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Alta Società
*
Non riesco a increspare le labbra mentre alzo la mano,
intrappolata in un guanto bianco come la neve, per sfiorare la gelida
superficie dello specchio. Le dita ne incontrano altre, nient’altro che il
riflesso delle mie. Sospiro e guardo la mia immagine come se non mi
appartenesse. No, non mi appartiene affatto.
“Madre, devo
necessariamente indossare questi indumenti?” domando, quasi speranzosa.
Incontro gli occhi di mia madre, uguali ai miei, e, in loro, leggo una
rassegnazione quasi esasperata. La vedo mentre pianta i pugni sui fianchi e mi
sorride.
“Shiho, sì.
Necessariamente. Non puoi di certo venire con i jeans,” dice, prima di fare un
piccolo cenno col capo ed uscire dalla stanza, seguita da una delle due
cameriere, mentre l’altra rimane dietro di me, sistemandomi i momentanei
boccoli che cadono sulle mie spalle. In questo momento vorrei solo strapparmi
di dosso questo stupido abito da sera, infilarmi la tuta da pilota e sedermi
nel cockpit del mio DEEP Arms per immergermi in un’altra realtà. Quella
virtuale.
“Sta benissimo,
Fräulein,” mi rassicura la cameriera, allontanandosi di qualche passo perché
nello specchio, nuovamente, ci sia solo il mio riflesso. “Sono sicura che
questa sera farà stragi di cuori.”
“Johanna… l’ho già
detto anche a mia madre: non ho alcuna intenzione di sposare uno dei soci di
mio padre. Questo non è il mio mondo.”
No, infatti. Io appartengo a ZAFT e, quando ho dovuto porre
una fine alla mia brillante carriera per poter compiere il volere dei miei
genitori, ho sentito una parte di me morire.
“Fräulein, lei non
deve dirlo alla Signora, ma al Signore,” mi riprende Johanna, portandosi una
mano sul petto e sospirando sognante. È più vecchia di me di qualche anno, ma
sicuramente non di cervello. “Magari avrà l’opportunità di andare in moglie a
qualche affascinante Consigliere.”
La precedo fuori dalla stanza e mi devo mordicchiare un
labbro per non associare le parole affascinante
Consigliere al volto di un effettivamente affascinante giovane che ricopre
quel ruolo.
Johanna, comunque, ha
ragione ed io dovrei smetterla di lamentarmi a mezza bocca con mia madre quando
il vero squalo da affrontare è mio padre; ma con che faccia potrei dirgli che
ho intenzione di disonorare il nome degli Hahnenfuß e rendermi ridicola agli
occhi di coloro che, dopotutto, ci danno da mangiare?
“Ecco la mia
bambina,” dice mio padre, una volta che mi accomodo nella limousine. Gli
sorrido senza intenderlo veramente. È da quando è terminata la guerra che non
lo faccio. Mi sporgo e lascio che mi baci la guancia, affettuoso come sempre.
So che lui e mia madre mi amano oltre ogni cosa, rimango comunque la loro
primogenita – e anche unica figlia, a dirla tutta – ed il loro tesoro più
prezioso. “Pronta per la serata di gala? Magari potrei presentarti uno dei miei
colleghi.”
Precisamente: il loro
tesoro. È innegabile che la mia vita appartenga a loro e sia soggetta al loro
volere. Loro, loro, loro.
Con la coda
dell’occhio vedo mia madre mordersi il labbro inferiore per evitare di
sospirare e sento lo sguardo speranzoso di mio padre su di me. Assomiglia a
quello di un bambino che brama qualcosa. Quante volte l’ho usato… quante poche
volte ha funzionato. Mi limito a stringermi nelle spalle e guardare fuori dal
finestrino, il mio riflesso che ancora mi perseguita e le mie dita che credono
di sfiorarlo. Per un momento scorgo un’altra Shiho Hahnenfuß: i suoi capelli
sono lisci e raccolti in una coda bassa e non boccoli; non indossa un abito
della più preziosa seta di December City e alla gola e ai lobi non le brillano
diamanti e perle, ma ha una semplice divisa scarlatta con mostrine e
distintivi; non il make-up ad abbellirle il viso, ma in qualche modo mi sembra
più radiosa di quella che la sta fissando. Più bella. Più felice. Sfido io,
quello è il Maggiore Hahnenfuß della Voltaire.
“Siamo arrivati, mia
cara,” sussurra mia madre, facendomi interrompere bruscamente il mio sogno ad
occhi aperti. Davanti a me c’è nuovamente Miss Hahnenfuß, la figlia di Lord e
Lady Hahnenfuß, i rappresentanti di Junius nel Supremo Consiglio.
Accetto la mano
dell’autista che mi aiuta a scendere e seguo i miei genitori verso l’entrata
dell’hotel dove l’alta società di Aprilius festeggerà il cinquantacinquesimo
compleanno della moglie di un altro consigliere che, per frivola vanità,
preferisce una sola candelina sulla torta a più piani, trionfo
d’alta pasticceria, che intravedo su un tavolo in lontananza.
Ormai siamo entrati
nella sala grande e non posso non notare lo sfarzo che ci circonda,
inesistente sulla Voltaire. Tende di broccato, candelabri d’oro, stoviglie
d’argento… è tutto dannatamente diverso dalla Voltaire, un altro mondo. Mentre
cerco di nascondere il sorriso incredulo – sto davvero continuando a pensare
alla mia casa per gli ultimi cinque anni in ogni occasione, sono patetica – mi
si avvicinano le mie cosiddette migliori amiche. Solo perché hanno cognomi
importanti ed i miei genitori le hanno scelte per me.
“Miss Hahnenfuß è
deliziosa questa sera.”
“I capelli mossi le
stanno decisamente meglio rispetto a quella coda disordinata con cui è apparsa
sui vari giornali militari.”
“Questo vestito
azzurro è meraviglioso, che lusso.”
Non rispondo loro a parole, faccio solo cenni di assenso, ma
all’ultimo commento non posso che sorridere raggiante alla mia sconosciuta
interlocutrice. È la nipote di qualche imprenditore facoltoso, frivola e oca,
ma adesso ha decisamente colto nel segno. Qualche giorno fa mia madre mi ha trascinata
a fare shopping per scegliere un abito e appena ho visto questo colore ho preso
la mia decisione. Mi sono ritrovata tante volte, durante questi anni, a
fissarlo e perdermici.
“Miss Hahnenfuß, si
sente bene?” domanda una delle ragazze, sfiorandomi il gomito.
Annuisco poco convinta e, dopo aver agguantato un bicchiere
colmo di champagne, me lo porto alle labbra e ne bevo metà in un sorso,
appoggiandomi ad una colonna con il gruppo di rampolle. Ma facendo il tutto con
grazia.
“Ma la vedete?” ride
un’altra, muovendo freneticamente il ventaglio davanti al volto dopo averlo
puntato in direzione di una giovane intenta a danzare. “Ha i capelli lilla e si
è messa un abito bordeaux… mi chiedo dove sia finito il buon gusto, di questi
tempi. Non pensa anche lei, Miss Hahnenfuß?”
Guardo la povera vittima per qualche secondo prima di
rivolgere la mia attenzione alla crudele osservatrice e noto che tra le due c’è
un abisso. Increspo leggermente le labbra e annuisco, pensando che il vacante
buon gusto abita con la sua vacante razionalità dal momento che la figura che
si muove a suo agio sulla pista da ballo è impeccabile e stupenda, mentre lei è
solo un’invidiosa con la faccia da scofano.
Nell’esercito non si
guardano queste cose; tutti sono uguali, se non per il loro grado. È anche
questo il motivo per cui ho deciso di indossare la versione maschile dell’uniforme.
Per non risaltare troppo; per quello bastava il caratteraccio del mio
Comandante.
“I suoi genitori sono
proprio una bella coppia,” si complimenta la racchia, che molto probabilmente è
quella più facoltosa, visto come le altre pendono dalle sue labbra.
Li guardo, intenti a porgere i propri omaggi alla
festeggiata e al consorte. Già, loro si sono sposati per amore e non perché
costretti. A differenza mia, molto probabilmente.
Ah, come vorrei non
essere circondata da queste stupide, ma essere in compagnia di Miriallia e
Cagalli. Ho avuto occasione di conoscere meglio la prima durante il viaggio di
ritorno dal campo dell’ultima battaglia ad Aprilius One, la seconda durante le
trattative di pace. Io, una Coordinator di seconda generazione, che ha come
amiche due Natural. Una barzelletta ambulante per gli occhi di queste persone
che continuano a blaterare cose futili. Ma Miriallia e Cagalli sono su Orb e
sarebbe estremamente sconveniente farmi vedere in giro con loro,
nonostante la seconda sia a capo della nazione neutrale e promessa sposa di
colui che ho sempre considerato il Principe di PLANT.
Scorgo Dearka, troppo impegnato a sbadigliare mentre sua
madre parla concitata con un’anziana ingioiellata fino alla punta delle unghie
edall’aria snob. Sorrido divertita,
l’Ufficiale Elthman è sempre stato davvero scanzonato e poco attento a certi
dettagli galanti che, però, su di lui sono giudicati così sprezzanti, così
fuori luogo… così sexy. Stupido
maschilismo, ma Dearka ci sguazza in maniera talmente palese che non posso non
ridere. Vorrei correre da lui e piantargli un giocoso pugno nel braccio, come
ero abituata a fare, però… indovinate un po’? Sì, estremamente sconveniente
pure questo, ma io stessa ammetto che vedere una bambola che picchia un
damerino potrebbe apparire come uno spettacolo ridicolo.
“Dio mio, non posso
crederci!” squittisce una del gruppo, portandosi entrambe le mani sulle guance.
“Guardate là, quello vicino al muro è Lord Joule!”
Questa volta anche io mi giro di scatto, forse troppo
velocemente perché le scorgo fissarmi curiosamente per qualche secondo prima di
rivolgere la loro totale attenzione al mio
Comandante. È bellissimo, come sempre. Il suo smoking è blu notte,
sicuramente di stoffa finissima come il mio abito e sorrido sinceramente,
notando che i suoi capelli sono legati in una corta coda appena sopra la nuca.
Il suo rapporto con la chioma è sempre stato più conflittuale di quello con
Athrun Zala.
Non mi stupisco
neppure quando il gruppo di cui faccio involontariamente parte si esibisce nel
più melodrammatico dei sospiri: è il tipo di uomo che farebbe perdere la testa
anche alla più fedele delle mogli.
“Miss Hahnenfuß, se
non mi sbaglio lei è stata il braccio destro di Lord Joule, durante la guerra,”
continua la giovane, incrociando ora le mani davanti al seno. Sempre se ce l’ha
un seno, sembra una tavola da sur… cazzo – una parola che vorrei urlare, vista
la mia esasperazione attuale – mi sto lasciando contagiare dalla malignità di
queste bambocce invidiose. “L’ho letto da qualche parte.”
Seriamente sconvolta dalla novità che sappia leggere,
annuisco pigramente, come se la cosa non m’interessi.
In realtà, però, è
stata la cosa più bella che mi sia mai successa. Farlo capire a loro, però,
sarebbe sbagliato e ogni volta che nominano l’esercito vedo gli sguardi
orripilati sui loro visi e, per qualche motivo sconosciuto, tale reazione mi fa
male.
“Dicono che sia un
gentiluomo di prima categoria!” esclama la leader. “Nonché lo scapolo più in
vista di PLANT. Quasi quasi la invidio, Miss Hahnenfuß… Lord Joule e Lord
Elthman in un colpo solo… avrei dovuto arruolarmi anche io!”
Le altre ridono divertite e giulive a quella pessima battuta
e io devo mordermi il labbro per non urlarle che ZAFT non è una specie di
nightclub in cui fare conquiste. E che il mio Comandante non è gentile, in
questi frangenti, ma è solo impegnatissimo a trattenere le bestemmie e le
occhiatacce.
Mi volto di sbieco
per guardarlo ancora e mi perdo nei ricordi mentre ammiro le sue labbra
muoversi con calma, dialogare con un uomo che non conosco; i suoi occhi
stringersi, ascoltando la risposta del misterioso interlocutore e poi
annuire, poco convinto.
In un attimo succede, però, e i nostri sguardi s’incrociano.
Siamo lontani, ma posso immaginare le movenze composte del suo viso e, ai suoi
occhi, mi sento quasi nuda: non perché solitamente le mie spalle erano coperte
e il mio corpo non fasciato in maniera così invitante, ma perché mi ero
dimenticata di come potesse spogliarmi con solo un’occhiata.
Le mie guance acquistano colore quando colgo un sorrisetto
sulle sue labbra sottili e quando alza il suo bicchiere leggermente, come a
voler brindare a qualcosa. Con me. Levo in aria il mio, per poi far vagare
ancora gli occhi nella stanza, lontano da lui, che è in grado di risvegliare
ogni emozione in me, addormentata da quando ho appeso nel mio armadio la divisa
da Red Coat. Vedo mia madre, in compagnia di Lady Viola Elthman, Dearka e la
loro rugosa compagna. Ho bisogno di un amico, ne ho davvero bisogno.
“Scusate,” mi congedo
dal gruppo di rampolle con un inchino. “Mi sono ricordata che mia madre
vorrebbe farmi conoscere qualche dama di cui non rammento il nome.”
La leader annuisce, imitata subito dalle altre, e prima che
possa dire qualcosa inizio a camminare verso il quartetto, mia ancora di
salvezza. Non voglio ascoltare nuove chiacchiere infondate su di lui. Non
voglio sentir parlare di lui. Voglio solo dimenticarmi della sua presenza che
mi ha riempita in quanto? Un minuto?
“Shi-,” inizia a dire
Dearka, solo per essere picchiato leggermente sulla nuca da Lady Viola. Lo
guardo mentre rotea gli occhi e, piegato il braccio ad altezza stomaco,
s’inchina appena, scoccandomi il più affascinante dei sorrisi. Se non fosse uno
dei miei più cari amici sono sicura che avrei una cotta per lui. “Miss Hahnenfuß,
quale piacere vederla!” continua con la sua farsa. “Meravigliosa creatura,
vedo. Complimenti, Lady Hahnenfuß. Indossa davvero una gonna. Sono commosso.”
Sbuffo mentre mia madre ride, sinceramente divertita.
Spio curiosamente alla sua destra e noto che la cariatide sponsor di una
gioielleria se n’è andata. Tanto meglio, non avevo voglia di sorbirmi una
cascata di complimenti fasulli e viscidi; non dopo il gossip inutile che mi
sono appena lasciata alle spalle.
“Come sta Miri?”
domando a Dearka, avvicinandomi a lui. È un sussurro talmente flebile che
neppure un Coordinator, come mia madre o Lady Viola, potrebbe captare. Lo vedo inarcare
un sopracciglio prima di allargare il sorriso e annuire.
“Benissimo. Verrà in
vacanza su Aprilius il mese prossimo, potreste uscire insieme, se vuoi,”
risponde d’un fiato, come se avesse tenuto dentro la notizia per troppo tempo.
“Sai, l’ho detto ai miei genitori e mi hanno tenuto il muso per un po’, ma poi
si sono resi all’evidenza e hanno accettato la cosa.”
Lo guardo e non riesco a non sorridere: quando è innamorato
– corrisposto, s’intende – diventa quasi adorabile e assomiglia terribilmente
ad una quattordicenne. Questo è un punto in comune che condividiamo.
“Oh, tesoro, ecco che
arriva tuo padre,” dice mia madre, posandomi una mano sulla spalla. I suoi
occhi brillano d’amore ogni volta che lo vede, mi chiedo come faccia dopo
vent’anni di matrimonio.
Io non vorrei girarmi
per poi trovare un vecchio bavoso con cui potrei convolare a nozze, ma il nuovo
sguardo minaccioso di mia madre mi fa obbedire. Sto per girarmi, però la
sorpresa mi viene rovinata da Dearka che, passandomi di fianco, dà un cinque al
compagno di mio padre, chiamandolo ‘amico’. L’unica persona con cui si può
permettere certe confidenze… si forma un groppo nella mia gola. Io lo stavo
evitando così accuratamente… lui ha trovato mio padre. Destino crudele, sono
tante le volte in cui mi sono chiesta cosa ti ho fatto di male.
“Lord Elthman, vorrei
rammentarle dove siamo.”
La voce è la sua, il tono da cane rognoso è il suo. Il
volto, ora che mi sono girata, è il suo. Definitivamente il mio Yzak. Cioè,
volevo dire, il mio Comandante.
“Shiho cara, ho fatto
io gli auguri a Lady Dorée, ma sarebbe carino se più tardi andassi a farglieli
di persona,” mi informa mio padre, ignaro della tempesta che si sta scatenando
implacabile dentro di me. Lo vedo battere più volte la mano sulla spalla del
mio ex-superiore, in maniera amichevole e bonaria. Mio padre è proprio un coglione
alle volte, ma non potrei non amarlo. Anche Yzak è un coglione, sempre, ma amo
necessariamente anche lui. Un segreto fin troppo pesante che ho svelato solo a
Miriallia. Okay, lo sguardo malizioso di Dearka mi fa capire che anche lui sa.
Sospiro stancamente ed annuisco a mio padre.
“Lo farò, non
preoccuparti.”
“Brava ragazza,”
continua lui, la mano perennemente sulla spalla di Yzak. Ancora qualche secondo
e gliela sbrana abbaiando. Scommetto tutto il mio patrimonio che lo fa.
“Piuttosto, guarda un po’ chi ti ho portato… il tuo Comandante.”
“Grazie, Padre,”
borbotto a denti stretti, per niente entusiasta di essere lì in quel momento e
di apparire come una mocciosa di quattro anni ai suoi occhi, la cui sfumatura è
uguale a quella del mio vestito. Ora che siamo vicini mi sembra una cosa
ridicola. “Era da un po’ che non lo incontravo, in effetti.”
“Tre mesi, Miss
Hahnenfuß,” precisa Yzak, allontanandosi di un passo dalla portata di mio
padre. Allora un controllo minimo ce l’ha. Sono stupita.
Lo guardo mentre mi
afferra la mano destra e, inchinatosi, posa un leggero bacio sul suo dorso,
ancora intrappolato nel guanto bianco, su cui si posano alcuni ciuffi candidi
che sfuggono alla sua acconciatura. Santo cielo, solo io so quanto vorrei che
le sue labbra, così sottili, ma che sembrano così roventi, si posassero
direttamente sulla mia pelle. Non riesco a controllare il rossore sulle mia
guance quando si stacca e mi guarda negli occhi. Nuovamente mi sento nuda.
“Spero che si diverta comunque anche senza il suo DEEP Arms.”
“Come una pazza,” gli
rispondo, sarcastica, ma con voce tremendamente seria. “Cosa dovrebbe volere di
più una fanciulla dalla vita? Feste, abiti, gioielli… va tutto a gonfie vele.”
“E matrimonio,”
suggerisce Lady Viola, ridacchiando con mia madre. “Non so se hai visto il
figlio di Huttner, mia cara… un partito affascinante e che ha solo un paio di
anni in più. Theodore, non potresti farci un pensierino? Se il mio Dearka fosse
una ragazza avrei già suggerito a Tad di darla in moglie al giovane Lucas.”
Yzak, invece, ne ha solo uno, di anno, in più.
Vedo Dearka roteare gli occhi e sono certa che, mentalmente,
abbia appena imprecato: sua madre è tanto bella quanto stupida. Finisco per
guardare il mio Comandante, davanti a me, che ha uno sguardo indecifrabile.
Sono sciocca, ma ho sperato fino alla fine di notare un guizzo di gelosia
infuocare quelle pozze cobalto. Invano.
“Oh, Viola, non posso
che convenire,” asserisce mio padre, mettendosi al fianco di mia madre e
andando a posare la mano sulla sua spalla. Sono sicura che abbia un tic, a
questo punto. “Quale momento migliore per annunciarlo, comunque? Signore...
signori…” guarda prima noi donne e poi posa lo sguardo su Dearka e Yzak. “La
mia bambina ha già un fidanzato.”
Sento il mondo
spaccarsi in due e la mia mano sinistra, che ha retto il bicchiere di champagne
fino ad adesso, lascia andare il vetro, che si rompe in mille schegge di
cristallo non appena tocca terra. Mi ero augurata di poter rimanere single, e
sporca a causa dei miei sentimenti illegittimi verso un altro, ancora per
qualche anno. Mi sento anche come qualche animale del bosco, appena illuminato
dai fari di un’auto nel bel mezzo della notte.
Prima che possa dire qualcosa, qualsiasi cosa, Yzak mi
afferra nuovamente la mano e con la sua solita delicatezza da elefante mi
conduce sulla pista da ballo, dove passa l’altra mano attorno alla mia vita e
io la poso sulla sua spalla. È un contatto pericoloso, che puzza di disonore.
Specie quando io sono la promessa sposa di qualche sconosciuto.
“Mi ha salvato,
signore,” mormoro, incapace di lasciar cadere l’abitudine di chiamarlo così.
Lo ascolto grugnire ed iniziare a muoversi, quasi aggraziato,
tra le altre coppie di ballerini. Da lontano vedo la giovane dai capelli lilla
e l’abito scarlatto. Immersa nel silenzio come sono riesco a vedere che il suo
partner ha dei penetranti occhi rossi. Il mio cuore bussa alla gabbia toracica,
urlandole di lasciarlo uscire, mentre alzo lo sguardo sul mio cavaliere. Dire
che è bello è riduttivo. E io lo amo alla follia, ma devo smetterla.
La musica sembra
cullarci, non siamo mai stati così vicini in pubblico, ma la cosa non sembra
dargli fastidio. Il ritmo cambia, sfuma in qualcosa di più intimo e io mi
ritrovo a bestemmiare contro il destino per l’ennesima volta, quando lui mi attira
ulteriormente a sé, quasi bramoso di sentire il mio corpo aderire contro il suo
e far ardere la passione. Forse.
“Shiho,” respira nel
mio orecchio, abbassandosi. È irresistibile. Non va oltre, non dice niente,
lasciandomi un retrogusto amaro e tanti dubbi.
“Yzak?” provo,
poggiando la testa sul suo petto per non lasciargli troppo campo d’azione.
“So chi è.”
“Chi?”
“Il tuo fidanzato.”
Eccolo. Il suo tono piatto e privo di emozioni. Lo stesso
con cui mi ha comunicato che mio padre mi voleva fuori da ZAFT entro due
giorni. Ma anche lo stesso con cui mi ha appioppato il soprannome di Housenka.
Nuovamente mi
stupisce, premendo le labbra sulle mie. Avevo ragione: vanno a fuoco, in totale
contrasto con il suo aspetto di ghiaccio. Non riesco a trattenermi e ricambio
il bacio, fregandome per una volta di questo insensibile ambiente in cui siamo
costretti. Sento una valanga di emozioni travolgermi in pieno. Disonore,
ribrezzo, vergogna. Amore, desiderio, gioia. Perché mi sta torturando così
dolcemente lo sa solo lui, ma intanto mi godo il momento, cingendogli il collo
con le braccia, in uno stupido e disperato tentativo di sentirlo più vicino a
me, mentre mormorii scandalizzati ci avvolgono come una fastidiosa cortina di
nebbia.
Poi capisco tutto e
mi stacco da quel contatto che ho desiderato dal primo momento. È sconveniente,
glielo sussurro, sotto gli occhi degli altri, scioccati dalle pubbliche
effusioni di quelli che, sicuramente, considerano un marmocchio con troppo
potere ed una bamboccia fuori di testa per essersi arruolata.
“Sconveniente?”
ripete, scocciato per essere stato cacciato via dalla mia bocca.
“Sì,” sussurro piano,
alzando la mano sinistra e facendo scorrere il quarto, spoglio dito sulla sua
guancia. Sorrido con lui, è possibile che io ci abbia preso. “Il primo bacio
non avresti dovuto darmelo sull’altare?”
“No,” nega, con il
suo ghigno malefico, sostituito immediatamente da uno sguardo di ghiaccio e
terribile. Devo essere masochista per essermi innamorata di lui. Si piega
ancora sul mio orecchio, questa volta vi posa le labbra, mentre con le mani va
a cingermi la vita. Un flirt così palese all’hotel in cui la signora Dorée
festeggia cinquantacinque anni… così sconveniente… così inebriante… “Quello è
il sesso.”
Le sue parole sono un soffio, quasi malizioso, che mi fanno
avvampare completamente. Torna a guardarmi proprio quando sento la voce di mio
padre attirare l’attenzione, togliendola da noi, isolati sulla pista da ballo gremita.
Lo ascolto distratta mentre annuncia che io e Yzak ci saremmo dovuti sposare,
ma io avevo già intuito che era lui il mio futuro marito perché il Comandante
Joule non si sarebbe mai permesso di rovinare la nostra reputazione così, con
un adulterio palese prim’ancora del matrimonio con un’altra persona.
“Sentili come
applaudono, gli ipocriti,” sibila Yzak, posandomi il mento sulla testa e
ignorando completamente gli sguardi ammorbiditi di chi ci circonda. “Solo
perché ho chiesto a tuo padre la tua mano…”
“Puoi averla,” gli
dico, pacata. Mi sorride ancora e mi rendo conto che, dopotutto, i matrimoni
combinati non sono poi così male.