It’s
a damn cold night
Trying to
figure out this life
Wont to take
me by the hand
Take me
somewhere new
I don’t know
who you are
But I’m…
I’m with you
(
I’m with you
– Avril Lavigne )
Prologo
Finalmente il mio giorno
libero.
Ero seduta sul divano, tranquilla, che leggevo. La mia
tranquillità venne però
interrotta quando sentii qualcuno correre giù per le scale.
«Stefan!
Quante volte ti ho detto
che non devi non correre sulle scale!»
Stefan, con la cartella
in
spalla, sbuffò: «E dai mamma!» Corse in
cucina, dove c’era Sharon, che stava
facendo colazione. «Ciao Shary! Tutto a posto?»
«Sì.
Alex?»
«È
ancora di sopra. Cerca sempre
di farsi i capelli come me, ma è una causa persa.»
Sharon rise e si
alzò per mettere
la tazza nel lavandino, poi si appoggiò al ripiano della
cucina. Stefan, mentre
mangiava, iniziò a gridare ad Alex: «Alex!
Muoviti! Sempre a fare il
perfettino!»
Dal piano di sopra si
sentì la
voce di Alex: «Non mi chiamare perfettino!»
E poco dopo scese anche lui. «Eccomi, sono a posto i
capelli?»
«Beh, meglio
del solito.»
«Grazie,
sempre gentile. Menomale
che sei mio fratello! Ma io dico, mamma sei sicura che questo coso
sia mio fratello gemello? Non c’è
stato, per un tragico errore, uno scambio di gemelli, una roba del
genere?»
«Nessuno
scambio di gemelli.
Quello è tuo fratello, anche se non sembra.»
«Ah ah, anche
tu mamma ci vai
pesante quando vuoi!»
«Certo Stefan,
avrai preso da
qualcuno.»
«Va
bè, la vinci sempre tu.» Si
avvicinò e mi baciò sulla guancia, abbracciandomi
da dietro, come faceva sempre
suo padre.
«Vado. A te ti
aspetto fuori! E
muoviti una buona volta!», gridò riferendosi al
fratello.
«Arrivo
Ste!», urlò Alex mentre
squadrava Sharon. «Sei più carina del solito oggi.
Che hai fatto?»
Sharon
arrossì e abbassò lo
sguardo. «Niente. Comunque grazie.»
«Prego.»
Lei alzò la
testa e guardò
l’orologio alla parete. «Muoviti che è
tardi.»
Lo guardò
anche Alex: «Ah già! Allora
ciao!» Corse alla porta.
«Lo zaino
Alex! Ma dove hai la
testa?!»
Tornò
indietro e prese lo zaino.
«Sì, grazie mamma. Ciao!», e
uscì.
«Ah, i miei
bambini stanno
diventando grandi. Vero Sharon?» Mi alzai e andai in cucina.
«Sì,
forse.»
«C’è
qualcosa che non va? Ti vedo
un po’ giù.»
«No zia, non
ti preoccupare.»
«Ok. Beh,
pensa che ieri Alex mi
ha detto che oggi doveva uscire con una ragazza, una sua compagna di
scuola, e
ha anche detto che non lo dovevamo aspettare per cena. Sono
così felice per
lui, tu no?» La guardai, aveva una faccia strana.
«Ah, una
ragazza. Boh.»
Si alzò in
fretta e corse su in
camera sua: poster dappertutto, il letto gigante, rotondo e con le
coperte
fucsia, e il muro sopra il letto ricoperto di foto, una sua grande
passione.
Si era appassionata alla
fotografia quando suo padre, Bill, l’aveva portata ad una sua
sfilata di moda,
da lì in poi, ogni volta che poteva scattava foto, poi con
un modello come suo
padre era a posto.
Bill, infatti, oltre che
alla
musica, da qualche anno si era deciso a fare una sua linea di vestiti
ed ora
era anche uno stilista di successo. Tom era molto fiero di lui ed era
presente
a tutte le sue sfilate, come noi.
Al muro
c’erano appese una marea
di foto, con soggetti sempre diversi: le sue amiche, le foto delle
sfilate che
Bill le faceva scattare volentieri, quelle dei concerti, visto che era
appassionata anche di musica, ce l’aveva nel sangue, e molte
foto di lei con
Stefan e Alex.
Quei tre erano
legatissimi: ne
avevano passate veramente tante assieme e ormai erano come fratelli,
non
riuscivano a stare molto tempo gli uni lontani dagli altri.
Entrai in camera: Sharon
era
seduta sul letto e stava preparando la cartella. Andava abbastanza bene
a
scuola, anche se aveva sempre la testa tra le nuvole. Il suo grande
sogno era
di diventare fotografa, anche se stava imparando a suonare
professionalmente il
basso, il suo strumento preferito, oltre che a prendere lezioni di
canto, sia
da suo padre che in una scuola di musica. Ovviamente, il canto lo aveva
preso
da Bill e la passione per il basso, invece, da zio Georg. Da piccola
restava
incantata a guardarlo suonare ai concerti, era innamorata di quello
strumento.
A casa in pratica non
c’era mai,
per un impegno o per l’altro era sempre fuori, era molto
difficile vederla a
far niente.
Prese la cartella e se
la mise in
spalla. Aveva la faccia triste e io me ne accorgevo sempre e subito se
le
succedeva qualcosa.
«È
successo qualcosa Sharon?»
Lei si girò
spaventata e con una
mano al cuore sorrise e mi rispose che non c’era niente che
non andava, ma io
non ero convinta.
«Ne sei
sicura?»
«Sìììì,
non ti preoccupare.»
«Non ne vuoi
parlare?»
«Se ti ho
detto che non ho
niente, di cosa devo parlare?»
«Mmh,
ok.» Mi girai e mi avviai
verso le scale: era inutile insistere, sapevo bene che così
non facevo altro
che ottenere l’effetto contrario.
«Zia!»,
mi chiamo all’improvviso.
«Sì?»
«È
successo qualcosa, ma non ne
voglio parlare. Sono ancora confusa. Forse più avanti.
Comunque grazie.»
«Prego
piccolina. Se vuoi parlare
sai dove trovarmi.»
«Sì,
grazie.»
Corse giù in
sala superandomi e incontrò
suo padre e suo zio, Tom, che stavano per uscire.
«Ehi!
Aspettate!»
Bill tenne la porta
aperta e lei
uscì correndo, passando sotto il suo braccio.
«Prego,
eh?!»
Lei corse fino al
cancello e poi
tornò indietro. Diede un bacio sulla guancia a suo padre e
lo salutò: «Ciao
papà! Ci vediamo dopo.» Poi corse via di nuovo.
«Sì,
ciao! Fai la brava!»
«Sìììì,
ciao! Ciao zio!»
«Ciao!»
Scesi giù e
vidi Tom già fuori
dalla porta. «Te ne vai senza salutarmi?»
Si girò e mi
venne incontro,
facendo una corsetta: «Amore mio bello!»,
gridò prendendomi in braccio e
facendomi cadere sul divano, fra le risate.
«Tom!»,
scoppiai a ridere ai suoi
baci. «Non cambi mai!»
«Certo che
no», sussurrò prima di
donarmi un ultimo bacio e di uscire dalla porta con Bill, che sorrideva
scuotendo la testa.
«Ciao!»
Ripresi il mio amato
libro,
abbandonato sul divano, aperto nella pagina in cui mi ero fermata a
causa di
quella peste di Stefan, mio figlio, insieme ad Alex, suo fratello
gemello. Che
coincidenza, eh? Biondi come Tom e con gli occhi uguali ai miei, per
fortuna: alla
fine a qualcuno li avevo passati.
E poi c’era
Sarah, la piccola della
casa, di tre anni, che avevamo voluto sia per nostalgia dei vecchi
tempi sia
perché veder crescere Sharon mi aveva resa desiderosa di
avere una figlia
femmina anch’io. Lei era totalmente uguale a me, a parte per
la forma delle
labbra, che era quella di quelle di Tom, così dicevano.
Era passato
così tanto tempo,
eppure sembrava che non fosse cambiato nulla, a parte i figli e i
legami più
stretti.
Appoggiai il libro sul
divano, di
nuovo. La voglia di leggere mi era passata, ora volevo solo rileggere i
miei ricordi.
___________________________________________
Tadadadaaaan
*-*
Ladies and gentleman, ho l’onore di presentarvi il sequel de
Il
sogno di un sogno.
L’avete aspettato per così tanto tempo, ora
è qui! Non mi
sembra possibile, ma è proprio così. Alla fine ce
l’ho fatta xD
Scusate
per il capitolo corto, ma è solo il Prologo ed è
un
modo per incuriosirvi, oltre che per ritrovarvi. Spero solo che vi sia
piaciuto
un pochino! :D
Spero
tanto di non deludere le aspettative, davvero ): E di non rovinare il
buon nome de Il sogno di un sogno.
Con
questo è tutto, fatevi sentire! Ringrazio in anticipo chi ha
letto e chi
lascerà una piccola recensione e sfrutto
l’occasione per ringraziare Utopy
per la recensione all’ultimo
capitolo del Behind!
Al
prossimo aggiornamento ( sarà sempre di lunedì,
così è
stato deciso xD ), un bacio grande a tutti e ancora grazie! Con
affetto, vostra
_Pulse_
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