Liliac- l'inizio
Portoverde di Misano
17 Luglio 2007
Il giorno in cui tutto ebbe inizio, il
mare era straordinariamente trasparente, fin troppo per essere mare di
riviera. Valentina si lasciava cullare dalle onde gentili di quel
pomeriggio soleggiato, immaginando il cielo delle Maldive che la
circondava. Al suo fianco, anch'egli intento a giocare con l'acqua
cristallina, Davide sorrideva col viso rivolto verso il sole.
Capitava così di rado che si vedessero,
quei due antichi amici d'infanzia, che quel giorno di Luglio, con i
rispettivi genitori intenti nelle loro conversazioni, sembrava loro di
essere tornati indietro ai tempi della prima adolescenza.
Nuotarono fino al largo, immersi in un
blu profondissimo, e si accorsero appena di una leggera brezza che
spirava attorno a loro. Una brezza che in pochi minuti divenne forte
vento. Un vento caldo, pungente, che sapeva di zolfo, che affogava i
polmoni ed annebbiava la vista.
Non ebbero neppure il tempo di
guardarsi, e domandarsi l'un l'altra cosa stesse accadendo.Quel vento
trasportava con sè un'ondata di morte, di sogno angoscioso. Nell'attimo
in cui abbassarono lo sguardo, il mare divenne di un viola metallico,
guizzante di lampi nelle profondità, trasparente come vetro liquido.
Sotto di loro, videro chiaramente due
ombre gigantesche puntare dritto in superficie, nella loro direzione.
Quegli esseri, luminescenti di particelle cangianti, avvolti in
bargigli dello stesso colore del mare, parvero a Valentina grandi
quanto due meteore.
Annebbiata dall'odore di zolfo
nell'aria, non provò paura quando uno di essi le si avventò contro, e
col suo stesso peso sollevò un'ondata alta più dei grattacieli che si
affacciavano sul mare. Trasportata da quella muraglia d'acqua, fu
innalzata verso il cielo, e poi ricacciata giù, sballottata in quel
turbinare di schiuma.
Rimase sommersa per... per quanto?
Secondi? Minuti? Per lei non fece alcuna differenza. Era come se il suo
corpo, pervaso dallo sgomento, e da quel penetrante odore di uova
marce, si fosse totalmente dimenticato di avere bisogno di ossigeno per
vivere.
Osservava quei mostri mentre le
vorticavano attorno, mentre danzavano con l'eleganza di farfalle in
quell'oceano diventato sogno. La corrente creata dal colpo di coda di
una di quelle creature la sbalzò in superficie, e lei inspirò, espirò,
inspirò ancora quell'aria marcia finchè non si sentì completamente
sazia di zolfo bruciante.
Una nuova, violenta onda la riversò sul
letto di ghiaia che costituiva la spiaggia in quel tratto di costa. Le
sue mani strinsero i sassolini e vi si aggrapparono incerte, quasi
stentassero a credere che potesse esistere un mondo solido al di fuori
di quello vorticante del mare divenuto viola.
Si, è vero... esisteva un mondo fatto di
sassi, di sabbia, di asfalto e di rocce. Esisteva un mondo in cui lei
non era l'unica creatura vivente. E quando la sua mente si ricordò chi
era, e fu capace di ragionare di nuovo, allora venne assalita da un
terrore strisciante. Un terrore che mai aveva provato prima.
Urlò a gran voce il nome del suo amico,
solo per rendersi conto che dalla sua gola non usciva alcun suono.
Tossì, tossì ancora, riversa sulla ghiaia. Provò ad urlare di nuovo, e
questa volta il risultato fu un sommesso sussurro.
Credette che fosse un sogno, ma nessuno
venne a svegliarla. Si voltò lentamente, a scrutare per l'ultima volta
quel mare viola che aveva inghiottito il suo amico.
" Ancora un attimo" pensava "ancora un
attimo". Ma lui non fece mai più capolino da quei flutti. E si trovò a
pensare, in una parte non troppo profonda della sua mente, che Davide
si fosse mutato in un delfino, e fosse scivolato via al culmine della
felicità, gioioso di poter nuotare in un mare del colore del temporale.
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