Legge
di
Murphy
Il
ragazzo
sostò davanti alla porta dello scompartimento, contando
mentalmente fino a
dieci. Aveva un’idea abbastanza precisa di cosa avrebbe
trovato, e quindi
all’assurdità della situazione, che già
di per sé lo irritava parecchio, si
aggiungeva una punta – impercettibile, ovviamente –
di disagio.
Era
sicuro che
stava letteralmente per entrare nella fossa dei leoni, e sebbene fosse
abituato
ad agire impulsivamente, il pericolo che correva in quel momento andava
attentamente vagliato. Alla fine, mormorando un poco elegante
“Al diavolo!”, si
riscosse ed aprì la porta con l’aria bellicosa con
cui i soldati di Waterloo dovevano
aver imbraccato i loro fucili – anche se questo non poteva
saperlo.
All’interno
dello scompartimento, seduta in una posa rilassata ed intenta a leggere
un
libro, c’era una ragazza dai lunghi capelli tizianeschi
raccolti in una coda,
ovviamente già in divisa, con l’aria rilassata di
chi sta passando un momento
di pace per cui non vuole venir disturbato.
Al
rumore
della porta che si apriva e si chiudeva, comunque, alzò gli
occhi con una punta
di irritazione ed aggrottò le sopracciglia quando distinse
la figura bruna
davanti a sé.
«Sì?»
chiese
lapidaria chiudendo il libro ma tenendo l’indice alla pagina
a cui era
arrivata.
Il
ragazzo la
guardò per un secondo e si sedette di fronte a lei.
«Non chiedermelo» rispose
sconfortato, passandosi una mano fra i capelli.
La
ragazza
strinse un attimo gli occhi, poi li spalancò tanto da far
risaltare
ulteriormente le iridi verde chiaro. «Vuoi dire
che…?» cominciò esitante, e
l’altro annuì, sprofondando nel sedile.
«Non
guardare
me, per una volta posso giurarti in perfetta buona fede che non
c’entro niente.
Né me l’aspettavo. Diamine, nemmeno una persona
completamente tocca
sceglierebbe me per un incarico
del
genere! E Silente non dovrebbe essere tocco!»
«È
già un po’
avanti con gli anni…» mormorò con voce
appena tremante la ragazza sistemandosi
meglio sulla poltrona.
Lui
agitò una
mano impaziente. «Forse, ma che diamine! Non è una
scusa! Dimmi, in quale
strano universo parallelo io potrei
diventare Caposcuo…»
Non
poté
finire, perché il resto della frase fu soffocata dalla
risata ricca e vibrante
della ragazza di fronte a lui, che immemore di ogni dignità
stava appoggiando
la testa al vetro sghignazzando senza ritegno.
«Cosa
diavolo…?» cominciò il ragazzo, offeso,
e lei per tutta risposta provò a
tirarsi su, lo guardò un secondo e riprese a ridere non
prima di essere
riuscita a esalare: «Avrei dovuto
immaginarlo…»
Il
ragazzo
incrociò le braccia. «Sempre lieto di essere causa
di ilarità, Evans, ma
onestamente non credi di stare un po’ esagerando?»
Lei
scosse la
testa e riuscì, facendo violenza su sé stessa, a
smettere di ridere. «Non
capisci…» disse con una voce in cui ancora tremava
la risata. «È così… assurdo! Con un’intera Casa a
disposizione, Silente va a scegliere te!»
Lui
la guardò
scoraggiato. «Ti prego, non me ne parlare! Ho perso dieci
galeoni con Pad…
voglio dire, con Sirius per colpa di questa stupida nomina! Avevo
scommesso che
sarebbe stato Remus il nuovo Caposcuola…»
«Oh,
no,
Potter, se ti fossi fermato a riflettere un istante, come avrei dovuto
fare io,
avresti capito subito che non potevi che essere tu»
ribatté Evans mentre le
labbra continuavano a tremarle per riso represso.
«Ah
sì, e
come?» chiese Potter, scettico.
«Legge
di
Murphy» ribatté lei sibillina.
L’arrivo
degli
altri Capiscuola e dei nuovi Prefetti rese impossibile ogni
spiegazione, perciò
Potter dovette attendere il ritorno negli scompartimenti per avere
delucidazioni.
«Moony,
sai
chi era Murphy?» chiese sedendosi prima che chiunque altro
potesse parlare.
L’amico
lo
guardò sorpreso. «Murphy? Be’, non sono
sicuro fosse una persona, ma…»
«E
chi era,
allora?»
Il
ragazzo lo
guardò sempre più curioso.
«Be’, nella cultura occidentale Babbana esistono
una
mezza dozzina di modi di dire che vengono detti tutti insieme
“Legge di
Murphy”, e…»
«Ok,
siamo a
cavallo. Cosa cacchio dice questa legge?»
«Be’,
ti ho
già detto che sono più di una, diciamo
che…»
«Moony!
Stringi!»
«Lo
stavo
facendo!» ribatté quello, stizzito.
«“Se qualcosa può andare storto, lo
farà”.
Ecco qual è la sintesi generale.»
L’altro
lo
guardò incredulo per un attimo, poi scoppiò a
ridere senza nessun apparente
motivo.
E
non ci fu verso
di farlo smettere.
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