KEITA HIGH SCHOOL
CAPITOLO 1: I
PRESUPPOSTI PER UNA VITA D’INFERNO
Ashura Kamizashi era un ragazzo normale.
Per quanto l’aggettivo normale si possa adattare a
lui.
Effettivamente era nella media dei ragazzi della
sua età.
Ne troppo alto, ne troppo basso, media voti nella
norma,
fisico abbastanza asciutto, ma non da farlo apparire o uno stecchino o
un
balestrato.
Capelli neri, occhi azzurri.
Niente di particolare, insomma.
Peccato che egli fosse un novellino.
Potevi avere anche vent’anni, ma se nella Keita High School se eri o un
bamboccio di prima, o tra gli
ultimi dieci trasferiti lì, allora potevi avere libero accesso
all’inferno.
Scherzi idioti e pestaggi di gruppo erano
all’ordine del
giorno.
Nessuno osava rivolgersi a te, a meno che non
fossi un secchione.
Allora ti si avvicinavano e ti tenevano buono solo
per avere
i compiti a casa già fatti.
Quella scuola poteva essere considerata un covo di
bastardi.
Anzi, senza il considerarla.
Lo era, punto e basta.
Ashura aveva avuto la sfortuna di essere un novellino.
I suoi genitori erano separati, ed affidato alla
madre, era
stato costretto a cambiare città a causa del nuovo lavoro di lei.
Peccato che lui, di tutto questo, non
sapesse nulla…
Quella che sto per raccontarvi è la vita di Ashura
Kamizashi, il novellino, nella Keita High
School.
Tokyo, ore 7:00 a.m.
Il rumore tedioso di una sveglia iniziò a
risuonare nella
stanza buia.
Dapprima piano, ora sempre più forte e frequente.
Improvvisamente silenzio.
Quel suono meccanico e fastidioso cessò.
Una luce si accese, illuminando l’ambiente.
Era una piccola stanza.
Le pareti, color crema, erano tappezzate di
poster, di vario
tipo. Dagli eroi dello sport a quelli dei manga.
Sul pavimento, in legno, si stendeva un grande
tappeto
rosso.
Vicino all’ingresso, una scrivania ricolma di
libri, che
seppellivano un computer portatile ed una piccola tv.
Accanto alla porta, vi era un armadio a muro, con
le ante in
legno di noce, che si coordinava al pavimento.
L’unico oggetto non ancora descritto della stanza
era il
letto, accanto al comodino, su cui era posata una sveglia digitale, che
segnava
le 7:03 a.m.
Nel letto, ricoperto da una trapunta azzurra, si
trovava un
ragazzo, molto intontito dal sonno.
Il ragazzo in questione si chiamava Ashura
Kamizashi, di
sedici anni.
Il ragazzo si guardò intorno, leggermente
spaesato, per poi
scendere dal letto.
I capelli neri erano tutti arruffati.
Gli occhi azzurri, erano spenti ed assonnati.
A confermare questo stato di dormiveglia, ci pensò
un
poderoso sbadiglio.
Il ragazzo, ancora in stato di semi incoscienza,
si avviò
verso l’esterno della stanza, diretto verso il bagno.
Aprì la porta della sua stanza, entrò nel
corridoio per poi
rientrare nella stanza immediatamente accanto alla sua, appunto il
bagno.
Appena finito di lavarsi, il giovane Ashura,
finalmente
sveglio, uscì dalla stanza, incontrando la figura seccata ed
infastidita di una
ragazzina di all’incirca tredici anni.
-Fratellone, quanto ci hai messo!- sbraitò la
piccola.
-Chiudi il becco, Mikoto.- ribatté Ashura, seccato
da quella
piattola di sua sorella.
In tutta risposta, la bambina gli mostrò la
linguaccia,
prima di entrare in bagno.
Ashura tornò nella sua stanza, ed indossò la
divisa
scolastica della sua nuova scuola.
Pantalone rosso bordeaux, camicia bianca e
cravatta dello
stesso colore dei pantaloni.
Erano le 7:23 quando scese in cucina, trovando già
la
sorella e la madre.
La madre di Ashura, Ayame Morimoto, era una bella
donna
sulla quarantina, capelli marroni raccolti in una complicata
acconciatura ed
occhi azzurri, coperti da un paio di occhiali.
Indosso aveva un vestito molto elegante composto
da:
giacchetta grigia e gonna lunga fino a metà ginocchio dello stesso
colore.
La signora Morimoto era una giornalista di fama
nazionale e
finalmente era riuscita a trovare lavoro in un importante quotidiano
nazionale,
la cui redazione era proprio a Tokyo.
Per questo si erano trasferiti da Osaka.
Per il lavoro della madre.
E Ashura non ne era contento.
Ad Osaka aveva tanti amici fidati su cui contare
per i quali
aveva lottato per anni.
Ora doveva ricominciare da zero.
Ma non era spaventato.
Infondo era solo una
nuova scuola.
Uguale in tutto e per tutto all’altra.
Cosa potrebbe mai accadere?
Tokyo, ore 7:50 a.m.
Ashura Kamizashi si trovava di fronte alla sua
nuova scuola,
la Keita High
School.
Chissà cosa gli avrebbe riservato quel nuovo mondo?
Anticipazioni.
Capitolo secondo:
Il primo giorno di scuola
-Ragazzi, questo è
Ashura Kamizashi, un nuovo compagno, spero lo tratterete bene.-
Ashura non poté vedere
il ghigno comparso sui volti dei suoi nuovi compagni.
-Non si preoccupi
professore…- Sussurrò un alunno- … gli daremo un benvenuto che non
dimenticherà
mai.-
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