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Ma salve a tutti! :)
Come promesso (minacciato)
nell'ultima mia fic, sono ritornata in questa sezione per presentarvi qualcosa
di... diverso.
Questo è un esperimento piuttosto
particolare, ma credo che noterete la particolarità solo dal prossimo capitolo.
Contrariamente al mio solito, la
storia è in corso d'opera, nel senso che ho solo un paio di capitoli pronti,
mentre il resto è tutto ben chiaro nella mia testa, ma metterlo su carta mi sta
dando qualche problema di troppo... ma sono fiduciosa, e spero di completarla
tutta entro l'anno. Okay, forse dieci mesi sono un po' pochini per quello che ho
in mente, ma cercherò di non lasciare anche questa storia nella lista delle
incompiute a tempo indeterminato...
Prima che me ne dimentichi, il
titolo della storia, nonché il verso citato, fa parte del musical Notre Dame de
Paris, che adoro. Il senso di questa scelta credo sarà più chiaro molto più
avanti...
Ci risentiamo più sotto, con chi
avrà la voglia di leggere fino in fondo =)
Kla
ALI IN GABBIA, OCCHI SELVAGGI
E qualcosa ci ha legato
Per la vita e per la morte
Qualche cosa di segreto
Tanto forte tra di noi
(Notre Dame de Paris - R.
Cocciante, P. Panella)
Capitolo 1
Bella Swan
Inspira. Espira.
Inspira. Espira. Ecco, bene così.
In fondo non è una tragedia: si tratta solo di una
stupida riunione di ex-alunni della stupida classe Novantotto dello stupido
Liceo WestHigh.
Poco male se non hai assolutamente voglia di
andarci.
E poi, perché mai dovrei volerci andare?
Al liceo, i rapporti con gli studenti del mio
corso erano… come si dice? Ah, sì: glacialmente cordiali.
Cioè, non ci amavamo, ma eravamo costretti ad una
convivenza forzata.
Osservo il mio armadio ormai desolatamente vuoto,
e con un sospiro mi lascio cadere all’indietro, sul letto, più precisamente sui
vestiti posati sul letto.
Ammetto che posati è una parola grossa:
gettati a caso credo renda meglio l’idea, in effetti.
Afferro dal comodino il cartoncino color lavanda
che ha avuto l’abilità di rovinarmi la giornata e me lo rigiro tra le mani.
Vediamo, cosa potrei ottenere partecipando? A
parte un forte mal di testa e tendenze suicide, intendo.
Magari potrei constatare di persona quanta strada
ho percorso rispetto i miei ex compagni. Sì, se solo potessi illudermi che
segretaria di centro estetico sia un impiego migliore di medico, avvocato o…
mantenuta dal marito-bello-e-miliardario.
Leggo per l’ennesima volta l’invito, come se già
non lo sapessi a memoria.
Mercoledì 23 marzo, Hotel Plaza.
Oggi è tredici, e questo vuol dire che ho a
disposizione ben dieci giorni per ammalarmi di un qualche virus sconosciuto e
contagiosissimo!
Oh, sono troppo ottimista: con la fortuna che mi
ritrovo, il virus me lo beccherò il ventiquattro marzo…
Uhm, forse potrei fare giusto una visita di dieci
minuti e poi scusarmi e sparire in fretta…
Sì, può essere un’idea.
Ecco, già mi sento un po’ più rilassata al
pensiero di dover trascorrere appena pochi minuti in compagnia di quegli
estranei.
Ora non mi resta altro da fare che trovare una
scusa plausibile per il mio repentino abbandono…
Mi metto a sedere, guardandomi intorno come in
cerca di un’illuminazione improvvisa.
Ma… oh, no! Non ho niente da indossare!
Come può, direte voi, una che è praticamente su
una montagna di vestiti, sostenere che non ha nulla di adatto per l’occasione?
Semplice: la risposta si trova in quelle stupide
quattro parole che fanno bella mostra sotto l’indirizzo del Plaza. È gradito
abito scuro.
Do un calcio all’anta dell’armadio, richiudendola,
e mi lascio nuovamente cadere all’indietro.
E ora? Di nuovo, l’idea di un virus non è poi
tanto male…
Non fraintendete: non è il colore il mio problema.
A ben guardare, il mio abbigliamento conta un po’ tutti i colori conosciuti, e
anche qualcuno sconosciuto, colpa dei ripetuti lavaggi in lavatrice.
Il problema, dicevamo, è da ricercare nel termine
abito; mentre per gli uomini sta ad indicare un semplice smoking, noi leggiadre
fanciulle siamo costrette in vestitini talmente aderenti da sembrare di due
taglie più piccole. Anche a voler azzardare un casto completo, preferibilmente
col pantalone, temo che sarei l’unica donna con le gambe coperte. Non che mi
dispiaccia nascondere le gambe, anzi a dirla tutta le gonne presenti nel mio
guardaroba si possono contare sulle dita di una mano, e non escludo che qualche
dito avanzerebbe anche… Peccato che in una simile occasione, presentarmi con un
tailleur starebbe a indicare quanto mi senta a disagio accanto alle acciughe
anoressiche delle mie ex compagne.
Andare a fare shopping neanche a parlarne.
Sapete quanto costano simili vestitini? Ecco,
meglio per voi restare nella più totale e innocua ignoranza.
E poi non mi è mai piaciuto fare acquisti: appena
entri in un negozio, la commessa, rigorosamente più giovane e magra di te, ti
sommerge di capi d’abbigliamento quasi sempre con le taglie contraffatte secondo
la moda, secondo cui una sesta corrisponde a una vecchia quarta, e una taglia
più grande… beh, indica obesità…
Il risultato è che alla fine ti ritrovi stretta in
un camerino di un metro quadrato a costringere la tua ciccia ad entrare in un
abito che starebbe bene solo alle bambole di quando eri bambina.
E che umiliazione quando la
baby-acciuga-anoressica ti dice «Mi spiace, signora, ma non abbiamo taglie più
grandi. Può provare nel reparto Taglie Forti», mentre tu vorresti prendere il
suo bel culetto ossuto a calci e gridare che non sei tu ad essere grassa, ma
sono le loro misure ad essere tarate sugli scheletri dell’aula di scienze!
Va bene, ammetto che quattro o cinque chili di
troppo li ho anche io, come un po’ tutti, del resto. Ma questo non vuol dire che
sia obesa. Chiaro?
Sbuffo, afferro un cuscino e me lo premo forte
contro il viso.
Mi serve una soluzione, e subito!
Ehi! Ho trovato! Se per uno sfortunato incidente
venissi travolta da tanti vestiti da impedirmi di respirare? Sarei giustificata,
no? Dopotutto, sarei morta… e i morti non vanno alle riunioni di ex alunni…
Un sorrisetto diabolico mi si forma in volto,
mentre lo squillo del telefono fa da sottofondo al piano che lentamente sta
prendendo forma.
C’è la segreteria, dunque non mi preoccupo di
rispondere.
«Bella? Sono Alice. Ci sei?»
Alice Cullen è la mia migliore amica dai tempi del
liceo, nonché mia collega di sventure.
«Fammi indovinare: stai escogitando qualcosa per
saltare la rimpatriata. Avanti, Bella: rispondi.»
Spiacente, Alice, ma devo trattenere il respiro
fino a scoppiare.
«Bella? Isa? Isabella?»
Dio, quanto detesto quando mi chiama così! E Alice
lo sa perfettamente.
«E va bene, non rispondere. Prima che mi
dimentichi, sappi che neanche la morte per cause misteriose potrà farti mancare
alla serata. Perciò, niente soffocamento tra i vestiti, chiaro?»
Gesù, ma quella ragazza è una veggente, o cosa?
Sospiro per l’ennesima volta nel giro di pochi
minuti: se Alice ha deciso di partecipare alla festa, posso star certa che ci
andremo; conoscendola, mi ci porterebbe anche cadavere…
Sicuramente sarebbe un evento memorabile, ma non
credo di esser pronta ad essere al centro dell’attenzione…
Afferro il telefono e compongo il numero della mia
amica. Risponde al primo squillo.
«Hai vinto» mormoro sconsolata. «Domani,
shopping.»
Bene arrivati, o folli che avete
deciso di sfidare la sorte XD
Come avrete notato, per il momento
non c'è molto da dire, se non che forse il tono usato da Bella è leggermente
diverso dal suo solito modo di esprimersi...
Anche se non sembra, sto cercando
di adattarmi a lei e lo stesso proverò a fare con gli altri personaggi che
entreranno in scena a breve. Ma credo che dai prossimi capitoli dovrò aggiungere
anche OoC alle note...
Visto che non ho altro da dire, vi
ringrazio per essere arrivati fin qua, e vi do appuntamento a... non so quando
per il secondo capitolo ^^
Bax, Kla
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