rain
Voilat, altra piccola GojyoSanzo :3
Ringrazio infinitamente le persone che hanno commentato l'altra, è stata per me una somma gioia ^^
Spero che anche questa vi piaccia **
Buona lettura ^^
Rain
[Il cielo piange su di noi]
Sanzo odiava la pioggia.
Il ticchettio delle gocce sul vetro della finestra – così
come i nuvoloni scuri alti nel cielo, grondi di acqua e tempesta
– rievocavano alla mente troppi ricordi, troppi suoni, troppe
immagini.
Era triste, la pioggia. Come se il cielo o chi per lui stesse piangendo
disperatamente, gravando con la sua sofferenza immensa sulle anime dei
mortali laggiù sulla terra, colpevoli solo di poter alzare la
testa e osservare tutto quel dolore.
Così, appollaiato sul davanzale di quel piccolo ovale opaco che
dava sul resto del mondo – appannato appena qua e là
– Sanzo fece schioccare le labbra in un gesto di disappunto. Non
riusciva neppure a fumare, era troppo nervoso.
Irrigidì appena i muscoli per il freddo che imperava nella
stanza, incrociando allora le braccia al petto e poggiando la testa
bionda sul vetro, guardando il vuoto.
Sentì però due occhi, due occhi rossi, aprirsi lentamente
e voltarsi fino a puntarsi su di lui; il fruscio delle lenzuola del
letto lo aiutarono a intenderlo.
Sorrideva il Kappa, ne era più che sicuro, anche se gli era
impossibile vederlo. Sorrideva credendo di poter sapere tutto di tutti
– anche in quel momento, lo stava semplicemente invitando da lui.
Perché Sanzo ricordava perfettamente la frase che gli aveva detto.
-Se non ti piace la pioggia, caro il mio bonzo corrotto, ignorala…-
Come se fosse stato possibile ignorare quel ticchettio furioso e
insistente, come se fosse stato possibile concedersi il lusso di
dimenticare anche solo per un istante.
Il Kappa era un idiota, questo era risaputo – ma non si aspettava che fosse così idiota.
Contrariato, si ostinò a guardare il vuoto, inarcando appena le sopracciglia fini.
Gojyo si girò nuovamente tra le coperte, muovendo appena la
testa per posizionarsi meglio sul proprio guanciale – ignorando
l’altro e riprendendo pacatamente a dormire.
-Se non ti piace la pioggia, caro il
mio bonzo corrotto, ignorala facendo qualcosa che ti faccia dimenticare
della sua esistenza…-
Così facile non cedere al vizio di crogiolarsi nei propri incubi
– il Kappa era un disperato esattamente come lui, che piuttosto
che sfinirsi col dolore occupava la mente con ben altro.
Vile, si poteva dire.
Eppure ciò gli aveva garantito una discreta ragion d’essere.
E per vivere, per continuare a farlo, bisogna aggrapparsi a ciò
che di noi si ritiene ancora vivo e non lasciarlo più. A quel
punto, niente è vigliacco, niente è più nobile o
basso.
Sempre contrariato, Genjo Sanzo sospirò, prima di alzarsi dalla finestra e raggiungere il letto.
-Idiota di un Kappa…-
Lanciando ancora qualche improperio ai danni dell’amante, si
lasciò trascinare sul materasso da un braccio forte e
convincente – e, accolto da dei baci lussuriosi che andarono ad
occupargli la bocca, cadde fin troppo volentieri nel vizio di cui quel
maledetto Kappa era così dannatamente esperto.
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