Era passato molto tempo
dalla fine della guerra. Forse tre anni, forse un po’ di più, non
lo sapeva. Aveva smesso di fare caso allo scorrere del tempo. Si limitava con
semplicità a subirlo, passiva.
Aveva perso tutto in quella
maledetta guerra. La sua famiglia…I suoi genitori erano morti,
così come gran parte dei suoi fratelli. Ron e Hemione
non erano mai più stati ritrovati e a lei riusciva meno doloroso pensare
che avessero fatto la stessa fine degli altri, piuttosto che pensarli
imprigionati, torturati o sofferenti da qualche parte. Anche perché
infondo tutti sapevano che le persone scomparse di rado
si ritrovavano in quella condizione spontaneamente. Erano state rapite e
uccise, non necessariamente in questo ordine, dai seguaci di Voldemort. Lei stessa era stata catturata e imprigionata ma
la fine della guerra l’aveva risparmiata. Il Signore Oscuro era morto e i
suoi seguaci erano fuggiti, lasciando gli ormai pochi prigionieri liberi di
fuggire a loro volta.
E una volta tornata alla
Tana, tutto quello che aveva trovato era stato un cumulo di macerie. E aveva
perso anche Harry, quello che era stato il suo ragazzo per tutto l’ultimo
anno di scuola. No. Pensandoci bene, lui l’aveva
perso ben prima. Quando gli aveva confessato di averlo tradito. Era successo una
volta, ma lui non era riuscito ad accettarlo e lei lo aveva capito benissimo.
Dispiaciuta, triste, forse pentita, aveva accettato la sua decisione, conscia
del fatto che se l’era meritato.
Solo poco tempo dopo aveva
scoperto che l’errore di una notte le avrebbe condizionato tutta la vita:
era rimasta incinta. E tre mesi dopo la scoperta ne fece un’altra ben
più terribile. Non solo era incinta, era anche rimasta sola.
Non sapeva cos’era
successo dopo il suo ritorno a quella che una volta era stata la Tana. Quando si era svegliata
era in ospedale. I medici l’avevano rassicurata sulle condizioni del
bambino, che sarebbe nato di lì a cinque mesi ma non avevano potuto fare
altro. Harry era passato a trovarla e le aveva posto l’inevitabile
domanda: se il bambino era suo. Ma non poteva esserlo e lo sapevano bene
entrambi: ci erano sempre stati estremamente attenti. E dopo la sua risposta,
sincera come sempre, se ne era andato e non l’aveva più cercata.
Tutte le mattine si
svegliava ripensando a queste cose. Non piangeva. Non più almeno. Aveva
esaurito le lacrime da troppo tempo. E se ogni mattina riusciva ad alzarsi dal
letto era solo per una persona: il suo bambino. Era stato lui a darle la forza
di andare avanti perché sapeva che se lei si fosse lasciata andare sarebbe
stato lui a rimetterci.
Così si svegliava,
guardava il lettino vicino al suo, e trovava la forza di alzarsi e di
affrontare un’altra giornata. Poi lo svegliava, lo vestiva e lo portava
all’asilo nido gratuito fornito dalla chiesa, dove stava fino all’ora
di pranzo. Lei tornava a casa e si cambiava, entrava nella stanza che quando
William era a casa rimaneva sempre chiusa e aspettava.
Quella mattina però,
dopo essersi cambiata, fece l’errore di passare davanti allo specchio.
Non lo guardava mai, ci stava bene attenta. Non voleva vedere il cambiamento
che gli anni le avevano portato. E si fermò a guardare la sua immagine
riflessa, desolante sotto molti punti di vista. Si era scurita i capelli e li
aveva fatti crescere molto, le arrivavano quasi alla vita. Ma non erano i
capelli o il suo corpo il suo problema. Era truccata pesantemente e vestiva un
abitino molto succinto, di pizzo nero che copriva pochi lembi di pelle. E
attraverso il suo riflesso nello specchio, vide anche quella che per lei era
diventata la triste realtà: lei, Ginevra Weasly,
era una prostituta. E il fatto che fosse l’unico modo per guadagnare
abbastanza per riuscire a mantenere in modo appena
accettabile suo figlio non cambiava le cose. Ogni giustificazione, per quanto
buona che fosse, svaniva.
Si allontanò di
tutta fretta da quello specchio e andò nella stanza dove svolgeva la sua
professione. Non c’era niente di particolare, solo un letto, messo in un
angolo e una sedia dove i clienti posavano i vestiti. La sua vita non era come
l’aveva immaginata. Avrebbe voluto diventare medico,
ma poi con un figlio e senza soldi aveva dovuto arrangiarsi come poteva. Aveva
provato a lavorare come domestica, ma oltre a guadagnare pochissimo, aveva
anche pochissimo tempo per William. Era stata licenziata
un’infinità di volte, ma non era mai stata disposta a trascurare
il piccolo. E alla fine, per disperazione, si era ritrovata ad usare il suo bel
corpo come fonte di guadagno. Non ne andava fiera, ma lo faceva per suo figlio.
E questo era il suo mantra. Aveva smesso di sognare una vita migliore per lei.
Aveva smesso di sognare in generale. Le rimaneva solo la speranza che per
William le cose sarebbero state diverse, che almeno lui, grazie agli sforzi che
stava facendo, sarebbe riuscito un giorno a realizzarsi, che almeno lui potesse
essere felice.
Quando il campanello
suonò si affrettò ad andare ad aprire la porta. E ancora una
volta la vita le giocò un brutto scherzo. Davanti a lei stava Blaise Zabini, un vecchio
compagno di scuola. Non era la prima volta che succedeva che ex allievi
arrivassero fino a lei, ma era sempre riuscita a fingersi un’altra
persona, una che semplicemente somigliava molto alla Ginny
Weasly dei tempi andati. Ma sapeva bene che con lui
non sarebbe mai stato possibile. Lui e la sua combriccola erano sempre stati
dei buoni osservatori, furbi e sempre alla ricerca di un’occasione per
umiliare qualcuno in generale, lei e la sua famiglia in particolare.
-Weasly?-
-Entra.-
-No, devo aver sbagliato
appartamento…-
-Non hai sbagliato niente. Ti
muovi di lì o no?-
-Sono sbalordito.-
-La prima porta a destra. Vai, io ti raggiungo.-
Non avrebbe perso occasione
per umiliarla più di quanto già non lo fosse, già lo
sapeva. Aveva bisogno di un minuto. Aveva sempre bisogno di un minuto prima di
iniziare. Aveva bisogno di ripetersi perché lo faceva. Con un sospiro
seguì il ragazzo nella stanzetta, premurandosi di chiudere a chiave la
porta.
-Vuoi spiegarmi?-
-Non c’è
niente da spiegare. È inutile che cerchi di perdere tempo, pagherai
comunque un’ora, come pattuito al telefono.-
-Al telefono non sapevo chi
fossi!-
-Nemmeno io, eppure non mi
sembra di fare tutte queste storie-
-E da quando le puttane
fanno storie?-
Ecco. Come se non fosse
stato già abbastanza difficile così. No! Ci voleva lui, a
rinfacciarle il tutto.
-Ascolta: hai preso un
appuntamento per un’ora…-
-Si, lo
so.-
-Cos’hai intenzione di fare?-
-Non vedo l’ora di
raccontarlo in giro!-
-Raccontalo a chi ti pare,
non cambierà di certo la situazione.-
Non voleva parlare. Non
parlava mai con i clienti. Così si avvicinò a lui, decisa e
sensuale, come aveva imparato ad essere, e iniziò a sbottonargli la
camicia, poi i jeans, accarezzandolo. Quando capì che lui stava per
commentare di nuovo lo zittì baciandolo. Di norma non baciava mai i
clienti. Ma non voleva sentirlo. Lo spinse sul letto, sempre continuando ad
accarezzarlo e a spogliarlo. Quando fu completamente nudo si alzò anche
lei, si mise davanti al letto e iniziò a spogliarsi, lasciando che lui
la guardasse. La sua eccitazione era evidente. Nuda, si avvicinò piano,
con passo felino, stendendosi su di lui. Lui sembrò esitare un attimo,
poi con un colpo di reni invertì la posizione e la prese. Fu rude,
violento, ma lei c’era abituata. Doveva solo fingere, come sempre, ed
aspettare che finisse. E quando la fine arrivò si alzò, prese la
vestaglia che era appesa alla porta e se la mise.
-Sulla finestra
c’è un pacchetto di sigarette. Prendine pure una se ti va.-
E uscì. Andò
in bagno a lavarsi. Era un suo rito personale, si lavava sempre, dopo ogni volta.
E ogni volta la persona che era stata con lei aveva il buon gusto di andarsene
prima che lei uscisse dal bagno, lasciandole i soldi sul tavolo. Tutti, ma
ovviamente non Blaise Zabini.
-Quanto ti devo?-
-Lo sai benissimo. Te
l’ho detto quando hai chiamato-
-Sessanta allora. Sai Weasly, potresti alzare un po’ i prezzi, infondo ne
vale la pena!-
-Grazie del consiglio.-
-Sei davvero cambiata!
Dov’è finito tutto il tuo orgoglio, le tue risposte altezzose e
taglienti?-
-Non mi sembra di essere
nella condizione. E ora se vuoi scusarmi, tra poco ho un altro cliente-
Lo spinse letteralmente
fuori. Era sicura che lo avrebbe detto in giro. E la
cosa peggiore era che non avrebbe nemmeno potuto
arrabbiarsi o smentire, perché avrebbe raccontato solo la verità.
Con un sospiro andò a rimettersi il completino
con cui aveva accolto Zabini, pronta a rincominciare
da capo il suo lavoro.
῏῏῏῏῏῏῏῏῏῏῏
Era domenica. Era il giorno
che lei aspettava perché era quello in cui stava tutto il giorno con il
suo bambino e poteva fingere per un po’ di non essere quello che era.
Stava preparando la
colazione, William ancora dormiva, ma fu interrotta dal campanello. Era
tranquilla quando andò ad aprire perché sapeva che non poteva
essere nessuno di inconveniente. I suoi clienti prendevano appuntamento
telefonicamente e tutti sapevano che la domenica non ne prendeva. Quindi quando
si ritrovò a fissare due iridi grigie non era assolutamente preparata.
Si limitò a star zitta, fissando l’inatteso ospite, incapace di
proferire parola.
-Non mi fai entrare?-
-Dipende. Perché sei
qui?-
-Penso che tu lo sappia.-
-Mi dispiace oggi
non… lavoro…chiama per fissare un appuntamento.-
-Weasly, stai scherzando?-
-So che sei abituato ad
ottenere sempre tutto quello che ti pare, ma oggi proprio non posso. Chiama domani.-
-Ero convinto che Blaise mi stesse prendendo in giro.-
-Sbagliavi.-
Silenzio. Era la prima
volta che vedeva Draco Malfoy
letteralmente senza parole.
-Scusami, ho da fare.-
-Posso entrare?-
-Perché? Hai verificato, sai quello che volevi sapere. Non
c’è bisogno di altro mi sembra…-
-Voglio capire…-
E questa volta era lei ad
essere rimasta senza parole. Da quando a Malfoy
interessava capire? Ma forse gli
ultimi anni avevano cambiato tutti molto più di quanto credesse e senza
nemmeno accorgersene si spostò di lato per permettergli di entrare.
-Sappi che non riuscirai a
dire niente in grado di umiliarmi più di quanto già non sia,
quindi, se è questo che vuoi fare, risparmia pure il fiato. A parte
ciò, ti offro qualcosa?-
-Un caffè, grazie. E non sono qui per questo.
Solo non ci credevo.-
-Credici-
-Non mi spiego il
perché…-
-Non sei tenuto a sapere il
perché. E soprattutto non ti è mai importato niente, non vedo
perché iniziare ora-
-La scuola è finita da tre anni, sono successe
un’infinità di cose e tu ce l’hai ancora con me per allora?-
-Mi hai fatto passare
l’inferno allora. Perché non dovrei pensare che sei qui per fare
lo stesso, adesso?-
-Perché, se ti
ricordi bene, c’è stato un momento in cui c’è stato
altro.-
-Vuoi rinfacciarmelo?-
-No. Dico solo che hai deciso tu. Tu hai detto che era
tutto sbagliato. Io per una volta nella vita sono stato sincero-
-Certo! Tu eri pazzo di me!
Per questo mi hai cercato in continuazione, dopo!-
-Mi piacevi davvero. Puoi
non crederci, ma è così. Poi tu mi hai detto che amavi solo
Potter, che non avresti mai amato nessun altro e via dicendo. E scusami, ma io
non sono abituato a correre dietro alle ragazze.-
-Non ha più
importanza, comunque. E non mi piace parlare del passato.-
-Parliamo del presente
allora.-
-Forse è ancora
più doloroso che parlare del passato-
Cosa stava facendo?
Perché parlava proprio con lui? Forse perché era l’unica
persona che le avesse proposto di farlo. Era talmente abituata a non parlare
con nessuno che ora che le si presentava opportunità non le importava
chi aveva davanti. Aveva bisogno di sfogarsi, di raccontare tutto il suo
squallore, tutta la desolazione, il degrado che provava dentro, per sé
stessa.
-Aspetta qui un attimo per
favore. Torno subito.-
Doveva controllare William,
essere sicura che dormisse ancora. Così andò nella camera dove
dormivano e guardò il suo angelo. Sembrava davvero un angioletto, biondo,
nel suo pigiamino azzurro e con le guancie rosate,
semicoperte dal ciuccio. E dormiva, ancora troppo piccolo per poter comprendere
veramente cosa gli succedeva intorno, che razza di donna fosse sua madre. A
volte, quando la guardava con i suoi occhioni grigi
pieni di amore, aveva paura che un giorno, quando sarebbe stato abbastanza
grande da capire, tutto quell’amore si sarebbe
trasformato in disprezzo. E allora l’avrebbe perso. E sapeva che
prima o poi sarebbe successo. Poi scacciava quei pensieri, dicendosi, bugiarda,
che aveva ancora tempo, che presto avrebbe cambiato vita.
Con una carezza lieve e un
bacio sulla fronte, lasciò che continuasse a dormire e tornò nel
suo cucinino, con il solito magone ad artigliarle lo stomaco.
Prima di rivolgere qualsiasi
parola al suo ospite prese un pentolino e ci mise a bollire dell’acqua,
poi riempì il biberon di latte e lo posò accanto ai fornelli. Si
versò una tazza di caffè e si sedette di fronte a Malfoy.
-Non sei un po’
grande per il biberon?-
-Non è per me.
È del mio bambino.-
-Cristo Weasly!
Ma non ci stai attenta? Non prendi precauzioni?-
-Vuoi insegnarmi il
mestiere per caso? Certo che le prendo!-
-Scusami, ma
allora…?-
-Ha due anni e mezzo.-
-Quindi avevi….-
-Diciassette anni quando
sono rimasta incinta, si.-
-E Potter ti ha piantato
sapendo che eri incinta?-
-Ci eravamo già
lasciati quando l’ha saputo..-
-E questo lo giustifica a
non occuparsi di te?-
-Non lo vedo da quando ero
incinta di cinque mesi, e comunque non era tenuto ad occuparsi proprio di niente.-
-Che razza di ragionamento
è?-
-Ha più senso di quanto credi.-
-Quindi è per questo
che tu…-
-Mi prostituisco? Si. È l’unico modo che ho per permettere al mio
bambino di crescere con me.-
-E ti va bene così?-
-Mi stai chiedendo se mi
piace il mio lavoro? Andiamo Malfoy! È una
necessità. Non posso fare altro. E se proprio ti preme saperlo mi faccio
schifo da sola. Non riesco a guardarmi nello specchio perché mi mostra
impietoso quello che sono diventata. A volte penso di piantare tutto, di
smettere, ma poi penso che potrebbe andare peggio.-
-Peggio?-
-Si, peggio. Perché
potrei perdere William, e se perdessi lui perderei l’unica cosa che mi
tiene aggrappata alla vita. Ho già perso troppo.-
Aveva parlato con calma,
senza urli o isterismi. E cosa più impressionante, senza mostrare nessun
sentimento, come se la vita che stava descrivendo non fosse stata la sua.
-Posso fare qualcosa?-
-Non voglio
l’elemosina-
-Non sarebbe
elemosina…Sarebbe un prestito-
Prima che potesse ribattere
dall’altra stanza si levò un lamento. Il piccolino si era
svegliato. E adesso? Non poteva certo portarlo in cucina con lui presente!
-Scusa un attimo.-
Si alzò veloce, mise
il biberon a scaldare e andò in camera. E la sua vita era lì, che
la guardava. Diceva già qualche parolina e ogni volta che la chiamava
lei si scioglieva. Era davvero tutto per lei. Cercò in ogni modo, con
coccole e moine, di convincerlo a restare a letto, ma alla fine l’aveva
sempre vinta lui e quando vide che si stava innervosendo lo mise a terra. E
prima che potesse fermarlo zampettò veloce fino in cucina, fermandosi
solo quando si rese conto della presenza estranea. Lei lo inseguì e lo
prese in braccio, lasciando che si nascondesse, timido, nell’incavo del
suo collo.
-Non somiglia a Potter.-
Era stato un soffio. Probabilmente
anche lui aveva assemblato tutti i pezzi nel modo giusto. Gli lasciò il
suo tempo, mentre prendeva il biberon e riportava il bambino in camera. Quando
tornò il viso di Draco era una maschera
imperscrutabile.
-Non è di Potter.-
-No. Non lo è.-
-Non vorrei sembrarti
presuntuoso ma.. è mio?-
Non era mai stata capace di
mentire. E così gli rispose con un semplice cenno del capo, evitando
accuratamente di guardarlo. Lui non disse niente. Si alzò e se ne
andò, lasciandola spiazzata.
῏῏῏῏῏῏῏῏῏῏῏
Nel pomeriggio Ginevra
ricevette la notizia più brutta della sua vita. Un avvocato bussò
alla sua porta, comunicandole che un’ordinanza del tribunale stabiliva
che William Weasly sarebbe stato affidato alle cure
del padre a causa della situazione non idonea a cui lo sottoponeva la madre.
Non aveva potuto fare
niente. Erano entrati due assistenti sociali e avevano preso il bambino e tutte
le sue cose e lei non lo aveva visto più. Non era nemmeno riuscita a
salutarlo. Si era accasciata sulla porta impotente e il pianto di suo figlio
era riecheggiato nelle sue orecchie per molto tempo.
Erano passati sei giorni e
ancora le sembrava di sentirlo.
Si era messa a letto,
fissando il soffitto, con le finestre chiuse. Non sapeva nemmeno più se
era giorno o notte e non le interessava nemmeno saperlo. Il buio andava bene.
Il buio in cui era riuscita ad evitare di scivolare solo per un piccolo motivo
che le era stato portato via.
Faceva freddo ma non si
voleva muovere per cercarsi una coperta perché tanto a darle problemi era
il freddo che la stava gelando dentro. Non era più nemmeno sicura di
essere viva. Non sentiva più niente, come se fosse stata solo spirito,
senza un corpo di carne. Ma poi si disse che se davvero fosse stata morta non avrebbe
sentito tutto quel dolore. E alla fine non ebbe più neanche la forza per
pensare e dopo ore passate senza chiudere occhio scivolò in un
dormiveglia inquieto. Ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva William in
lacrime, tra le braccia dello sconosciuto che lo portava via e allora si
svegliava, per poi rivivere la stessa scena la volta successiva.
Quando Blaise
Zabini, una settimana dopo, entrò
nell’appartamento la trovò nella camera da letto, raggomitolata in
posizione fetale, che fissava il vuoto. Aveva capito che qualcosa non andava
quando, arrivando, aveva trovato la porta di casa aperta.
-Weasly, non hai neppure chiuso la porta! Mi senti?-
Lo sentiva. Sentiva che la
scuoteva, prima con delicatezza, poi sempre più forte, ma non reagiva.
Non voleva reagire. E se anche avesse voluto non ci sarebbe riuscita,
perché non ne aveva motivo. Era solo un involucro, un corpo vuoto. Tutte
le sue emozioni erano state uccise. Le restava solo il dolore, che arrivava con
onde lente e costanti.
E nonostante fosse una
Serpe, un bastardo arrogante, Zabini le provò
tutte per riscuoterla. Era stato Draco a chiedergli
di passare a vedere come andavano le cose perché lui, ancora troppo
ferito e arrabbiato, non aveva voluto farlo di persona.
E pur essendo la persona
che era, Blaise non poté fare a meno di
pensare che vederla in quelle condizioni gli avrebbe fatto bene, lo avrebbe
fatto pensare.
Ma tutti i suoi sforzi
furono vani. Lei continuava a fissare la parete e continuava a accoccolarsi al
cento del letto.
Alla fine giunse alla
conclusione che doveva avvertire il suo migliore amico, l’unico in grado
di fare davvero qualcosa. Prima però pensò bene di farle fare un
bagno caldo, l’ultimo tentativo di riscuoterla un po’.
La spogliò con
delicatezza poi la prese in braccio e la adagiò nella vasca piena di
acqua.
-Vado via per un po’
ok? Tu cerca di rilassarti un po’, poi quando ritorno spero di avere
delle belle notizie per te.-
Non sapeva se lo aveva
sentito, ma se ne andò, lasciandola con la stessa espressione che aveva
quando era arrivato.
Blaise ci mise un’ora e mezza a convincere Draco a seguirlo, senza dirgli dove lo avrebbe portato. E quando
si ritrovarono nell’appartamentino scoprirono che Ginevra era rimasta
nello stesso posto dove Blaise l’aveva lasciata.
L’acqua si era ormai fatta fredda e il suo corpo era scosso dai brividi,
ma non accennava a muoversi. Si stringeva convulsamente la
ginocchia al petto, il mento appoggiato su di esse. Il viso mostrava i segni
delle notti passate insonni ed esprimeva tutto il suo tormento. E guardandola i
due uomini capirono che era definitivamente scivolata nel baratro.
-Cristo, Weasly!-
Draco, nonostante la rabbia che ancora provava nei suoi
confronti, si precipitò a toglierla dalla vasca da bagno e ad avvolgerla
in un asciugamano asciutto, strofinandola con energia nel tentativo di
scaldarla. Poi cercò dei vestiti pesanti da metterle e la vestì. Mentre
lo faceva non poté fare a meno di constatare che a dispetto di quello
che aveva passato negli ultimi anni aveva ancora un corpo bellissimo.
-Draco, è tutto
inutile. È come in trance, non risponde, non reagisce. Quando ce ne
saremo andati sarà tutto come prima.-
-Non ho intenzione di
lasciarla qui.-
-E dove vuoi portarla?-
-A casa mia. A vedere il
bambino.-
-Non voglio.-
Con grande stupore di tutti
era stata lei a parlare.
-Come non vuoi?-
-Non voglio vederlo.-
-E perché no? Sei
impazzita del tutto?-
-Non posso farlo. Non posso
sopportare di vederlo e poi di vedermelo portare via un’altra volta-
-Quindi cos’hai
intenzione di fare?-
-Niente-
Niente nel vero senso della
parola. E Draco sapeva per esperienza che se si
metteva in testa qualcosa nessuno le avrebbe fatto cambiare idea, lui meno di
tutti. Se non voleva seguirlo, non l’avrebbe fatto, nemmeno se costretta
con la forza.
Ma lui era sempre pronto ad
ogni evenienza, così lasciò Blaise con
lei e se ne andò, salvo tornare poco dopo con il bambino, la sua copia
in miniatura, che non appena vide la madre si mise a chiamarla con una vocetta acuta e stridula.
-Mamma! Mamma! MAMMA!-
E per la prima volta dopo
tantissimo tempo Ginevra Weasly pianse. E cacciò
fuori tutte le lacrime che non era mai riuscita a versare, mentre prendeva tra
le braccia la sua vita. E per molto tempo si limitò a stringere il suo
William, piangendo in silenzio e baciandolo di tanto in tanto. Poi lo
lasciò e guardò Draco dritto negli
occhi, determinata e furiosa.
-Non pensi di avermi
già punito abbastanza? Me lo hai portato via una volta e ora lo rifarai
di nuovo. Lo sapevo che eri un bastardo vendicativo, ma non pensavo fino a
questo punto. Hai trovato il modo più lento e doloroso per uccidermi-
-Non ho intenzione di
portartelo via.-
-Lo lasci stare qui con
me?-
-No. Sarai tu a venire da me.-
-Scusa?-
-Ti trasferirai a casa mia,
così potrai stare con lui. E potrò farlo anche io.-
-Io non voglio farmi
mantenere da te.-
-Allora ti troverai un
lavoro-
-Certo, è pieno
così di persone disposte ad assumere una ragazza madre che ha
difficoltà a districarsi tra gli orari di lavoro e il suo bambino.-
-Non sei più una
ragazza madre. Ho intenzione di occuparmi di mio figlio.-
-Tu vuoi solo portarmelo
via!-
-Se volessi questo davvero,
ora non sarei qui a proporti di stare con lui. Andiamo Weasly,
è la proposta migliore che posso farti.-
E alla fine cedette e lo
seguì. E piano piano trovarono un equilibrio. Draco aveva smesso di serbarle rancore e lei aveva iniziato
a vederlo sotto una luce diversa. Nonostante tutto era un bravo padre e era
riuscito a farsi amare da William.
E quando li guardava
Ginevra pensava che forse, senza che se ne accorgesse, la sua vita era davvero
cambiata e che quel disprezzo che tanto aveva temuto di vedere negli occhi
grigi di suo figlio non ci sarebbe mai stato. E per la prima volta dopo tanto
tempo si era resa conto di provare di nuovo una felicità completa, perché
i pezzi della sua vita si erano improvvisamente ricomposti. E per questo doveva
ringraziare solo Draco Malfoy.