Soma era convinto che
molto presto sarebbe diventato un uomo; Ciel sospettava che non vi
sarebbe mai riuscito.
Anzitutto, il principe indiano non era in grado di contenere le proprie
emozioni.
Quando andava a far visita al conte, non si limitava a bussare alla
porta e, una volta accolto nella magione, ad un inchino e ad un cortese
Buongiorno, Lord
Phantomhive, come sarebbe stato consono – in
realtà, Ciel aveva la vaga impressione che
l’ipotesi d’imitare un simile modo di fare non lo
sfiorasse minimamente.
Al contrario, ogni volta Soma si premurava di distruggere il battente
d’ingresso anziché attraversarlo normalmente e
correva ad abbracciare il suo ospite – accompagnato da un
estatico
Cieee~l che
l’erede dei Phantomhive aveva imparato a temere –,
qualunque cosa stesse facendo. Che egli stesse studiando, mangiando od
anche fosse pacificamente occupato al gabinetto, il principe doveva
irrimediabilmente dimostrargli il proprio affetto, incurante delle urla
isteriche che sarebbero seguite.
Lo teneva stretto, gli sciorinava entusiasta la lunga serie di motivi
per i quali aveva sentito la sua mancanza e, ignorandolo bellamente
mentre ordinava a Sebastian con quanto fiato aveva di sottoporlo a
tutte le torture che conoscesse, si chinava e premeva dolcemente le
labbra sulla sua guancia, parimenti quanto faceva Lady Phantomhive
durante l’infanzia del suo erede. E Ciel veniva ridotto al
silenzio e riusciva a limitarsi appena ad incenerirlo con
un’occhiata storta.
Inoltre, Soma non doveva mai essersi interrogato sul significato del
vocabolo
impegni.
Quando andava a villa Phantomhive, il conte era costretto ad assumere
il ruolo di compagno di giochi e a rimandare al giorno seguente
qualunque compito avesse dovuto svolgere.
Il principe voleva giocare a qualsiasi cosa e, se non conosceva un
particolare intrattenimento, pretendeva che gli venisse spiegato, di
modo da potervi prendere parte.
L’erede dei Phantomhive gli insegnava a giocare a carte e lui
perdeva, si allenavano con il fioretto e perdeva, facevano una partita
a scacchi e perdeva, si sfidavano – o, più
precisamente, Soma lo sfidava e Ciel doveva accettare – a chi
avrebbe bevuto il the pomeridiano il più velocemente
possibile e perdeva.
Infine, la sera, ringraziava il conte, pur sottolineando quanto i
giochi inglesi fossero noiosi, e questi non lo uccideva soltanto
perché aveva il sospetto che il principe si annoiasse dal
momento che non riusciva mai a vincere.
Oltretutto, Soma era il tentativo d’uomo più
infantile che Ciel avesse mai conosciuto, nonché il
più abile nell’inventare scuse.
Pur di trattenersi alla magione più del dovuto, il principe
avrebbe risolutamente sostenuto che avrebbe potuto mettersi a piovere e
che le gocce avrebbero ostruito la visuale del conducente della sua
carrozza, favorendo un grave incidente. O che qualche regnante
dell’India che lo voleva morto avrebbe potuto ucciderlo
mentre faceva ritorno a casa.
Ed ogni volta era così occupato ad arricchire di particolari
il racconto del suo assassinio da non curarsi minimamente della
consapevolezza che Agni avrebbe impedito a qualsiasi pericolo anche
solo di sfiorarlo.
Non che l’erede dei Phantomhive sarebbe stato triste a causa
d’una sua eventuale dipartita, per quanto poco probabile essa
fosse: assecondava i suoi capricci soltanto perché aveva una
voce fastidiosamente acuta quando piagnucolava e perché
forse neanche Sebastian sarebbe stato in grado di separarlo dalla gamba
del suo signorino, alla quale si aggrappava con decisione – e
lui non ci teneva, a dormire con
quell’essere
avvinghiato a sé.
E l’avrebbe volentieri costretto a dormire sul pavimento di
fianco al proprio letto, non fosse stato che avrebbe dovuto sopportare
i suoi tediosi lamenti per l’intera notte e che, per amore
del povero Agni, Sebastian gli avrebbe ricordato che, dopotutto, Soma
era pur sempre un nobile.
E quando infine il principe crollava addormentato sullo stomaco di
Ciel, che non sarebbe mai cresciuto diveniva una consapevolezza,
parimenti la costrizione della sua cassa toracica e la coscienza di
doversi rassegnare a tollerare quel peso sino alla mattina dopo.
Tuttavia avrebbe quasi preferito essersi sbagliato –
quantomeno, avrebbe potuto dormire in pace.
Soma?
Hm?
Perché fai sempre così?
Ma perché ti voglio bene, Ciel! Tu non me ne vuoi?
… Assolutamente no.
Sappiate che non ha il
minimo senso XD.
Insomma, mi interessava scrivere di Ciel e di Soma, perché
insieme sono tanto fluffosi <3, e basta.
Oh, ma se volete recensire mica vi caccio; anzi, vi offro un the e dei
biscotti <3.