Autore
Autore: HermioneForever92
Titolo della storia: Crazy Little Thing Called Love
Genere: Romantico, Commedia
Rating: Giallo
Totale pagine: 8
Trama: Elisa è innamorata del suo giovane professore di matematica ma è convinta
di non avere speranze; il giorno di Natale avrà una grossa sorpresa...
Elementi facoltativi: Mamma, ragazzo, papà, nonni, sorella,
angelo, decorazioni di Natale, palle di neve, pranzo di Natale, vigilia di
Natale, compere, amica.
Link del concorso:
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8867932&p=1
Crazy Little Thing Called Love
Fondamentalmente mi sentivo una stupida. Sì, mi sentivo
decisamente stupida. Aspettare la vigilia di Natale per comprare il regalo alla
mamma non era stata una buona idea e adesso avrei dovuto subirne le conseguenze,
ovvero una ricerca disperata fino all’ultimo negozio. Se solo ci fosse stata
anche la mia migliore amica Ilaria avrei sicuramente avuto qualche idea, e
invece brancolavo nel buio più totale.
Come se non bastasse mi sentivo a pezzi anche dal punto di vista
sentimentale; ero completamente depressa al pensiero che non avrei visto l’uomo
che amavo per circa due settimane. Perché io non potevo essere innamorata di un
mio coetaneo, no di certo, sarebbe stato troppo normale... una come me doveva
distinguersi e andarsi a innamorare non solo di un adulto, ma di un
professore. Era giovane, non aveva più di trent’anni, ma ero comunque un mio
professore, che sicuramente non mi avrebbe mai visto se non come una delle
migliori alunne della classe; avrebbe avuto stima di me, ma mai come donna,
sarei sempre stata solo una ragazzina.
Sospirai, entrando nell’ennesima profumeria alla ricerca di un
regalo decente. Mi misi a maneggiare alcune boccette di profumo, pensando in
realtà a tutt’altro; per la precisione, i miei pensieri vagavano verso un certo
professore. Del resto non era colpa mia se mi piaceva tanto: adoravo il modo in
cui spiegava, come si rapportava con gli studenti, e lo trovavo assolutamente
affascinante. Da quando c’era lui la matematica mi sembrava cento volte più
interessante, così come a molte mie compagne... ma nessuna provava per lui
quello che sentivo io. Erano attratte dal suo fisico, infatuate da un bel
sorriso, mentre a me piaceva lui, quello che diceva e pensava, come lo
comunicava.
Mi riscossi dalle mie fantasticherie e mi diressi verso la cassa,
con il primo profumo che mi era capitato a tiro; non avevo più voglia di cercare
dappertutto e di solito la mamma si accontentava di tutti i miei regali. Pagai e
uscii, cercando di camminare più in fretta che potevo. Faceva decisamente freddo
e volevo tornare a casa alla svelta; i miei genitori stavano organizzando il
pranzo di Natale e tutti gli anni mi impegnavo per dare una mano. Teoricamente
avrei dovuto farlo anche quell’anno, se solo non avessi dovuto comprare
d’urgenza il regalo, e volevo tornare il prima possibile; mi dispiaceva lasciare
tutto il lavoro a mia sorella e ai miei genitori, sapevo quanto ci tenevano!
Mi sistemai alla fermata dell’autobus, pregando di non congelare,
e iniziai ad ascoltare l’iPod per ingannare il tempo, ma sembrava che quel
maledetto autobus non volesse passare mai. Ero sul punto di andarmene, quando
intravidi dall’altra parte della strada l’oggetto che occupava costantemente i
miei pensieri. Sul marciapiede dall’altra parte della strada c’era il professor
Marco Rossi, e veniva verso di me. Stava venendo verso di me, e io ero impalata
sul punto di morire assiderata, con il naso rosso degno di Rudolph, la renna di
Babbo Natale, i guanti bucati e degli stivali imbottiti da sciatrice che mi
rendevano decisamente poco aggraziata. Insomma, la situazione che tutti
sognerebbero. Mi sorrise leggermente e mi salutò con la mano; ricambiai cercando
di nascondere i buchetti sui guanti.
“Buonasera!” dissi arrossendo, togliendo le cuffie dalle
orecchie. “Ciao! Cosa fai qui? Non sei a fare l’albero di Natale?” scherzò
avvicinandosi. Notai come, anche con quella tormenta, riuscisse ad essere
incredibilmente bello; cinque secondi dopo averlo pensato pregai di non aver
assunto espressioni imbarazzanti o compromettenti, e conoscendomi non mi sentii
tanto tranquilla. Per fortuna Ilaria non c’era, altrimenti avrebbe finito col
farmi fare una figuraccia come succedeva sempre.
“A dire la verità l’ho già fatto, sono uscita solo per comprare
un regalo.” spiegai imbarazzata, mostrando il sacchetto della profumeria. “Ah, i
regali dell’ultimo minuto... ti capisco, fare regali mette sempre in crisi anche
me. Beh, adesso devo proprio andare! Auguri, Elisa.” mi disse sorridendo.
“Auguri, professore.” replicai mentre si allontanava.
****
Entrai in casa e mi fiondai in camera; sentii che mia sorella mi
urlava qualcosa ma non le feci caso. Ero completamente assorbita da
quell’incontro che avevo fatto; per uno strano caso del destino lo vedevo
ovunque. Sembrerebbe impossibile, ma avevo la capacità straordinaria di
incontrarlo veramente dappertutto, e informandomi con le mie compagne di classe
avevo scoperto che ero l’unica; le altre non lo vedevano quanto me. Non ero un
tipo da credere nel destino, ero troppo razionale, ma iniziavano a venirmi dei
dubbi. Scossi la testa sorridendo amaramente; ero sempre stata fin troppo brava
ad illudermi, forse avrei dovuto decisamente darci un taglio con tutte quelle
fantasie!
Scesi al piano di sotto e appoggiai il regalo per la mamma sotto
l’albero, insieme a tutti gli altri; entrai in cucina e trovai i miei genitori
intenti a iniziare i preparativi per il pranzo. “Come va?” chiesi mettendomi un
grembiule. “Insomma, c’è così tanto da fare... Elisa, per piacere, perché non
inizi a risistemare camera tua? Sai che dev’essere in ordine!” mi disse la mamma
con una faccia che non ammetteva repliche. Sbuffando tornai in camera e fui
bloccata da mia sorella Francesca.
“Ti ho chiamata prima!” protestò ferita, e si gettò sul mio
letto. “Scusami, non ci avevo fatto caso.” dissi sedendomi accanto a lei. Era
più piccola di me di un anno e sapeva tutti i miei segreti; avrei potuto dirle
che avevo visto Marco, ma chissà perché non me la sentivo. Mi sembrava quasi
superfluo, ecco, una cosa privata.
“Domani viene un sacco di gente, la mamma è intrattabile.”
m’informò con aria cospiratoria, e alzai gli occhi al cielo. I miei avevano
questa mania assurda di fare pranzi di Natale faraonici, invitando non so quanti
parenti mai visti prima o amici di amici... una cosa abominevole, che mi
costringeva ad emigrare in camera mia poco dopo la fine del pasto per sfuggire
ai convenevoli di turno, ai quali ero assolutamente allergica.
“Me lo immagino, conosco bene le sue reazioni...” commentai cupa.
Francesca si alzò e mi gettò uno straccio per pulire. “Hai sentito la mamma?
Devi fare le pulizie!” mi prese in giro ridendo. Scoppiai a ridere e passai un
dito sul comodino; sì, effettivamente una ripulita era necessaria. “Crede che
gli invitati vengano in camera mia?” chiesi sarcastica, iniziando il mio lavoro.
Francesca si strinse nelle spalle. “Non lo so, ma credo che debba venire davvero
tanta gente, anche amici di famiglia... credo che voglia fare bella figura.”
rispose, uscendo e lasciandomi in balia della polvere.
****
Io odiavo la neve. Odiavo il freddo che portava con sé, non
sapevo come camminarci sopra e mi sentivo terribilmente ridicola vestita con
abiti pesanti per ripararmi dalla bufera; dunque non fui particolarmente
contenta quando la mattina di Natale svegliandomi scoprii una coltre bianca
sulla città. Francesca invece era a dir poco entusiasta; non perse tempo, e
tentò di coinvolgermi senza successo in una battaglia a palle di neve. A dire la
verità stava pensando di portarne un po’ in casa, ma decise di non mettere
ulteriormente alla prova la pazienza della mamma, che dal canto suo era in
cucina e sfogliava freneticamente un ricettario.
“Mamma, sarà tutto buonissimo come al solito...” dissi
gentilmente per tranquillizzarla, ma mi zittì con un gesto della mano. Papà mi
guardò scuotendo la testa, e capii che avrei dovuto lasciarla stare. “Giacomo,
la salsa dei crostini è pronta?” sentii chiedere mia madre, con voce leggermente
isterica.
“Neanche dovesse venire il papa in persona... o hai invitato
anche lui?” chiesi sarcastica. “C’è mancato poco, forse lo aveva anche preso in
considerazione.” borbottò mio padre, e uscii dalla stanza perché non volevo che
la mamma mi vedesse ridere .
****
Neve voleva dire freddo tremendo, dunque potevo dire addio al
vestito che avevo pianificato di indossare. Tirai fuori dall’armadio un
maglione, un paio di jeans e degli stivali; non era proprio quello che avrei
voluto mettermi, ma in fondo non avrebbe dovuto importarmi granché di come sarei
sembrata a quegli ospiti. Tanto l’unica persona per la quale non avrei voluto
apparire sciatta o cretina non ci sarebbe sicuramente stata, quindi tanto valeva
stare caldi. Sentii il campanello suonare e la mamma mi urlò di andare ad
aprire; scesi giù e feci entrare i miei nonni, che venivano sempre un po’ prima
dell’inizio del pranzo per aiutarci.
Mi accorsi che erano arrivati anche alcuni amici dei miei
genitori con il loro figlio Filippo, che aveva due anni più di me e mi
tormentava da secoli perché uscissi con lui. Eravamo amici, ma quando iniziava a
insistere non sapevo veramente come fargli capire di desistere senza ferirlo, e
mi dovevo sempre scervellare per trovare motivazioni gentili. Dopo un po’
arrivarono altri invitati, fino a quando non aprii la porta a un ennesimo suono
del campanello e rischiai di morire d’infarto sulla soglia di casa mia.
Perché diavolo Marco Rossi era sulla mia porta? Dovevo avere una
faccia a metà tra il comico e il patetico, perché mi lanciò un’occhiata
abbastanza strana. “Buongiorno.” balbettai facendomi da parte. Marco mi salutò
ed entrò, seguito da una persona che non conoscevo e dal mio cugino preferito
nonché unico, Andrea, che effettivamente aveva sui trent’anni. Mio cugino mi
baciò e mi scompigliò i capelli, senza accorgersi di quanto fossi sconvolta.
Com’era possibile? Doveva essere un sogno, era l’unica spiegazione possibile!
Andai subito in cucina e presi da parte mia madre.
“Mamma, di là c’è il professor Rossi, ma chi l’ha invitato?”
chiesi sbalordita, e la vidi lanciare un’occhiata fugace in salotto. “Tesoro,
tuo cugino Andrea mi ha chiesto se poteva portare due suoi amici e gli ho detto
di sì, non immaginavo...” disse confusa, e capii che anche lei era stata presa
alla sprovvista. Non doveva essere gradevole per lei avere un professore della
figlia a pranzo, la potevo capire benissimo.
“Mi dispiace, Elisa, non vorrei che questo ti rovinasse il
Natale...” aggiunse preoccupata, e scossi la testa. “No, figurati, ero solo
molto sorpresa... per il resto nessun problema, sai che il professore mi è
simpatico e che è molto alla mano, sono sicura che ci divertiremo.” dissi
sorridendo.
Ritornai in salotto, e Andrea mi bloccò. “Elisa, ma è vero che
Marco è un tuo professore? Non ci credo!” esclamò incredulo, e arrossii. “Sì, mi
sembrava di avertene anche parlato.” gli feci notare un po’ in imbarazzo. Marco
sorrise e Andrea aggrottò le sopracciglia. “Non mi ricordo... e come insegna?”
mi chiese con falsa espressione angelica. “Andrea, se non la smetti subito...”
minacciai paonazza, divincolandomi.
“Ehi, sto scherzando! Come mai così nervosa?” chiese offeso,
lasciandomi andare. “C’è la neve.” borbottai tra me, rimpiangendo subito dopo di
averlo detto. Ecco, questo era il modo giusto per farsi considerare una pazza
psicopatica. “Ah, è vero, tu odi la neve.” osservò mio cugino con un sorrisetto.
“Davvero? Non lo sapevo.” commentò Marco interessato, e mi sentii
sprofondare. “Vado a dare una mano...” mi scusai allontanandomi. “Che brava
bambina!” mi prese in giro Andrea, e dovetti tirargli una botta per farlo
smettere.
****
Dalla faccia di Francesca capii che aveva incontrato il nuovo
ospite; mi limitai ad alzare gli occhi al cielo e a sedermi a tavola cercando di
comportarmi come una persona dotata di un quoziente intellettivo abbastanza
decente. “Allora, cuginetta, hai dato una mano a fare l’albero?” mi chiese
Andrea con aria canzonatoria. Mi chiesi cosa gli stesse prendendo; di solito non
mi trattava mai in quel modo, voleva all’improvviso assumere un atteggiamento di
superiorità solo perché era con i suoi amici?
“No, e tu piuttosto hai poi utilizzato quegli angioletti di vetro
che hai comprato l’altro giorno?” gli chiesi con aria tranquilla, e alcuni dei
presenti risero vedendo diventare mio cugino rosso. Mi accorsi che Francesca
lanciava occhiate di soppiatto ora a me ora al professore; io, del resto,
faticavo a tenere lo sguardo basso sul piatto.
Il fatto era che Marco era semplicemente fantastico quel giorno,
più di quanto non lo trovassi normalmente; forse era l’aria del Natale, ma mi
sembrava irresistibile.
****
Dopo un po’ stavo già iniziando ad annoiarmi. Filippo aveva
cominciato a farmi complimenti con grande divertimento di tutti i presenti e mio
enorme imbarazzo, non sapevo come reagire e Marco mi stava osservando con
un’espressione che non riuscivo assolutamente a decifrare.
“Elisa, cara, come va a scuola?” chiese una mia lontana parente
ripescata appositamente per il pranzo. Mi sentii avvampare, e trovai solo la
forza di balbettare un flebile “bene”, ma quando intervenne Marco diventai
decisamente bordeaux. “Sono un suo professore e posso garantire che è
bravissima.” disse sorridendomi, e cercai a mia volta di sembrare tranquilla e
serena, senza riuscirci. “Con tutto quello che studia...” commentò Francesca
dandomi una pacca su una spalla.
“Sì, beh, non è che stia proprio tutto il giorno sui libri...”
aggiunsi cercando di sminuirmi. Non volevo passare per una ragazza fissata con
la scuola, visto che non lo ero nemmeno! “Sei sempre stata molto sveglia, e
anche brava a rifilare rispostacce.” fece notare Andrea, che era ancora un po’
stizzito per la figura che gli avevo fatto fare prima.
****
Stava andando tutto come in qualsiasi altro Natale passato;
finito il mega pranzo la mamma e le altre risistemavano, mentre i ragazzi e gli
uomini si mettevano in salotto a parlare. Incrociai Francesca con dei piatti
sporchi in mano e decisi di aiutarla; sparecchiavo il tavolo e ogni tanto
gettavo lo sguardo verso l’albero di Natale, vicino al quale si erano seduti
Marco, mio padre e altri miei parenti.
Mi sentivo triste; avrei dovuto essere felice di avere la persona
che amavo con me per il Natale, eppure la consapevolezza di non essere nulla per
lui mi uccideva. Mi diressi in cucina a capo basso, cercando di pensare ad altro
e non alla mia incredibile cocciutaggine che mi teneva legata a lui. Salii al
piano di sopra; avevo voglia di stare un po’ sola, e con la casa piena era
praticamente impossibile. Stavo per entrare in camera mia, quando sull’ultimo
gradino incontrai Filippo.
“Dove vai?” mi chiese con un sorriso speranzoso. “Un po’ in
camera, sono frastornata...” gli dissi passandomi una mano sulla fronte. “Mi
dispiace, bevuto troppo?” s’informò premuroso. “No, dev’essere la confusione,
quest’anno siamo veramente in tanti... e giù c’è troppo caos, ci sono alcuni che
guardano la tv, altri che parlano, altri che ridono, altri che ascoltano
musica... non mi sento a mio agio.” rivelai con una smorfia.
“Elisa, hai pensato a quella proposta che ti avevo fatto?” mi
chiese serio. Sospirai; erano anni che mi faceva sempre la stessa proposta,
ovvero uscire con lui, ed erano anni che riceveva sempre la stessa risposta,
ovvero no. “Filippo, tu per me sei un grande amico, ti voglio bene, ma non posso
vederti come nulla di più. Credimi: se potessi sceglierei te, sarebbe più
semplice anche per me, ma non posso!” dissi cercando di non ferirlo. Lo vidi
abbassare gli occhi.
“Non ti piaccio?” domandò ferito, e mi sentii un mostro. “Mi
piaci come amico. Sono solo masochista, non riesco mai a semplificarmi le cose e
devo per forza non essere interessata a chi lo è a me. Ti prego, credimi. Se
potessi uscirei con te, ma non voglio rovinare la nostra amicizia illudendoti.”
spiegai sincera.
Ci avevo riflettuto molto; Filippo sarebbe stato la scelta più
facile, un porto sicuro, ma su quali basi avremmo fondato la nostra unione? Per
quanto mi riguardava sarebbe stato un ripiego, e con tutto il bene che gli
volevo non avrei mai potuto fargli una cosa simile. Ci sarebbe stato malissimo,
e io mi sarei sentita troppo cattiva. Se solo non fossi stata innamorata di un
altro Filippo sarebbe stato perfetto: un ragazzo che mi voleva bene, mi era
simpatico e mi rispettava.
“Sei proprio sicura?” azzardò avvicinando il volto al mio.
Sorrisi e appoggiai le labbra sulla sua guancia destra. “Sì.” mormorai,
tenendogli il viso tra le mani. Tutte le mie amiche mi ritenevano una grande
stupida a rifiutarlo, visto che era decisamente bello e simpatico, ma del resto
io non avevo mai brillato per furbizia. Filippo mi dette un bacio sulla fronte e
scese le scale; lo seguii con lo sguardo e quasi svenni quando mi accorsi che a
metà rampa c’era Marco.
Rivolsi lo sguardo prima a lui e poi a Filippo, e
dall’espressione di quest’ultimo seppi che aveva capito; forse si era accorto di
come lo guardavo. Filippo lanciò un’occhiata carica di gelosia a Marco, che
sembrava confuso; probabilmente, pensai con orrore, era rimasto ai piedi della
scala da chissà quanto tempo e aveva sentito tutto senza nemmeno che noi ce ne
accorgessimo. Rimasi immobile sull’ultimo gradino, quasi senza notare che Marco
ormai era accanto a me e si era bloccato.
“Tutto bene? Mi sembri un po’ provata.” osservò gentilmente, e mi
appoggiai al muro. Era incredibile, ma avevo paura. Sarei riuscita a
controllarmi? “Sto bene, grazie.” sussurrai squadrandomi le scarpe. Marco si
avvicinò. “Ne vuoi parlare?” mi chiese, e lo guardai terrorizzata. “No!”
bisbigliai in preda al panico. Non avrei potuto trovare un confidente peggiore.
Marco si ritrasse, dispiaciuto.
“Mi scusi. E’ solo che sono così confusa... non so più cosa
fare.” confessai sull’orlo delle lacrime. “Prima ho sentito tutto. So che ho
sbagliato, ma stavo salendo le scale, voi non mi avete visto e non vi volevo
interrompere...” si scusò a disagio. Mi sentii svenire; era molto imbarazzante
sapere che un professore sapeva tutti i tuoi affari sentimentali.
“Non era niente di particolare...” balbettai. “Direi il contrario
se sei così scossa! So che sono un tuo professore, ma vorrei aiutarti. Io vorrei
che ti aprissi con me.” mi disse avvicinandosi. Indietreggiai fino a quando non
incontrai il muro e fui costretta a guardarlo negli occhi, consapevole che
rischiavo seriamente di annegarvi e di perdere la ragione.
“Perché fa tutto questo?” mormorai confusa, con il respiro
affannato. Marco sembrò preso in contropiede. “Non lo so. Non so neanche perché
sono qui, a dire il vero. Sapevo che questa era casa tua, ma ho accettato lo
stesso l’invito di tuo cugino, e devo ancora capirne il motivo. Non so cosa mi
succede.” confessò, e per la prima volta mi sembrò tormentato. Fui io ad
avvicinarmi. “Sono felice che abbia accettato.” rivelai lentamente, e mi guardò
meravigliato.
“Credevo che non ti facesse piacere.” osservò serio. “Lei non ha
idea di quanto sia contenta.” sussurrai, e una lacrima mi scese sul viso. “Ma
stai piangendo.” disse portando una mano sulla mia guancia e asciugandola.
Continuò a massaggiarmela, mentre mi trovavo in uno stato di trance. Non poteva
essere vero, forse era tutta finzione.
“Io sono innamorata di lei. E’ un bel problema, vero?” mormorai
all’improvviso, e quando mi resi conto di quello che avevo detto desiderai
scomparire. Marco mi guardò decisamente sorpreso. “No, non è un problema dal
momento che provo la stessa cosa per te.” mi disse tranquillamente. Calò il
volto sul mio, e mi baciò.
Lo strinsi a me con tutta la forza che avevo, ancora incapace di
credere a quello che stava succedendo, e sentii che si trovava veramente tra le
mie braccia, che era reale, che era sua la lingua che giocava con la mia, che le
mie dita erano davvero affondate tra i suoi capelli ribelli, che mi stava
veramente stringendo a sé. Sempre attaccati, ci rifugiammo sul pianerottolo ed
entrammo in camera mia. Chiusi la porta dietro di noi e continuai a baciarlo con
furia, mentre entrambi sembravamo non essere mai sazi l’uno dell’altra.
“Elisa! Scendi, è arrivata Ilaria!” sentii mia madre chiamare dal
piano di sotto. “Mi ero scordata che Ilaria passa tutti gli anni a salutarci!”
bisbigliai in fibrillazione, detti un bacio veloce a Marco e filai di sotto.
Entrai in salotto cercando di apparire composta e tranquilla, e non frenetica
come ero stata fino a due secondi prima; sorrisi a tutti e abbracciai Ilaria.
“Vieni di là.” le sussurrai all’orecchio. La trascinai in bagno,
chiusi la porta a chiave e iniziai a raccontarle tutto. Alla fine della storia
aveva gli occhi sgranati. “Fammi capire... il professore adesso è in camera
tua?” chiese scandendo bene le ultime parole. Annuii soddisfatta. “Il professore
è in camera tua e stai perdendo tempo qui con me? Sali immediatamente su,
cretina, io vado via!” esclamò ridacchiando, e schizzò in piedi.
“Non posso comunque stare sempre su, se ne accorgeranno.” le feci
notare saggiamente, e assunse un’espressione pensierosa. “Beh, trattienilo con
una scusa. Intanto io me ne vado.” concluse spiccia, e schizzò in salotto. La
seguii e sentii che stava salutando il professore; non riusciva a restare seria,
e Marco aveva sicuramente capito che le avevo già raccontato tutto. Gli sorrisi
con aria colpevole e accompagnai Ilaria alla porta; quando ritornai indietro mi
accorsi che Andrea era seduto in disparte vicino all’albero e sembrava
taciturno.
Mi avvicinai e lo abbracciai da dietro, e cercò di divincolarsi.
“Cos’hai? Non avevi mai reagito così.” dissi turbata, costringendolo a
guardarmi. Sbuffò e poi fece una strana smorfia. “Perché lui? Di tutti
quelli che ci sono, proprio lui?” sibilò arrabbiato. Mi prese un infarto,
ma decisi di fingere di non aver capito.
“Lui chi? Andrea, non capisco...” dissi velocemente. “Hai
capito benissimo! Marco.” replicò Andrea. Restai in silenzio, e mio cugino
sbuffò. “Allora è vero! Diavolo, ma perché proprio lui?” ripeté, quasi in una
sorta di litania. “Non lo dirai a nessuno, vero?” chiesi disperata, e lo vidi
tentennare.
“Ma allora anche lui lo sa... ecco perché era così soddisfatto
poco fa! Ma io lo ammazzo!” borbottò cercando di alzarsi, e mi sedetti sulle sue
ginocchia. “No, fermo, ti prego! Questa è una mia faccenda, ti prego!” supplicai
a bassa voce, sperando di non dare troppo nell’occhio. Andrea mi scrutò torvo
per un po’, poi si rilassò.
“Lo sai che lo faccio perché ti voglio bene. Sono sempre stato
pronto a proteggerti. So che Marco non ti farebbe mai soffrire, mi fido di lui,
ma sono comunque... geloso.” mi spiegò un po’ più calmo. Sorrisi e lo
baciai su una guancia. “Tranquillo. Io ti voglio bene, ma devi rispettare le mie
scelte. Adesso questa mi sembra la migliore e devi fidarti di me. Però ti prego,
ti prego, non dirlo a nessuno.” supplicai di nuovo, quasi con le lacrime agli
occhi.
Andrea sospirò, poi mi scompigliò i capelli. “Se per te è
importante rispetterò questa tua scelta e manterrò il segreto, anzi cercherò di
aiutarvi.” promise, e lo abbracciai.
****
“Professore, so che le piacciono i Beatles, sa che ho tutta la
loro discografia?” domandai con finta noncuranza, avvicinandomi a Marco con le
mani dietro la schiena. Marco smise di parlare con mio cugino e mi guardò un po’
sconcertato. Lo guardai in un modo che sperai fosse abbastanza eloquente. “Ah,
davvero? Posso vederla?” chiese allora, e mi accorsi che mio cugino si stava
agitando sulla sedia; probabilmente non era entusiasta all’idea di me e Marco da
soli in camera mia.
“I dischi sono su, venga...” dissi precedendolo, e pregai che
Andrea sapesse contenere la sua gelosia. Salimmo in camera; chiusi la porta,
misi un cd allo stereo ma la nostra attenzione non andò certamente alla mia
collezione musicale. Mi abbracciò da dietro e provai un brivido nel sentire il
suo respiro sul mio collo, nel sentire le sue mani calde che stringevano le mie
irrimediabilmente fredde.
“Andrea sa.” sussurrai voltandomi. Marco barcollò, incerto su
cosa dire. “E allora?” chiese poi un po’ intimidito. “Non è stato facile, ma lo
accetta. E’ l’unica cosa che potrebbe fare...” mormorai strusciandomi contro il
suo collo. Avevo proprio bisogno di stargli accanto, la sua presenza mi faceva
decisamente bene.
Marco mi strinse a sé e mi ritrovai a pensare a cosa sarebbe
successo una volta svanita la magia del Natale; sarebbe stato possibile vivere
una relazione simile nella vita di tutti i giorni? Era stato il clima natalizio
a farla sbocciare o sarebbe comunque emersa prima o poi? A scuola come ci
saremmo comportati, durante le spiegazioni e le interrogazioni? E come avremmo
fatto per frequentarci? Probabilmente avrei dovuto chiedere ad Andrea di
coprirmi. Sarebbe stato ugualmente semplice all’infuori di quella giornata di
Natale un po’ particolare, in cui il professore andava a pranzo dall’alunna, in
cui potevamo infilarci in camera mia e stare un po’ insieme solo con la scusa di
ascoltare alcuni dischi?
Sinceramente non ne avevo idea. L’unica cosa che mi importava era
che in quel momento ero con lui e mi teneva stretta tra le sue braccia, ed ero
sicura che entrambi avremmo fatto il possibile per far funzionare quella storia
al massimo delle nostre forze.
“E’ il miglior Natale che abbia mai passato.” mormorai sorridendo
felice. “Sì, anche per me.” mi rispose Marco ricambiando il sorriso. E la sua
risposta mi rendeva appagata e mi bastava.
...ed eccoci arrivati alla
fine! ^^ Spero che la storia vi sia piaciuta, personalmente mi sono divertita
tanto scrivendola; vi ringrazio per avere letto, e se commenterete e/o
aggiungerete la storia tra le preferite/seguite. Riporto di seguito il giudizio
della giudice:
Originalità (1-10) 6. La storia dell’amore tra studentessa e professore è un
classico e il finale era abbastanza scontato, anche l’arrivo del professore a
pranzo. Purtroppo non pecca di originalità!
Grammatica (1-10) 9. Ottima grammatica, complimenti! A parte qualche
microscopica svista che si può benissimo trascurare.
Stile (1-10) 9. Lo stile è ottimo e scorrevole. La lettura è piacevole e le
descrizioni la rendono migliore.
Attinenza al tema (1-10) 6,5. Qui perdi un po’ di punti. Purtroppo gli elementi
obbligatori vengono trattati poco, a parte quello della neve. Tutti e tre
dovevano avere una loro importanza, ma l’albero viene appena nominato e il
regalo è dell’ultimo momento e fatto in fretta e in furia.
Caratterizzazione dei personaggi (1-10) 8,5. Molto buona la caratterizzazione
dei personaggi. Elisa ha una sua psicologia ben definita, da cui possiamo
dedurre il suo carattere. Poco definito è il professore, ma dato che è Elisa la
protagonista, la storia va bene anche così come é.
Giudizio personale (1-5) 4. Il racconto mi è piaciuto, anche se ho immaginato
fin da subito come sarebbe finita. Ho apprezzato molto il fatto che fosse
scritto così bene. Unica pecca è la trattazione degli elementi obbligatori.
39+4
TOTALE: 43
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