino di ciascun essere umano. Non il suo.
"Mamma, domani
vorrei andarla a trovare." Disse infine, riprendendo a camminare.
"Va bene. E'
giusto così."
Quella sera andò
a dormire molto presto, senza attendere il ritorno a casa di suo padre. Era
stanca e anche lei iniziava a non comprenderne il motivo. Il lavoro al Tempio
poteva sì, essere stancante, ma le piaceva; per questo aveva aiutato spesso e
volentieri sua madre. Inoltre vi erano state giornate ben peggiori di quella che
stava attualmente terminando. Che fossero i suoi pensieri, a renderla stanca,
era molto probabile. Kaeru chiuse gli occhi, avvolta nella calda coperta del suo
futon. Fuori, tutto il villaggio era immerso in un silenzio sovrannaturale e le
fiaccole, a stento illuminavano le piccole strade. Era diventato molto raro che
qualche demone attaccasse il villaggio durante la notte. E anche durante il
giorno. Questo perché la fama dei suoi genitori era spesso ricorrente a molte
miglia di distanza. Le frecce sante di sua madre e la spada di suo padre erano
rinomate per essere tra le armi più pericolose. Per questo il villaggio, anche
per quella notte, avrebbe dormito tranquillo. Kaeru fece un sorriso a fior di
labbra, abbandonandosi in seguito a quella pace rassicurante.
~~~
Kagome stava in
piedi alla finestra della propria capanna e con una mano, teneva scostate le
piccole tende di stoffa che aveva lei stessa cucito. Stava osservando la piccola
strada che si districava tra le capanne del villaggio. Sorrise al pensiero della
sua ostinazione. Stava spesso delle ore a quella finestra, attendendo il ritorno
di Inuyasha; del tutto inutile, visto che il mezzo demone non era avvezzo a
camminare per strada come un comune essere umano. Negli ultimi anni, quando
Kaeru era cresciuta abbastanza per essere in grado di aiutarla, Inuyasha aveva
preso a viaggiare. Non aveva mai rivelato a nessuno il motivo di quei viaggi, ma
lei, Kagome, in fondo al suo cuore, poteva vagamente immaginarne il motivo.
Inuyasha era un mezzo demone, pertanto avrebbe sempre bramato l'essere un demone
completo.
E questo lo
accettava, perché si era ripromessa di amare tutto di lui. Anche il suo lato
fortemente testardo, anche quel lato che tendeva ad allontanarlo dagli esseri
umani. In quegli anni, Kagome aveva capito che Inuyasha era uno spirito libero,
poco avvezzo ad assere incantenato in un angolo sperduto del mondo. Aveva
compreso che il mezzo demone conservava ben poco di ciò che era stato in
passato. Non era più ingenuo. Aveva coltivato un sarcasmo quasi tagliente,
velenoso. Era altero, e per questo si distingueva dal resto. Freddo, a volte,
nei confronti degli esseri umani.
Sì, sotto certi
aspetti, Inuyasha le ricordava molto Sesshomaru.
Ma da
Sesshomaru, Inuyasha sapeva anche distinguersi. Quella freddezza, che spesso le
incuteva paura, non esisteva per lei o per la loro figlia. Inuyasha, seppur
demone, amava. Ma amava solamente ciò che per lui era più caro. Nient'altro.
Rispettava ogni singolo essere umano, ma non li amava. Nemmeno li odiava,
semplicemente gli erano indifferenti: potevano esistere, come no. E questo in
parte la feriva, perché lei era un essere umano. Ma la logica seguita da
Inuyasha era troppo complicata, troppo profonda perché potesse essere ampiamente
compresa.
Si limitava
semplicemente ad amarlo. E sapere che il suo amore era ricambiato con pari
intensità, a lei bastava.
Udì un rumore
alle sue spalle, mentre una voce biascicata mormorò qualcosa di incomprensibile.
Kagome sorrise, accendendo una piccola fiamma che le permettesse di illuminare
la stanza. Di fronte a lei, a pochi metri di distanza, un uomo dai capelli
argentati, stava in piedi alla porta, quasi incerto sull'entrare.
"Bentornato."
Disse Kagome, accorciando la distanza tra loro. Posò le sue labbra gentili, su
quelle taglienti di lui, sfiorandole in un piccolo bacio. Inuyasha, forse
dimentico di quella sensazione, strinse Kagome a sè, facendola gemere per lo
stupore. Kagome affondò il volto tra le pieghe del suo kimono, assaporando il
profumo inconfondibile del consorte e si abbandonò nel suo abbraccio.
"Si, sono
tornato."
"Lo immaginavo.
Penso di avere un sesto senso." Kagome sorrise contro la stoffa delle sue vesti,
mentre le mani di Inuyasha si allacciavano saldamente dietro alla sua schiena.
"Mi spiace,
stavolta sono stato via per molto più tempo."
Kagome sollevò
il capo, immergendo i suoi occhi grigio-azzurri in quelli dorati di lui. Sapeva
quanto fosse realmente dispiaciuto.
"Non ti
preoccupare, non è successo niente. Tutto è tranquillo come sempre."
"E Kaeru?"
Domandò Inuyasha.
"Kaeru sta
bene," gli rispose Kagome, inclinando leggermente la testa ," penso che tu
domani debba trascorrere un po' di tempo con lei."
Le labbra di
Inuyasha si incresparono in un sorriso malizioso.
"Ma ciò vuol
dire non dedicare il giusto tempo a te."
"Oh, per quello
mi accontenterei di stanotte." Disse Kagome, rispondendo a sua volta a quella
frase provocatoria. Senza attendere la risposta di Inuyasha, Kagome sollevò
braccia attorno al collo del mezzo demone, aderendo maggiormente il proprio
corpo al suo. Avrebbe desiderato fargli molte domande, sui motivi che lo
spingevano a viaggiare, a stare lontano da lei. Avrebbe voluto sapere, ciò che
lui le stava tenendo nascosto. Avrebbe voluto arrabbiarsi con lui, avrebbe
voluto fare i capricci come una qualsiasi donna innamorata.
Ma alla fine,
tutte le sue intenzioni si vanificavano. E tutto per colpa del grande ascendente
che Inuyasha, forse consapevolmente, esercitava su di lei.
Sentì una mano
del mezzo demone scivolare sotto la stoffa del proprio yukata.
Sì, decisamente
le sue intenzioni avrebbero atteso.
A/N: uh,
oh, vi ricordate di me? O meglio, vi ricordate di Ritorno al Passato? Non so se
per voi sarà una disgrazia o meno, ma quello che avete terminato di leggere è il
primo capitolo dell'ormai ufficiale sequel di Ritorno al passato, anche
conosciuta come i primi-ventinove-capitoli della mia carriera da
fan-writer. Spero apprezzerete NMW esattamente come avete fatto per Ritorno al
Passato. Naturalmente, mi pare ovvio che aspetto dei commenti.
Claudia
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