Amore malato
Buongiorno!
Questa è uno storiella che ho scritto qualche mese fa, ma che per qualche
motivo avevo dimenticato nei recessi del mio pc xD!
Comunque
sia, vi avverto che questa oneshot parla di INCESTO, quindi chiunque non gradisca il genere, è pregato di non
leggere la storia.
Questo
lavoro è in linea con il regolamento di EFP: non sono descritte nei particolari
scene di sesso, ma sono solo accennate.
Non
trasgredisco, perciò, nessuna regola.
Detto
questo, vi lascio alla storia, sperando vivamente che sia di vostro gradimento.
Ah,
dimenticavo… commentate, commentate, commentate!
Mi fa sempre
piacere sapere cosa ne pensa la gente che ha l’immane pazienza di leggere le
mie storie!
Enjoy.
Amore malato
Lo guardai
muoversi. Era slanciato, perfetto, armonico. Come sempre, d’altronde. Come me.
I suoi
capelli d’oro riflettevano la luce del sole. Come i miei.
I suoi occhi
verde chiaro, splendenti, brillavano, mentre giocava a tennis. Esattamente come
facevano i miei.
Guardare
Akira era come guardarmi allo specchio, giacché io e lui eravamo gemelli.
Era bello,
mio fratello. L’avevo sempre pensato.
All’improvviso
sentii un tocco sulla spalla, e mi girai, quasi infastidito da questa
interruzione. Mi piaceva da morire osservare mio fratello giocare. Ma non
appena vidi chi era, il fastidio scomparve, e un sorriso si distese sulle mie
labbra.
- Ciao, Aki!
–
Era il mio
ragazzo, lui. Ci eravamo conosciuti quando io e Haru, mio fratello, eravamo
primini. Lui era già al terzo anno, e su di me esercitava un grande fascino. Popolare,
bello, gentile, come poteva non conquistarmi il cuore? Peccato che mio
fratello, all’inizio, non fosse esattamente d’accordo, e la cosa mi faceva
soffrire. Non sopportavo che Haru mi disapprovasse, mi faceva stare male. Così
avevo pregato Aki di cercare di farsi accettare anche da Haru, e lui ce l’aveva
messa tutta. Alla fine Haru aveva desistito, e l’aveva accettato. Non che
adesso fossero grandi amici, ma almeno si sopportavano vicendevolmente.
Aki si
abbassò su di me, e mi baciò. Io e Haru eravamo al quarto liceo, lui si era
diplomato un po’ di tempo fa, ma noi continuavamo ad essere felici. Aki seguì
il mio sguardo, e storse le labbra.
- Ecco chi
stavi guardando così intensamente: Haru, ovvio –
- Non trovi
che mio fratello sia bellissimo? –
- Come te,
Akira – rise – Siete uguali –
In realtà,
non era esattamente così: Haru portava i capelli leggermente più lunghi dei
miei, e questo conferiva a dargli un’aria sempre mezzo trasandata che faceva
impazzire le ragazze. Non per niente, mio fratello era il ragazzo più popolare
della scuola.
Aki si girò
di nuovo verso di me, riprendendo a baciarmi con passione. Mentre ero impegnato
a ricambiarlo, sentii un brivido freddo scendermi lungo la spina dorsale e,
senza staccarmi, spostai gli occhi sul campo. Haru era immobile in mezzo al
prato, gli occhi, gelidi come il ghiaccio, che mi fissavano. Trattenni a stento
un sussulto, e mi staccai da Aki quasi bruscamente. Lui mi guardò perplesso.
- Akira,
qualcosa non va? –
Aprii la
bocca per rispondergli, ma quando mi girai di nuovo verso il campo
d’allenamento del club di tennis, trovai mio fratello che giocava come se
niente fosse. Turbato, mi chiesi se quella di prima non fosse stata solo una
mia allucinazione.
- Niente,
scusa – risposi sommessamente ad Aki.
Lui aggrottò
le sopracciglia, ma decise di non dire nulla, e mi prese la mano, rimanendo in
silenzio, guardando con me l’allenamento.
Un’ora
dopo, i ragazzi andarono negli
spogliatoi a fare una doccia, e noi rimanemmo sugli spalti.
- Ehi,
Akira, stasera ceni a casa mia? –
Da poco Aki
era andato a vivere da solo, e capitava spesso che io andassi da lui, e vi
rimanessi per la notte. Inevitabilmente, il giorno dopo, Haru mi prendeva
spietatamente in giro. Annuii.
- Aspetto
che mio fratello esca, poi ti raggiungo, ok? –
Lui sorrise
– Va bene. Intanto esco a fare la spesa –
Lo guardai
allontanarsi, quindi mi sdraiai e cominciai ad osservare le stelle che
punteggiavano il cielo del tardo pomeriggio, che si avviava all’imbrunire.
Haru era
stato bravissimo, quel giorno. Sorrisi: mio fratello era il massimo in ogni
cosa che faceva, ed io ero sempre stato il suo primo fan. Non ero mai stato
invidioso di lui, nonostante io non avessi mai raggiunto gli alti livelli che
lui sembrava stracciare con una facilità disarmante. Non lo ero mai stato
grazie anche a lui, che mi aveva sempre trattato come la cosa più importante
per lui, che non mi aveva mai fatto sentire inferiore. Forse il nostro legame
era così forte perché eravamo gemelli, ma io non riuscivo a pensare alla mia
vita senza Haru: mi sembrava inconcepibile.
Sentii dei
passi avvicinarsi, e mi sollevai. Una volta di più, non potei non notare
l’estrema bellezza di mio fratello, nonostante il viso e il corpo che ammiravo fossero
gli stessi che vedevo ogni mattina allo specchio. Tuttavia, Haru aveva sempre
qualcosa che mi colpiva dritto allo stomaco: alto, slanciato, con le gambe
lunghe e i muscoli definiti, lo trovavo divino. Il suo viso, poi, mi fece
inavvertitamente venire i crampi allo stomaco: aveva la pelle bianca come la
mia, la bocca perfetta e sempre arricciata in un sorriso ironico, il naso
dritto e regolare, gli occhi verdissimi dal taglio leggermente allungato, e i
capelli biondi, dai mille riflessi, che, ancora bagnati, erano appiccicati al
suo viso, coprendogli leggermente gli occhi. Era accaldato dall’esercizio
compiuto poco prima, perciò era leggermente arrossato, e aveva le labbra
dischiuse in un involontario tentativo di prendere più aria. Chiedendomi se
questa reazione fosse normale, mi inumidii le labbra, che si erano seccate
all’improvviso. Lui non mi sorrideva, stava semplicemente fermo a fissarmi, in
silenzio.
Mi alzai,
andando verso di lui, dandogli un bacio stampo sulle labbra. Era un’abitudine
che avevamo preso da piccoli, e, nonostante all’inizio fosse sembrata una cosa
strana a tutti, non avevamo mai neanche pensato di smettere. Mi piaceva
salutarlo in quel modo, quindi continuavo a farlo.
- Andiamo a
casa? – chiesi, sorridendo.
Mentre stavo
per avviarmi, lui, senza una parola, mi prese la mano, stringendola. Non era
raro che girassimo così, e all’inizio questo, così come il bacio, aveva
infastidito non poco Aki, ma poi gli avevo spiegato che non c’era nulla di male
in ciò che facevamo, e lui, seppur controvoglia, aveva accettato.
- Resti a
casa di Aki, stanotte? – mi chiese.
Scrollai le
spalle – Probabilmente –
Lui si fermò
all’improvviso – Capisco – commentò. Mi guardò con quello sguardo particolare
che sembrava mi stesse radiografando – Ehi, Akira, la fai una cosa per me? –
Lo guardai –
Qualunque cosa, lo sai –
Si avvicinò
a me – Baciami –
Io risi – Ma
lo faccio sempre, Haru –
Lui scosse
la testa – Baciami così – disse, e mi
prese il viso, appoggiando le sue labbra alle mie. Tutta la mia perplessità svanì
nel momento in cui sentii la sua lingua leccarmi il labbro inferiore, chiedendo
sensualmente il permesso per entrare. Spaventato, cercai di respingerlo, ma lui
mi bloccò, continuando a corteggiare le mie labbra. Non ero tanto spaventato da
lui, quanto da me: quel bacio mi
stava mandando in estasi, non avevo mai provato niente di simile baciando
qualsiasi altro ragazzo. Mi sentivo completamente in balia di mio fratello, che
continuava quel bacio bellissimo e peccaminoso, fino a farmi perdere completamente
le forze. Sentendo che stavo per cadere, mi appoggiò le mani ai fianchi per
sostenermi. Il calore delle sue mani sembrò irradiarsi per tutto il mio corpo,
e, a quel punto, persi totalmente la ragione. Ubriaco di quel sapore
dolcissimo, gli allacciai le braccia al collo, aprendo le labbra e tirandolo
verso di me. Haru non se lo fece ripetere due volte, e cominciò ad esplorare la
mia bocca con calma e decisione. Come se lui fosse stato sempre il padrone,
come se lui si fosse mosso nel suo territorio. Mi spinse leggermente indietro,
fino a quando non sentii la superficie
del muro dietro di me: allora lui aderì completamente a me, facendomi inclinare
il viso e possedendomi ancora di più. Il suo modo di baciare mi piaceva. Mi
piaceva anche troppo, perché non riuscivo a trovare un minimo di convinzione
per staccarlo da me, e anzi, ogni secondo che passava cominciavo a desiderare
di più.
Infine, fu
lui ad allontanarsi per primo. Io, ansimando, lo guardai: si stava leccando le
labbra, come a volersi gustare le ultime tracce di me. Quando mi resi
pienamente conto di ciò che avevamo fatto, mi portai una mano alla bocca con
occhi sgranati.
- Oddio –
soffiai, quindi scappai via.
Lui non
cercò nemmeno di fermarmi, limitandosi a guardarmi andare via. Haru era sempre
stato un tipo di poche parole, che preferiva i fatti ai lunghi discorsi. I suoi
rari sorrisi li aveva indirizzati sempre e solo a me. Ma quella volta, lo
sguardo pieno di lussuria e desiderio con cui aveva voracemente scorso il mio
corpo, mi aveva spaventato. Mi aveva terrorizzato perché sapevo di avere lo
stesso sguardo nei miei occhi. Continuai a correre senza nemmeno accorgermi di
dove mi stavo dirigendo. Improvvisamente, mi accorsi di essere davanti a casa
di Aki. Mi avvicinai, suonando al campanello.
- Ehi,
Akira, ciao! – mi salutò il mio ragazzo con un sorriso solare – Entra, stavo
appunto per mettere in tavola… -
Lo afferrai
per la maglietta, fermandolo. Lui si girò verso di me, perplesso – Che c’è? –
Lo guardai
dritto negli occhi – Fai l’amore con me –
Lui aggrottò
le sopracciglia – Akira, è successo qualcosa? –
Mi
avvicinai, baciandolo – Ho voglia di fare l’amore con te –
Aki smise di
chiedermi qualcosa, e mi portò in camera da letto. Mi fece stendere, quindi mi
spogliò con calma. Ma quella volta non riuscivo ad aspettare: lo volevo sentire
dentro di me, subito, immediatamente. Lo tirai a me.
- Aki,
adesso – lo pregai.
Lui mi
guardò preoccupato, ma fece come gli avevo chiesto. Inarcai la schiena quando
mi prese, con un colpo secco. Mi sembrò di starmi squarciando in due, il dolore
mi accecò, ma fui grato ad Aki di aver fatto esattamente come desideravo. Mi
aggrappai a lui, ansimando al suo orecchio.
- Muoviti –
sussurrai.
Socchiusi
gli occhi mentre lo sentivo uscire ed entrare, in continuazione. Sentivo il
dolore scomparire piano, sostituito dal piacere. Ma quando aprii di nuovo gli
occhi e mi girai verso il balcone, vidi che, seduto sulla ringhiera, che mi
fissava, c’era Haru. I suoi occhi erano inespressivi, ma sentire il suo
sguardo, sapere che mi stava guardando, mi eccitò all’inverosimile, e gemetti
più forte. Vidi le labbra di mio fratello, nel sentirmi, piegarsi in un mezzo
sorriso sarcastico. Anch’io cominciai a fissarlo, e mi dimenticai di Aki.
Immaginai che fosse Haru a possedermi così, immaginai che fossero le sue mani a
sfiorarmi, le sue labbra a leccarmi dappertutto.
Cominciai a
farfugliare il nome di mio fratello senza nemmeno accorgermene, abbastanza
piano perché Aki non mi sentisse, abbastanza chiaramente perché Haru capisse
che invocavo il suo nome. I suoi occhi cominciarono a bruciare, ed io mi
infiammai con lui, di conseguenza. Venni pochi attimi dopo, e sentii Aki venire
con me. Il mio ragazzo si accasciò su di
me, ansimante, ed io provai quasi fastidio a quel contatto. Il mio sguardo era
ancora incatenato a quello di Haru, che si alzò lentamente dalla ringhiera, e,
senza un cenno, si arrampicò giù e scomparve. Nel momento in cui non lo vidi
più, mi sentii vuoto, e fu come svegliarsi da una sorta di trance: mi accorsi
di ciò che era successo di nuovo, e mi salì il cuore in gola.
- Ehi,
Akira, va tutto bene? – mi chiese di nuovo Aki.
Io, angosciato, annuii, e,
nostro malgrado, ci addormentammo poco dopo, esausti entrambi, anche se per
motivi molto diversi.
La mattina
dopo, quando mi svegliai, mi sentii tutto indolenzito. Andai a fare una doccia,
presi i vestiti di ricambio, che lasciavo sempre a casa di Aki in caso di
situazioni come quelle, e andai a scuola. Quando arrivai, mi guardai in giro in
cerca di Haru, ma mi accorsi che era assente. I prof e i miei compagni mi
chiesero se fosse malato, ed io inventai una febbre che non esisteva. In
realtà, non avevo idea del perché mio fratello non fosse presente: non voleva
vedermi? Lo disgustavo? Ad essere sinceri, mi disgustavo di più io. Mi passai
una mano fra i capelli, stanco: che giornate folli.
Quando
tornai a casa, chiamai subito il suo nome.
- Haru! –
- Ciao,
Akira – mi rispose.
Cercai la
fonte della sua voce, e lo trovai in cucina. Quello che vidi mi sconvolse: le
sue braccia e le sue mani erano ricoperte di sangue, i suoi vestiti grondanti
di viscoso liquido rosso. Trattenni a stento un urlo, e mi scivolò la cartella
di mano.
- Cos’hai
fatto? –
Lui mi
sorrise, stavolta un sorriso vero – Ho ucciso Aki –
- Cosa? –
ero spaventato.
- L’ho
ucciso: non potevo lasciarlo vivere, dopo quello che è accaduto ieri sera –
Sgranai gli
occhi – Tu sei pazzo – sussurrai.
Lui inclinò
leggermente il viso – Credo di si – mi si avvicinò – Ma è la mia mente
perversa, è la mia follia, ad attrarti incredibilmente verso di me, non è così?
–
Rimasi in
silenzio, e lui si avvicinò a me – Tu sei mio. Lo sei sempre stato, e lo
rimarrai per sempre – mi sorrise appena – Non ti sei mai chiesto perché, prima
di Aki, le tue relazioni non duravano più di un mese? –
Ammutolii:
era vero, ero stato male per questa cosa. Tutti, all’improvviso, mi lasciavano,
senza darmi spiegazioni. E Haru era l’unico che mi accoglieva fra le sue
braccia.
- Li
minacciavo tutti di morte, e loro scappavano – sussurrò al mio orecchio – Tu sei
mio, solo mio – ripeté.
Il suo fiato
caldo mi stuzzicava la pelle, ed io sentii le mie forze mancare di nuovo. Lui
lo avvertì, e mi sorrise dolcemente. Passò un dito sulle mie labbra,
macchiandole di sangue, quindi cominciò a succhiarle. Poi avvicinò le sue dita
al mio viso ed io, senza nemmeno pensarci, iniziai a leccarle, ripulendole.
Intanto lui continuava a parlare.
- Aki l’ho
lasciato vivere per un po’ perché volevo vedere se saresti riuscito a stare con
qualcuno che non fossi io – rise – Ho avuto la mia risposta ieri sera: non hai
forse immaginato che fossi io a scoparti in quel modo? –
Ansimai. La
sua pelle che mi sfiorava lasciava tracce di sangue sul mio corpo. Mi accarezzò
il viso, ed io mi appoggiai alle sue mani.
- Dillo che
l’hai immaginato – mormorò.
Socchiusi
gli occhi – Si – sussurrai.
Era inutile:
non riuscivo a resistere ad Haru. Solo lui mi faceva sentire in quel modo: così
vivo, così eccitato. Nonostante fosse completamente pazzo, quella sua pazzia mi
faceva sentire amato e protetto.
- Dimmi che
sei solo mio –
Alzai lo
sguardo – Sono solo tuo –
Lui mi
sorrise, e mi baciò. Non riuscii ad opporgli alcuna resistenza, l’aura di
follia e passione che ci circondava mi era entrata dentro, mi aveva disarmato.
Mi slacciò la giacca della divisa scolastica, mi accarezzò la pelle in uno
sfioramento appena accennato. Rabbrividii. Mi baciò il collo, facendomi
indietreggiare lentamente. Quando sentii sulla schiena il bordo del tavolo, la
sua voce mi sussurrò all’orecchio.
- Sdraiati –
Un’ora dopo,
mi trovavo sul letto sfatto, Haru accanto a me che giocava distrattamente con i
miei capelli. Guardai mio fratello, e ancora una volta la sua bellezza mi colpì
dritta al cuore. Sentendosi osservato, mi guardò a sua volta. Sorrise
maliziosamente.
- Non so come
abbia fatto Aki a non accorgersi di quanto mi ami, con gli sguardi che mi
lanciavi in continuazione –
Salii sopra
di lui, prendendo a baciargli il collo. Anche il suo profumo mi faceva
impazzire – Come farai con il casino di Aki? –
Lui rise –
Non c’è problema: in realtà, tecnicamente, non l’ho ucciso io. Si è ucciso
davanti a me quando gli ho svelato che tu eri innamorato di me –
- Sei un
folle – mormorai sulla sua pelle.
- Ti
spavento, Akira? – la sua voce, adesso, era seria – Sei l’unico per cui sarei
capace di uccidere –
Puntai i
miei occhi in quelli di mio fratello – Non mi spaventi perché so che non
potresti mai farmi del male – sussurrai. Gli presi le mani e ne leccai le dita,
succhiandole leggermente – Ma non macchiare più il nostro amore di sangue, ti
prego –
Lui mi fissò
mentre compivo quella sensuale operazione, e i suoi occhi divennero dolci come
non li avevo mai visti – Sono anni che aspetto questo momento. Sono anni che mi
sono reso conto che tu eri solo mio, e attendevo il momento giusto per farlo
capire anche a te –
- E tu? Tu,
sei solo mio? – chiesi a bassa voce.
Mi circondò
con le braccia, facendomi sdraiare sopra di lui – Non sono mai stato di nessun
altro – rispose soltanto – Impazzivo ad immaginarti fare l’amore con tutti gli
altri –
Affondai il
viso nell’incavo della sua spalla – Ti amo –
- Anche io
ti amo -
Forse il
nostro è un amore malato. Anzi, sicuramente lo è. Ma non riesco ad immaginare
di vivere senza Haru, senza i suoi sorrisi indirizzati soltanto a me, senza le
sue mani che ho perso il conto di quante risse hanno compiuto per me. Da quando
sono diventato una sua proprietà, infatti, Haru è diventato ancora più
protettivo e possessivo di prima e tutti, ormai, hanno capito che non devono
nemmeno guardarmi. Tuttavia, io non mi sento soffocare, anzi. Solo, mi
preoccupo per lui quando lo vedo fare a pugni, anche se so che sarà lui a
vincere, come sempre.
Tutti hanno
compreso che qualcosa, tra noi, è cambiato, e sicuramente tutti hanno notato
che il nostro bacio stampo di saluto è diventato molto più profondamente. Ma si
sa: gli umani vedono solo ciò che non gli provoca disagio, solo ciò che è per
loro “socialmente accettabile”. Quindi nessuno ammette ciò che vede, e noi
continuiamo tranquillamente a vivere la nostra vita.
Lo amo, lo
amo da impazzire, e adesso so che anche io ucciderei per lui.
Haru è tutto
ciò che ho sempre cercato, e solo con lui mi sento completo, mi sento
tranquillo.
Haru è,
semplicemente, il mio destino.
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