Solo et pensoso
Solo
et pensoso
Il vento soffia
con dolcezza, vortica, coinvolge le foglie nella sua danza ; passando
fra gli alberi ne
accarezza la dura corteccia; i rami, piegandosi al suo volere,
sembrano quasi supplicare di essere portati via. Il vento
però, è
un amante solitario: sfiora qualsiasi cosa, a volte con amorevolezza,
altre con rabbia, riempiendo il vuoto di ogni cosa, ma non permettendo
mai che esse si impossessino della sua libertà.
Prosegue la sua
strada incontrando una
collina su cui decide di salire: ha voglia di correre velocemente
spirando su tutta la valle. Eppure,una volta in cima, rallenta, si
ferma quasi. Di fronte a se' percepisce una figura
sconosciuta.
In
quelle regioni non esistevano che erba, foglie ,fiori,
alberi,
l'acqua dei ruscelli, alcuni animali, ma nessuna delle cose che
conosceva sembrava simile a quella.
La figura scura si volta ed il vento
ancora non capisce cosa, chi sia: percepisce distintamente invece che
quell'ombra lo sta osservando, come
se quegli occhi si chiedessero perchè il forte e possente re
del
cielo dovrebbe provare diffidenza, sconforto, paura nei suoi
confronti.
Per
attimi infiniti il vento si lascia indagare, a sua volta studiando
quello strano essere: è lungo, avvolto in un mantello. Solo
gli occhi
si vedono: due profondi occhi scuri. Questo infastidisce il sultano
del cielo: non ritiene giusto farsi studiare mentre lui non
può
osservare cosa c'è sotto quel mantello.
Come
se fosse stato detto ad alta voce, la figura coglie quel pensiero e
lentamente toglie il pesante indumento, lasciandolo cadere a terra. Ora
finalmente il vento può capire: quello è un
uomo,
glielo avevano descritto mille volte le correnti sue sorelle. Due
piedi, due gambe, due mani attaccate alle braccia, il busto, il viso.
Mai nessuno gli aveva però raccontato degli occhi,
ne' sapeva che quelle creature potessero vedere
il vento.
Dopo essersi rivelato
l'uomo abbassa lo sguardo, era convinto che su quella collina sarebbe
stato finalmente solo.
Osserva
le impronte che ha lasciato sul terreno. Sperava che in quel luogo
dimenticato dall'uomo il suo dolore sarebbe scivolato via. Con
lentezza guarda, o meglio, appoggia nuovamente lo sguardo sul vento
che ha modo di vedere il mare di tristezza di quella creatura. Un
mare però, è troppo vasto per essere contenuto in
un paio
d'occhi,
e poi è troppo fiero della sua grandezza per poter rimanere
imprigionato, prima poi vorrà sbarazzarsi dei confini in cui
è costretto. Questo il vento lo sa.
Eppure, non
può non stupirsi quando il mare inizia ad uscire da quei
meravigliosi occhi, silenziosamente.
E' questo che
il vento non
riesce a credere: il mare non è mai stato silenzioso,
nemmeno
quando era quieto e sereno. La sua voce è profonda e presente in
qualsiasi
situazione.
Poi capisce: l'uomo non potrebbe lasciar uscire anche l'impeto
della voce del mare. Essa è facile da assorbire, ma
impossibile
da liberare, da quanto vede il vento capisce che quell'uomo ne
morirebbe. Inoltre capisce il motivo che l'ha spinto fin su quella
collina: voleva trovare un modo per far fluire i suoi pensieri senza
che nessuno se ne accorgesse.
L'uomo
ora è grato al vento. Solo lui ha davvero capito il suo
dolore.
Lo comprende a tal punto che non si avvicina per consolarlo, ma si
spande tutto intorno la cima dell'altura, come per difenderlo dal resto
dell'universo, protendendo solo un piccolo soffio verso di
lui
per asciugare quelle lacrime.
Sarebbero rimasti
così per infinito tempo: l'uomo che rimargina le
sue ferite, ed il vento che lo custodisce.
Ma
non tutto può durare in eterno: presto l'uomo capisce che
quella
ferita non smetterà mai di far male, ed il vento sente di
voler
tornare a godere della sua libertà. E' per questo che i due
si
guardano nuovamente. Il vento pian piano si allontana, promettendo di
non raccontare a nessuno di quell'incontro. L'uomo ora è
davvero
solo, e non crede di sentirsi meglio. Quando vede le spire del suo
protettore il suo cuore rallenta, pulsa sereno. Le labbra si distendono
in un sorriso. Non potrà allontanare da se' quella
sofferenza ma
sa di poter contare su qualcuno che possa capirlo ed accoglierlo.
Questo ora l'uomo lo
sa.
"Solo et pensoso i
più deserti campi
vo mesurando a
passi tardi e lenti,
et li occhi porto
per fuggire intenti
ove vestigio uman
l'arena stampi.
Altro schermo non
trovo che mi scampi
dal manifesto
accorger de le genti,
perché
ne li atti d'allegrezza spenti
di fuor si legge
com' io dentro avampi.
Sì ch'io
mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve
sappian di che tempre
sia la mia vita,
ch'è celata altrui.
Ma pur
sì aspre vie né si selvagge
cercar non so,
ch'Amor non venga sempre
ragionando
con meco, et io con lui
"
Francesco
Petrarca- C anzoniere XXXV
Note
dell'autrice:
Ciao!
Questa
è la mia prima one-shot, ispirata al
sonetto di
Petrarca. Ovviamente non è altro che una mia piccola
interpretazione della poesia.
Mi
farebbe molto piacere sapaere cosa ne pensate, e se avete dei consigli
da darmi, fate pure! Mi renderete solo più
entusiasta.
Alla prossima,
sempre se vorrete.
S_jlms
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