Disclaimers:
I personaggi non mi appartengono, non detengo alcun diritto su di loro.
La serie Merlin è di proprietà della BBC.
Il racconto in questione
appartiene ad Allemande,che mi ha concesso il diritto di tradurla, io Appletree sono solo la traduttrice. Avevo pubblicato questa storia nel mio account ma ho dovuto aprire un nuovo account a nome della scrittrice per via delle regole del sito, quindi sarebbe magnifico che chi l'aveva già commentata lo rifacesse anche qui perchè le recensioni precedenti andranno perdute. grazie a tutte, Appletree.
La storia originale
può essere letta qui:
http://www.fanfiction.net/s/4728002/1/The_trouble_with_being_an_idiot
The
trouble with being an
idiot (Il guaio di essere un idiota)
Tutte
le
volte in cui Merlin aveva immaginato il momento in cui avrebbe detto ad
Arthur
della sua magia, non gli era mai venuto in mente nulla che potesse
essere così
poco spettacolare.
Lui
aveva
spesso immaginato che sarebbe stato un momento eroico, o almeno
– visto che non
si considerava un grande eroe come lo era Arthur - uno importante, dove
non ci fossero altre alternative, che
giustificassero la sua confessione dopo mesi di silenzio.
Non
aveva mai pensato che quel momento avrebbe comportato la presenza di un
uomo vecchio e brutto che frenava il suo enorme cane a sette zampe (o
era un
pesce?) tenuto al guinzaglio, ammonendolo per aver cercato di attaccare
“il più
grande stregone dei nostri tempi”.
“Il
– che
cosa?” aveva chiesto Arthur, bloccandosi nel momento in cui
si stava
frapponendo tra la bestia e il suo servo.
Merlin,
sfortunatamente, non riuscì a pensare a niente da dire
mentre l’uomo vecchio e
brutto si inchinava davanti a lui.
“Dovete
perdonare Krennogg, Emrys,” disse. “ E’
una creatura poco sveglia e senza senso
dell’odorato. Se avesse capito con chi aveva a che fare,
avrebbe tenuto i suoi
denti lontani.” Il vecchio uomo, inchinandosi ancora,
sembrava terribilmente
spaventato da lui, e Merlin sentì quasi pietà.
Quasi, perché venne soffocata dalla consapevolezza
che
Arthur era accanto a lui, e dalla paura.
Il
vecchio
uomo, non ricevendo risposta, guardò in su esitante.
“Possiamo andare ora,
Emrys?”
Merlin
realizzò vagamente che avrebbe dovuto dire qualcosa.
“Er… certamente,” disse. La sua voce
suonò strana persino a lui.
“Krennogg
non verrà più a cacciare da queste
parti,” promise l’uomo, e dando uno
strattone deciso al guinzaglio, si prostrò e si diresse con
la bestia fuori dalla
radura.
Seguì
un
lungo silenzio.
“Il
più
grande stregone dei nostri tempi,” disse Arthur, e
c’era qualcosa che suonava
minaccioso nella sua voce. Esitante, Merlin si voltò.
Arthur
spostò lo sguardo più volte avanti e indietro da
lui al luogo dove il vecchio e
la bestia erano scomparsi.
“Era…un
pazzo,
giusto?” Balbettò. Suonava speranzoso, e Merlin
sentì la sua vecchia codardia
affiorare in superficie. Ma poi Arthur scosse il capo. “Ma
non ha senso. Perché
avrebbe dovuto trattenere la sua creatura?”
Perché
chiedere spiegazioni delle
azioni di un pazzo?
La risposta evasiva era già pronta sulle sue labbra, quando
all’ultimo momento,
cambiò idea.
“Mi
dispiace, Arthur.”
E
Arthur lo guardò come se lo vedesse per la prima volta.
Ricordava
a
mala pena il tragitto fatto per tornare a Camelot, nel momento in cui
si trovò
seduto con una tazza di tè in mano nelle stanze di Gaius.
Gaius era un buon
medico: lui capiva con una sola occhiata quando uno stava male, e
coglieva al
volo anche la più piccola allusione. Gli era bastato sentire
Merlin mormorare
“Lui sa” al suo indirizzo per guardarlo molto,
molto allarmato, mettere un
braccio attorno alle spalle di Merlin e condurlo alla sedia
più vicina.
“Che
cosa
hai intenzione di fare adesso?” Chiese, dopo un lungo momento
in cui Merlin era
rimasto sulle sue.
Merlin
si
strinse nelle spalle. “Non posso scappare. Non senza parlare
con lui prima.”
“Stai
attento, Merlin,” disse Gaius, la solita frase di sempre, e
Merlin quasi rise –
era stato assolutamente molto, molto attento. Ed ora, per via di un
incontro
casuale con un vecchio bastardo troppo loquace, aveva perso la
possibilità di
dirlo ad Arthur a tempo debito, a modo suo.
Gaius
non
disse più nulla, strinse solamente la spalla di Merlin
ancora una volta, e
Merlin lo guardò riconoscente, prima di trascinarsi fuori
dalla porta.
Non
sapeva
cosa avrebbe fatto. Tutto ciò che sapeva e che doveva
parlare con Arthur, e poi
avrebbe deciso. Avrebbe usato la magia per scappare dalle prigioni? (Il
pensiero di questo era troppo.) Lui non lo sapeva.
Aveva
messo la sua vita totalmente nelle mani
di Arthur, come tante altre volte prima, e non aveva nemmeno paura, non
della
morte, non davvero. Sembrava che gli importasse molto di più
cosa pensasse
Arthur di lui.
Quando
entrò nella stanza di Arthur, lo trovò in piedi,
immobile davanti alla
finestra, a guardare fuori per i campi.
Era poco prima del crepuscolo, e una nebbia fitta saliva dal terreno.
Non che fosse qualcosa di insolito da quelle parti, ma ciò
fece sentire Merlin
ancora più depresso.
“Vieni
qui,
Merlin.” Parlò tranquillamente, con una nuova
inflessione nella voce che Merlin
non riuscì a capire.
Si
avvicinò
ubbidiente, e si fermò poco dietro Arthur, che occupava
quasi del tutto la
visuale dalla piccola finestra. Arthur fece un passo indietro e fece un
cenno
verso la finestra. “Dai un’occhiata.”
Merlin
esitò un attimo prima di voltare le spalle ad Arthur, e
Arthur aggrottò le
sopracciglia.
“Non
ho
intenzione di tagliarti la testa, Merlin.” Un ombra delle
vecchie battute. Era
come il latte caldo che lenisce una gola infiammata.
Fece
un
passo avanti e guardò il paesaggio, sentendo ancora la
presenza di Arthur alle
sue spalle.
“Che
cosa
vedi?” Chiese Arthur.
Merlin
sbatté le palpebre. Comprese che quello non era il momento
per le risposte
ovvie. “Vedo il regno che guiderete un giorno.”
Ci
fu una
pausa. Poi, quasi intimorito: “Hai mai pensato a te stesso,
Merlin?”
Merlin
si
voltò e aggrottò la fronte. “Certo che
l’ho fatto.”
Arthur
lo
guardò dubbioso. “Allora cosa vedi per
te?”
Merlin
guardò fuori di nuovo. “Casa”, disse, e
per qualche ragione sentì Arthur
espirare forte dietro di lui. “Vedo il regno che ti
aiuterò a proteggere… se me
lo permetterai.”
Quella,
era
fuor dubbio, una mezza-ragione. Si voltò ancora per guardare
la reazione di
Arthur.
Arthur
inclinò il capo e restò in silenzio per molto
tempo. Quindi disse: “Bene, non
sembra che ci sia modo di impedirti di proteggermi, a giudicare dai
tuoi precedenti.”
Alzò
lo
sguardo, e ci fu un accenno di luccichio negli occhi. Merlin sorrise.
“Questo
significa che posso restare?”
Arthur
annuì. “Se lo desideri.”
Naturalmente
voglio, pensò Merlin.
“Manterrai
il mio segreto?”
Arthur
deglutì, e Merlin si sentì male, così
male per averlo messo in quella
situazione.
Arthur
disse solo: “Ti proteggerò, se me lo
permetterai.”
E
fu il
turno di Merlino di espirare forte.
***************************************************************************
Passarono
delle settimane, prima che andassero di nuovo a caccia da soli. Non era
stata
più detta una sola parola sulla magia di Merlin da quella
sera, ma non erano
tornati ai loro soliti schemi. Arthur era molto più cauto,
soppesava Merlin con
sguardi pensosi, e Merlin passava ogni giorno a ripetersi che era
normale, che
la vera accettazione sarebbe giunta col tempo, che Arthur aveva molto
da
combattere anche solo per il fatto di dover mantenere questo segreto
lontano da
suo padre.
Eppure,
il
suo cuore doleva per la mancanza di quella semplice amicizia.
Dannazione, non
gli sarebbe dispiaciuto esser chiamato idiota
se avesse fatto sì che Arthur si sentisse di nuovo a suo
agio con lui intorno.
Ed
era così,
pensò a come lui e Arthur avevano corso a cavallo verso il
bosco lontano a
ovest, e nulla sarebbe potuto essere più imbarazzante.
Arthur dava ancora
ordini, ma non c’era il tocco della vecchia intesa.
Arthur
annusò l’aria non appena ebbero legato i loro
cavalli ad una grande quercia.
“Sento l’odore del cervo.”
Merlin
annusò anche lui. “Sento solo odore di
cacca.”
Un
piccolo
sorriso. “Questo è ciò che intendevo.
In ogni caso.”
Aprì
la
strada in direzione del sottobosco, e Merlin si stupì ancora
delle grandi
capacità da cacciatore di Arthur.
“E
tu?”
Chiese Arthur. “Senti qualcosa di particolare?”
Merlin
aggrottò la fronte. “Che cosa vuoi dire?”
“Non
importa.”
Camminarono
silenziosamente per un po’, fino a quando Arthur si
bloccò improvvisamente, e
Merlin sbatté contro di lui.
“Merlin,
idiota,” Arthur sibilò, “là
ecco la nostra -”
Andarono,
e
infatti videro la loro cerva, che era stata prontamente divorata da
qualcosa di
molto, molto più grande. Qualcosa che sembrava allarmante
come una creatura dei
libri di Gaius. Pareva essere una miscela allucinante tra una donnola
gigante,
un falco e (a giudicare dalla coda folta), una volpe.
“Che
cosa
diamine è questo?” Sussurrò Arthur, e
Merlin si stupì che la domanda fosse per
metà diretta a lui.
“Non
ne ho
idea”, rispose sinceramente, “ma è
sicuramente magica.”
“Come
fai a
saperlo?”
“E’
un miscuglio
ridicolo di animali diversi, senza dubbio.”
Arthur
sbuffò. Purtroppo la donnola-falco-volpe sembrava avere un
udito acuto, perché
improvvisamente puntò verso di loro molto rapidamente e
molto forte.
“Arthur
esci dalla strada!” Gridò Merlin, e senza pensare
a cosa stesse facendo spinse
Arthur da parte per fronteggiare la bestia, che non pareva essere
ispirata da
nessun grande rispetto nei suoi confronti.
“Merlin,”
gridò Arthur. Non era un grido di allarme, era stato
– era quasi sicuro di ciò
– uno di paura per la sua vita.
Merlin,
si
sentì improvvisamente pieno di energia calda,
gridò la prima magia che gli
venne in mente, e –con sommo stupore –
colpì la bestia con estrema potenza
facendola volare all’indietro contro un albero, dove
praticamente si
disintegrò. Ciò significava che si era scissa in
un falco, una volpe e una donnola
notevolmente più piccoli, ognuno dei quali si diede alla
fuga piuttosto
rapidamente, e Merlin si voltò e vide Arthur che lo guardava
incredulo.
“Tu
hai un
dono naturale, senza dubbio,” disse. Merlin non
poté fare a meno di sentirsi
compiaciuto.
*********
Se
aveva
pensato che Arthur si sarebbe confrontato con la sua magia –
e in positivo,in modalità
salva-vita e tutto – portando un beneficio alla loro
amicizia, si era
sbagliato; Arthur continuò a essere riservato e pensieroso.
A volte, Merlin
pensava che Arthur si fosse pentito di avergli detto di restare
– poi pensava
che Arthur fosse solo preoccupato per lui – poi pensava che
Arthur aveva dubbi
sulle sue reali motivazioni – poi pensava che Arthur avesse
solo paura del
giorno in cui suo padre lo avrebbe scoperto. Merlin non riusciva a
capire. E
per dirla tutta, non riusciva ad affrontare l’argomento.
Cercò di convincere se
stesso che era Arthur a dover fare il primo passo, ma se fosse stato
onesto con
se stesso – e lui di solito lo era – era solo
molto, molto spaventato.
Una
notte,
mentre stava ritirando i piatti vuoti di Arthur – Arthur non
aveva mangiato
molto di nuovo, notò, e sembrava particolarmente riflessivo
– alzò gli occhi e
vide che Arthur lo fissava.
“Che
c’è?”
Chiese, con il vecchio tono di sfida.
“Perché
non
me lo hai detto?”
Non
era
un’accusa, solo una domanda, posta con un accenno di
interesse, stupore e… la
nuova diffidenza che a Merlin non piaceva e che aveva temuto.
Deglutì
e
riappoggiò i piatti. “Beh, non ho mai pensato che
tu avresti pensato bene della
magia ”, sbottò.
Se
solo
avesse potuto imparare a tenere la bocca chiusa. Arthur non
sembrò
preoccuparsene, però. “No,”
assentì. “Ma… pensavo ti fidassi di
me.”
“Io
mi fido
di te”, disse Merlin con fervore, e vide una qualche risposta
negli occhi di
Arthur, che non comprese. “Ma so anche quanto sia importante
tuo padre per te.
E credimi, Arthur, se potessi risparmiarti questo conflitto, lo
farei.”
Arthur
annuì lentamente e posò il suo sguardo sul muro
alle spalle di Merlin. “Ma non
si può perché mi devi proteggere.”
“Esatto”,
disse Merlin semplicemente. Si sentiva sciocco, si era sempre ripetuto
che
quello era il suo destino, perché Arthur era un grande
guerriero, un Leader
nato; quanto si sentiva inadeguato a volte stando accanto a lui!
Il
pensiero di Arthur sembrava andare nella stessa direzione,
perché sorrise
appena. Ma non guardò più verso Merlin.
Questo
stava diventando un’ abitudine ormai, pensò
Merlin. Arthur evitava di guardarlo
e in generale restava pensieroso e silenzioso con lui intorno.
C’erano momenti
in cui Merlin credeva che Arthur non lo volesse tra i piedi, altre
volte
sembrava lo facesse apposta a intavolare
una chiacchierata serale circa i pettegolezzi della corte. Arthur aveva
incominciato a raccontargli tutto (o in ogni caso, molto di
più) di quello che
succedeva ogni giorno a corte, casi sottoposti a suo padre, dei
cittadini che
venivano per chiedere sostegno a Uther, contadini vicini che litigavano
circa
le dimensioni del loro terreno… forse era questo,
pensò Merlin, che aveva reso
Arthur così pensieroso, ovvero il fatto che ora lui
considerasse Merlin come un
suo pari, come più degno di condividere ogni singolo
dettaglio di ciò che
significava governare un regno.
Merlin
penso più e più volte a queste cose mentre era a
letto la notte. Se soltanto
avesse potuto smettere di speculare e confrontarsi con Arthur a
proposito!
Non
aveva mai avuto la pazienza dei
diplomatici, preferiva affrontare direttamente le persone, e questo
– voleva
crederci – era ciò che vedeva anche Arthur in lui.
Ma doveva pazientare ora, lo
sapeva, Gaius glielo aveva ripetuto più volte, ma il
pensiero lo stava facendo
impazzire.
*************************************
Una
notte,
alcune settimane dopol’incontro con l’uomo vecchio
e brutto, ci fu una festa in
città. Abitanti dei villaggi di tutto il reame erano
arrivati per celebrare
l’inizio della primavera. C’erano musica e danze e
del vino, e anche tutta la
corte era lì a ballare, bere, creando quasi
l’illusione di essere tutti uguali.
Merlin
chiacchierava amabilmente con il macellaio, quando si rese conto dalle
espressioni sempre più deferenti che passavano sul viso
dell’uomo, che uno dei
membri reali si stava avvicinando. Il macellaio fece un mezzo-inchino e
se la
svignò, e Merlino vide Arthur che passeggiava casualmente
verso di lui.
“Bella
notte”, disse Arthur mentre si appoggiava –
altrettanto casualmente – contro il
muro accanto a Merlin.
Merlin
annuì. “Sì, bellissimo vedere qui tutte
queste persone.”
“E’
impegnato per la prossima danza?”
Merlino
sbatté le palpebre. “Scusa?”
Arthur
sorrise maliziosamente. “E’ solo che la moglie del
pescivendolo non ti toglie
gli occhi di dosso da circa mezz’ora.”
Merlin
rise, onde di sollievo lo attraversarono, solo perché Arthur
aveva fatto una
battuta a sue spese. Come si sentiva patetico.
“Aspetta,”
disse, “vuol dire che anche tu sei rimasto lì a
guardarmi per l’ultima
mezz’ora?”
Aveva
sperato
in una risposta, ma Arthur si limitò a stringersi nelle
spalle, le ombre
nuovamente presenti sul suo atteggiamento. Merlin sospirò
esasperato. Lui e il
vino non erano una buona combinazione. “Guarda, Arthur, lo so
che è difficile
per te accettare chi sono,” disse tranquillamente.
“Ma mi stai dando l’
impressione che stare vicino a me ti turbi.”
Arthur
sembrava molto sorpreso. “Non è come
pensi,” borbottò alla fine, e sarebbe
corso via se Merlin non lo avesse afferrato per un polso.
“Merlin,
non in pubblico,” sibilò Arthur liberandosi.
“Puoi essere irriverente con me
quando siamo soli -” si rese conto di ciò che
aveva detto e guardò Merlin in
modo penetrante, Merlin sorrise. “Ma tu potresti almeno
fingere di essere il mio servo, mentre ci troviamo in mezzo a
metà
della popolazione.”
Merlin
si
guardò intorno e vide molte persone che li guardavano
sussurrando. “Va bene,
andiamo in un luogo privato,” disse, sottovoce.
Gli
occhi
di Arthur si accesero. “No, io vado a letto.”
“Non
essere
ridicolo. La luna non è neppure ancora sorta.”
Arthur
roteò gli occhi. “Alcuni di noi possono dormire
anche senza che la luna
risplenda sopra i nostri bei lettini.”
“Arthur,
chiudiamo la questione,” affermò Merlin.
Si
erano
spostati muovendosi nemmeno –troppo-sottilmente via dalla
piazza verso un
vicolo stretto.
“Lo
capisco
che tu abbia bisogno di tempo per imparare a conoscermi nuovamente, e
tutto il
resto. Voglio solo che tu sappia che io non sono… qualche
tipo di bestia o cose
del genere. Non ho intenzione di trasformarmi in un vecchio uomo
malvagio con
la barba bianca o simili.”
Arthur
quasi sorrise. “Lo so questo.”
“Quindi
trattami come un’essere umano normale. Come
un’amico qualunque. O come un
servo, se è necessario.”
Arthur,
che
era stato riluttante a guardarlo nell’ultimo periodo, ora
sembrava volesse
trapassarlo con gli occhi, e Merlin si chiese se qualcuno avrebbe mai
potuto
rifiutargli qualcosa.
“Tu
non sei
un amico qualunque, Merlin.” Si strofinò la fronte
con aria disperata. “Tu non
capisci. E’ solo… così
difficile.”
“Allora
fammi capire,” disse Merlin, levando le braccia in aria.
“Come possiamo fidarci
l’un l’altro se tu non vuoi dirmi come ti
senti?”
Qualcosa
di
strano passò sul volto di Arthur e se ne andò
rapidamente così come era
arrivato.
“Come
mi
sento, Merlin,” sospirò, “è
impossibile.”
E
dopo questo, si voltò e si avviò verso il
castello.
Merlin aveva trascorso due settimane di vacanza con la madre,
la maggior parte spesa ad aiutarla in giardino e a fare lunghe
passeggiate con
lei. Era felice di rivederla, ma gli mancava terribilmente Camelot, e
così non
era stato troppo triste nel salutare quando venne il momento di
andarsene. Non
era molto preoccupato di lasciare sola sua madre, anche
perchè aveva notato che
Daniel, un nuovo arrivato al villaggio oltretutto piuttosto bello, era
molto
attento nei confronti di lei.
Cavalcò
troppo in fretta ed era esausto quando arrivò due
giorni dopo. Era sul punto di andare a letto quando vide una luce alla
finestra
di Arthur, e non poté resistere alla tentazione di andare a
salutarlo.
Comunque,
non avrebbe mai pensato di poter sentire così tanto
la mancanza del suo amico.
“Sai,”
disse Arthur senza preamboli quando Merlin entrò,
“
Devo dire che è stato strano avere per due settimane un
servitore in grado di
bussare prima di entrare.”
Merlin
sorrise. “Mi sei mancato anche tu.”
Arthur
si alzò dalla scrivania - dove stava leggendo
questioni di corte, senza dubbio, o scrivendo lettere ai re vicini, -
fece
qualche passo verso Merlin e si fermò esitante. "Spero che
tu abbia fatto
buon viaggio", disse infine.
Merlin
sorrise, era così strano che Arthur fosse educato.
"Tollerabile, vi
ringrazio", rispose con lo stesso atteggiamento. “Il tempo
sarebbe potuto
essere migliore, però.”
Arthur
gli rivolse quello sguardo da sei-sempre-il
solito–servo-irriverente, ma poi
sorrise.
"Come
sono andate le cose a Camelot?"
"Oh, sai. Noiose, per lo più”.
*******************
Sembravano
esserci un sacco di cose non dette tra di loro,
ma Merlin non riusciva a capire cosa fossero.
“Sai”,
disse Arthur ancora una volta, molto casualmente, mentre camminava
verso la
finestra, “mi ero convinto che tu mi avessi fatto
un’incantesimo.”
Merlin scosse la
testa, pieno di confusione. “Un incantesimo?”
“Per
farmi sentire in questo modo.” Ancora quel tono leggero,
colloquiale. “Ma sei
stato via per due settimane e non mi sento diverso. È stato
ancora più forte
quando sei andato via, e credo che uno stregone abbia bisogno di stare
attorno
per queste cose, affinché mantengano
il loro effetto”.
Per tutto il
tempo, non si era voltato.
Merlin, stanco
come era di girare intorno alle cose, non potè fare nulla di
meglio a parte
dare la sua miglior impressione di... sé stesso. "Queste cose?"
Arthur sospirò
profondamente. “Non importa”.
No,
pensò Merlin. Ne
aveva abbastanza. Lui non era più disposto, non
con qualcuno che significava
tanto per lui.
“Arthur, dimmi
cosa sta succedendo”, insisté. E sentendo Arthur
che si lamentava sottovoce, lo pressò: "Okay, va bene, io
sono stupido, quindi
dimmi cosa ti passa per la testa”.
Una
lunga pausa. Sicuramente
Arthur non aveva mai fatto così tante pause prima
d’ora.
“Il problema non
è quello che mi passa per la testa”, ha detto
molto tranquillamente. “E’ del
mio cuore che sto parlando”.
Si voltò molto
lentamente e guardò Merlin, che sembrava ancora
completamente perso. Arthur sorrise e scosse la testa,
attraversò la sala
con qualche passo, sussurrò: “Sei davvero il
più grande idiota che abbia mai
incontrato”, e lo baciò.
E
Merlin sentì tutto il suo potere correre attraverso il suo
cuore, che si
gonfiava e si gonfiava fino a quando non fu pieno fino
all’orlo di canzoni
antiche.
Tutte le volte che Merlin
aveva immaginato l'amore, non gli era mai venuto in mente nulla di
altrettanto
spettacolare.
|