Help me leave
behind some reasons to be missed.
Future-fiction.
639 words.
Fra le
sue braccia, tremava incontrollabile.
Sentiva
– le sentiva, Dio –quelle vibrazioni instabili del
suo corpo, così possente eppure fragile.
Era caduto. Una
spada aveva trafitto la cotta e sfiorato il cuore. Il sangue nero aveva
macchiato ogni cosa: la terra spoglia e bruciata del campo di
battaglia, l’armatura lucente sotto il debole sole
d’inverno, le sue mani forti che ora lo stringevano.
Gli arti stanchi
dolevano per il peso che si ostinavano a sostenere e accompagnavano il
suo fremito. Merlin non si accorse di star piangendo fin quando due
dita non si accostarono alla sua guancia, accarezzandola
maldestramente.
«Non
fare la femminuccia».
Parole, quelle di
Arthur Pendragon, che sembravano costargli uno sforzo sovrumano.
Sta’ zitto, non parlare, idiota!, avrebbe voluto rispondere
Merlin, ma un fastidioso nodo gli stringeva la gola, ed era
incredibilmente pesante da mandare giù. E, per quanto la
battaglia continuasse ad infuriare attorno a loro, ad entrambi parve
che il tempo si fosse fermato – le urla di dolore, il rumore
del ferro che incontra altro ferro, i fischi acuti delle frecce che
ferivano l’aria – come se niente avesse la stessa
importanza del corpo scompostamente disteso di Arthur e di Merlin,
piegato su di lui. Excalibur era abbandonata poco distante, e la sua
luce aveva smesso di brillare.
«Il re
muore!», gridò un cavaliere e, quasi avesse
appellato aiuto, al suo fianco, circondando le figure inermi del mago e
del sovrano, si materializzarono altri uomini. Gli occhi
annebbiati di Arthur riconobbero a stento lo stemma della sua antica
casata: il grande drago d’oro svettava fiero sulle tuniche
dei suoi soldati, la testa china in posizione d’attacco e la
lingua saettante – scudo e spada del suo corpo morente.
«Sire…».
Il re
spostò lo sguardo sul viso scarno e pallido del suo
consigliere e più fidato amico. Sapeva cosa
volesse significare la supplica insita nella cadenza con cui
quell’appellativo era stato pronunciato. Fece un cenno col
capo.
«Mio
signore… Arthur, ti prego». Gocce che piovevano
dal suo volto. «Non posso lasciarti andare».
«Devi».
Un sorriso fece capolino sulle labbra fredde di Arthur, offuscato per
un istante da un’ombra di dolore. Lo strano suono, simile a
un gemito, che fuoriuscì dalla sua bocca fece stringere la
presa di Merlin.
«Non
posso, non posso». Lo stregone piegò il capo sul
petto del suo re. L’odore del sangue gli pungeva le narici.
«Sei
tutto ciò che mi è rimasto, Merlin»,
singhiozzò lentamente Arthur, il respiro che, meschino,
fuggiva via dai suoi polmoni. E Merlin pensò a tutta la loro
vita assieme. La gioventù irrisoria di un padrone col suo
servo, la corona da sovrano su quella testa dorata. E le perdite, le
perdite. La scomparsa di Morgana, la morte di Uther, il ricordo del
corpo di Gaius riverso sul tavolo, fra erbe e libri ed infusi.
L’addio di Gwen, doloroso, una ferita mai guarita nel cuore
di Arthur.
«Lascia
che vada».
Si rese conto di
essere la sola costante della sua vita, di non averlo mai abbandonato
dal giorno in cui aveva compreso che avrebbero percorso la stessa
strada.
La magia
vacillò dentro Merlin, come volesse agire di sua spontanea
iniziativa, incontrollata, e per un momento Merlin fu tentato di
lasciarla fare. Strinse gli occhi e la trattenne, mentre le lacrime
sfuggivano ancora e ancora.
«Apri
gli occhi», disse Arthur in un sussurro a malapena udibile,
che velocemente si perse fra i rumori della battaglia. Merlin
ubbidì all’istante, incastrando l’ultimo
sprazzo di vita di quello sguardo dal taglio aguzzo, racchiudendolo
nella sua memoria per sempre.
Lo
lasciò andare.
I fremiti
cessarono, i singulti svanirono nell’aria ferma. Depose il
capo di Arthur sulle sue ginocchia e con un gesto della mano, la spada
penetrata nel petto del re si staccò e rimase levata a
mezz’aria, sorretta da un pugno invisibile. Sentì
il peso della desolazione e della solitudine investirlo,
tutt’in un colpo.
Sussurrò
il suo addio sulla fronte bianca ed imperlata di colui che fu la sua
vita.
N/A.
Ancora una volta,
i Linkin Park ad ispirarmi. E con la stessa canzone, sottolineo :D Il
titolo della fan fiction non è nient’altro che un
frammento del testo di “Leave out all the rest”.
E, ancora una
volta, future-fiction (sto a prenderci gusto). La morte di Arthur, ya.
Adoro far soffrire e crepare i personaggi.
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