Due più uno uguale
quattro
Shikamaru ha torto marcio.
Questo non capita spesso - non capita mai, a voler essere pignoli - ed era fino a questa mattina
una delle sue certezze inossidabili: l'acqua bagna, Kakashi è categoricamente incapace di inventarsi
scuse ragionevoli per giustificare i propri catastrofici ritardi, Orochimaru ridacchia in maniera oscena
e Shikamaru ha sempre ragione.
E' desolante che proprio oggi una delle certezze sulle quali si basa la sua vita abbia deciso di andare a
farsi benedire altrove, perché Shikamaru, oggi, oggi, oggi, ha proprio torto marcio:
non è vero per niente che le nuvole rilassano, gli viene da pensare, profondamente indispettito, non ci
si fa niente con le nuvole, non è vero che basta guardarle per sentirsi meglio.
Le nuvole se ne stanno lì tutte grumose e bianche e si limitano ad oscillare da una parte all'altra senza
dargli alcun conforto. Sono incostanti e sono infide, ecco cosa sono, e lo stanno tradendo,
precisamente come lo tradiscono le inossidabili certezze di Shikamaru e come lo tradiscono...
Acchiappa l'immagine che gli si sta formando nella testa un attimo prima che tutti i contorni divengano
chiari, afferrandola a due mani e schiacciandola come una mosca molesta contro l'interno della parete
cranica: l'immagine fa splash e si spiaccica, disperdendosi. Gli rimane netta solo la sensazione
di essere stato abbandonato.
Ripiega la testa indietro, affondandola più che può nell'erba nel tentativo di farcela sparire dentro, e
mugugna desolato:
- Oh... -
Per aggiungere il danno alla beffa, ha anche fame.
Per aggiungere il disastro al danno, non può tornare a Konoha a strafogarsi di ramen.
Non ci tornerà mai più a Konoha.
Si raggomitola a palla, cacciandosi le orecchie tra le mani e strattonandole con irritazione. Ah,
accidenti, chi vuole prendere in giro? Sicuro che ci tornerà, a Konoha, ci deve tornare, ed è
quello il lato peggiore!
Dovrà tornare a Konoha e sorridere radioso a Sakura e battere una mano sulla spalla di Sasuke -
reprimendo l'istinto che gli suggerisce di sfasciargliela con un cazzotto, quella spalla, e dopo per
soprammercato magari anche la bella faccia che si ritrova - e poi strepitare qualcosa riguardo a quanto
tutto ciò sia bello e quanto sia fantastico e quanto sia contento per loro.
Tutto ciò non è bello che no, e non è fantastico proprio per niente, accidenti, e, soprattutto, lui
non ne è contento!
Dovrebbe essere contento? Cioè, è previsto che lui sia contento? Perché? Cosa? Come? Sono tre anni che va
in giro a gridare - oltre a quella storia del diventare Hokage, sicuro, e che è solo questione di tempo!
- che gli piace Sakura, e adesso che ha trovato lei e Sasuke intenti a scambiarsi effusioni a meno di
cinque metri da casa Uchiha per quale stramaledettissima ragione dovrebbe esserne contento?
Non è contento per niente.
Proprio no.
L'immagine che pochi secondi prima ha cercato di spiaccicare approfitta della sua distrazione, recupera
in fretta i propri pezzettini appiccicosi e li rimette insieme, incollandoli e completandosi: ci sono le
mani di Sakura affondate tra i capelli di Sasuke, quel rosa di pelle chiarissimo limpido e come fiorito
nel nero, e Sasuke sembra essersi dimenticato per un attimo di tenere su una faccia scontrosa, ostile e
diffidente, perché ha tutti i lineamenti ammorbiditi mentre preme le labbra su quelle di lei.
Non è contento, Naruto, ma proprio non gli riesce di essere arrabbiato, con nessuno dei due.
Non gli riesce perché Sakura era raggiante e si aggrappava a Sasuke quasi volesse inchiodarlo sul posto,
immobilizzarlo, saldarlo a sé da lì sino alla fine dei tempi e anche oltre, e Sasuke teneva gli occhi
socchiusi e le accarezzava i fianchi con quella che pareva proprio gentilezza.
Forse così non se ne andrà mai più, Sasuke. Forse Sakura riuscirà a fargli da edera e a trattenerlo,
aggrovigliandosi e fiorendogli attorno, e Sasuke non vorrà mai più partire per andare da nessuna parte e
resteranno a Konoha tutti e tre, e a Konoha tutti e tre diventeranno vecchi, vecchissimi, così che Sasuke
che si allontana per non tornare possa diventare solo una storia, meno che un ricordo.
Alla fin fine, riflette Naruto, quello che non riesce ad ingoiare, la cosa che gli si sta cementificando
in gola e che gli impedisce di respirare regolarmente, è che adesso non sono più tre come potevano
essere ieri, ma due più uno.
E due più uno, qualunque cosa dicano matematica e senso comune in proposito, non farà mai tre.
Dopo un po' comincia a far freddo: le nuvole si addensano come panna sul sole, nascondendolo sempre più
spesso, e tira un'arietta rigida che gli si infila dritta dritta sotto la felpa, facendolo
rabbrividire.
Intirizzito, comincia a pensare a malincuore che forse è ora di tornare indietro: ma poi una nuvola più
spessa delle altre gli passa sopra la testa e lo lascia in ombra. Alza il capo, sorpreso, e realizza che
- a meno che le nuvole non abbiano i capelli neri e le felpe lillà - quella non è una nuvola.
- Hinata! -
Si alza a sedere di scatto: Hinata non ha la presenza di spirito di tirare indietro la testa e al
tonf sordo di due crani che si incontrano a metà strada fa seguito tutta una serie di mugugni e
lamentele.
Giornata da schifo, mugola una vocina disperata in Naruto, giornata da schifo, giornata da
schifo!
- Hinata! Tutto a posto? -
Lei l'ha presa, se non altro, con molto maggiore filosofia: se ne sta solo lì, con le mani piccole
premute sulla fronte, e lo guarda dispiaciuta.
- Scusami molto, Naruto! Non volevo disturbarti... -
Ha una vocina piccola come le sue mani: sottile sottile, pare esca fuori da qualcosa di molto delicato,
un cannello di vetro, una foglia ripiegata. Non balbetta: ma diventa più rossa di minuto in minuto.
- Non... - La testa gli pulsa orribilmente per la botta. - … non disturbi! Non mi sono fatto niente! - Si
batte due colpi sulla fronte, strappando alla vocina lamentosa che piagnucola in lui per il dolore
l'ennesima, molto sentita, protesta. - Visto? Proprio niente! Te, piuttosto, stai bene? Non ti sei fatta
male? -
Hinata scuote la testa. E' incredibile come, anche dopo che una testata le ha lasciato una macchia rossa
sulla fronte che si preannuncia come futuro livido espanso e bluastro, riesca a sembrare composta. Ha un
involto di qualcosa tra le mani: si accorge che lui lo sta guardando e glielo porge, arrossendo
furiosamente sino alla radice dei capelli.
La perplessità impedisce a Naruto di realizzare coerentemente che quel gesto è un'offerta, ma il suo
corpo reagisce prima di lui - come sempre - protendendo una mano e afferrando quel che gli viene
dato:
- E' per me? -
Hinata annuisce. Serra le mani ora libere l'una contro l'altra, torcendole piano e unendo i polpastrelli
in un battito nervoso:
- Ho pensato... mh... potessi avere, ecco, fame. -
Il profumo che si leva dal cartoccio è appetitoso, sa di riso, di unto, di caldo. Riempie lo stomaco
anche solo ad annusarlo.
- Sto morendo di fame, Hinata! - Esulta Naruto. - Grazie! -
Potesse, le farebbe le fusa. Una colazione. Un pranzo, quel che sia, che diamine di ore saranno? Ad ogni
modo è cibo, e lei e l'ha portato proprio a lui. Una fettina minuscola della depressione che gli
si sta coagulando in fondo allo stomaco sin dal mattino si dissolve al pensiero della fame che andrà via
a momenti.
Non è solo quello, comunque, realizza mentre svolge l'involto di stoffa con una specie di fretta
entusiasta. E' che lei ha pensato che lui potesse avere fame. E' mettere insieme quelle due
parole, pensare e lui, pensare a lui, che scalda lo stomaco meglio dell'odor di
riso.
Dentro c'è una piatta scatola di legno tutta a scompartimenti, con il riso e le verdure e le prugne
secche e il pollo. Non è che lui sia abituato a niente del genere - mai avuto un genitore, un parente,
uno qualunque, che si preoccupasse di preparargli il pranzo da portar via - e quella scatola gliene
ricorda un'altra tanto simile poggiata su un sasso in un posto che, be', era l'inizio del mondo, anche se
lui ancora non lo sapeva.
Il pensiero riesce a stringergli di nuovo lo stomaco.
Si era permesso di credere che sarebbero stati in tre, sempre in tre, e adesso si sente come se
l'avessero messo in una scatola di cartone e lasciato fuori da una porta: zuppo, zuppo dentro, e
infreddolito.
Un movimento impercettibile al suo fianco gli ricorda che non è da solo. Alza la testa, recuperando in un
attimo il sorriso raggiante per poter esclamare:
- Sembra buonissimo, Hinata! -
Lei piega il capo da una parte, poi dall'altra, arrossisce di nuovo - se non ci fosse abituato, a quel
rossore sul suo viso, si preoccuperebbe che possa sentirsi male con tutto quel sangue che le va alla
testa - e mormora:
- Grazie. -
Fino a pochissimo tempo prima l'avrebbe detto balbettando: adesso non solo la parola esce fuori tutta
intera, ma Hinata riesce persino a guardarlo in faccia nel pronunciarla.
Naturo se la ricorda ancora piccola, minuscola, bianca di viso, bianca di occhi, persa in una felpa
troppo grande e in una timidezza che, con prepotenza, sembrava volerla tagliar via dal mondo. E' cambiata
un sacco - sono cambiate un sacco di cose.
- Tu non ti siedi? -
Hinata arrossisce - ancora, e ancora, e ancora - però poi si inchina, abbozza un ringraziamento un po'
troppo di fretta e si mette a sedere accanto a lui. Tira le ginocchia verso il petto, avvolgendoci
attorno le braccia, e lascia che lo sguardo si perda nel vuoto.
Naruto la osserva di sottecchi. Non riesce a fare a meno di paragonarla a Sakura, e Hinata ha un viso più
gentile del suo, un collo più sottile. Gli occhi non hanno il verde spettacolare di quelli di Sakura,
verdi come i prati della primavera e come il desiderio dell'acqua di lago, però sono luminosi lo stesso,
limpidi come cristallo: sembra di poterci guardare attraverso. Porta i capelli lunghi. Sono neri e lisci,
sono bellissimi. Ne ha tanti, una marea, una fiumana.
Hinata gli piace. Hinata è sempre stata gentile con lui: all'Accademia e poi dopo, sempre. C'era Hinata a
offrirsi di suggerirgli a proprio rischio e pericolo il giorno dell'esame da genin. C'era Hinata a
fare il tifo per lui dagli spalti, non solo perché quello contro cui si stava battendo era Neji, ma anche
perché era lui, soprattutto perché era lui. C'era Hinata il giorno in cui era
tornato a Konoha dopo tre anni d'assenza: l'aveva trovata nascosta dietro un angolo, però poi lei gli
aveva sorriso - dopo essersi ripresa dallo choc di esserselo trovato davanti, ovviamente.
Non capisce bene perché lo faccia, essere sempre così carina nei suoi confronti, però sa che gli
piace.
- Che ci fai da queste parti? - Le domanda.
Hinata evita ostinatamente il suo sguardo, ripiegando la testa tutta da una parte.
- Passavo di qui. -
Passava di lì con un pranzo per lui. Sicuro.
- Sei stata gentile a fermarti, se passavi di qui. -
Il rossore di Hinata sale a livelli catastrofici, patologici. Si tortura le mani quasi con ostinazione,
adesso, e per evitare che si spezzi accidentalmente un dito Naruto le porge la scatola del pranzo:
- Mangi con me, però? - E poi, sporgendosi per obbligarla a guardarlo in viso: - E' triste mangiare da
soli! -
Hinata fissa lui, poi la scatola, poi fa un assenso piccolo piccolo con la testa.
Naruto le porge le bacchette, ripiegate sul fondo della scatola, afferrando tra due dita un triangolo di
riso e alghe.
- Allora, me lo dici perché passavi di qui? -
La stuzzica più per il piacere strano e caldo di vederla arrossire e imbarazzarsi e poi animarsi che non
perché s'aspetti davvero una risposta; ma Hinata guarda la scatola e gli risponde con voce tanto bassa
che è appena un mormorio:
- Ho visto Sakura e Sasuke, per strada. Ti cercavano. -
Naruto si pietrifica con l'onigiri tra le mani. Impietrito. Sakura e Sasuke, Sasuke e Sakura.
Adesso li nominano insieme e ne parlano al plurale: è una cosa normalissima - Kami, fino al giorno
prima gli sarebbe sembrata una bella cosa - ma gli sembra di aver appena inghiottito fango
ghiacciato.
Sakura e Sasuke. Sakura e Sasuke ma non Naruto.
Riesce a riprendersi e ad esclamare con quello che spera con tutto sé stesso suoni un tono spontaneo:
- Ah, davvero? Magari... magari vado da loro più tardi, eh? Forse volevano qualcosa per il maestro
Kakashi. Il maestro Kakashi c'era? -
Dimmi di sì, ti prego, dimmi di sì, dimmi di sì...
- No, il maestro Kakashi non c'era. - Hinata piega il capo da una parte, schiacciandosi il mento contro
il petto, e mormora: - Non c'è bisogno che fai così, Naruto. Davvero. -
Gli ci vuole un po' per capire che cosa Hinata intenda dire, e quando finalmente ci arriva se ne stupisce
profondamente.
Lui sa che Hinata è coraggiosa, e come lui lo sanno gli altri, tutti, prima degli altri Neji e prima di
Neji lui: solo Hinata non lo sa. Quella che è uscita dalla bocca di Hinata che non sa di essere
coraggiosa è per l'appunto una delle cose più coraggiose che Naruto abbia mai visto dire, fare o pensare
da chiunque.
Domanda solo:
- Lo sai già? -
Hinata annuisce.
- Te l'hanno detto loro? -
Il pensiero è surreale, Sasuke che dice a Hinata di aver baciato Sakura, Sasuke che dice a
Hinata che Naruto ha visto lui e Sakura che si baciavano, ma in un mondo dove Shikamaru ha torto su
qualcosa tutto può accadere.
Hinata, comunque, nega.
Oh, è un sollievo. Una certezza che si conserva.
Naruto si sforza di ridacchiare, e si stupisce di come gli venga tutto sommato facile. E' diventato
bravo, con il tempo, a sorridere quando non avrebbe nessunissima ragione di farlo.
- Sakura ne è innamorata da anni. Me l'aspettavo, insomma. - Non mi aspettavo fosse così presto. -
Me ne farò una ragione. - Non mi aspettavo che l'avrei scoperto così.
Non mi aspettavo che mi sarei sentito tagliato fuori, tirato via. Non siamo più in tre.
Gli è passata la fame: ha l'impressione che se mandasse giù qualcosa, anche solo un boccone, potrebbe
vomitarlo lì sul prato dove si trova. Così mette la scatola a terra e fa per alzarsi - magari se comincia
a muoversi sentirà meno freddo, poi, si scioglierà i muscoli, potrebbe andare ad arrampicarsi fino alla
cime della rupe, sulle teste degli Hokage, e guardare da lì Konoha, gli farebbe bene - ma qualcosa si
poggia sulla sua mano e lo trattiene.
E' un'altra mano. E' piccola. Sembra fragilissima: però sta lì, inaspettata, sorprendente, e lo ferma.
Hinata ha le mani fresche, più dell'erba che gli scorre sotto al palmo, più del vento che gli passa tra
le dita semichiuse. Hinata ha mani fresche ed una presa stranamente decisa. Sembra convinta, ecco,
con il viso tenacemente piegato verso il basso e le labbra strette in una piega un po' spaventata, un po'
imbarazzata, e anche le guance sembrano meno rosse, adesso.
Gli sembra carina da morire. Forse è perché da oggi non ci sarà più Sakura - né Sasuke - non in
quel senso, almeno, ma non crede sia solo per quello che la trova così tanto carina, deliziosa, ed
è così piacevole avere la sua mano sopra la propria che non ha più poi tutta quella voglia di
alzarsi.
Può stare lì un altro po', magari. Possono stare lì un altro po'.
E' all'imbrunire, quando il sole è sparito dietro agli alberi, che si accorge tutto ad un tratto che le
nuvole hanno assunto un bianco azzurrato meraviglioso e pulitissimo, un colore da trasparenza limpida e
gentile, che gli ricorda qualcosa.
Si interroga oziosamente per un po' sul che cos'è che gli ricorda, bianco, e poi la mano di
Hinata, ancora poggiata sulla sua, gli disegna in testa un'immagine che per un attimo sembra cancellare
quella di Sasuke e Sakura ancora impressa a fuoco sul fondo della sua testa.
Hinata che lo guarda dagli spalti, durante il torneo, e che fa il tifo per lui: gli sembra che
l'abbia guardato allora per la prima volta, perché sino a quel momento aveva avuto troppa paura, troppa
vergogna, anche solo per levare la testa e fissarlo.
- Devo chiedere scusa a Shikamaru, stasera. - Bofonchia Naruto, distrattamente.
Hinata si gira per fissarlo, perplessa, e lui ride: e, per la prima volta dal mattino, la risata gli esce
bene e giusta, dritta dal fondo del cuore.
In un mondo dove due più uno non fanno tre, forse faranno quattro, prima o poi.
Note
Questa storia è dovuta a Salice, alla quale
avevo promesso da mesi, secoli, ere, una storia su Naruto e Hinata. Io Naruto e Hinata non ce li vedo,
insieme: cioè, lui è un isterico, lei si spaventa se le finisce una foglia su una spalla, il risultato
sarebbe un Naruto depresso e un'Hinata terrorizzata. Non è proprio cosa: Hinata diamola a Neji, che è
tanto carino, avvilito e desolato, con il suo povero passato tragico, che se la coccolerebbe e le
vorrebbe bene con taaaaanta pazienza.
Due più uno uguale quattro nasce per Amor ch'a
nullo amato amar perdona..., l'ultimo concorso indetto da suni per La Tana.
La (meritatissima) vittoria è andata a Rika88
con il suo Attraverso il suo occhio. Io vi consiglio di andarvela a leggere: qui non l'ha ancora
pubblicata, ma su La Tana c'è. Anzi: per essere precisi vi suggerisco di andarvele a leggere tutte.
Per ora è stata pubblicata su EFP solo Regali [sessanta secondi] di eleanor89
Dolce e dolorosissima già dalle prime quattro righe.
Ancora un grazie a suni per aver indetto il
concorso e a tutte le altre partecipanti per avermi permesso di partecipare a qualcosa di divertente. E
di leggere, soprattutto. |