“Vissi
come si confaceva ad una adolescente posata ed educata.
Crebbi
come una donna aperta e libera.
Amai
come una moglie fedele e riconoscente…”
Quella era
l’Akane che avrei dovuto descrivere oggi, per raccontare la
mia storia di vita alle piccole pesti che corrono per casa strillando e
ridendo.
Esattamente
quella era l’Akane che tutti avrebbero voluto io
diventassi….
Tranne lui
certo, che mi ama per ciò che invece non sono…
Tranne le
mie sorelle, che più di tutti mi conoscono…
Ma
c’è un particolare nella mia vita, un ricordo
lontano e censurato da tempo, vago e impreciso, che per una volta mi
rende esattamente quella persona..
Ricordo
un giorno di pioggia, di ticchettii contro i vetri e di quella strana
voglia di cioccolata che assale spesso i bambini.
Feci
due passi in punta di piedi, sbirciando in cucina e cercando di essere
il più discreta possibile.
Una
schiena.. uno sbuffo.. e due mani che prendono con delicatezza una
piccolo ciotola bianca e trafficano con degli arnesi.
Un
profumo di peperoncino misto a cioccolato..
Sorge
sul mio viso infantile un sorriso spontaneo e allora, di nuovo il
più silenziosamente possibile, ritorno indietro, risalendo
le scale in legno velocemente.
Rimango
un poco in attesa, nascosta dietro la curva della scala, in ascolto di
ogni più piccolo cambiamento d’aria.
Sento
mia sorella che rientra da scuola, con la solita aria altezzosa e, nel
momento in cui mi scorge, sorride sadica.
Un
brivido mi scuote…un altro suo terribile scherzo a scopo di
lucro?
Tuttavia
viene fermata in tempo dalla mia sorellona.
Kasumi
appoggia delicatamente la sua cartella a terra, vicino
all’entrata, e lancia un’occhiata stupita a Nabiki,
ancora ferma a fissare me in cima alla rampa.
All’improvviso
un richiamo, lontano e soffuso, che però rimbomba per un
frangente nella stanza e arriva ovattato alle mie orecchie.
Annuisco
vigorosamente tornando a sorridere innocentemente e mi sembra che quel
mio sorriso si rispecchi anche sui volti delle mie sorelle.
“Ragazze?
Venite qui…” ci richiama ancora quella voce, che
ora appare più vicina e più chiara.
Nabiki
si precipita in cucina, Kasumi attende che io abbia raggiunto il piano
terra con un saltello atletico e con me raggiunge l’altra
stanza.
La
mamma ci fissa solare. Si pulisce le mani nella piccola grambiulina che
indossa sempre, e torna a fissarci soddisfatta.
Poi,
scostandosi appena, ci mostra la sua ultima creazione…
Sopra
il forno, accanto ai fornelli, su un piatto color oro…
Due
occhi bianchi, un fiore delicato rosa fra i capelli, dei morbidi
boccoli marroni e dei ricami su una vestina bianca…
Eccola,
una bambola, completamente creata e finemente decorata in cioccolato
bianco e con particolari di crema pasticcera.
La
pelle scura, dal color marrone fuso, il sapore denso che la circonda,
il sorriso dipinto con una glassa rossa…
Sbatto
più volte le palpebre, portando una piccola mano sugli occhi
per essere sicura non sia una visione. Nabiki, con le mani sui fianchi,
si limita a commentare qualcosa che il tempo ha cancellato dalla mia
memoria.
Kasumi
annuisce pacatamente, avvicinandosi alla mamma e rimproverandola
bonariamente per non essere stata a riposto come doveva.
Io
rimango solo immobile, con la bocca spalancata e l’acquolina
in bocca.
Percepisco
la presenza della mamma accanto a me, inginocchiata per essere alla mia
altezza, e la sua voce bisbigliare affaticata alla mia orecchia.
“L’ho
fatta per voi… mangiatela tutta!” e poi, tanto per
stare tranquilla e essere sentita da tutte, mormora un poco
più forte: “La testa lasciatela ad
Akane..”
e
come fumo tutto svanisce, scurendosi densamente e poi dissolvendosi
nell’aria.
“Mamma,
che fai?” una vocina acuta mi riporta al mio presente.
“Una
sorpresa per la festa della mamma…merito un regalo,
no?” chiedo ironica rivolgendo un’occhiata alla
faccina vivace della mia terzogenita.
Lei mi fissa
mordendosi il labbro e sogghignando. I suoi occhi blu si aprono
raggianti.
“Ma
lo fai assaggiare anche a noi?” chiede speranzosa.
“Vedremo…”
rispondo vaga, notando appena dietro la porta il viso curioso
dell’altra peste in versione maschile, che si ritrae appena
capisce di essere stato scoperto.
“Vedremo…”
ripeto sicura, ripulendomi le mani e leccando appena la cioccolata
rimasta sulle mie dita.
“Per
assicurartene un pezzo potresti essere paziente e attendere il ritorno
di tua sorella da scuola, che ne dici?” osservo mia figlia
fingendomi seria, ma un mezzo sorriso non riesco a trattenerlo.
“Direi
che è un buon compromesso.” E con
tranquillità si accosta allo sgabello e sale.
Nemmeno il
tempo di pensare che forse ho trovato il modo di farla star ferma che
la porta si apre e la maggiore entra trotterellando.
“Come
è andato l’asilo?” rivolgo la domanda
più all’uomo che l’accompagna che a lei,
ma il suo sorriso di rammarico già mi lascia intuire la
catastrofe.
E oggi non
me la sento di iniziare i rimproveri e i castighi.
Richiamo
l’attenzione di tutta la mia famiglia, li osservo soddisfatta
e poi sollevo il piccolo fazzoletto che ricopre la mia creazione.
Rivedo nella
mia più piccola peste il mio stesso sguardo meravigliato e
piacevolmente stuzzicato di tempo fa.
La maggiore
mi fissa dubbiosa, non convinta del tutto che quello sia commestibile.
È la fotocopia del padre.
Il
maschietto timido appare in cucina dietro le gambe del papà
e sorride sornione.
“L’ho
fatta per voi! Mangiatela tutta!” ripeto come fosse una
vecchia cantilena.
E osservo la
piccola bambola di cioccolato bianco, con la vestina marrone e gli
occhi scuri, i capelli lisci e un piccolo fiore sopra un orecchia
finemente disegnata. Con un dito prendo la marmellata di ciliegie e
concludo il capolavoro sfiorando delicatamente il volto e disegnando
due labbra fini.
È
conclusa…
E mentre
osservo il mio trio farle la corte affamato e stringo la mano in quella
di mio marito, riesco a percepire quel calore materno che probabilmente
quella volta anche mia madre provò.
Mi scappa
l’occhio verso una foto sopra il fregor, dove i
volti sorridenti delle mie sorelle mi guardano allegri.
“Il
mio primo ricordo con loro…” penso, rimarcando
mentalmente su quel loro, e spero che un giorno anche le mie bellissime
creature possano ricordasi di questa giornata.
“Kasumi
ci ha invitato a cena” mormora mio marito “Dice che
ha un regalo..” conclude grattandosi una guancia.
Mi esce una
risata soffocata, e scuoto la testa rassegnata…
“Un
regalo, è?!” sussurro, tornando a fissare la
piccola bambola sopra al forno, accanto ai fornelli, su un piatto
dorato, che mi fissa silenziosa.
“To
you... a Doll”
Grammatica
e lessico: 9
Stile:
9
Trattazione
del tema: 8.5
Trattazione
dell’elemento scelto: 9
Originalità:
8.5
Opinione
personale del giudice: 4
Totale:
48
La
grammatica è buona, tranne per qualche errore di battitura,
anche se più che “alla mia orecchia”
è meglio dire “al mio orecchio”, e il
“fregor” è di certo il frigo.
Devo
dire che durante la lettura ero un po' perplessa, perché non
mi sembrava che il tema del contest fosse poi così presente
nel racconto. Poi è arrivata la frase che mi ha chiarito
tutto, e l'ho trovata dolcissima. Forse fin troppo, ma in linea con
l'interpretazione che hai dato dell'oggetto scelto.
L'originalità
non è altissima, ma hai comunque scritto quello che si
può considerare un bel frammento di vita nell'infanzia delle
tre sorelle Tendo
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