Memore
dei numerosi rimproveri di una mia amica, salto la premessa e vi auguro
buona lettura!^^
-Alternative-
Aveva
l’impressione di ricordarselo ancora vividamente, nonostante
sapesse bene che non avrebbe dovuto.
La cosa peggiore
del riosservare ogni minimo fotogramma della propria vita era il sapere
che, proprio come nei film, determinate scene venivano necessariamente
svalutate a vantaggio di altre. Difatti, ognuno di noi fa del suo
meglio per imprimere nella propria mente ogni singolo gesto compiuto,
quasi come se avere archiviata la più piccola azione sia
come possedere un tesoro che, sappiamo già per certo, in
futuro si rivelerà utile.
Ma, in
verità, gli atti sono inflazionati.
Non senza uno
scopo, questo è certo -chi più di un detective
potrebbe sostenere una simile tesi?-, ma in conclusione ogni altro
ricordo acquisisce una nota agrodolce ed evanescente. Proprio per
questo, quando si evoca un’immagine della propria vita,
bisogna sempre tener presente quanto questa possa essere falsa, quanto
le emozioni che richiamiamo potremmo non averle mai vissute, tanto da
non avvertire più alcun brivido lungo la schiena.
Finiscono per
appartenerci solo effimere tracce di emozioni sulla lingua, ammassate e
rimestate, talmente allappanti che la falsità, per pochi
attimi, sembra quasi qualcosa di tangibile.
Come in una
pellicola sbiadita dal tempo, nulla è certo.
Eppure…lui aveva l’impressione di ricordarselo
vividamente, nonostante sapesse bene che non avrebbe dovuto.
Non solo
perché aveva l’impressione che quella storia
– no, immagine – non gli appartenesse, ma anche
perché non aveva alcun valore.
Qualche anno prima, quando osservava la vita dall’alto dei
suoi quindici anni, si era ritrovato a lavorare in Sicilia alla
soluzione di un caso concernente la mafia. Nell’attesa di
raggiungere l’albergo, si era accucciato, con le ginocchia
strette al petto, sul sedile della macchina, accanto al finestrino.
Fino a quel
momento, anche se il suo sguardo era rivolto verso
quest’ultimo, era come se i suoi occhi fossero stati di
vetro.
Di rado aveva l’occasione di rivolgere davvero lo sguardo al
mondo, nonostante ne avesse sfiorato ogni continente; tuttavia, cosa
poteva mai essere quella campagna se non una distesa di terra come
tutte le altre? Il caldo che permeava dai vetri lo infastidiva e il
paesaggio scorreva davanti ai suoi occhi sotto forma di indistinte
macchie giallastre e verdi.
Eppure, ne
bastò solo uno: un piccolo, intrusivo e prepotente raggio di
sole per far sì che i suoi occhi osservassero il mondo al di
là vetro. Quasi per istinto, poggiò la fronte
ghiacciata contro il finestrino bollente, premendo con tale forza da
dare l’impressione che stesse tentando di fondersi con
l’oggetto stesso, nel misero tentativo di avvicinarsi almeno
un poco a ciò che gli si dispiegava davanti: il giallo
brillante e secco delle spighe di grano veniva stemperato, proprio come
nella perfezione di un dipinto rinascimentale, dalla delicatezza dei
campi verdeggianti e dalla brutalità della terra bruciata,
ancora avvolta in uno spesso manto di fumo, sempre più
sottile mano a mano che, presuntuoso, tentava di raggiungere la cima di
un monte in lontananza.
E così giurò di poterlo sentire il battito
aritmico del suo cuore che avanzava sempre più veloce,
mischiando sistole e diastole tanto da renderle indistinguibili. E
quella dilatazione continua del suo cuore si manifestava sotto forma di
uno strano peso –oh, così piacevole! –
sulla cassa toracica. Senza che se ne accorgesse, le sue dita sottili
avvinghiarono la stoffa della maglietta bianca, mentre quelle della
mano opposta si adagiavano leggere sul finestrino. E anche se sapeva
che per chiunque lo stesse guardando lui sarebbe apparso come la solita
maschera di cera priva di emozioni – fatta eccezione per la
luce viva nei suoi occhi, appena percepibile – non
poté fare a meno di sentirsi un poco vulnerabile e afferrare
la caviglia, nascosta sotto la stoffa dei jeans troppo lunghi.
Non gli ci volle molto per perdersi nella malinconia data dalla
consapevolezza che, di lì a poco, quelle sensazioni gli
sarebbero tornate sconosciute. Proprio per questo decise di abbandonarvisi, solo per quegli istanti; in fondo, per quanto ridurre le sue
emozioni al minimo fosse la cosa più logica da fare per un
individuo razionale come lui, non sarebbe mai stato possibile
escluderle del tutto.
E adesso, mentre quelle dita acquose sfioravano il suo corpo inerme e
la sua mano si aggrappava titubante alla stoffa della maglietta bianca,
se lo chiese: e se io avessi avuto una vita diversa?
Il suo quesito non era carico di paura per quell’imminente
morte che giaceva riflessa negli occhi di Light.
La sua era solo una mera curiosità.
Sebbene non volesse morire – no, di certo non rientrava fra i
suoi progetti – non provava alcun rimpianto per
ciò che aveva fatto in vita. Questo, però, non
escludeva il fatto che la sua mente, preda del vizio di vagliare ogni
possibilità, continuasse a porsi quella domanda.
Se solo la sua memoria, nient’altro che il diario della sua
vita, non avesse escluso a priori le emozioni, ma ne avesse
conservato un qualcosa, al di là delle sensazioni scaturite
da essa! In quel momento immaginava di scavare fra quelle sterili
emozioni, di ritrovare, scribacchiate ai margini di pagine rovinate dei
suoi ricordi, quelle parole così cariche di vita. Non
perché esse fossero più rilevanti dei fatti, ma
poiché quest’ultimi fra qualche ora sarebbero
svaniti con l’ultima pulsazione di quel cuore che gli
sembrava di stringere fra le mani.
Sapeva bene che le emozioni non si sarebbero rilevate più
durature ma, ammesso che dopo la fine ci fosse stato
qualcos’altro oltre al vuoto, la sua anima sarebbe stata
plasmata, scolpita sotto le dita del tempo. Non si sarebbe limitata ad
essere quella miscellanea di pioggia e rintocchi di campane, di omicidi
ed acre sapore di umiliante sconfitta.
Tuttavia…
guardando il
temporale diventare sempre più vasto e udendo il forte
scrosciare d’acqua tutto intorno, sentì il calore
di quel brillante sole siciliano lasciare poco a poco la sua pelle,
quell’illecita traccia di memoria farsi sempre più
surreale e lasciare posto al suono delle campane.
Smise di vagliare alcuna alternativa perché sapeva bene che
non ce ne era mai stata: mentre l’acqua travolgeva la terra e
questa, discioltasi in fango, continuava a rimestarsi e scivolare via,
lui se ne sarebbe andato. Il mondo avrebbe divorato sé
stesso, pensò fissando gli occhi di Light che parlava in
lontananza, e lui sarebbe sparito con esso.
Commento autore: Salve a tutti!^^ Come al solito mi
soffermo a dire qualche parolina che ritengo necessaria (mi rifaccio
per la premessa mancata XD): questa storia mi era venuta in mente
qualche mese fa, e constava di due ricordi (o meglio dire paesaggi) del
tutto diversi fra loro. Ad ogni modo, con il passare dei mesi, mi sono
del tutto dimenticata quale passaggio logico li legasse,
perciò mi sono dovuta arrangiare in questo modo; non
è che mi piaccia molto. Ma quello che mi lascia
più perplessa è il tema che ho scelto: la morte
di L è qualcosa di trito e ritrito e il modo in cui ne ho
parlato non è nemmeno originale. Immagino, inoltre, che la
lettura si riveli alquanto pesante, dato lo stile che ho
adottato^^” chiedo venia…
Sinceramente, non
saprei cos’altro dire^^” (e pensare che mi sembrava
di dover fare chissà quale commento XD). Fatemi sapere cosa
ne pensate^^ Bacioni!
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