The
Bitter End
Capitolo
1: Open and Shut
Princeton
Plainsboro Teaching Hospital. Ufficio di House. Ore 16.35
"Dov'è
House?"
Cuddy entrò nell'ufficio, mentre Tredici stava cominciando a
radunare le cartelle sparse sul tavolo di vetro.
"Credo
sia in clinica"
"In clinica?"
"Sì. Foreman è appena uscito. Chase e Taub sono
con la paziente per l'ultimo ciclo di chemio"
"Ok."
Cuddy si girò, ma non uscì dalla stanza. Si
voltò verso la dottoressa più giovane.
"Ho
sentito del tuo litigio con Foreman. E' tutto a posto?"
"Sì. E' stato solo un litigio è…ancora
un po' difficile separare la nostra vita privata dal lavoro"
"Sei
sicura sia tutto ok?"
"Eravamo
insieme. Ora è geloso perché io e Chase abbiamo
un ottimo rapporto di amicizia. E'…solo geloso"
"E' un peccato che non avere la possibilità di parlarci
spesso"
Tredici
era sorpresa dalle parole del suo capo. Quando mai Cuddy era stata
gentile con lei. Quando mai aveva avuto una conversazione amichevole.
Non era mai capitato, ma ad entrambe serviva una breve discussione con
qualcuno. Troppo lavoro, troppa voglia di avere una vita normale, e gli
amici erano passati in secondo piano. Erano entrambe troppo impegnate
ad avere una vita perfetta.
"Già. Forse perché qui in ospedale siamo troppo
impegnate a lavorare, e al di fuori siamo in cerca di una relazione che
possa…"
"Durare più delle precedenti…"
Cuddy allontanò una sedia dal tavolo e vi ci sedette sopra.
Tredici fece lo stesso.
"Mi
sono innamorata per la prima volta a 17 anni. Lui ne aveva 30. Avrei
dovuto sapere che non sarebbe durata a lungo, ma ero solo una
ragazzina. Pensavo di avere trovato il grande amore - ride - e invece
era solo il primo di molti buchi nell'acqua"
"Mi dispiace. La mia prima cotta l'ho avuta ad un campo estivo. Avevo
12 anni e avevo degli occhiali enormi. Sembravo un piccolo
mostriciattolo - ride - lui è stato il mio primo bacio. Dopo
ho avuto varie cotte. Passavo da un ragazzo all'altro. Poi ho
cominciato a studiare medicina e ho messo la testa a posto,
finchè…"
"Non hai conosciuto House…"
Cuddy si porta una mano alla testa e ride.
"Già.
Poi lui se ne è andato e sono ritornata la Lisa di sempre.
Quella che partecipa alle feste, ma studia per tutto il resto del tempo
libero."
"E'
sempre stato così?"
"House?"
"Sì,
voglio dire è sempre stato così arrogante e
cinico?"
"Era
conosciuto in tutto il campus per il genio che prendeva in giro i
professori e che si portava a letto una ragazza diversa ogni notte. Era
House"
Tredici sorrise all'espressione della donna di fronte a lei. Era quasi
radiosa.
"Ho
una malattia che mi porterà alla morte in meno di 10-15
anni. Ho paura di non trovare un uomo che possa affrontare la cosa con
me, qualcuno che mi sia di sostegno. Sento di averne bisogno."
"Sei ancora giovane e qualcuno troverai che ti possa amare e che possa
vivere con te questa malattia. Non devi arrenderti"
"E tu ti sei arresa?"
"Forse…"
"Lucas è l'uomo della tua vita?"
"Non ne sono più molto sicura."
Tredici rimase in silenzio, mentre entrambe assaporavano
quell'atmosfera di silenzio.
"Non
sono mai riuscita ad avere una vera relazione. Ho avuto decine di
appuntamenti che non avevano mai un seguito. Sembrava quasi che gli
uomini rimanevano delusi da me. C'è stato un uomo, Don, che
avevo conosciuto in una chat e House lo aveva scoperto. Prima ha
rovinato il mio appuntamento al bar, poi si è presentato a
casa mia. Quando sono rientrata in salotto, Don mi ha detto che con
House tutto è diverso, quasi come se il mondo si fermasse e
solo noi esistessimo. E' stato strano vederlo uscire dalla mia casa
dopo quel discorso. Da lì ho cercato di sistemare le cose
con House. C'è stato l'incidente, la morte di Amber e poi
Kutner e in fine Mayfield. Poi ho conosciuto Lucas. Lui mi fa sentire
protetta; si prende cura di mia figlia e anche di me. Ma ultimamente
è diverso."
"Lucas
è diverso?"
"Ciò che provo per lui è diverso. Non so
perché ci sia stato questo cambiamento, ma forse non dovrei
prestargli attenzione. Forse dovrei continuare a vivere come negli
ultimi mesi, non preoccupandomi troppo per mia figlia perché
tanto c'è qualcuno a casa con lei la sera quando io faccio
tardi. C'è qualcuno che finalmente mi aspetta quando rientro
dopo una lunga giornata."
"Forse dovresti lasciarti andare invece. Sono quasi tre anni che sono
qui. Tutti noi vediamo il vostro comportamento. E ho notato il tuo
cambiamento quando lui è stato a Mayfield e ora posso notare
anche quello di House. Esternamente rimane il solito bastardo, ma ora
so che ha un cuore anche lui. E proprio quando lui è pronto
ad avere una storia, tu non ci sei per lui. La mia conclusione
è che dovreste regolare bi vostri orologi e provarci una
volta per tutte."
Cuddy continuò a guardare la ragazza seduta a pochi
centimetri da lei. Lo sguardo di tredici perso nel vuoto, ma la sua
mente fissa su quelle parole che aveva appena liberamente pronunciato
al suo capo.
"Spetta
a te decidere."
Tredici si alzò, raccolse le ultime cartelle dal tavolo,
mentre Cuddy rimase seduta su quella sedia, che in quel momento
sembrava troppo scomoda per continuare a starci seduta.
Guardò
l'orologio appeso alla parete di fronte a lei. House sarebbe uscito
dall'ospedale alle 17. Aveva 10 minuti per raggiungerlo in clinica.
Si
alzò e prese a camminare verso la clinica, ancora non
curante di ciò che avrebbe detto tra pochi minuti.
Princeton
Plainsboro Teaching Hospital. Clinica. Ore 16.55
"Annota:
sono le 5 e il dottor House se ne va dalla clinica"
"Non sono ancora le 5 e c'è un solo paziente in sala visite,
può…"
L'infermiera tentò di fermarlo, ma invano. Nonostante il
bastone e il dolore alla gamba, House era riuscito a sfuggire alla
presa della donna che, un po' scettica, continuava a fissarlo camminare
verso la porta.
"Dove
credi di andare House?"
Cuddy
gli si tagliò di fronte con la sua piccola mole, impedendo
al diagnosta di continuare la sua fuga.
"Me ne vado a casa. Sono le 5 e ho risolto il caso"
House scivolò verso destra, ma fu bloccato dalla donna di
fronte a lui.
"Cuddy,
basta giochetti. Se vuoi che ti salti addosso, almeno andiamo nel tuo
ufficio!"
"Ok, seguimi."
Cuddy
attraversò la clinica, diretta verso le porte in vetro del
suo ufficio. Lo sguardo serio dipinto sul suo volto, mentre House la
continuava a fissare esterrefatto.
Forse
era stata troppo esplicita con quel comando, forse si era semplicemente
lasciata andare al nervosismo. House la seguì immediatamente.
Cuddy
aprì la porta del suo ufficio, la tenne aperta per farlo
entrare e poi la chiuse. Non girò la chiave, non
abbassò le tende.
Superò
House, in piedi nel mezzo del suo ufficio. Si sedette sul divanetto
beige e con la mano indicò ad House di sedersi.
"Wilson
mi ha detto della sua storia con Sam"
"Non è che passino inosservati. Le urla si sentivano dal mio
ufficio."
Cuddy trattenne il sorriso. House si avvicinò e si sedette
in parte a lei.
"Cosa
ne pensi di lei?"
"La penso nello stesso modo in cui la pensavo prima del loro matrimonio
anni fa. Le donne di Wilson non mi piacciono"
"Perché?"
"Non ci lasciava mai giocare a poker insieme."
"House, per favore"
"E non potevamo neanche guardare Monster Truck"
"Tu hai paura di perdere l'unico amico che hai, non è vero?"
House rimase zitto, toccato nel punto dolente da quella domanda. Il suo
punto debole che per anni aveva tentato di coprire, ora era stato
trovato da quella domanda un po' diretta. Cuddy sapeva di aver fatto
breccia in quel muro, assotigliatosi nell'ultimo periodo. E quando lui
continuò a rimanere in silenzio, lei continuò.
"Wilson
è venuto nel mio ufficio questa mattina. E' preoccupato per
te. Pensa che potresti rifiutare di nuovo Sam."
"E' parte della sua vita. Se lui la ama veramente io non ci posso fare
niente."
Cuddy posò la sua mano su quella del diagnosta, come per
rassicurarlo. Lui spostò la sua immediatamente. Lo sguardo
ferito di Cuddy lo fece quasi rabbrividire. Quel suo gesto ormai
automatico si era reso uno strumento di dolore per qualcun altro.
"Cuddy,
non fare questo"
Lei riaprì gli occhi e lo guardò fisso.
"Farti
cosa?"
House spostò lo sguardo verso la sua mano.
"Far
finta di interessarti a me. Continuare a parlare con me, nonostante tu
non voglia. Non ti devi preoccupare per me."
"Ma come posso non preoccuparmi?"
"Semplicemente non farlo"
Rimasero in silenzio per qualche minuto, aspettando che l'altro
prendesse l'iniziativa per primo.
"Sono
sempre stato uno stronzo. Ho trattato male tutte le persone con cui
entravo in contatto. Sono sempre stato un bastardo con i miei pazienti
e soprattutto tutte le persone che si avvicinavano a me finivano per
essere ferite. Per tutti questi motivi tu non dovresti preoccuparti per
me. Non lo avresti mai dovuto fare."
Detto questo si alzò dal divano e raggiunse la porta senza
guardare indietro. E quando la porta si chiuse alle sue spalle
sospirò.
Loft
di House e Wilson. Ore 22.30
Wilson
entrò in casa abbracciando Sam. Ridevano, sembravano felici.
House li vide percorrere il corridoio attraverso le ombre che
proiettavano sul muro in sfondo alla televisione.
"Avete
passato una bella serata?"
"Sì.
Uno splendido film. Noi ce ne andiamo a dormire se non ti dispiace"
"Le pareti sono insonorizzate . Divertitevi"
Sam
stava ridendo mentre Wilson, mezzo ubriaco tentava di slacciarsi le
scarpe.
La
coppietta era ormai in camera, quando qualcuno bussò alla
porta.
Cuddy
era di fronte a lui. In una mano aveva la sua borsa, mentre nell'altra
stringeva il cappotto.
"Che
ci fai qui?"
"Dobbiamo parlare"
"Credo che ci siamo detti tutto prima nel tuo ufficio"
"No. Tu hai detto ciò che volevi, ora lascia parlare me. Ho
sempre avuto paura di vivere il resto della mia vita da sola, senza
un'altra persona che potesse vivere con me ogni giorno e affrontare
ogni difficoltà insieme. Ho visto in Lucas quello che non ho
visto in nessun altro per molto tempo. Sono uscita di nuovo con lui
perché in quel momento sembrava l'unico che mi potesse
capire, l'unico che mi dava supporto morale. Mi aiutava con Rachel e
con il lavoro. Poi quella che sembrava semplice amicizia, si
è trasformata in qualcosa di più per entrambi."
"E' quello che hai sempre desiderato. Non sei contenta di avere
ottenuto tutto questo?"
"Ne ero pienamente soddisfatta. Ma ora non lo sono. C'è
troppa confusione nella mia testa. C'è qualcosa che mi fa
comportare in un altro modo. Qualcosa che ancora mi lega
a…te"
Cuddy allungò un'altra volta la sua mano verso di lui.
Questa volta la appoggiò sul suo braccio, mentre il cappotto
toccava il pavimento.
"Cuddy…"
"Stai zitto House…"
Cuddy portò l'altra mano sul petto dell'uomo. Strinse la
maglietta tra le dita e abbassò il suo viso al proprio
livello.
"Cosa
faresti se ti sentissi come me?"
"Io me la posso cavare, ma tu no. Tu ti pentirai, avrai rimorsi per
molto tempo."
"E
se a me non importassero questi rimorsi? Se io volessi cambiare il modo
in cui le cose stanno andando in questo ultimo periodo? Tu cosa faresti
se sentissi qualcosa che ti lega al passato in modo indissolubile?"
"Mi lascerei andare"
Erano ormai troppo vicini per tornare indietro. Le loro fronti erano
premute una contro l'altra, mentre i loro nasi mantenevano una certa
distanza tra loro. I loro colli si spostarono di lato, accorciando le
distanze di un paio di centimetri. Le loro labbra si sfiorarono, dando
il via a quel gioco.
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