il giorno
Il giorno in cui Bellatrix diventò un'assassina.
-Signora Lestrange, mi duole comunicarle questo responso. Lei non può avere bambini-
Bellatrix non colse subito il significato delle parole pronunciate dal
guaritore, ma le udì piuttosto come suoni indistinti che non
aveva tempo di ascoltare; per questo si voltò con leggerezza a
guardare il mago, certa di aver frainteso.
-Cosa?- chiese in fretta, desiderosa di poter tornare a svolgere le sue
abituali occupazioni senza quel fastidioso ometto di mezza età
tra i piedi.
-Non le è possibile rimanere incinta, signora- spiegò con
voce incerta ma professionale il guaritore. -Purtroppo ho riscontrato
un danneggiamento causato da un aborto impropriamente eseguito, motivo
per il quale non potrà dare a suo marito il desiato erede-.
Ecco, quello fu l'istante in cui tutto crollò. Il pregiato
pavimento di cotto svanì sotto i piedi di Bellatrix per lasciare
il posto ad una terrificante voragine, una caduta nel vuoto senza
possibilità di appiglio.
L'espressione rigidamente composta della donna si sciolse come gesso
sotto la pioggia, togliendole per la prima volta la maschera che era
solita indossare e liberando tutto ciò che si celava dietro. Per
la prima volta nella sua vita, terrore.
-Signora...- fece esitante il guaritore vedendola vacillare. Bellatrix
si lasciò cadere su una poltrona, cercando disperatamene di
afferrare l'ultimo briciolo di autocontrollo prima che questo potesse
sfuggirle.
-Signora Lestrange, sono molto dispiaciuto. Lasciatevi aiuta...-
-Se ne vada!- strillò violentemente Bellatrix, fecendo sobbalzare l'uomo. -Se ne vada immediatamente! FUORI!-
Dopo un breve inchino il guaritore scappò in fretta, seguendo la
direzione indicata tutt'altro che amichevolmente dal gesto furioso
della donna.
Bellatrix aveva perso completamente il controllo. Rimase a lungo
immobile nella posizione in cui il guaritore, richiudendosi la porta
alle spalle, l'aveva lasciata: seduta scompostamente sulla preziosa
seggiola, con un braccio rivolto verso l'uscita, l'indice puntato.
Quanto aveva appena appreso impiegò parecchi istanti ad apparire
chiaro di fronte a lei. Dapprima fu una violenta scossa, poi la
menzognera incredulità tentò di convincerla che non
avesse mai sentito quelle parole.
Lei non può avere bambini... non le è possibile rimanere incinta.
Fu una vampata; all'improvviso l'incendio scoppiò e
dilagò velocemente nella sua anima, quasi tentando di
riacquistare il tempo perduto. Bellatrix si abbandonò alle
fiamme, non trovando la forza sufficiente a combatterle. Il bracio teso
crollò sotto il peso dei violenti brividi, e in un attimo le
braccia furono strette intorno all'addome e il capo chino sulle
ginocchia, nascosto dai lunghi capelli. Chiusa in sè stessa, nel
suo inferno, con le lunghe dita a stringere convulsamente il grembo
inutile, infecondo. Vuoto.
Vuoto come avrebbe voluto che fosse la sua anima, impregnata invece di errori sommati ad altri errori, sbagli, peccati.
...un danneggiamento causato da un aborto impropriamente eseguito...
Aveva cercato a lungo di dimenticarsene, provato in ogni modo a
disfarsi di quel ricordo, di quel giono, di quel gesto... di quel
dolore. Quel folle atto che al momento le era sembrato l'unica
alternativa a sua dispoizione, e che quindi aveva compiuto sperando di
poterselo in seguito lasciare alle spalle. Sì, sapeva che
avrebbe sofferto per qualche tempo, che sarebbe stata male per un
periodo più o meno lungo... quello che non era riuscita ad
immaginare era che quel peso l'avrebbe tormentata per il resto della
sua vita. Ma allora, che alternativa avrebbe mai potuto trovare? Cosa
avrebbe potuto fare trovandosi un bambino in braccio a diciassette
anni, con un promesso sposo e un figlio di sangue altrui? Nobile,
certo, pur sempre un sangue nobile... un sangue che lei stessa aveva a
lungo assaporato, respirando ogni centimetro della pelle di Lucius
Malfoy, accarezzandone i biondi capelli nel segreto di un'aula vuota...
arrivando troppe volte dove non sarebbero mai dovuti arrivare...
Dove mai avrebbero dovuto mettere piede due purosangue con una promessa di matrimonio stipulata altrove.
E invece avevano perseverato, folli della loro giovinezza, padroni del
mondo ogni volta che rimanevano soli; convinti di poter beffare il
mondo, di poter avere tutto dalla vita. Avevano giocato il loro gioco
proibito, credendo poi di esserne usciti vincitori... per Bellatrix
invece non era stato così, no. Lei aveva perso.
Lucius aveva vinto. Lui aveva contratto il suo nobile matrimonio e,
appena qualche settimana prima, aveva avuto il suo erede e con esso la
stima di tutti. Era innamorato della sposa, orgoglioso del figlio, del
tutto dimentico dell'antica amante. Su di lui il crudele gioco della
passione era scivolato senza lasciare cicatrici, permettendo che ogni
superficiale ferita si rimarginasse; Bellatrix invece era rimasta
ferita, lacerata. Morta una volta, quando la scomoda spia del loro
peccato se ne era dovuta andare velocemente, senza che nemmeno un
pianto ne tradisse l'essenza. Morta di nuovo nel sapere che l'anima che
ancora sentiva viva non sarebbe mai tornata.
Realizzazione contro incompletezza, gioia contro dolore, forza conto
abbandono, pienezza contro vuoto, compagnia contro solitudine,
superamento contro rimpianto. Lucius aveva vinto, Bellatrix aveva
perso. Dunque erano queste le sorti di un gioco maledetto, osato
insieme ma concluso con un vincitore ed un vinto.
Ed un morto.
Una dolce presenza dapprima odiata, sottovalutata, ma che con il tempo
aveva imparato a lasciarsi accarezzare docilmente dalle mani della
madre, compiacendola dal profondo della sua anima. Bellatrix aveva
sempre sostenuto quell'orribile consapevolezza, indelebile nella sua
coscienza, sapendo che un giorno avrebbe finalmente permesso al suo
bimbo di avere un corpo, una vita, forse persino un padre.
Vedendo la sua creatura tardare aveva avuto paura.
Poi, tutto era crollato sotto il peso insopportabile di una nuova
coscienza: lui non sarebbe mai tornato. L'aveva perso, per sempre; dopo
averlo a lungo trattenuto per impedirgli di lasciarla, suo figlio era
volato lontano da lei là dove non avrebbe mai potuto
raggiungerlo.
Così Bellatrix non potè fare altro che restare accasciata
sul freddo ed elegante pavimento, cullando dolcemente un pezzo di
sè che avrebbe dovuto completarla e che, invece, non le avrebbe
mai potuto tenere compagnia.
E questo, signori, è il motivo per il quale Bellatrix divenne un'assassina.
Il motivo per il quale la donna, abbandonata e disperata, aveva ucciso ciascuna delle sue vittime.
Bellatrix aveva bisogno di rivivere continuamente il suo orrendo
delitto, rivedere ogni cosa con precisone, omicidio dopo omicidio,
ancora, di nuovo, per sempre in un inferno che non sembrava volerle
offrire la pace. Aveva bisogno di analizzare ogni dettaglio provando e
riprovando, senza mai riuscire ad essere soddisfatta; doveva scoprire
tutto quello che aveva fatto il giorno in cui aveva perso per sempre il
suo bambino.
Aveva bisogno di convincersi di non aver sbagliato, uccidendolo. Nella
sua crescente ed irreparabile follia, non poteva smettere di uccidere
perchè doveva accertarsi che l'omicidio fosse la strada giusta,
l'unica percorribile.
Aveva bisogno di accertarsene. Doveva essere così, per forza.
Non c'era altra spiegazione.
Le labbra di Bellatrix non cessarono mai di ripeterlo, ma il suo cuore non riuscì mai ad ascoltarle.
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