My
first love
Isabella adorava
l’università, specialmente perché,
quando
non aveva niente da fare, poteva camminare liberamente per i negozi di
Bari.
Muoversi a piedi non le era
molto gradito, visto che era la
pigrizia personificata, ma per lo shopping poteva benissimo abbassarsi
a
qualche piccolo sforzo.
Via Sparano era davvero piena
di gente quel martedì mattina,
nonostante il tempo non fosse dei migliori e un leggero vento freddo le
stuzzicasse il viso minuto. I saldi riempivano gli esercizi commerciali
come se
fossero una attrazione irresistibile.
Isabella, infagottata nel suo
pesante trench candido su cui
spiccava il marrone della grande borsa a tracolla contenente i grossi
libri per
il prossimo esame di filosofia, camminava serena sul marciapiede.
Fissava il cielo, con i suoi
grandi occhioni verde chiaro. Il
sole riscaldava appena appena l’aria.
Un sorriso le spuntò
sul volto truccato in modo delicato.
Le bastava poco per essere
felice: i Muse sparati nelle
orecchie, qualche acquisto da H&M, il luccichio della fedina di
oro
sull’anulare sinistro.
Eh sì, Isabella
aveva trovato un ragazzo straordinario, il
migliore del mondo. Qualcuno che la rispettasse, che non la opprimesse,
che le
lasciasse i suoi spazi e l’amasse per quello che era senza
asfissiarla.
Finalmente, una persona all’altezza dei suoi desideri.
Tutto sembrava perfetto nella
sua vita da normale ventenne.
Nessun problema, nessuna preoccupazione. Orizzonte perfettamente
sgombro da
qualsiasi nuvola minacciosa.
Poi, accanto allo store della
Louis Vuitton, uno dei luoghi
sacri per una fashionist come lei, si materializzò lui.
Mentre quella figura alta e
bellissima avanzava nella sua
direzione, Isabella non ebbe esitazione alcuna.
Dio,
è proprio lui
– pensò in meno di una frazione di secondo. Ne era
certissima, Edoardo lo
avrebbe riconosciuto anche in mezzo a mille persone.
Erano passati tre anni
dall’ultima volta che lo aveva visto.
Erano passati tre, lunghissimi, eterni anni da quando lei si era
maturata e
aveva lasciato il loro liceo, perdendolo.
I ricordi affollarono la mente
di Isabella come un mulinello
velocissimo di flashback. Ricordi belli, ricordi brutti, ricordi di
eventi che
l’avevano fatta crescere e che le avevano insegnato che l’amore non sempre ha la fortuna di
essere ricambiato.
Edoardo, senza sapere niente,
l’aveva educata alle quotidiane
lacrime silenziose, alle pagine di diario riempite di elucubrazioni
stupide e
tenere, agli sguardi furtivi e al batticuore folle. Proprio come quello
che
stava mettendo a soqquadro Isabella in quegli istanti.
Lei lo vedeva adesso, davanti a
sé, proprio come lo aveva
visto per cinque anni, ogni giorno, in ogni occasione.
I capelli erano lunghi e ricci,
proprio come nel
duemilasette, e gli incorniciavano il viso maledettamente scolpito e
coperto da
una barba incolta; erano belli e soffici. Quante volte Isabella aveva
sognato
di affondarci le dita, per controllare se fossero polposi come
sembravano…
I
soliti occhiali da
sole neri a mascherina nascondevano quegli occhi nocciola profondi,
acuti,
brillanti. Un giubbotto di pelle, il suo preferito, gli fasciava le
spalle e il
busto e, aperto, lasciava intravedere una felpa rossa con un disegno
astruso di
colore giallo.
Edoardo e il suo
stile…
La nostalgia pervase Isabella
in ogni angolo di se stessa
mentre osservava Edoardo velocemente, cercando di fissare ogni
dettaglio nella
sua memoria.
Non lo avrebbe più
rivisto, quasi sicuramente.
Al centro del suo petto si
formò un buco immenso, come una di
quelle cavità create dallo schianto di un meteorite, in cui
iniziarono a
galleggiare il dolore e il desiderio.
Tutti quei sentimenti la
bruciavano, la squarciavano. Aveva
dimenticato tutto: chi fosse, dove si trovasse, la persona che amava
fino a un
minuto prima.
Tutto cancellato. Rimosso
magicamente.
Perché Edoardo era
stato il suo primo amore, la prima
persona per cui aveva nutrito qualcosa di vero, e la persona che
più l’aveva
fatta soffrire di più.
Perché nel cuore di
Isabella c’era una macchia, scura come
gli occhi di Edoardo, che non sarebbe mai sbiadita, nemmeno tra un
milione di
anni. L’incompiutezza di quella attrazione fortissima, la
curiosità dannata,
l’idealizzazione di cosa sarebbe stato e non aveva potuto
essere, non si
sarebbero estirpati. Non si erano annullati completamente col suo ex, e
probabilmente nemmeno col fidanzato attuale sarebbe accaduto.
Che amarezza.
Isabella era schiava di una
passione incompleta e maledetta;
sperava di soffocare tutto prima che cominciasse a corroderla dentro.
Giurò a se
stessa che non avrebbe permesso a quell’incontro casuale di
sconvolgerla ancora
di più e strinse i denti.
Il destino l’aveva
allontanata da lui e adesso glielo
ripresentava così, dopo tanti anni, chilometri lontani dalle
loro città,
cambiati dalle esperienze e dal tempo.
Edoardo incedeva sul
marciapiede, a meno di un metro da
Isabella, chiacchierando con un amico.
Non la riconobbe, ma Isabella
se lo aspettava.
Lui, come sempre, non la aveva
vista. Non l’aveva fatto per
cinque anni.
Isabella era anche cambiata
fisicamente: era molto
dimagrita, i capelli castani erano diventati lunghissimi e si distendevano sul
bianco del cappotto
lisci come spaghetti ben oltre la schiena. Pensava anche di essere
cambiata
dentro, di essere forte, di aver superato tutto, ma non era
così…
Edoardo si accostò
leggermente verso la direzione di
Isabella, la guardò per un secondo, poi continuò
a camminare dritto per la sua
strada. Isabella si voltò a guardarlo andar via di spalle,
per l’ultima volta,
durante il tempo in cui la figura di Edoardo iniziò a
diventare sempre più
piccola e a mischiarsi sempre di più con la folla, fino a
diventare un punto
lontano.
Isabella sentì
l’impulso irrefrenabile di seguirlo, ma
decise che non lo avrebbe fatto. Si pentì un attimo dopo
della sua scelta, ma
era la cosa più giusta da fare.
Si sedette su una di quelle
strane panchine quadrangolari
del centro di Bari, proprio davanti alla Vuitton, e sospirò,
chiudendo gli
occhi e provando a far smettere al suo respiro di essere
così irregolare.
Isabella pregò Dio
di non farle incontrare Edoardo mai più,
di non farglielo rivedere mai più. Un male così
forte non sarebbe riuscita a
reggerlo un’altra volta.
Poi lo sguardo di Isabella si
posò sull’anulare sinistro, e
capì che avrebbe dovuto seppellire tutto e rinchiuderlo per
sempre nel cassetto
più recondito della sua memoria.
Non per il suo bene, ma per il
bene di un ragazzo che non
doveva soffrire per quello che aveva appena combinato con un suo
brandello di
anima, fuggito via con un altro.
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Angolo dell'autrice
Questa shot è stata
scritta per l'iniziativa "2010: a year togheter", indetto dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight since 01.06.08 } ed è basta sul prompt 104-La
macchia non sbiadirà mai.
La storia l'ho scritta il 9 febbraio,
quella mattina incontrai il famoso Edoardo per Bari... mi venne un
colpo, dopo tre anni... e allora ho scritto di getto questa shot,
descrivendo il tutto... adesso, a un mese di distanza, tante cose sono
svanite e sono rientrate nel mio bel cassettino della memoria e dei
ricordi, sperando che rimangano lì per sempre
stavolta.
Ma scriverò ancora su
Isabella ed Edoardo :)
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