Secondo principio della termodinamica: "in un sistema isolato
l'entropia è una funzione non decrescente nel tempo."
Era
trascorso un intervallo di tempo immenso da quando era stato formulato
tale principio. La temperatura dell'Universo si era abbassata
lentamente e la materia in varie parti del cosmo era in equilibrio
termico quasi perfetto.
L'entità A fissava l'immensa estensione di
oscurità di fronte a sé cercando inutilmente di
distaccarsene. Le luci
di quel poco che restava delle stelle erano molto flebili e ovunque
regnava sovrana l'immobilità più totale;
l'entità non poteva che
cercare di guardare con distacco un simile spettacolo di morte per non
soffrirne nel profondo. Soffrire... le emozioni erano la rovina degli
esseri pensanti, si disse. Si chiedeva intanto cosa avrebbe pensato un
suo antenato; di tali creature sapeva solo che erano composte di
materia e che, anche solo per questo motivo, erano immensamente fragili
e caduche. Le chiamavano "esseri umani" ma forse la si poteva
considerare una semplice leggenda, dopo tutto il tempo che era passato
dalla loro esistenza. Forse non erano neppure mai esistiti, questi
umani.
Questi pensieri furono bruscamente interrotti da un segnale
che raggiunse l'entità A: qualcuno si stava mettendo in
contatto con
lei.
-Salve! - disse l'entità B utilizzando una formula di
cortesia che ormai sembrava un inutile retaggio del passato.
-Salve. - rispose con totale inespressività
l'entità A.
-Com'è la situazione in questo settore?
-Come da ogni parte: è la fine, è il nulla.
Passò
in quel momento una particella con alta energia cinetica.
L'entità A ne
rise mestamente dentro di sé: sapeva fin troppo bene che,
come sempre
accadeva, anche quell'energia si sarebbe presto dispersa nell'ambiente
come un giovane guerriero che, determinato nel proprio scopo ma
totalmente circondato da nemici molto più potenti, rifiuti
la resa e
combatta fino a che non crolli a terra esanime, rassegnato e
consapevole che la propria ora è ormai giunta.
-Ritieni che non si possa fare nulla? - chiese poi l'entità
B.
-Cosa
si potrebbe fare? Da miliardi e miliardi di anni si sapeva cosa sarebbe
stato e nessuno è riuscito a fare in modo che non fosse.
Perché io
dovrei sapere cosa fare? Non sono che un insignificante abitante di una
dimora in rovina che non saprò mai dominare.
-Hai ragione. Ma cosa
saremmo noi esseri pensanti ora, se non avessimo mai osato? L'ingegno e
la fiducia in sé hanno sempre salvato la mente.
-Forse. Tuttavia niente o nessuno è infallibile; non ci sono
elementi per pensare il contrario.
L'entità
B percepiva un forte senso di scoramento e rassegnazione
nell'entità A;
ciò era in totale contrasto con il proprio modo di vedere la
realtà,
per quanto l'entità B comprendesse pienamente le ragioni
dell'altro
pensante. Comunque fosse bisognava fare qualcosa, ne era certa.
Miliardi
di anni passarono ancora. Le stelle erano ormai ammassi amorfi di
materia con temperature medie di poco superiori allo zero assoluto e
quasi del tutto spente. Anche la vita volgeva alla fase terminale.
L'entità A ricevette un nuovo, flebile segnale.
-Chi è?
-Uno degli ultimi di noi. Abbiamo avuto modo di discutere miliardi di
anni fa, forse lo ricordi. - rispose l'entità B.
-Lo ricordo. Mi chiedevi aiuto per mettere fine alla fine.
-Esatto. Sarai felice di sapere che ci sono riuscito.
L'entità
A fu colpita da tale notizia al punto che è impossibile
descrivere
quello che provò utilizzando delle semplici parole. Miliardi
di anni di
declino potevano forse essere fermati in un attimo? Si poteva andare
contro la Fisica, suprema guida degli eventi dell'Universo? Le sembrava
troppo bello per poter essere vero.
-Come?
-Ho trovato un modo
per entrare in un una dimensione parallela non sottoposta alle leggi
dell'entropia: una dimensione eterna ed immutabile.
-Ma quindi...
-Quindi
non c'è nulla in tale dimensione e nulla succede. Tutto
dipenderebbe
dalla nostra presenza in essa, saremmo i soli elementi di
discontinuità
di quel luogo; riusciremmo a pensare ancora. C'é una
condizione, però:
non possiamo entrarci entrambi. La presenza di più di una
entità in una
di queste dimensioni parallele provoca il collasso della stessa e la
conseguente annichilazione dell'entità.
-Hai detto "queste dimensioni"? Quindi il problema sarebbe aggirabile
se ogni entità stesse in una sua dimensione a parte?
-Sì. Cosa ne pensi?
-Penso
che la vita non abbia uno scopo. La vita è un caso
più o meno fortuito,
una serie di fattori che si verificano contemporaneamente. L'unico
senso che si può fornire alla vita è quello dato
dalla felicità, la cui
ricerca contraddistingue ogni forma di vita intelligente. Un modo per
toccare la felicità è conoscere; ma senza nulla
da conoscere non è
evidentemente una strada attuabile. La dimensione parallela che tu mi
descrivi non ha nulla da conoscere.
-Però la conoscenza non è l'unico modo per
arrivare alla felicità, mi sbaglio forse?
-Non
ti sbagli. Un altro modo è comunicare, formare un legame con
altri
esseri pensanti e costruire pensieri sempre più corretti e
complessi
unendo le forze di tutti. Ma anche questa non è una strada
attuabile in
un luogo di solitudine.
-Ebbene? - chiese curiosa l'entità B.
-Allora
è inutile. Ti ringrazio di avermi proposto questa strada,
questa via
per evitare la morte. Tuttavia preferisco morire piuttosto che vivere
una vita di nulla.
L'entità B fu scossa da questa opinione.
-Sicura? Ci sono ancora alcuni milioni d'anni per pensare, prima che
scompariamo da qui... forse faresti meglio a...
-No,
grazie, ho avuto fin troppo tempo per riflettere sull'esistenza.
Piuttosto posso chiederti cosa spinge te a rifugiarti in quella
dimensione? Desideri riflettere per l'eternità?
-Non è per quello. Ho paura della morte.
-Comprensibile. Grazie, è stato bello conoscerti.
-Anche per me.
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