Non ha mai avuto il
tempo di parlare, Kakashi.
Sebbene si sia sempre detto di lui che è un uomo di poche
parole ed è per questo che è divenuto un
così grande shinobi, forse gli sarebbe piaciuto, di tanto in
tanto, semplicemente sedersi a scambiare due chiacchiere con un amico.
Anche quando è accaduto, era soltanto una facciata.
Perché essere un grande shinobi comporta il muoversi
rapidamente, nella consapevolezza che la velocità potrebbe
salvare una vita, ma poi tale abitudine finisce per ripercuotersi sulla
vita quotidiana.
Jiraiya l’ha sempre rimproverato per questo motivo: il Sannin
lo sapeva, che cosa Kakashi avrebbe perso in questo modo. Ora lui
stesso l’ha compreso, che cosa ha abbandonato in tutti questi
anni in nome del proprio titolo di ninja: ha oltrepassato le altre
persone, non si è fermato ad aspettarle, e chi non
è riuscito a tenere il suo passo è stato lasciato
indietro.
Ha perduto il sorriso d’amichevole ammirazione di Obito che
si nascondeva sotto strati di falso odio, l’abbraccio di suo
padre, soffocato dall’odore del sangue, e l’affetto
dei cari che ha avuto intorno prima che venissero inghiottiti dalla
spirale di morte che irrimediabilmente avvolge ogni shinobi.
Più stretta quanto più egli è celebre.
È per questo che adesso Kakashi si è seduto e ha
cominciato a parlare di tutte quelle altre cose che al contrario
è stato capace di tenersi stretto. Articola con calma ogni
singola parola e si prende un po’ di tempo per osservare come
le rughe attorno al sorriso di Sakumo si tendano quando questo si
amplia nell’ascoltare il racconto d’un episodio
felice e come poi si facciano più marcate quando lui si
sofferma su qualcosa di più triste.
Kakashi non pone le tante domande che conserva dentro di sé
da tanti anni, si limita a rendere suo padre partecipe dei momenti
della sua esistenza che si è perso, perché sa che
così può dargli modo di recuperare almeno una
delle tante cose che ha scelto di abbandonare con il suicidio: la vita
di suo figlio.
Quando infine termina il suo racconto, il fuoco si è
notevolmente consumato nel suo letto di terra circondato da ciottoli
bianchi. Zanna Bianca studia le fiamme oramai rarefatte e poi chiede,
levando gli occhi su Kakashi: -Dunque questo ragazzo…
Naruto… ha ancora bisogno di te, non è vero?-.
Il tessuto della maschera che cela il viso dello shinobi si increspa in
un sorriso ed una mano viene condotta ad accarezzare la nuca in un
gesto imbarazzato. -Ah, non credo.- ammette, scrollando le spalle.
-È cresciuto e con lui c’è Sakura: non
hanno più bisogno del loro vecchio
sensei-.
-Tu dici?-. L’espressione che accentua le rughe sul volto di
Sakumo è assorta. -Non commettere il mio stesso errore:
anch’io ero convinto che tu fossi cresciuto, allora.- lo
ammonisce, stringendo la sua spalla fra le dita robuste.
-Non è la stessa cosa.- obietta Kakashi senza rancore.
Zanna Bianca sorride a propria volta. -Torna da lui, Kakashi.- dice
semplicemente, con un tono che sa di congedo. -Avremo molto tempo per
parlare un’altra volta-. Sfiora affettuosamente la spalla del
ninja in un’ultima carezza e, quando si ritrae, la sua sagoma
ha cominciato a svanire ed il fuoco è ridotto ad un mucchio
di ceneri.
Kakashi vorrebbe trattenersi soltanto un altro poco, tuttavia suo padre
e le braci sono oramai poco più che ombre.
Ma v’erano scuse silenziose, nella voce di Sakumo: gli basta
così.
E poi, dall’altra parte, qualcuno lo sta aspettando.
Sono fiero di te, Kakashi.
Io seguo l'edizione
italiana, perciò vi sarei ampiamente grata se non
spoileraste nulla.
Le frasi iniziali - riprese dal tankoubon numero 46 - sono tutto
ciò che so di quanto accade a Kakashi quando è "a
metà tra l'aldilà e l'aldiqua", come dico io,
poiché non credo sia morto; l'ultima frase, quella di Sakumo
sulla destra, è una mia invenzione personale.
Non fatemi
spoiler in alcun modo, ve ne prego. E se volete recensire, ne
sarò felice <3.
Grazie di tutto.